Mi chiamo Mouhamed Alì / di Rita Coruzzi e Mouhamed Alì Ndiaye, Piemme, 2019, pp. 220
Da poco più di un mese è uscito e ha cominciato a circolare un libro che racconta l'avventurosa biografia di un pugile di origine senegalese, arrivato ventenne in Italia e per la precisione a Pontedera, dove sposa con una ragazza italiana, ottiene la cittadinanza, e comincia una lunga carriera che lo porterà a vincere prima il campionato italiano dilettanti dei pesi fino a 75kg, poi quello dei professionisti italiani, e successivamente altri titoli mediterranei.
Il libro scritto da Rita Coruzzi, un'autrice portatrice di disabilità che tutti i giorni scrive come se fosse anche lei su un suo ring, ha forza, ritmo e colpisce il lettore, come dovrebbe fare ogni buon libro per farsi leggere e convincere il lettore ad arrivare alla fine del testo.
Si comincia con Moussa, il padre di Alì, pugile senegalese di una certa fama, il quale, appesi i guantoni al chiodo, alternando il lavoro di guidatore di autobus, apre una scuola di pugilato e cerca di fare di suo figlio (a cui ha dato il nome di Mouhamed Alì, il nome adottato dall'immenso pugile Cassius Clay) un campione della boxe. E' esattamente questo il sogno che Moussa vuol far sognare al piccolo Alì e per aiutarlo a sognarlo meglio tutti giorni lo allena, lo sfida e lo aiuta a crescere. Fino a quando anche Alì comincia a sognare in proprio il sogno del padre e per sognarlo meglio non si accontenta di quello che gli offre il Senegal, ma prima migra in Francia e poi viene in Italia e approda a Pontedera.
Ma i sogni, che sono il sale della vita, spesso sono difficili da realizzare. Hanno una faccia cruda, dura, dolorosa. Figuriamoci poi i sogni che hanno a che fare con la boxe. Sono sogni dove non solo bisogna metterci la faccia, ma bisogna sapere prendere cazzotti e darli. E prenderne e darne tanti. Dolorosi, sanguinosi. Perchè così va il mondo.
E a Pontedera Alì arriva si come pugile (ma noto solo in Senagal), ma soprattutto come "clandestino"; e anche se trova una palestra per allenarsi (e ne trova due: una a Pisa e una a Pontedera), anche se trova amici italiani e parenti senegalesi a cui appoggiarsi; anche se trova un sindaco allora dei DS, parlo di Paolo Marconcini, aperto al mondo e che tratta Alì come se fosse un proprio figlio; anche se Pontedera era ed in parte resta una città accogliente per i senegalesi e gli stranieri, Alì resta un "clandestino" e per campare deve fare il Vu cumprà e non può combattere pubblicamente perchè non ha i documenti in regola.
Poi, come nelle fiabe, ma questa non è una fiaba ed è una storia assolutamente vera, Alì, l'eroe buono, sfortunato, schiacciato dal mondo, incontra un fata e questa fata risolve diversi dei suoi problemi.
Sì Alì incontra una ragazza italiana, se ne innamora e lei si innamora di lui. Così lei lo sposa e quello che non riescono a fare le leggi italiane (cioè a dargli una cittadinanza e a consentirgli di combattere come pugile regolare), lo farà una piccola grande donna. E' Federica che, amando e sposando lo straniero Alì trasforma come per magia il pugile clandestino in un pugile che nel giro di tre anni può smettere di fare il Vu cumprà, esibirsi regolarmente sul ring, prendere a pugni la sorte, vincere il titolo italiano dilettanti fino a 75kg e poi quello dei professionisti e quindi... il titolo europeo e diverse decine di incontri.
E mentre c'è, visto che le donne per fortuna degli uomini sono multitasking, Federica gli dà anche una famiglia, dei figli, un luogo dove vivere, una storia ancora più ricca.
Un miracolo? No, una storia vera. Contemporanea. Che intreccia uomini e donne di culture e religioni diverse. Che abbraccia continenti. Che muove sentimenti. Che è dolorosa e allo stesso tempo piena di speranza. Che è retorica, ma anche cruda. Che è dannatamente attuale, perchè fotografa questo mondo così come lo conosciamo bene.
Ma che è anche una storia benedettamente antica. Perchè ci parla di un eroe che assomiglia a Ulisse o a un ebreo errante, che vaga da una sponda all'altra del Mediterraneo in cerca di fortuna e di una sorte che sia positiva e possibilmente felice. Parla di un uomo che lascia la sua casa e da straniero cerca di costruire la sua vita in mezzo ad altri uomini. dai quali vorrebbe essere accolto e riconosciuto esattamente per il suo valore. Per quello che sa e può fare. Per sè e per loro.
Insomma una storia antica ed attuale che vale la pena di leggere, col cervello sveglio, con la razionalità di chi sa capire i propri e gli altrui sentimenti e gestire le proprie paure e le angosce degli altri. Una storia su cui non c'è da vergognarsi neppure di versare le proprie lacrime. Del resto che uomini e che donne saremmo senza la ragione, l'emozione e l'amore?
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