venerdì 27 novembre 2015

DINO CARLESI: un ricordo in Biblioteca (sabato 28 novembre alle 17) a Pontedera
Dino Carlesi è stato un uomo di cultura laica e un socialista (almeno dagli anni '50 in poi), dove le due componenti forti della sua identità stavano esattamente in quest'ordine. E' stato anche insegnante, ispettore scolastico, direttore scolastico, formatore di insegnanti, sindacalista della scuola, più in generale ... un uomo del mondo della scuola, attratto da tutto ciò che era didattica e pedagogia e con un occhio attento alla didattica della “poesia”.
Perchè come gli aveva felicemente scritto Quasimodo (un paio delle cui lettere compaiono nella piccola mostra di documenti allestita in biblioteca), Carlesi è stato per tutta la sua vita un poeta. Un poeta dotto e che amava le relazioni (anche per scontrarsi, perchè era aperto al confronto e battagliero).
E oltre che poeta è stato un critico d'arte e col mondo dell'arte si è relazionato in varie forme e maniere, incontrando semplici artisti, dialogando di piccole mostre, ma curando anche cataloghi ed esposizioni di personalità come Renato Guttuso o Emlio Greco, tanto per citarne alcuni degli artisti con cui era in corrispondenza e con cui aveva familiarità.
E ancora c'è Carlesi politico, azionista, socialista, liberalsocialista. Amico di Tristano Codignola e di altri socialisti di primo piano, a cominciare da quelli che guidavano il partito socialista a Pontedera e nel pisano.
A fianco del Carlesi politico c'è poi l'amministratore e l'assessore alla cultura del comune di Pontedera. Ma per lui la passione politica (che coltivò fino all'ultimo giorno di vita) sembrava uno strumento di quella che allora si chiamano battaglie culturali, la scelta delle idee, il desiderio di affinare un punto di vista e di proporlo al mondo.
E ancora c'è l'uomo appassionato del teatro che tra le altre cose riuscirà a far produrre al comune di Pontedera nel 1965, in prima assoluta nazionale, la riduzione del testo di Beppe Fenoglio, "Una questione privata". Con la regia di Marcello Santarelli, interpretato da Walter Bentivegna e Paola Quattrini. In questo modo Carlesi riprende e rielabora il lungo percorso del teatro pontederese nato nel dopoguerra e lo intreccia con l'esperienza dell'Autunno Pontederese. Un esperienza che prese il via nel 1948 e fu fortemente voluta dal sindaco e pittore Otello Cirri, il quale, in una Pontedera martoriata e distrutta dai bombardamenti, propose di investire anche in un teatro “popolare”, politicamente impegnato, in grado di parlare alla coscienza dei cittadini della nuova Repubblica. E' da quegli spettacoli allestiti in mezzo alle macerie che maturarono le successive vicende teatrali cittadine.
Più in generale Carlesi è stato uomo di vasta e profonda cultura, una cultura laica, che però non disdegnava di confrontarsi con i temi religiosi e con le domande più difficili che si pongono all'uomo contemporaneo. Il breve scambio di auguri con Mons. Vasco Bertelli (vescovo di Volterra),che si legge nella mostra in biblioteca, dimostra la familiarità con cui interagivano questi due straordinari personaggi, per altro molto diversi tra loro.
Credo che lo studio delle carte e dei testi di Carlesi, la raccolta delle testimonianze dei molti che lo hanno conosciuto, farà scoprire ancora altri aspetti assolutamente inediti e questo ci arricchirà dal punto di vista culturale e offrirà molti stimoli e spunti di riflessione in diversi ambiti.
Sicuramente ci farà apprezzare un lavoratore infaticabile (ha scritto fino all'ultimo e ha allestito e recitato nel suo ultimo spettacolo all'età 90 anni). Un uomo che tra le altre qualità aveva quella, rara e preziosa, di coltivare le amicizie e le relazioni, come dimostrano bene i libri di versi che regalava agli amici ad ogni fine d'anno e di cui sono testimonianza, tra le altre, le lettere di Antonio Tabucchi e dell'avvocato Pier Ugo Montorzi.

sabato 21 novembre 2015

ANCORA SU GIOVANNI GRONCHI E LA POLITICA ESTERA ITALIANA 1955-1962
Una lettera che ho spedito alla rubrica che SERGIO ROMANO tiene sul Corriere della Sera giovedi 19 novembre è stata pubblicata e commentata. Allego il ritaglio.





giovedì 12 novembre 2015

SEMINARIO GRONCHI E LA POLITICA ESTERA ITALIANA - UN BELL'ARTICOLO DI NILO DI MODICA SUL TIRRENO DI IERI


mercoledì 11 novembre 2015

Una gran bella foto scattata, probabilmente nel 1962, al Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi da un giovanissimo ragazzino Aldo Filippi (pontederese poi trapiantato a Montopoli, ceramista, fotografo, musicista, insegnante, amministratore locale e molto altro ancora).


martedì 10 novembre 2015

Conferenza stampa per illustrare il seminario su "GRONCHI E LA POLITICA ESTERA ITALIANA 1955-1962" che si terrà al Museo Piaggio e alla Biblioteca Gronchi il 13 e il 14 novembre.



domenica 8 novembre 2015

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEGLI ANNI DEL MIRACOLO ECONOMICO IGNORATO DALLA STORIOGRAFIA DI SINISTRA?

Per chi leggesse o studiasse ancora la "Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi. Società e politica 1943-1988" di Paul Ginsborg, Einaudi, 1989, pp. 621, per anni considerato un classico della storiografia di sinistra in Italia, Giovanni Gronchi assomiglierebbe quasi ad un ectoplasma. Potrebbe non essere esistito, potrebbe non non essere mai stato Presidente della Repubblica e non aver giocato nessun ruolo nella politica del dopoguerra. Nella svalutazione del miracolo economico e nell'ingigantimento del ruolo dell'opposizione, gli uomini che, pur con tutti i lori limiti, fecero davvero quel miracolo sono molto maltrattati in questo testo di storia ancora utilizzato, credo, anche a livello universitario. Cosi mentre tra gli anni '40, 50 e 60 ricorre innumerevoli volte (una sessantina per la precisione) il nome di Togliatti, nel libro dello storico Ginsborg quello di Giovanni Gronchi, Presidente della Camera dal 1948 al 1955 e e poi della Repubblica dal 1955 al 1962 appare solamente 2 (due), e la seconda volta solo per dire che non venne rieletto alla Presidenza. Del tutto assente Gronchi è stato in manuali di "Storia contemporanea" per licei un tempo largamente adottati come quello di Rosario Villari e quello di Giuliano Procacci (Passato e presente), almeno nelle edizioni  degli anni '70 che ho usato io. Gronchi non figura nemmeno nella "Storia degli italiani" di G. Procacci (Laterza, 1972), dove invece ci sono innumerevoli riferimenti a Gramsci (9) e Togliatti (8). Ok, si tratta di una storiografia partigiana. Ma a rileggerla oggi, fa un certo effetto. E non solo per la partigianeria, ma per l'incapacità di comprendere il contesto e gli uomini che fecero crescere quell'Italia. Spero per i posteri che non si affermi anche una storiografina "grillina". Ma se il movimento neoforcaiolo sopravviverà non solo non si può escludere, bensì si può essere certi che si materializzera' una storiografia "dalla parte di Beppe". In questo caso davvero non ci resterà che ridere.

lunedì 2 novembre 2015

GRONCHI E LA POLITICA ESTERA ITALIANA NEGLI ANNI '50 E '60. IL RICONOSCIMENTO DEL RUOLO DI UN PRECURSORE

Trovo "strano" ma tutto sommato comprensibile che all'uomo che negli anni'50  tracciò le linee chiave di quello che sarebbe diventato l'asse portante della nostra politica estera per il cinquantennio successivo (almeno sui principali scacchieri strategici) non venga affatto riconosciuto questo ruolo e che addirittura all'epoca le sue idee venissero attaccate e duramente combattute sia all'interno del suo partito che dai partiti di opposizione che, pur avendolo innalzato alla Presidenza della Repubblica, non erano certo disposti a riconoscergli un ruolo strategico nella politica italiana. Tanto meno in quella estera.
Vediamole queste idee portanti:
- un filoatlantismo tiepido. L'Italia per Gronchi non era e non doveva pensarsi come un paese satellite degli USA. Doveva giustamente pagare per gli errori di una guerra che aveva contribuito a scatenare, per il sostegno dato alla Germania nazista, ma poi tornare rapidamente a recitare un ruolo "autonomo" (il più autonomo possibile) anche in un contesto "bipolare" e molto complicato, caratterizzato dalla Guerra Fredda. Un ruolo autonomo anche dagli Usa. Ovviamente. Per questo gli addetti all'ambasciata USA a Washington definirono "pericolosa" la sua elezione e pensavano (e scrivevano in privato) che era stato eletto un "socialistoide".
- Non a caso per questo "socialistoide" l'Italia doveva trattare con la Russia di Krusciov, lavorare per la distensione internazionale e allargare il mercato delle nostre imprese includendo anche l'Unione Sovietica.
- in ambito Mediterraneo l'obiettivo di Gronchi era di riconoscere ruolo e protagonismo ai paesi arabi che uscivano dai vari protettorati anglo-francesi. L'obiettivo della nostra politica estera doveva quindi essere quello se non proprio di sostenere certo di vedere favorevolmente i processi di decolonizzazione in atto, con l'obiettivo di entrare sui mercati arabi con le nostre merci e le nostre imprese. Era una decolonizzazione interessata, certo. Ma che dava spazio ai governi guidati dalle forze locali.
- in ambito europeo Gronchi era favorevole alla riunificazione della Germania
- ed era un europeista convinto, sia pure con l'idea di un'Europa come concerto di stati forti e che mantenevano un ruolo importante.
La sua visione della politica estera non era quella di De Gasperi, nè quella di Fanfani, successore dello statista trentino alla guida della DC.
Era una linea che stava in tensione con quella che prevaleva nella DC di quegli anni e che, quando venne eletto presidente della Repubblica, cominciò a viaggiare in maniera parallela a quella dei vari governi a guida democristiana.
Era una linea che per quanto riguardava il tiepido filoatlantismo venne apprezzata dalla sinistra socialista e comunista (allora su posizioni apertamente anti-atlantiche). Prevedeva una decisa apertura verso Mosca (anche questa apprezzata da socialisti e comunisti, con questi ultimi, però, preoccupati di non perdere il ruolo privilegiato con Mosca e di mantenere i finanziamenti di Mosca).
Era una linea che sul versante mediterraneo venne apprezzata meno dalle due sinistre storiche, ma tutto sommato non osteggiata.
Mentre sgradito almeno alla sinistra comunista fu l'europeismo di Gronchi, perchè il PCI di allora non era solo filosovietico e nettamente antiatlantico, ma sosteneva posizioni anti-europeiste.
Certo, venti anni dopo, dalla metà degli anni '70 in poi, le idee di politica estera di Gronchi erano diventate più o meno (con qualche insignificante ritocco) le idee dei socialisti e dei comunisti, ma senza che questo per ovvie ragioni venisse ammesso e riconosciuto. La politica è fatta così.
Recenti pubblicazioni consultate solo da specialisti stanno però restituendo, carte alla mano, a Gronchi quello che era ed è di Gronchi. Il seminario che si terrà a Pontedera, racconterà anche questo.