La crisi di ruolo degli INTELLETTUALI (prendendo per buona l’esistenza di una cosi complessa e non facilmente definibile categoria sociale) non è colpa degli intellettuali. Loro ci sono. Sono numerosi, nonostante l’intelligenza artificiale. Occupano i posti chiave dove, tra le altre cose, si costruisce il consenso culturale e politico nella società (università, case editrici, centri studi, giornali di carta e su web, TV, radio, social media e altro), ma hanno un ruolo meno carismatico rispetto ad una volta.
Contano meno? Forse si. Per complesse ragioni, su alcune delle quali proverò a dire qualcosa.
LA POLITICA ORGANIZZATA. I partiti, tutti, li usano gli intellettuali organici (e ne sono usati) strumentalmente. Ma soprattutto i partiti, tutti, dagli intellettuali organici non si fanno assolutamente condizionare. Il matrimonio tra partiti e intellettuali (almeno in Italia) è soprattutto di interesse. Questo ovviamente non esclude qualche innamoramento o fasi di passione. Dipende dai caratteri e dai periodi. Ma familismo, nicodemismo e trasformismo restano radicati costumi nazionali, molto praticati da entrambi i partner. E soprattutto la politica ha sempre meno bisogno di intellettuali che custodiscano e coltivino le tradizioni. Il resto è, per certi aspetti, una conseguenza.
LE PERSONE COMUNI. Sono molto più alfabetizzate rispetto al passato e mediamente più anziane. Ergo ragionano di più con la propria testa. E i loro pensieri, dicono gli esperti, sono molto più fluidi, meno inquadrabili e soprattutto più secolarizzati rispetto alle grandi idee, ai valori e alle appartenenze. Alle tradizioni (religiose, politiche, ideologiche). In sostanza le persone comuni occidentali, indipendentemente da quali idee e valori professino, hanno meno bisogno di farsi orientare dagli intellettuali e quindi li ascoltano, ma distrattamente. Non gli sono più affezionati. Non li considerano più “vati”.
Sono i processi di acculturazione di massa e le nuove tecnologie a spingere la gente comune a tradire i chierici. È il narcisismo di milioni di piccoli io ad aver in gran parte ridimensionato la forza degli intellettuali, il cui ruolo sociale si è indebolito come quello di tante altre illustri professioni (insegnanti, medici, avvocati, politici, ecc.).
PENSARE CON LA TESTA DEGLI ALTRI STANCA. DESIDERIAMO TUTTI SBAGLIARE DA SOLI.
E la nostalgia per i grandi intellettuali (soprattutto quelli “critici”) di cui parla David Bidussa nel suo ultimo libro “Pensare stanca”, segnalato qualche giorno fa nella prima pagina del “Domenicale” del Sole 24 Ore?
Nostalgia, appunto. Ma di un mondo che è cambiato. Dove milioni di persone ormai pensano da soli. Questo non vuol dire che pensino bene. Ne’ che il loro pensiero non subisca condizionamenti o pressioni più o meno occulte. Anzi. Ma il pensiero collettivo influenzato un tempo dagli intellettuali organici fa sempre meno presa sulle masse.
È un bene? È un male? Si vedrà.
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