GRONCHI E LA POLITICA ESTERA ITALIANA NEGLI ANNI '50 E '60. IL RICONOSCIMENTO DEL RUOLO DI UN PRECURSORE
Trovo "strano" ma tutto sommato comprensibile che all'uomo che negli anni'50 tracciò le linee chiave di quello che sarebbe diventato l'asse portante della nostra politica estera per il cinquantennio successivo (almeno sui principali scacchieri strategici) non venga affatto riconosciuto questo ruolo e che addirittura all'epoca le sue idee venissero attaccate e duramente combattute sia all'interno del suo partito che dai partiti di opposizione che, pur avendolo innalzato alla Presidenza della Repubblica, non erano certo disposti a riconoscergli un ruolo strategico nella politica italiana. Tanto meno in quella estera.
Vediamole queste idee portanti:
- un filoatlantismo tiepido. L'Italia per Gronchi non era e non doveva pensarsi come un paese satellite degli USA. Doveva giustamente pagare per gli errori di una guerra che aveva contribuito a scatenare, per il sostegno dato alla Germania nazista, ma poi tornare rapidamente a recitare un ruolo "autonomo" (il più autonomo possibile) anche in un contesto "bipolare" e molto complicato, caratterizzato dalla Guerra Fredda. Un ruolo autonomo anche dagli Usa. Ovviamente. Per questo gli addetti all'ambasciata USA a Washington definirono "pericolosa" la sua elezione e pensavano (e scrivevano in privato) che era stato eletto un "socialistoide".
- Non a caso per questo "socialistoide" l'Italia doveva trattare con la Russia di Krusciov, lavorare per la distensione internazionale e allargare il mercato delle nostre imprese includendo anche l'Unione Sovietica.
- in ambito Mediterraneo l'obiettivo di Gronchi era di riconoscere ruolo e protagonismo ai paesi arabi che uscivano dai vari protettorati anglo-francesi. L'obiettivo della nostra politica estera doveva quindi essere quello se non proprio di sostenere certo di vedere favorevolmente i processi di decolonizzazione in atto, con l'obiettivo di entrare sui mercati arabi con le nostre merci e le nostre imprese. Era una decolonizzazione interessata, certo. Ma che dava spazio ai governi guidati dalle forze locali.
- in ambito europeo Gronchi era favorevole alla riunificazione della Germania
- ed era un europeista convinto, sia pure con l'idea di un'Europa come concerto di stati forti e che mantenevano un ruolo importante.
La sua visione della politica estera non era quella di De Gasperi, nè quella di Fanfani, successore dello statista trentino alla guida della DC.
Era una linea che stava in tensione con quella che prevaleva nella DC di quegli anni e che, quando venne eletto presidente della Repubblica, cominciò a viaggiare in maniera parallela a quella dei vari governi a guida democristiana.
Era una linea che per quanto riguardava il tiepido filoatlantismo venne apprezzata dalla sinistra socialista e comunista (allora su posizioni apertamente anti-atlantiche). Prevedeva una decisa apertura verso Mosca (anche questa apprezzata da socialisti e comunisti, con questi ultimi, però, preoccupati di non perdere il ruolo privilegiato con Mosca e di mantenere i finanziamenti di Mosca).
Era una linea che sul versante mediterraneo venne apprezzata meno dalle due sinistre storiche, ma tutto sommato non osteggiata.
Mentre sgradito almeno alla sinistra comunista fu l'europeismo di Gronchi, perchè il PCI di allora non era solo filosovietico e nettamente antiatlantico, ma sosteneva posizioni anti-europeiste.
Certo, venti anni dopo, dalla metà degli anni '70 in poi, le idee di politica estera di Gronchi erano diventate più o meno (con qualche insignificante ritocco) le idee dei socialisti e dei comunisti, ma senza che questo per ovvie ragioni venisse ammesso e riconosciuto. La politica è fatta così.
Recenti pubblicazioni consultate solo da specialisti stanno però restituendo, carte alla mano, a Gronchi quello che era ed è di Gronchi. Il seminario che si terrà a Pontedera, racconterà anche questo.
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