Uscendo dal cinema sotto le stelle con mia moglie ho sostenuto che temevo di soffrire di più dalla visione dell'ultimo film di K. Loach (83 anni), in italiano "Scusa, ci sei mancato!". Invece il grande regista inglese ci ha regalato ancora un piccolo gioiello, con una serie di messaggi che, almeno io, leggo in maniera ottimista e che ci hanno fatto soffrire il giusto. Una versione anziana e parzialmente pacificata con quel caos che è e resta il mondo (mia moglie però è meno convinta di questa mia interpretazione).
Perchè ho trovato Loach ottimista? Beh perchè la storia poteva finire anche molto peggio e perchè nella vicenda rintraccio diversi messaggi davvero positivi. Mi soffermerò solo su alcuni.
Il primo è che le persone intelligenti non possono che adattarsi ai cambiamenti e provare in qualche modo a gestirli, sentendosi responsabili fino in fondo delle proprie scelte. Alla fine, se gli uomini voglio essere anche liberi (qualunque cosa questo voglia dire) non possono che prendere il destino nelle proprie mani e giocarsi la vita. E rialzarsi continuamente. I tizi che alla fine picchiano e derubano Ricky non sono il capitalismo. E Ricky oltre a fare i conti col magazziniere stronzo deve fare i conti anche con i balordi e con la cattiveria del mondo. E non può che reagire alzandosi dal letto e andando al lavoro. Può anche avercela con la società, ma deve fare comunque qualcosa per cavarsela.
La seconda è che la propria libertà sta in linea con la moralità dei propri comportamenti. E al centro dei propri comportamenti sta il dialogo e lo sforzo di capire se stessi, gli altri e il mondo. La famiglia e le persone sono in crisi perché dialogano poco e male. Investire nel dialogo e nelle relazioni resta, per gli uomini, la migliore assicurazione possibile sul proprio futuro. Finché c'è dialogo, suggerisce Loach, c'è speranza.
La terza è che la famiglia, per quanto in crisi e scossa dal disordine del mondo e dal desiderio di libertà dei singoli, se mantiene unità, capacità di dialogo, rispetto reciproco e ascolto, è ancora un potente strumento per la crescita e (se fossimo credenti) per la salvezza per tutti. E che Loach affidi l'elogio esplicito della famiglia a un poliziotto (ovviamente bravo e comprensivo) è un tocco di quello splendido umorismo inglese che noi mediterranei possiamo solo invidiare.
La quarta è la tensione positiva verso l'educazione. Studiare e andare a scuola serve per costruirsi un futuro. Nulla salus extra scholam. Anche su questo nonno Loach è schieratissimo e chiarissimo. E sulla English public school avrebbe potuto dire ben altro. Ma il messaggio che vuol lanciare ai suoi giovani nipoti ribelli è ancora quello di istruirsi: non c'è rivoluzione che possa battere l'ignoranza se non quella scolastica.
Il quinto. Il passato (individuale e collettivo) è stato bello, ma non tornerà. Il presente certo è un gran casino. Ma è l'unico tempo che abbiamo. E questa la nostra unifica finestra di vita. Tornare al punto primo per sapere cosa fare.
Perfino il capitalismo del titolare del magazzino delle spedizioni non è poi così brutto come lo stesso magazziniere tende a dipingere; e in fondo gli uomini trovano sempre (pur confliggendo per interessi, soldi, tempi di lavoro, ritmi, cottimo e concorrenza individuale) un modo di esprimersi solidarietà e collaborare. Faticosamente.
La scena di Abbie al telefono nel finale del film (in un ospedale affollato, multiculturale, ma civile) è un pezzo chapliniano, col malconcio Ricky che cerca di giustificare la sfuriata (per altro blanda) di sua moglie e loro che escono di scena come due piccoli eroi proletari.
Se non va letto esattamente alla rovescia, sembra proprio un film consolatorio. Pare quasi una commedia all'italiana. O mi sbaglio?
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