Mi è capitato di leggere nelle scorse settimane, un po' per curiosità ed un po' inseguendo certe idee, una biografia molto accurata, su Aldo Moro, sicuramente uno dei personaggi politici più emblematici della storia dell'Italia del dopoguerra. L'ha scritta pochi anni fa Guido Formigoni, docente di storia contemporanea alla IULM di Milano, esperto di storia delle relazioni internazionali e di storia del movimento cattolico in Italia.
Il libro esamina la biografia intellettuale e politica di Moro fino dai suoi esordi, ma ovviamente risulta particolarmente interessante (e oserei dire, avvincente e perfino intrigante) dal momento in cui Moro entra a far parte dell'Assemblea Costituente nel 1946, fino a ricoprire cariche ministeriali negli anni '50, a diventare segretario della DC nel 1959 e a gestire la complessa fase di transizione dal Centrismo al Centro Sinistra.Pagine di grande interesse ovviamente sono quelle collegare alle vicende dei governi di Centro-Sinistra presieduti dallo stesso Moro (tra il 1963 e il 1968), con il tentato colpo di stato di cui fu accusato il gen. De Lorenzo e i complicati rapporti con il presidente della Repubblica Antonio Segni.
Molte cose interessanti si leggono poi sui primi anni settanta, fino alla intricata e per certi aspetti ancora da chiarire vicenda che porterà Moro a sostenere la possibilità di una qualche forma di "collaborazione" coi comunisti di Berlinguer e che si concluderà con la tragica vicenda del suo rapimento e della morte avvenuta per mano delle BR.
Il volume che consta di circa 470 pagine (note incluse) si legge bene e il corposo apparato documentario (intelligentemente spostato in coda al testo) non appesantisce affatto la narrazione.
E' indubbiamente un'opera meritoria che illumina, nella misura in cui le fonti documentarie note consentono di farlo, una biografia estremamente sofisticata e ingarbugliata, calata nell'ambito di un insieme di altri protagonisti e relazioni che meriterebbero altrettanta attenzione e studio.
Va detto che alcune parti del libro (a cominciare dalla gestazione dei governi del Centro-Sinistra) descrivono sinteticamente eventi su cui esiste, ormai, una letteratura sterminata e per certi aspetti non sempre concorde.
Questo vale in particolare per la vicenda del rapimento e della morte di Moro, avvenuta nel 1978. Su questa ultima fase drammatica del politico democristiano la letteratura non è più solo sterminata, ma sostanzialmente ingovernabile, visto che il solo padroneggiarla da parte di uno storico professionista immagino richieda anni e anni di studio intenso e approfondito.
Al netto di ciò il volume si pone come un vero testo di riferimento per chi voglia davvero comprendere il personaggio e le principali questioni con cui ebbe a che fare almeno dagli anni anni '60 in poi.
Per quanto mi riguarda ne ricavo tre brevi osservazioni, che non ci sono nel libro e che costituiscono una mia riflessione.
La sconfitta militare della seconda guerra mondiale mise l'Italia in una sorta di "semiprotettorato" americano. Questa condizione, di cui porta la responsabilità l'Italia fascista, non potè essere riscattata dalle forze antifasciste (nemmeno con la firma del Trattato di Pace), ma rimase un elemento che condizionò l'evoluzione politica del paese. L'Italia avrebbe potuto uscirne o col neutralismo o infilandosi sotto il protettorato dell'URSS. Dagli anni '50 in poi avrebbe potuto condividere anche la prospettiva di un "Europeismo politico". Ma sostanzialmente, fino agli anni '80, l'Italia rimase un semiprotettorato americano, che solo la fine del comunismo sovietico e la caduta del Muro di Berlino ridimensionò.
La seconda: l'Italia rimase pesantemente condizionata nel dopoguerra anche dalla presenza del Vaticano e del mondo ecclesiastico. Le organizzazioni cattoliche (quelle note al grande pubblico e quelle più esoteriche, ma non per questo meno influenti) furono un insieme di forze "opache" ma vitali che influenzarono la dinamica socio-politica del Paese e di cui non si poteva non tenere conto. I processi di secolarizzazione e di sviluppo delle libertà individuali hanno reso via via queste forze meno potenti (ma non le hanno mai annullate del tutto) e solo dagli anni '90 in poi sono diventate meno condizionanti.
La terza: al netto di un conservatorismo e di un forte qualunquismo della parte maggioritaria del nostro corpo elettorale (che si è certo modificato nel tempo, ma senza abbandonare alcune caratteristiche di fondo), le forze politiche della sinistra (repubblicane, socialiste e comuniste) non sono mai riuscite a fare i conti con i primi due elementi (semiprotettorato e questione Vaticana, per semplificare) e a gestire una propria transizione verso quella che potremmo chiamare genericamente "la modernità". E paradossalmente l'indebolimento dei due vincoli sopra richiamati anzichè dare finalmente spazio alla sinistre ne decretò la fine.
L'Italia non più semiprotettata dagli Usa e non più troppo vincolata dalla morale cattolica (e dal ruolo forte del Vaticano e e delle sue organizzazioni) scopriva nei primi anni '90 di non essere più nemmeno repubblicana, socialista e comunista, ma si avviò verso il quasi ventennio berlusconiano, a cui sta facendo seguito una opacità e un pressappochismo politico ancora tutto da decifrare.