Made in Italy e cultura. Indagine sull'identità italiana contemporanea / a cura di Daniele Balicco, Palumbo, 2016, pp. 317. Contributi diversi
Testo intrigante sull'Italia che corre e che è apprezzata nel mondo. Per quello che le sue imprese producono nella moda, nell'abbigliamento, nel design, nelle produzioni culturali (libri e cinema incluso), settori di qualità dell'economia in cui l'Italia funziona e compete con successo con gli altri paesi. Un testo che fotografa tutto questo. Senza orgoglio, senza cadere nel liberismo, ma con determinatezza.
giovedì 28 dicembre 2017
mercoledì 27 dicembre 2017
Cemento rosso : il secolo cinese, mattone dopo mattone / Giuliano Marrucci, Mimesi, 2017, pp. 180
Testo denso ed interessante per capire come l'industria del "mattone cinese" (con le sue complesse articolazioni collegate alla proprietà pubblica della terra) abbia sostenuto e sostenga l'infinito boom dell'economia cinese.
Numeri e situazioni impressionanti per dimensione e mole. Irripetibili (per fortuna) in Occidente. Certo l'urbanizzazione di 500 milioni di persone in trent'anni è di gran lunga il più complesso sconvolgimento sociale della storia dell'umanità (almeno per quello che se ne sa). E il fatto che si avvenuto tutto sommato in forma "controllata" appare "quasi" un miracolo. Ovviamente la "diversità" cinese costituisce un fattore importante di questa trasformazione/transizione pacifica. E sulla natura di questa "diversità" c'è ancora molto da dire e da capire: almeno in Occidente.
Testo denso ed interessante per capire come l'industria del "mattone cinese" (con le sue complesse articolazioni collegate alla proprietà pubblica della terra) abbia sostenuto e sostenga l'infinito boom dell'economia cinese.
Numeri e situazioni impressionanti per dimensione e mole. Irripetibili (per fortuna) in Occidente. Certo l'urbanizzazione di 500 milioni di persone in trent'anni è di gran lunga il più complesso sconvolgimento sociale della storia dell'umanità (almeno per quello che se ne sa). E il fatto che si avvenuto tutto sommato in forma "controllata" appare "quasi" un miracolo. Ovviamente la "diversità" cinese costituisce un fattore importante di questa trasformazione/transizione pacifica. E sulla natura di questa "diversità" c'è ancora molto da dire e da capire: almeno in Occidente.
Armando Zappolini: un prete secondo Francesco. Contemplativo, sognatore e costruttore di ponti / Armando Zappolini, 2017, Edizioni San Paolo, pp. 234
E' una biografia intensa quella che ha messo insieme Don Armando. Piena di suggestioni, di incontri, di riflessioni. Consegna al lettore l'idea di un progetto di vita come vocazione vissuta fino da ragazzo, ma con le incertezze e le difficoltà che la vita pone a tutti: anche ai più caparbi, ai determinati e ai giullari. E don Armando è tutto questo e molto di più, come scoprirà che leggerà la sue pagine
Attorno a sé, Don Armando, disegna un percorso di quaranta anni, con una Chiesa, diverse Comunità e più in generale un mondo affettuosamente umano, dove lui si muove, con la sua variegata personalità a tratte anche "selvaggia" (è una definizione sua). Una personalità che mira scuotere le coscienze assopite e a metterle di fronte alle responsabilità: quelle che hanno verso loro stessi, verso gli altri uomini e verso Dio.
E nel disegnare tutto ciò Don Armando ci regala un racconto variegato, pieno di dettagli e di attenzione per gli altri. Per il mondo della sofferenza e dell'emarginazione, per l'aiuto alle popolazioni povere della terra, per la battaglia a sostegno della legalità e contro la mafia.
Ma tutto questo andare verso il mondo, Don Armando lo fa partendo e restando nella sua parrocchia di Tripalle e Perignano. E dimostrando che si può e si deve essere universali nell'impegno di tutti i giorni, anche animando una parrocchia ed una comunità di 400 anime (come era quella di Tripalle negli anni '80).
Certo Don Armando, almeno per come ho letto io il libro e per quello che anche prima sapevo di lui, è soprattutto un costruttore di relazioni, una persona che turba le coscienze di coloro che vivacchiano, un uomo che vuole aiutare gli altri a crescere. A diventare persone adulte e responsabili. Un prete che crea relazioni e dialogo con tutti (incluse le altre religioni); che costruisce ponti, che fonda e anima cooperative e associazioni; e che sprona giovani e meno giovani ad impegnarsi nella vita sociale e civile, oltre che sul terreno religioso. E' un uomo che inventa progetti, trasforma la sua fede in opere di carità e di umanità a vantaggio dei più bisognosi, provoca e non sta con le mani in mano.
In questo segue il percorso di preti come Don Milani, Don Gallo e Don Ciotti. Ed è figlio ed interprete di un cristianesimo che prima di tutto è aiuto spirituale e materiale verso chi ha più bisogno. Verso chi chiede aiuto o semplicemente non ce la fa.
Ed è normale che, come dice lui stesso, oggi si senta pienamente a casa nella Chiesa che Papa Francesco ha definito e sta trasformando in un "ospedale da campo".
E' una biografia intensa quella che ha messo insieme Don Armando. Piena di suggestioni, di incontri, di riflessioni. Consegna al lettore l'idea di un progetto di vita come vocazione vissuta fino da ragazzo, ma con le incertezze e le difficoltà che la vita pone a tutti: anche ai più caparbi, ai determinati e ai giullari. E don Armando è tutto questo e molto di più, come scoprirà che leggerà la sue pagine
Attorno a sé, Don Armando, disegna un percorso di quaranta anni, con una Chiesa, diverse Comunità e più in generale un mondo affettuosamente umano, dove lui si muove, con la sua variegata personalità a tratte anche "selvaggia" (è una definizione sua). Una personalità che mira scuotere le coscienze assopite e a metterle di fronte alle responsabilità: quelle che hanno verso loro stessi, verso gli altri uomini e verso Dio.
E nel disegnare tutto ciò Don Armando ci regala un racconto variegato, pieno di dettagli e di attenzione per gli altri. Per il mondo della sofferenza e dell'emarginazione, per l'aiuto alle popolazioni povere della terra, per la battaglia a sostegno della legalità e contro la mafia.
Ma tutto questo andare verso il mondo, Don Armando lo fa partendo e restando nella sua parrocchia di Tripalle e Perignano. E dimostrando che si può e si deve essere universali nell'impegno di tutti i giorni, anche animando una parrocchia ed una comunità di 400 anime (come era quella di Tripalle negli anni '80).
Certo Don Armando, almeno per come ho letto io il libro e per quello che anche prima sapevo di lui, è soprattutto un costruttore di relazioni, una persona che turba le coscienze di coloro che vivacchiano, un uomo che vuole aiutare gli altri a crescere. A diventare persone adulte e responsabili. Un prete che crea relazioni e dialogo con tutti (incluse le altre religioni); che costruisce ponti, che fonda e anima cooperative e associazioni; e che sprona giovani e meno giovani ad impegnarsi nella vita sociale e civile, oltre che sul terreno religioso. E' un uomo che inventa progetti, trasforma la sua fede in opere di carità e di umanità a vantaggio dei più bisognosi, provoca e non sta con le mani in mano.
In questo segue il percorso di preti come Don Milani, Don Gallo e Don Ciotti. Ed è figlio ed interprete di un cristianesimo che prima di tutto è aiuto spirituale e materiale verso chi ha più bisogno. Verso chi chiede aiuto o semplicemente non ce la fa.
Ed è normale che, come dice lui stesso, oggi si senta pienamente a casa nella Chiesa che Papa Francesco ha definito e sta trasformando in un "ospedale da campo".
domenica 17 dicembre 2017
Vendemmia rosso sangue: lo strano caso del morto che parla / Maurizio Castellani (2017, p. 149)
Questo è il secondo giallo di Castellani. Il primo si intitolava "La ventiquattrore: delitto in albergo" (Kimerik, 2015). Ed è una specie di sequel. La storia (analogamente alla prima) si svolge in una pensione/albergo a conduzione familiare, posizionata in un paesino della provincia (Casciana Terme, a tre passi da Pontedera e a quattro da Pisa), dove agisce Marco Vincenti, un albergatore per caso (ex geometra), che si trasforma in detective per vocazione ed astuzia. Attorno al lui, agiscono due amici, un maresciallo acuto ma non troppo delle forze dell'ordine, un paio di donne (una delle quali viene però spedita in vacanza) e altre presenze minori.
All'inizio ci sono il morto, straniero, e una bicicletta.
Il problema che Castellani consegna al suo alter ego Marco Vincenti è quello di capire perchè e chi abbia ucciso il povero ciclista.
Per scoprire tutto questo il lettore dovrà leggere e girare circa 150 pagine. Per invogliarlo e trascinarlo in questa impresa e fargli accertare l'identità dell'assassino, l'autore, che non fa muovere il suo detective dalla pensione, organizza pranzi e cene con gli amici. Sono loro in realtà a gestire l'indagine e a muoversi insieme al maresciallo Bevacqua. Colazioni, cene e pranzi lasciano così colare nel testo, tra un brandello di indagine e un indizio da valutare, chicche di ricette culinarie che l'autore, gaudente e buongustaio, propone con maestria da chef. E mentre prende per la gola lettori e lettrici, inserisce anche riflessioni sulle ramificate relazioni uomo/donna e piccole avventure erotico-sentimentali che alzano il livello di attenzione e fanno scorrere velocemente le pagine.
Il tutto è condito con un'ironia, un gusto della battuta, il piacere di prendere in giro se stesso e i suoi personaggi che danno leggerezza, velocità e la giusta sincopatura al giallo.
Il testo ha anche un piccolo risvolto sociale collegato alla storia del ciclista morto ammazzato.
Direi che nel suo voler essere, per ammissione dello stesso autore, un giallo "popolare", funziona.
Ieri sera il romanzo è stato presentato a Pontedera, alla sala Carpi, alla presenza di una quarantina di pontederesi. Quasi tutti doc. Come l'autore, il quale prima di mettersi a scrivere faceva (e fa) tutt'altro. E anche per questo costituisce una piacevole sorpresa.
Questo è il secondo giallo di Castellani. Il primo si intitolava "La ventiquattrore: delitto in albergo" (Kimerik, 2015). Ed è una specie di sequel. La storia (analogamente alla prima) si svolge in una pensione/albergo a conduzione familiare, posizionata in un paesino della provincia (Casciana Terme, a tre passi da Pontedera e a quattro da Pisa), dove agisce Marco Vincenti, un albergatore per caso (ex geometra), che si trasforma in detective per vocazione ed astuzia. Attorno al lui, agiscono due amici, un maresciallo acuto ma non troppo delle forze dell'ordine, un paio di donne (una delle quali viene però spedita in vacanza) e altre presenze minori.
All'inizio ci sono il morto, straniero, e una bicicletta.
Il problema che Castellani consegna al suo alter ego Marco Vincenti è quello di capire perchè e chi abbia ucciso il povero ciclista.
Per scoprire tutto questo il lettore dovrà leggere e girare circa 150 pagine. Per invogliarlo e trascinarlo in questa impresa e fargli accertare l'identità dell'assassino, l'autore, che non fa muovere il suo detective dalla pensione, organizza pranzi e cene con gli amici. Sono loro in realtà a gestire l'indagine e a muoversi insieme al maresciallo Bevacqua. Colazioni, cene e pranzi lasciano così colare nel testo, tra un brandello di indagine e un indizio da valutare, chicche di ricette culinarie che l'autore, gaudente e buongustaio, propone con maestria da chef. E mentre prende per la gola lettori e lettrici, inserisce anche riflessioni sulle ramificate relazioni uomo/donna e piccole avventure erotico-sentimentali che alzano il livello di attenzione e fanno scorrere velocemente le pagine.
Il tutto è condito con un'ironia, un gusto della battuta, il piacere di prendere in giro se stesso e i suoi personaggi che danno leggerezza, velocità e la giusta sincopatura al giallo.
Il testo ha anche un piccolo risvolto sociale collegato alla storia del ciclista morto ammazzato.
Direi che nel suo voler essere, per ammissione dello stesso autore, un giallo "popolare", funziona.
Ieri sera il romanzo è stato presentato a Pontedera, alla sala Carpi, alla presenza di una quarantina di pontederesi. Quasi tutti doc. Come l'autore, il quale prima di mettersi a scrivere faceva (e fa) tutt'altro. E anche per questo costituisce una piacevole sorpresa.
venerdì 8 dicembre 2017
Due come noi. "La storia dei cattivi" / Luigi Cioni, Pharus Editore Librario, Livorno, 2017, p. 74
Lettura non agile quella del testo di Cioni che decostruisce e ricostruisce due figure non facili della Bibbia e della tradizione cristiana, Caino e Giuda. Due cattivi, per l'appunto. Due cattivi come tutti noi, scrive Cioni. È una lettura non semplice per un non credente. Per uno, come me, che è portato a leggere la Bibbia in chiave storica, antropologica, letteraria, ecc. ecc., ma non crede nell'esistenza del dio della Bibbia e non crede neppure nella sostanza divina del Gesù dei Vangeli. Ciò premesso le meditazioni di Cioni su queste due figure profondamente innestate nella nostra cultura sono stimolanti e perfino sfidanti. E il breve ma denso libretto di Cioni ci invita ad una analisi profonda e meditata dei nostri simili cattivi. E di noi stessi come cattivi. Almeno potenzialmente. Come spesso accade le domande e le suggestioni dei libri sono più ricche della risposte. Perché le domande aprono sempre infinte possibilità di risposta. Mentre le risposte operano scelte e spesso deludono. Il libro di Cioni è ricco di domande e di suggestioni. Davvero una lettura non banale per chi voglia misurarcisi.
mercoledì 6 dicembre 2017
Arte e fiabe alla Galleria Il Germoglio di Manrico Mosti
Fatica questa Pontedera contemporanea. Forse come non mai negli ultimi 100 anni (prima e seconda guerra mondiale a parte). Fatica ma si impegna e continua ad investire. Anche in cultura. E nell'arte contemporanea. Così, martedi 5 dicembre, la Galleria Il Germoglio, di cui è guida spirituale Manrico Mosti, ha organizzato, in via Guerrazzi, tre eventi in uno: la presentazione di un delicatissimo e al tempo stesso sofisticatissimo libro di fiabe per la famiglia; una mostra di opere con un notevole impatto emotivo, realizzate da un artista affermato come Paolo Grigò e da una giovane promessa come Sara Baldinotti; e, infine, un intenso reading con Dario Marconcini e Giovanna Daddi (attori, registi, lettori straordinari, performer), i quali, cullati dalla musica suonata al pianoforte dal Maestro Alessandro Lanini, hanno letto alcuni dei deliziosi racconti di Mosti.
A godersi tutto questo, una quarantina di ospiti, parenti ed amici, tra cui un po' di bambini, i nipoti di Manrico.
A godersi tutto questo, una quarantina di ospiti, parenti ed amici, tra cui un po' di bambini, i nipoti di Manrico.
E allora ho pensato che anche la Galleria Il Germoglio era o meglio è un altro tassello di quella Pontedera che crede davvero nell'arte contemporanea e nella qualità della comunicazione culturale. Una Pontedera pubblica e privata. Perchè la manifestazione e il libro sono stati sostenuti anche dal Comune di Pontedera.
Aggiungo che i bei disegni dell'amico Paolo Grigò e di Sara Baldinotti (che fino a ieri non conoscevo) costituiscono le illustrazioni del volume di fiabe, intitolato "Facciamo finta che...", scritto da Manrico Mosti con e per i suoi nipoti e stampato con cura artigianale da quel laboratorio di arte grafica che è la Tipografia Bandecchi & Vivaldi.
Una copia del libro è stata donata alla Biblioteca Gronchi che l'ha già catalogata e nei prossimi giorni la collocherà in prestito. Nel descriverla siamo stati incerti se collocare l'opera tra i libri per bambini o tra i testi d'arte (perché i racconti, forzando un po' le cose, potrebbero anche essere considerati lunghe spiegazioni dei disegni). Alla fine abbiamo optato per collocare il volume tra le opere dedicate alla nostra città, perchè anche se i racconti ed in parte i disegni vivono e spaziano in un mondo immaginario e magico, pur tuttavia questo volume ha un'intimità e un garbo che mi sembrano richiamare i caratteri migliori di Pontedera. Un certo gusto ed una certa qualità nel fare le cose. Il giusto garbo nel porgerle. L'abilità nel mettere insieme e mescolare capacità e professionalità diverse. Il desiderio di guardare lontano e di sognare, ma senza perdere i valori fondanti ereditati dal passato e una certa praticità del vivere quotidiano. La disponibilità ad accettare la sfida di un mondo che, comunque sia, ci viene addosso e che dobbiamo saper fronteggiare. Con gusto. Lo ripeto. Con sobrietà. Con la fronte alta. Un po' pensosi. E un po' ironicamente sorridenti. Il volume è un dono che bene ha fatto Manrico a collocare nella stagione del "ceppo". Un dono che Mosti ha fatto alla sua famiglia, certo. Ma anche a quella famiglia allargata e molto poliedrica che è la nostra città. Una città che spero trovi il tempo e la voglia per gustarsi le opere di Grigò e di Baldinotti e poi di comprare e leggere i racconti del libro o di venirlo a prendere in prestito in biblioteca. E, tra che c'è, attraversi le strade, salga le scale del PALP e visiti le sue mostre. Raggiunga Villa Crastan e respiri altra cultura. E poi entri dentro al Museo Piaggio. Ne vale di sicuro la pena.
Una copia del libro è stata donata alla Biblioteca Gronchi che l'ha già catalogata e nei prossimi giorni la collocherà in prestito. Nel descriverla siamo stati incerti se collocare l'opera tra i libri per bambini o tra i testi d'arte (perché i racconti, forzando un po' le cose, potrebbero anche essere considerati lunghe spiegazioni dei disegni). Alla fine abbiamo optato per collocare il volume tra le opere dedicate alla nostra città, perchè anche se i racconti ed in parte i disegni vivono e spaziano in un mondo immaginario e magico, pur tuttavia questo volume ha un'intimità e un garbo che mi sembrano richiamare i caratteri migliori di Pontedera. Un certo gusto ed una certa qualità nel fare le cose. Il giusto garbo nel porgerle. L'abilità nel mettere insieme e mescolare capacità e professionalità diverse. Il desiderio di guardare lontano e di sognare, ma senza perdere i valori fondanti ereditati dal passato e una certa praticità del vivere quotidiano. La disponibilità ad accettare la sfida di un mondo che, comunque sia, ci viene addosso e che dobbiamo saper fronteggiare. Con gusto. Lo ripeto. Con sobrietà. Con la fronte alta. Un po' pensosi. E un po' ironicamente sorridenti. Il volume è un dono che bene ha fatto Manrico a collocare nella stagione del "ceppo". Un dono che Mosti ha fatto alla sua famiglia, certo. Ma anche a quella famiglia allargata e molto poliedrica che è la nostra città. Una città che spero trovi il tempo e la voglia per gustarsi le opere di Grigò e di Baldinotti e poi di comprare e leggere i racconti del libro o di venirlo a prendere in prestito in biblioteca. E, tra che c'è, attraversi le strade, salga le scale del PALP e visiti le sue mostre. Raggiunga Villa Crastan e respiri altra cultura. E poi entri dentro al Museo Piaggio. Ne vale di sicuro la pena.
Liba ha inaugurato a Pontedera una mostra d'arte di qualità
E' accaduto sabato 2 dicembre. Alla Villa Crastan. Ex biblioteca. Liba, l'Associazione per l'arte contemporanea, ha festeggiato i suoi venti anni di attività e di presenza nella città di Pontedera mettendo in mostra (con apertura fino al 5 gennaio 2018) una quarantina di opere di alcuni grandi artisti contemporanei, tra cui Baj, Cascella, Benetton, Carmassi, Pomodoro.
Si tratta di una piccola esposizione di opere di grande qualità e di artisti di valore, riconosciuti e quotati nel contesto nazionale ed internazionale.
L'Amministrazione comunale ha fornito lo spazio e anche questo, come già il PALP, è un bell'esempio di sinergia tra pubblico e privato nella costruzione di percorsi culturali e nel recupero e la valorizzazione di spazi urbani importanti. Un modo chiaro per lavorare a favore della cultura e della città.
Con la mostra organizzata da LIBA sono almeno tre le offerte culturali nel campo dell'arte aperte e quindi attive in contemporanea su Pontedera e che tali rimarranno fino al nuovo anno. Alla Liba si affiancano infatti la straordinaria mostra da "La trottola e il robot. Tra Balla, Casorati e Capogrossi" aperta al PALP (fino ad aprile 2018) e la mostra "GHOST MOTO-PHOTO-FOOD MOSTRA FOTOGRAFICA" allestita al Museo Piaggio fino al 20 gennaio.
opera di Baj in mostra
sabato 2 dicembre 2017
Pietro Leopoldo: un granduca veramente illuminato
Ai Toscani il granduca Pietro Leopoldo è noto per l'abolizione della pena di morte (primo stato europeo a muoversi in questa direzione), ma la mostra della Rete Archivistica Pisana lo ritrae soprattutto nei panni di amministratore del territorio, attento conoscitore dei mille volti della società toscana del '700 che in parte riuscì a traghettare verso la modernità.
Dai prossimi giorni e fino a metà dicembre presso al Biblioteca Gronchi di Pontedera sarà possibile vedere (nell'orario di apertura della biblioteca) una mostra in 10 grandi pannelli che illustra il meglio di Pietro Leopoldo amministratore con riferimento alle sue riforme sul territorio provinciale.
Prima parte della mostra
Le riforme e il sistema scolastico
Il carattere dei "potederesi visti dal Granduca"
Un giudizio ancora valido?
La nascita della sanità pubblica
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