sabato 21 gennaio 2017

LUIGI GARLANDO, L'estate che conobbi il Che, Rizzoli, 2015

Testo non semplice, ma che si legge d'un fiato. Racconta un mito, quello del Che. E riesce a farlo con leggerezza e allo stesso tempo con il giusto distacco. Funziona? Si, il racconto a mio avviso funziona. Non come quello dedicato da Garlando a Giovanni Falcone, ma funziona. Naturalmente ci sono anche dei limiti. Raccontare di miti senza cadere nella retorica è impossibile. Evitare di essere zuccherosi a volte non è facile. Voler chiudere sempre i racconti con l'happy end non è detto che sia il modo migliore di terminare una storia. Ma pur con alcuni limiti e qualche rischio, e quindi leggendo con tre occhi le pagine anzichè con due (il terzo occhio è il cervello vigile e che non ha inserito il pilota automatico), va ringraziato Garlando di essersi voluto misurare con due temi complicati. Uno è raccontare il mito del Che ai ragazzi, l'altro è spiegare loro il duro mondo della modernità economica. E non è male nemmeno quest'altra parte del testo.

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