domenica 29 novembre 2020
Da Piazza Curtatone e Montanara a piazza Mazzinghi? Anche no
lunedì 9 novembre 2020
Perchè le librerie sono aperte e le biblioteche civiche sono chiuse?
Perchè le librerie sono aperte e le biblioteche civiche sono chiuse?
In un Paese che spesso si rifiuta di affrontare la complessità della realtà rispondere ad una domanda di questo tipo è difficile.
Innanzi tutto perchè le ragioni di questa differenza sono molteplici.
La prima è che le librerie stanno sul mercato e i librai ma soprattutto gli editori sono una lobby in grado di fare pressing sul governo e di trovare ascolto. Sono anche un insieme in grado di stimolare i loro clienti a protestare e a farsi sentire, magari attraverso giornali che orientano l'opinione pubblica. Insomma la filiera privata del libro è in grado di spingere per essere presa in considerazione e quindi sia nella prima fase del lockdown ha riaperto prima delle biblioteche e attualmente non è chiusa.
La seconda sta nel fatto che invece le biblioteche civiche dipendono dagli enti locali. Per lo più dai comuni. E qui comincia il difficile. Perchè i comuni che magari si battono per non far chiudere i negozi, considerano assai meno importanti le proprie biblioteche, pensano che i loro dipendenti siano comunque tutelati e che gli utenti alla fine non protesteranno per la chiusura delle biblioteche. Così i comuni trattano un po' di smartworking coi sindacati, congelano i servizi, cercano di risparmiare e si sentono a posto. Il livello di sensibilità verso i libri e i lettori che caratterizza decisori politici e amministrativi non consente loro di cercare altre strade. Si accontentano e considerano rompiscatole i bibliotecari fanatici che vorrebbero che i loro servizi fossero trattati come quelli delle librerie.
La terza è che la categoria dei bibliotecari, parlo dei grandi numeri, diversamente dai librai non ha la vera responsabilità delle biblioteche che resta nelle mani di dirigenti e amministratori pubblici. E siccome lo stipendio dei bibliotecari corre anche se la biblioteca è chiusa, chi glielo fa fare ai bibliotecari di ingaggiare una battaglia da cui non hanno da guadagnare nulla, se non la gratitudine del pubblico e l'antipatia di amministratori e di dirigenti? Questo misto di irresponsabilità operativa dei bibliotecari, di certezza di stipendio pubblico e dei rischi di una battaglia contro i propri vertici fa sì che solo un pugno di bibliotecari fanatici abbia protestato anche in queste settimane contro le chiusure delle biblioteche, mentre il grosso della professione si è acquietata, magari inventandosi meccanismi soft per rimanere parzialmente aperti. Un ragionamento analogo vale purtroppo anche per le biblioteche statali e universitaria, dove anche lì la filiera dell'organizzazione inceppa il buon senso e la volontà di aprire di più.
Si può modificare questo stato di cose? La vedo dura.
I bibliotecari pubblici non diventeranno mai veramente responsabili delle loro biblioteche e difficilmente i decisori pubblici riconosceranno loro un'autonomia che si riflette sui bilanci comunali (o universitari o statali), sui quali ovviamente gli amministratori vogliono avere sempre l'ultima parola.
Per cambiare solo in parte le cose servirebbe una generazione di bibliotecari di alto livello professionale e di forte visibilità sociale, in grado di conquistarsi una sostanziale (anche se non formale) autonomia operativa sul campo. Infatti laddove le biblioteche pubbliche funzionano bene, hanno pubblico e realizzano ottimi servizi, questa autonomia sostanziale è stata conquistata (con un complesso sistema di relazioni che sarebbe troppo lungo spiegare) e si sposa con una discreta condivisione progettuale da parte di dirigenti e amministratori. Ma è una conquista ed una condizione fragile e precaria, perchè si basa, a sua volta, su un mix di fattori che spesso sono più il frutto della fortuna che di un disegno intelligente. O d'altronde!
domenica 8 novembre 2020
L'uomo che sussurrava ai lettori
L'uomo che sussurrava ai lettori / Romano Montroni (Longanesi, 2020)
Leggere i testi di Montroni è per me sempre un piacere. Per l'eleganza con cui parla di libri, librai ed editori, ma anche e soprattutto per l'attenzione che rivolge ai lettori, ovvero ai clienti degli editori e delle librerie, senza la cui attiva presenza e senza la cui curiosità l'intera filiera del libro non reggerebbe.
In questo testo Montroni, già direttore e animatore della catena delle Librerie Feltrinelli e poi delle Librerie della Coop, parte dalla sua recente esperienza di presidente del "Centro per il libro e la lettura", un organismo del Ministero dei Beni Culturali finalizzato alla promozione della lettura, per tornare a concentrarsi però sul cuore della sua professione e sulla passione che lo contraddistingue da tutta una vita (Montroni oggi è un ottantenne): quella per il mestiere del librario, con un occhio e un'attenzione particolare alle piccole librerie indipendenti.
Il grosso del volume contiene sostanzialmente suggerimenti per i librai ed offre spunti e riflessioni su come si dovrebbe fare il mestiere del libraio oggi, in un mondo che cambia continuamente e che modifica costantemente anche il comparto dei libri. In particolare l'ultimo testo di Montroni delinea un modo vincente di fare la professione in un tempo molto difficile (dove se ti va bene sopravvivi dignitosamente, dice lui, ma non fai certo i quattrini e dove la maggiore soddisfazione è svolgere un mestiere che ti piace a contatto col pubblico).
Gran parte delle cose che scrive Montroni erano già presenti in un altro suo testo che considero un manuale fondativo e una lettura obbligatoria per chi, a vario titolo, voglia occuparsi di libri. Mi riferisco al volume "Vendere l'anima. Il mestiere del libraio" (Laterza, 2006)
Purtroppo "Vendere l'anima" e temo anche "L'uomo che sussurrava ai lettori" resteranno letture ignote al grosso dei bibliotecari italiani. Ed è forse anche per questo che oggi le librerie sono aperte al pubblico, mentre le biblioteche pubbliche, pur occupandosi di libri, sono sballottate e sono in stato di rannicchiamento e lo stesso Ministero della Cultura le considera meno importanti delle librerie. Il grosso dei bibliotecari del resto assomiglia troppo poco ai librai e fa troppo poco per imitarli. Per non dire poi che i vertici amministrativi e politici, da cui le biblioteche pubbliche (comprese quelle universitarie) dipendono, hanno una vaga e confusa idea di cosa siano i servizi bibliotecari oggi e quindi li tengono in uno stato poco più che vegetativo (tranne poche fortunate eccezioni).
Tra l'altro considero magistrale l'elogio della competenza professionale del librario come elemento che fa la vera differenza sul piano commerciale, come la fa (o la farebbe se fosse sostenuta e coltivata dalle pubbliche amministrazioni) anche quella dei bibliotecari.
Ed aggiungo che (ma questa è una mia valutazione, non presente nel testo di Montroni) fino a quando i bibliotecari non agiranno con lo spirito imprenditoriale dei librai (e non faranno tesoro dei suggerimenti di Montroni), e fino a quando i vertici amministrativi e politici non incentiveranno questo approccio, la pubblica lettura almeno in Italia non crescerà oltre una certa soglia. Soprattutto non cresceranno i nuovi lettori e i lettori deboli non si trasformeranno in lettori forti. Semmai buona parte di loro si perderanno per la strada.
Il testo di Montroni, edito da Longanesi nel 2020, si trova nelle librerie ed è comunque disponibile nella Rete Bibliolandia.
sabato 7 novembre 2020
Disobbedisco e accolgo: la biografia di don Biancalani
Disobbedisco e accolgo / di Massimo Biancalani (Edizioni San Paolo, 2020, Cinisello Balsamo)
Si legge d'un fiato la breve ma intensa e battagliera vita di Don Massimo Biancalani, il parroco di Vicofaro di Pistoia, dove c'è una chiesa che, come recita il sottotitolo del volume curato anche da Mimma Scigliano, per le edizioni San Paolo, funziona come un "ospedale da campo" per i migranti.
Le vicende del prete pistoiese, spiritualmente seguace di Don Milani, ma perfettamente in linea anche con la predicazione di Papa Francesco, sono note al grande pubblico, perchè la sua pratica dell'accoglienza dei migranti è stata sottoposta all'attenzione della cronaca politica. Don Biancalani è il prete che ha avuto il coraggio di portare dei migranti in "piscina", che ha cantato "Bella Ciao" alla fine della messa, è diventato un simbolo delle politiche dell'accoglienza e si è scontrato con il leader leghista Matteo Salvini, il quale ha tweettato più volte contro il prete, contro la sua politica dell'accoglienza, contro l'uso di "Bella Ciao", il tutto mentre una formazione di ultradestra come Forza Nuova è arrivata a chiedere le sue dimissioni da parroco e a suggerire al vescovo di Pistoia di rimuoverlo dalla parrocchia di Vicofaro. Cosa che per fortuna non è accaduta.
Il libro racconta alcuni momenti della formazione di Don Biancalani, il suo percorso spirituale e la sua vocazione ad assistere e ad accogliere gli ultimi. In contrasto con tutti coloro che sono contrari all'accoglienza e che praticano un cattolicesimo moderato e prudente, Don Biancalani è cresciuto spiritualmente accogliendo e sostenendo gli altri, i più bisognosi, i più disperati, perchè questo è per lui la maniera migliore per incontrare Gesù e per trovare un senso al suo essere parroco e cristiano. La disubbidienza, come avrebbe detto anche Don Milani, è quindi la contestazione di leggi e di atteggiamenti che impediscono una corretta attuazione del messaggio evangelico e l'accoglienza è la decisione di andare incontro al prossimo.
Il libro è una bella lezione di vita e contiene un messaggio politico esplicito. Per i cristiani, in primo luogo, ai quali, non a caso, alla fine delle cerimonie religiose in chiesa, Don Biancalani dice: "guardate che la messa non è finita". La messa continua anche fuori dalla chiesa. La messa continua nell'impegno quotidiano per il sostegno verso chi ha bisogno e verso chi chiede di essere accolto. Un messaggio impegnativo. Per tutti.
Il volume è disponibile nelle librerie, ma può anche essere preso in prestito nelle biblioteche di Bibliolandia che organizzano il servizio LIBRI DA ASPORTO.