giovedì 28 giugno 2018

Il paese è cambiato.
L'alleanza tra nazionalisti e "miracolati" è il risultato del mutamento.

Le elezioni politiche del 4 marzo ci hanno detto che il paese è cambiato e continua a cambiare, e perfino in modi diversi a seconda della aree del paese.
Al Nord cresce una società che fronteggia la globalizzazione, produce per i mercati del mondo, compete e vuole stare in Europa, ma recuperando una maggiore sovranità ovvero una maggiore autonomia nazionale. L'Europa, almeno per i nordisti, è ancora utile, ma non è più un mito, né un sogno. Al Nord si punta ad assumere un maggiore protagonismo "nazionale" per dare meno risorse all'Europa e ottenere più benefici da Bruxelles (in soldi, in flessibilità, in aiuti alla politica migratoria, ecc.). Naturalmente questo sacro egoismo nazionale è perseguito da tutti i 26 paesi dell'UE e quindi, come è lapalissiano, è molto difficile da realizzare (se tutti vogliono versare meno soldi nelle casse dell'Europa e allo stesso tempo prelevarne di più, sarà difficile che ce la si cavi senza far crescere il livello del debito europeo che andrà a sommarsi ai debiti nazionali).
Al Sud ha contestualmente preso forza il movimento dei "miracolati" ovvero di chi pensa e soprattutto spera che lo Stato "tardonazionalista" riapra i cordoni della borsa, distribuisca pensioni e lavoro o, ancora meglio, assegni "paghette" a tutti senza pretendere in cambio neppure del lavoro. Ovviamente in un paese che cresce poco (perché edilizia e meccanica sono ferme da oltre un decennio e lì resteranno) distribuire più pensioni e paghette implica spingere in alto il livello del debito nazionale scaricando sulle giovani generazioni un ulteriore fardello. Così a fermarci su questa strada "debitosa" non è solo l'Europa, ma anche i mercati che dovrebbero prestarci i soldi e che per farlo ci chiedono più interessi (ovvero più spread e più soldi). Insomma anche i mercati ci sconsigliano di fare altre debiti.
Per queste ragioni nazionalisti e miracolati odiano l'Europa e i mercati, odiano le vecchie caste politiche (che tenevano e tengono conto dei vincoli europei e dei mercati), trovano antipatici i migranti (che per loro sono solo portatori di crimini e di insicurezza sociale) e non possono soffrire il PD. Quest'ultima forza politica agli occhi di nazionalisti e miracolati incarnava un dialogo aperto con l'Europa, l'accettazione dei limiti alla sovranità nazionale e soprattutto una politica di accoglienza, che non solo non criminalizzava i migranti, ma punta(va) ad una Italia sempre più integrata e multiculturale.
Ora la frana elettorale del PD anche nell'Italia di mezzo (Toscana, Umbria, Marche, Emilia e Lazio) ci dice non tanto (come sostenevano Bersani e D'Alema) che il PD è troppo poco di sinistra quanto che le idee nazionaliste, xenofobe e miracolistiche hanno fatto breccia anche tra le ex genti "rosse", duramente scosse dai cambiamenti, dalla redistribuzione delle attività e delle risorse economiche.  Egoismo nazionalista, sentimenti xenofobi e attese messianiche sono dunque penetrati come virus anche tra gli ex elettori del PD e i frequentatori delle feste dell'Unità e soprattutto tra i ceti più popolari, invogliandoli a premiare la Lega e i 5 Stelle e a consegnare a Salvini & Di Maio il governo centrale e moltissime amministrazioni locali.
Così da un mesetto a questa parte nazionalisti e miracolati, ridimensionata la vecchia casta politica, sono entrati nelle stanze dei bottoni (Parlamento e Governo) e in quelle dei bottoncini (gli enti locali, per intenderci).
Ora vedremo cosa faranno.
Per quanto mi riguarda spero che rispettino almeno il primo precetto di ogni buon medico: primo non nuocere al paziente, che saremmo tutti noi.
Non credendo né alle ricette nazionaliste né al miracolismo, mi auguro infatti che i nuovi potenti non ci facciano danni. E se non ce ne facessero, sarebbe quasi un piccolo miracolo.



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