lunedì 15 marzo 2021

Due riflessioni su Letta segretario del PD

Non so cosa significhi esattamente la designazione a segretario politico del PD per Letta, per lo stesso PD e per il Paese. Riporto qui solo le riflessioni che l’evento (e il discorso di Letta che ho ascoltato ieri per intero) mi suggerisce, dopo aver sottolineato tre volte, il carattere soggettivo delle mie annotazioni.
Per me l’elezione di Letta dimostra fondamentalmente due cose. La prima che la cultura cattolica, quella liberaldemocratica, ma anche di sinistra e attenta al sociale, quella che a Pisa è nata con Toniolo, passata per Giovanni Gronchi e poi è arrivata alla nidiata dei cattolici di sinistra degli anni 80/90, è ancora viva e vitale. Oggi questo cattolicesimo moderno, attento al sociale, trova ispirazione nel messaggio di Papa Francesco, che per altro rilegge, in chiave moderna, il Discorso della Montagna (un testo che piaceva anche ad un ateo come Gaetano Salvemini). E quel cattolicesimo sociale, importante soprattutto nella seconda metà del ‘900, pur incapace di esprimersi oggi in un proprio autonomo partito, e che pure trova un qualificato punto di riferimento nell’attuale presidente della Repubblica, ha però mantenuto una forte vitalità in un tessuto socio-culturale assai diffuso nel Paese e, sul piano politico, in particolare nel PD . Mi auguro che questo cattolicesimo continui a dare frutti. Perchè contiene valori umani e posizioni politiche largamente condivisibili anche da non cattolici e non credenti.
La seconda è invece il disastro (e quindi la marginalizzazione politica) di due culture politiche forti del ‘900 che mi sono state e in parte mi sono ancora care: quella socialista e quella comunista. Il crollo di Zingaretti, l'evoluzione del PD e la pulviscolarizzazione delle formazioni esterne al PD che si richiamano a esperienze ideali socialiste e comuniste dimostrano dolorosamente che in Italia questa cultura politica di sinistra si è non solo inaridita ma letteralmente sbriciolata. Alle spalle di questo disastro ci sono varie ragioni e cause che semplificando, sul piano politico, hanno portato all’incapacità di comunisti e socialisti di reimpastarsi negli anni ‘90 in una formazione con caratteri “socialdemocratici” o laburisti e all’impossibilità di aggiornare una cultura politica di sinistra coerente, in grado di ancorarsi ad un blocco sociale di riferimento sufficientemente omogeneo. Così l’accusa lanciata da noi giovani estremisti degli anni ‘70 verso il PSI e il PCI di essersi socialdemocratizzati si è dimostrata una balla o comunque una tendenza precaria destinata a saltare completamente per aria nei primi anni ‘90. Dopo il crollo del muro di Berlino cosa sia stata infatti la cultura politica di sinistra in Italia lo diranno ai nostri figli e nipoti forse solo gli storici che indagheranno questo fenomeno tra venti o trent'anni. E sono quasi certo che questi storici dovranno scavare tra le macerie e non solo negli archivi per capirci qualcosa.

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