lunedì 15 marzo 2021
"Vivere ancora. Storia di un giovinezza" di Ruth Klüger.
Ho letto sia pure in ritardo di oltre 20 anni rispetto alla sua uscita in Italia (Mondadori, 1997) il libro della Klüger sulla sua esperienza di deportata in diversi lager, compreso Birkenau. E’ un testo (scritto da una donna matura e quindi molti anni dopo gli eventi) in cui si racconta come entrò nella spirale dei campi di concentramento quando era una bambina, a 12 anni, insieme alla madre e ad una “sorella adottata”, e ne uscì, fortunatamente, sempre insieme alla madre e alla sorella, per trasferirsi poi negli Stati Uniti dove divenne docente universitaria.
La sua storia, scritta con ironia, sincerità e sforzandosi di riprodurre il suo "io bambino", costituisce un caso più unico che raro. Infatti la maggior parte dei bambini e delle bambine ebree rastrellate dai nazisti venivano inviate subito alle camere a gas o morivano di stenti e le testimonianze dirette dei bambini sono quasi inesistenti. Ma Ruth, grazie ad una serie di elementi fortunati, riuscì a scampare alla morte; e la narrazione ci restituisce, sia pure maturata da una lunga esperienza di vita, una voce vera e autentica di una “bambina” che attraversa l’inferno dei campi di sterminio. Il libro, che racconta anche gli anni prima della guerra e, in piccola parte, il dopoguerra della giovane ebrea viennese, mi pare costituisca un’altra di quelle dolorose letture sulla Shoah che dovrebbero entrare a far parte delle letture moralmente “obbligatorie” sull’Olocausto di tutti noi. Sì, il libro della Klüger dovrebbe inserirsi in un percorso formativo che ad es. per noi italiani dovrebbe comprendere anche i testi di Primo Levi (“Se questo è un uomo”, “La tregua” e “I sommersi e i salvati”), “La notte” di Elie Wiesel e ovviamente il "Diario" di Anna Frank. A questi libri, le vicende e le riflessioni della Klüger aggiungono ulteriori punti di vista e profondità di riflessione.
Aggiungo che queste letture non necessariamente dovrebbero essere fatte tutte nel periodo scolastico. Anzi forse varrebbe la pena proprio di diluirle, come se si trattasse di richiami vaccinali contro il virus sterminatore del razzismo e del totalitarismo criminale, a scadenza annuale o biennale, abbinandole a tanti altri libri testimonianza che sono usciti in passato (e che qui non è possibile richiamare) o che usciranno nei prossimi anni. Così da formare una catena di immunizzazione, priva di effetti collaterali, in grado di accompagnarci tutta la vita. Perché temo che i virus del razzismo e del totalitarismo non saranno mai debellati per sempre. E in questo percorso vaccinale i lettori potranno farsi accompagnare, con buoni suggerimenti, dai bibliotecari di fiducia, che sicuramente rimarranno aggiornati sull’evoluzione di questa speciale letteratura destinata a curare le nostre anime.
Due riflessioni su Letta segretario del PD
Non so cosa significhi esattamente la designazione a segretario politico del PD per Letta, per lo stesso PD e per il Paese. Riporto qui solo le riflessioni che l’evento (e il discorso di Letta che ho ascoltato ieri per intero) mi suggerisce, dopo aver sottolineato tre volte, il carattere soggettivo delle mie annotazioni.
Per me l’elezione di Letta dimostra fondamentalmente due cose. La prima che la cultura cattolica, quella liberaldemocratica, ma anche di sinistra e attenta al sociale, quella che a Pisa è nata con Toniolo, passata per Giovanni Gronchi e poi è arrivata alla nidiata dei cattolici di sinistra degli anni 80/90, è ancora viva e vitale. Oggi questo cattolicesimo moderno, attento al sociale, trova ispirazione nel messaggio di Papa Francesco, che per altro rilegge, in chiave moderna, il Discorso della Montagna (un testo che piaceva anche ad un ateo come Gaetano Salvemini). E quel cattolicesimo sociale, importante soprattutto nella seconda metà del ‘900, pur incapace di esprimersi oggi in un proprio autonomo partito, e che pure trova un qualificato punto di riferimento nell’attuale presidente della Repubblica, ha però mantenuto una forte vitalità in un tessuto socio-culturale assai diffuso nel Paese e, sul piano politico, in particolare nel PD . Mi auguro che questo cattolicesimo continui a dare frutti. Perchè contiene valori umani e posizioni politiche largamente condivisibili anche da non cattolici e non credenti.
La seconda è invece il disastro (e quindi la marginalizzazione politica) di due culture politiche forti del ‘900 che mi sono state e in parte mi sono ancora care: quella socialista e quella comunista. Il crollo di Zingaretti, l'evoluzione del PD e la pulviscolarizzazione delle formazioni esterne al PD che si richiamano a esperienze ideali socialiste e comuniste dimostrano dolorosamente che in Italia questa cultura politica di sinistra si è non solo inaridita ma letteralmente sbriciolata. Alle spalle di questo disastro ci sono varie ragioni e cause che semplificando, sul piano politico, hanno portato all’incapacità di comunisti e socialisti di reimpastarsi negli anni ‘90 in una formazione con caratteri “socialdemocratici” o laburisti e all’impossibilità di aggiornare una cultura politica di sinistra coerente, in grado di ancorarsi ad un blocco sociale di riferimento sufficientemente omogeneo. Così l’accusa lanciata da noi giovani estremisti degli anni ‘70 verso il PSI e il PCI di essersi socialdemocratizzati si è dimostrata una balla o comunque una tendenza precaria destinata a saltare completamente per aria nei primi anni ‘90. Dopo il crollo del muro di Berlino cosa sia stata infatti la cultura politica di sinistra in Italia lo diranno ai nostri figli e nipoti forse solo gli storici che indagheranno questo fenomeno tra venti o trent'anni. E sono quasi certo che questi storici dovranno scavare tra le macerie e non solo negli archivi per capirci qualcosa.
Per me l’elezione di Letta dimostra fondamentalmente due cose. La prima che la cultura cattolica, quella liberaldemocratica, ma anche di sinistra e attenta al sociale, quella che a Pisa è nata con Toniolo, passata per Giovanni Gronchi e poi è arrivata alla nidiata dei cattolici di sinistra degli anni 80/90, è ancora viva e vitale. Oggi questo cattolicesimo moderno, attento al sociale, trova ispirazione nel messaggio di Papa Francesco, che per altro rilegge, in chiave moderna, il Discorso della Montagna (un testo che piaceva anche ad un ateo come Gaetano Salvemini). E quel cattolicesimo sociale, importante soprattutto nella seconda metà del ‘900, pur incapace di esprimersi oggi in un proprio autonomo partito, e che pure trova un qualificato punto di riferimento nell’attuale presidente della Repubblica, ha però mantenuto una forte vitalità in un tessuto socio-culturale assai diffuso nel Paese e, sul piano politico, in particolare nel PD . Mi auguro che questo cattolicesimo continui a dare frutti. Perchè contiene valori umani e posizioni politiche largamente condivisibili anche da non cattolici e non credenti.
La seconda è invece il disastro (e quindi la marginalizzazione politica) di due culture politiche forti del ‘900 che mi sono state e in parte mi sono ancora care: quella socialista e quella comunista. Il crollo di Zingaretti, l'evoluzione del PD e la pulviscolarizzazione delle formazioni esterne al PD che si richiamano a esperienze ideali socialiste e comuniste dimostrano dolorosamente che in Italia questa cultura politica di sinistra si è non solo inaridita ma letteralmente sbriciolata. Alle spalle di questo disastro ci sono varie ragioni e cause che semplificando, sul piano politico, hanno portato all’incapacità di comunisti e socialisti di reimpastarsi negli anni ‘90 in una formazione con caratteri “socialdemocratici” o laburisti e all’impossibilità di aggiornare una cultura politica di sinistra coerente, in grado di ancorarsi ad un blocco sociale di riferimento sufficientemente omogeneo. Così l’accusa lanciata da noi giovani estremisti degli anni ‘70 verso il PSI e il PCI di essersi socialdemocratizzati si è dimostrata una balla o comunque una tendenza precaria destinata a saltare completamente per aria nei primi anni ‘90. Dopo il crollo del muro di Berlino cosa sia stata infatti la cultura politica di sinistra in Italia lo diranno ai nostri figli e nipoti forse solo gli storici che indagheranno questo fenomeno tra venti o trent'anni. E sono quasi certo che questi storici dovranno scavare tra le macerie e non solo negli archivi per capirci qualcosa.
lunedì 1 marzo 2021
Il sistema giudiziario italiano spiegato da Palamara a Sallusti e ai lettori
Ho letto il libro/intervista, uscito a gennaio e già alla sua sesta ristampa a fine febbraio, realizzato dal giornalista Sallusti con l’ex magistrato Luca Palamara, intitolato “Il sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana” (Mondadori, 2021, 286 p, incluso l’indice dei nomi, interessantissimo e di facile consultazione). Il testo è già un best-seller e la cosa è straordinaria trattandosi di saggistica non facile e piena di riferimenti non immediatamente comprensibili, perché ogni vicenda citata da Palamara ha alle spalle almeno altre centinaia di pagine di cronaca giudiziaria, per altro controversa, che un lettore normale (un non magistrato, intendo dire) non può facilmente padroneggiare.
Ma allora perché leggerlo? Per diversi buoni motivi. Intanto per farsi un’idea in proprio di come funziona al suo interno il mondo della magistratura e sapere in quale Paese si vive. Come si fa carriera tra i giudici, come ci si organizza per correnti per poter avanzare di ruolo e di stipendio, come si arriva al vertice di importanti procure, come funzionano i rapporti all’interno delle procure, come si arriva al vertice dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), il sindacato dei giudici, e come si arriva a far parte del Consiglio Nazionale della Magistratura (CSM), l’organo di autogoverno dei giudici, presieduto dal Presidente della Repubblica. E ancora come funzionano le varie correnti di destra, di centro e di sinistra e poi indipendenti e di altro segno le quali organizzano e inquadrano, con una certa capacità di coesione, i 10.000 magistrati italiani. E poi quali rapporti intercorrono tra le varie correnti dei magistrati e le forze politiche attive sulla scena parlamentare in un dato periodo. E ancora quali sono i delicati rapporti tra le correnti e la presidenza della Repubblica. Come avviene la scelta dei ministri della giustizia e la scelta dei consulenti giudiziari nelle stanze del potere. Oltre a ciò, si esaminano i rapporti all’interno delle procure tra i capi, i vari giudici, le forze dell’ordine che collaborano coi magistrati, i rapporti coi giornalisti amici, coi partiti che a volte sostengono certe indagini, ecc. ecc.
Tutto questo insieme secondo Palamara costituisce e funziona come un vero “sistema” che vive di un equilibrio concordato tra le correnti e i vari organi che sovrintendono alla Magistratura, un equilibrio però che è continuamente turbato delle carriere (e dalle ambizioni) dei singoli magistrati (organizzati in cordate sindacali) e dal mutare degli equilibri politici e quindi dagli inquilini di Palazzo Chigi, del Parlamento e del Quirinale, oltre che di altre istituzioni.
Anche senza prendere tutto ciò che Palamara dice per oro colato (e senza avere alcuna possibilità di verificare nessuna delle affermazioni che l’ex magistrato consegna a Sallusti), ne esce un quadro molto prosaico delle dinamiche interne della Magistratura (e dei rapporti magistratura/politica). Un quadro che non è sostanzialmente distante da quello che un osservatore attento, ma senza conoscenze dirette, si può fare rispetto allo stato del sistema giudiziario italiano. Mattarella a proposito del caso parlerà di “modestia etica” e di “dilagante malcostume” (p. 11).
Il libro poi fa nomi e cognomi, dei magistrati e dei politici, cita affaristi e faccendieri, collega i casi tra di loro, riassume alcuni processi giudiziari importanti, racconta insomma il “Sistema” nelle dinamiche degli ultimi venti anni (dal 2000 a oggi) e tratta moltissimi casi singoli che qui non c’è modo né di riassumere, né di esaminare brevemente, ma che sono, emblematici e molto interessanti (inclusi quelli dei magistrati che si ribellano alle logiche ferree del Sistema). Passa in rassegna le vicende dei vertici delle principali procure italiane (Milano, Roma, Napoli, Palermo, Firenze). Descrive come sono state designate le persone che guidano queste procure. Poi esamina i difficili rapporti tra la magistratura e i vari governi (a cominciare ovviamente da quelli presieduti da Berlusconi per arrivare alle più recenti vicende giudiziarie di Renzi (e Lotti), alle polemiche tra Bonafede e Di Matteo e a quelle in cui finisce coinvolto lo stesso Palamara). Non mancano giudizi duri su magistrati e politici e, ripeto, un ottimo indice dei nomi consente di individuare facilmente fatti e personalità che più interessano ai singoli lettori. E il libro di personalità ne coinvolge davvero molte.
Credo che un testo così ci aiuti davvero a capire meglio il nostro “sistema” giudiziario, perché la voce che lo descrive e un po’ lo mette a nudo è quella di un protagonista di primo piano e ben informato, interno e organico al sistema, uno che ha salito tutti i gradini della carriera (presidente dell’ANM a 39 anni e membro del CSM), uno che rivendica di essere stato protagonista del sistema, uno che non rinnega ciò che ha fatto (p.7) e che nel 2020 è stato radiato dall’ordine giudiziario.
Come esco dalla lettura del libro? Semplicemente pensando che il “Sistema” non sia riformabile. Ma ho 67 anni e spero che i giovani lettori, demograficamente più ottimisti di me, affrontino il testo (e dovrebbero farlo, anche se a loro risulterà ancora più faticoso) con più speranze.
Purtroppo non sempre saperne di più su una certa questione basta a cambiare lo stato delle cose. A volte il groviglio è talmente coriaceo e inestricabile che non appare modificabile. E, se Palamara dice il vero, i rapporti corporativi che vigono all’interno del mondo giudiziario italiano e le relazioni tra questo mondo e la politica sono così complicati che costituiscono una vera tara nazionale. Una tara che, forse, potrà essere curata e guarita solo nel lunghissimo periodo e con molto sforzo. Merito di questa intervista è certificare l’esistenza di questo groviglio (e, per me, di questa tara) e costringere l'opinione pubblica a prenderne atto. Perchè un libro come questo rende tutti più consapevoli. Se poi provocherà anche un sussulto morale che metterà in moto cambiamenti in meglio, questo lo vedremo col tempo.
Copie del libro si trovano nella Rete Bibliolandia, ma sono troppo poche per il numero di lettori che già si sono prenotati e per quelli che si spera vorranno leggerlo. Mi auguro che le biblioteche di Pisa SMS, San Giuliano, Volterra e altre ne mettano ulteriori copie in acquisto e poi in prestito. Ne vale la pena.
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