Il film della RAI dedicato a Enrico Piaggio e il mito della Vespa
Confesso che mi è piaciuto. E sono sicuro che il film della RAI sarebbe piaciuto molto anche a Enrico Piaggio. Certo è una biografia romanzata che tende ad accreditare perfino un Piaggio antifascista per difendere i suoi operai, un Piaggio che ha un rapporto molto forte e personale coi suoi collaboratori; un film che si inventa anche un intreccio strappalacrime per corteggiare il gusto contemporaneo (da eterni romantici) dei telespettatori. E' un film di sapore mitologico, girato prevalentemente su un set cinematografico, una fabbrica ricostruita, con qualche esterno nella villa di Varramista (Montopoli) e nelle campagne toscane, e scorci di Piazza dei Miracoli e della Normale (Pisa), un po' di citazioni di "Vacanze Romane" e.... tanta, tanta Vespa.Non è una storia del tutto vera, ma certo è verosimile. Fatta per piacere. Ideata per raccontare un periodo affascinante, forse irripetibile, della vicenda nazionale: quello della ricostruzione, con lo slancio economico e immaginifico del dopoguerra che avrebbe portato al boom economico della fine degli anni '50. Un periodo di cui Enrico Piaggio fu un protagonista, perchè di sicuro figura tra gli imprenditori italiani che costruirono quel boom. Certo, insieme agli operai, che, in parte, nella realtà quotidiana, a Enrico Piaggio furono ostili e non si sentirono mai "i suoi operai" (o almeno questo sta scritto nei documenti di allora conservati negli archivi sindacali e politici).
Perchè la vicenda vera della Piaggio è stata inevitabilmente molto più complicata. Ma per scrivere una biografia seria di Enrico Piaggio per ora mancano i materiali. Mancano gli archivi di famiglia, i carteggi, la documentazione, una bibliografia ricca e ben fatta e poi una indagine lunga e approfondita, oltre che una riflessione accurata eseguita da storici di valore. Sono questi gli ingredienti che darebbero spessore e "disincanto" alla biografia di un imprenditore che a 29 anni dirigeva già uno degli stabilimenti più innovativi in ambito non solo nazionale ma internazionale: parlo della Piaggio del 1932/33 dove si producevano motori per aerei da guerra. Quelli usati nella guerra di aggressione fascista all'Etiopia e poi nella seconda guerra mondiale. Elementi appena sfiorati e per certi aspetti distorti nel film.
Ma una cosa è la storia praticata come disciplina scientifica. E un'altra è il cinema per la TV che racconta storie. Tra i due prodotti culturali ci può essere una osmosi, ma i prodotti finali, i libri e i film, sono destinati sostanzialmente a pubblici diversi e quindi sono oggetti con caratteristiche e finalità proprie e non comparabili.
Ciò non toglie che un buon film non possa raccontare molte cose ad un pubblico di massa e vada quindi accolto, come in questo caso, in maniera largamente positiva.
Certo, un soggetto cinematografico (come quello elaborato da Roberto Jannone e Francesco Massaro), poi trasformato in una sceneggiatura (con la collaborazione anche di Franco Bernini) non è un libro di storia. Però ci suggerisce una lettura della storia e, come avrebbe detto il grande Benedetto Croce, ci aiuta perfino a capire il presente.
Così anche se Pontedera è appena citata nel film (e per noi pontederesi di oggi questo è un gran peccato!), in fondo questa assenza è quello che avrebbero desiderato tanti pontederesi degli anni '50 e'60 che si batterono con fierezza perchè Pontedera non si trasformasse in Piaggiopoli. Il film di Umberto Marino, di sicuro involontariamente, in qualche modo accontenta anche loro.
L'unico rammarico che ho è che per il momento la storia di Piaggio non si sia trasformata in uno sceneggiato. Perchè se avesse affrontato anche la giovinezza dell'imprenditore, il periodo bellico e poi anche la prima curva discendente del fenomeno Vespa all'inizio degli anni '60, avrebbe raccontato davvero un bello spaccato di storia nazionale. Perchè episodi duri, eventi forti, drammi, scontri, ma anche matrimoni "regali" (come quello tra la figlia Antonella e Umberto Agnelli) e fasi calde (con lunghi scioperi) non mancarono tra i primi anni '30 e la morte di Piaggio che risale alla fine del 1965.
E tuttavia, anche in questa versione light, il film contiene molto e almeno il mondo scolastico potrebbe utilizzarlo, magari con proiezioni introdotte e commentate da qualche bravo insegnate di storia.
La speranza poi non è solo quella che il film aiuti a veicolare ancora il mito della Vespa nel mondo. L'auspicio è che la storia di Enrico Piaggio possa dare ancora molto alla città dove la Vespa è nata. In termini di attrattiva turistica; e come luogo di produzione di idee e di fabbricazione di oggetti innovativi. Forse perfino come strumento di riflessione sulle relazioni sindacali e politiche. Forse!
Tutte cose che accadranno solo se i pontederesi di oggi sapranno dialogare meglio non solo con il mito della Vespa ma con le nuove opportunità tecnologiche che per ora abitano il viale Rinaldo Piaggio.
Ma sapranno far tesoro di una biografia come quella di Enrico Piaggio?
Di sicuro il film fa di Enrico Piaggio un personaggio "popolare", cosa che non si è ancora riusciti a realizzare con un'altra figura importante di questa città. Mi riferisco al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Anche lui meriterebbe un bel film per la TV.
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