sabato 20 settembre 2025

LA POLITICA ESTERA ITALIANA: DIFFERENZE SOLO APPARENTI

Alcuni giorni fa c’è stato in Parlamento, alla Camera, un dibattito arzigogolato sulla politica estera italiana ed in particolare sul riarmo. 

Ma nella sostanza le divisioni tra tutti i gruppi politici e la baruffa chiozzotta che è emersa dalla discussione è sembrata solo teatro. Pareva una polemica pretestuosa per sentirsi e soprattutto mostrarsi diversi. Infatti nella realtà la stragrande maggioranza dei gruppi parlamentari (senza sostanziali differenze tra destra e sinistra) non si schioda (e non è detto che sia un male) da due assi strategici a cui tutti sono saldamente aggrappati: il filoatlantismo e il filoeuropeismo.

Questi orientamenti comuni vengono però declinati da ciascuna forza politica a modo suo, ovvero in maniera da poterli poi rivendere ai propri militanti e soprattutto ai propri elettori per cercare di differenziare in qualche modo le proprie posizioni da quelle dei concorrenti politici. Come? Appunto, costruendo polemiche ideologiche e fasulle. Oppure accentuando le differenze minime e secondarie. Operazioni tutt’altro che facili, visto che tutte le forze politiche concordano sulle scelte di fondo.

La commedia delle differenze irrilevanti si giova molto dell'innata partigianeria nostrana, della mimica inconfondibile e della nostra fantasia oratoria. Ma dietro le chiacchiere non c’è niente di sostanzioso.

Di fatto noi italiani in politica estera indossiamo tutti (salvo pochissime insignificanti eccezioni) la stessa divisa. Però ognuno su questa divisa mette i suoi bottoni, appiccica nastrini di colori diversi, disegna tasche, risvolti e fogge che meglio si adattano ai singoli corpi.

Ma si tratta pur sempre, come ci ricorda Dante da 700 anni, di divise da servi. Senza sostanziale distinzione tra destra, centro e sinistra. E non c'è bugia, per quanto ben congegnata, che possa nascondere il fatto che si tratti proprio di livree, per quanto portate con grande eleganza.

mercoledì 10 settembre 2025

MA L’ATELIER DELLA ROBOTICA E' UN PROGETTO MORTO?

Sono passati altri sei mesi da quando si è accennato sulla stampa locale al progetto ATELIER della ROBOTICA che dovrebbe sorgere in via del fosso vecchio a Pontedera, ma rispetto al quale da anni non si muove nulla. 

Non si sono sentite neppure delle patetiche scuse sul fatto che il cantiere, avviato e poi bloccato da 4 o 5 anni, non solo non riparte, ma è proprio desaparecido. 

Eppure è (o era?) un progetto strategico, finanziato ormai da 10 anni e per un paio di milioni di euro anche dalla Regione Toscana; e forse, chissà, magari ora che siamo in campagna elettorale qualcuno potrebbe chiedere agli amministratori regionali come mai il progetto è ancora al palo. 

Ma, ci scommetto, nessun giornalista che conta farà domande così inopportune ai candidati regionali. Ci mancherebbe.

Certo è un peccato che chi oggi ha in mano la pratica dal punto di vista operativo (Artes 4 o 5? o altro soggetto universitario, vallo a sapere?) non senta il dovere di rendere partecipi i cittadini dello stato delle cose. Ma anche su questo versante solo silenzio. E la libera stampa non disturbera’ il manovratore. Ci mancherebbe.

Resta il cantiere abbandonato che si riempie di erbacce, mentre le impalcature non godono di sicuro dell’assenza di qualunque manutenzione; il che potrebbe mettere in pericolo il transito dei veicoli e dei pedoni nella via molto stretta.

Peccato che del progetto e della potenziale pericolosità del cantiere non dica nulla neppure il consiglio di quartiere Sud Ferrovia, che pure qualche titolo per farsi sentire ce l’avrebbe.

Certo via del fosso vecchio non ha una grande visibilità sul piano cittadino. Ma è pur sempre una strada pubblica su cui si affacciano un certo numero di abitazioni. Quindi la sua sicurezza è importante.

E allora domando: ma la sicurezza di un cantiere abbandonato da anni a chi spetta? 

Secondo quel poco che ne so, la gestione dell'emergenza e la messa in sicurezza del cantiere dovrebbero ricadere sul committente (in questo caso il Comune?) e sul direttore dei lavori (se il contratto è ancora attivo). Tocca a loro agire prontamente per evitare rischi e danni.

Ma chi di dovere sta facendo qualcosa?

martedì 9 settembre 2025

GLI ABBAGLI DELL’EUROPA

La pace in Europa negli ultimi 80 anni, contrariamente a quello che sostengono diversi personaggi illustri, non è stata garantita dal comportamento delle principali nazioni europee. In realtà tutti gli Stati europei sono stati sconfitti, ridimensionati e ridotti a vassalli o neutralizzati nella seconda guerra mondiale dagli Stati Uniti a ovest e dalla Russia a est. 

Sono queste due superpotenze che dal 1945 in poi hanno imposto fino al 1990 ai paesi vinti e ai loro vassalli una situazione di “pace fredda”, armata, garantita dalla forza dei loro eserciti schierati sul terreno e delle armi anche atomiche. Sono state le due superpotenze a tenere a bada gli europei, anche con strumenti di dominio ideologico (gli americani sostenendo la superiorità della democrazia borghese, i russi quella del comunismo).

Francia, Italia, Germania, per certi versi la stessa Inghilterra e il resto dell’Europa (anche dell’Est) hanno giocato un ruolo marginale nell’equilibrio della pace atomica in Europa, essendo tra l’altro divise al proprio interno da forze sia filo americane che filorusse.

La stessa costruzione del mercato europeo e poi delle intricate istituzioni europee, è andata nella direzione di stabilizzare la pace fredda, ma senza costruire qualcosa che assomigliasse ad una superpotenza europea. E di sicuro non una potenza militare. 

Poi nel 1990 l'URSS è inaspettatamente implosa. Gorbaciov e una parte del Pcus hanno fatto collassare la superpotenza comunista. Un regalo inaspettato per gli occidentali e per i vassalli orientali dei sovietici. Questo ha cambiato lo scacchiere europeo, restituendo spazi di protagonismo anche ai vassalli europei dell’est e dell'ovest che però nel caso dei Balcani e del collasso della Jugoslavia non si sono propriamente dimostrati all’altezza dei nuovi compiti, come è noto a tutti.

L’UE e la NATO hanno inoltre deciso dopo il 1990 di approfittare dell'implosione politico militare della Russia per accrescere l’area di influenza dell’Occidente verso est, immaginando che la Russia non si sarebbe mai più ripresa quel ruolo di superpotenza che aveva esercitato fino al 1990 e che non avrebbe contrastato il loro progetto di allargamento. Allargamento operato in nome della democrazia, dell’indipendenza dei popoli e del diritto internazionale, ma che gli eredi dell’URSS non hanno affatto gradito, anche se non sono riusciti a impedirlo.

Questa situazione è durata fino ai primi anni 2000. Poi il nuovo gruppo dirigente andato al potere in Russia e arroccato attorno a Putin ha provato a riprendersi un ruolo più forte sul piano internazionale. Da qui vari interventi militari (in Cecenia, Georgia, Siria) culminati con quello in Ucraina.

A quel punto Europa e Usa si sono prima meravigliati del risveglio russo e poi sono finiti impantanati nella guerra Ucraina, a difesa dell’indipendenza di quel paese. Probabilmente all’inizio non si immaginavano che questo li avrebbe costretti a mettere in discussione le relazioni economiche costruite con la Russia tra il 1990 e il 2022 e, per quanto riguarda gli europei che nel frattempo avevano abolito la leva, perfino a riarmarsi.

Ora che in tale complicato contesto alcuni illustri continuino a sostenere il ruolo di primo piano dell’Europa sullo scacchiere internazionale è davvero stravagante, perché non corrisponde ad alcuna particolare capacità militare, né diplomatica e neppure politica del nostro continente.

Certo il mondo ha bisogno di relazioni internazionali corrette e cooperative. Ma chi rivendica di avere meriti speciali per recitare un ruolo di leader in queste relazioni come minimo si inganna, di sicuro si attira antipatie ma soprattutto prende un abbaglio che speriamo non gli si ritorca contro.

sabato 6 settembre 2025

MA I LAVORI AI PARCHEGGI DELLA BIBLIOTECA GRONCHI QUANDO PARTONO?

Alla fine del 2024 il sindaco aveva annunciato che dopo 3 anni di chiusura dei parcheggi della biblioteca Gronchi e dopo la chiusura di via Maestri del lavoro, che collega la stazione ferroviaria col parcheggio dell’ospedale, i lavori sarebbero stati avviati per mettere quegli spazi in sicurezza e riaprire i parcheggi e la strada.

I lavori di sistemazione, attraverso un complicato percorso di project financing, sono stati affidati alla società pontederese che gestisce i parcheggi cittadini, la SIAT. Ma dopo l’affidamento (autunno 2024) sono insorte altre complicazioni burocratiche e l’amministrazione ha fatto sapere (vedi QNV di maggio) che i lavori sarebbero slittati a settembre 2025 e finiti entro ottobre.

Già, però nel frattempo siamo arrivati a settembre e di lavori nell’area di via Maestri del lavoro e dei parcheggi della biblioteca non si vede neppure l’ombra. Tutto fermo? Si slitta ancora? A quando? Al 2026?

Nel frattempo la biblioteca Gronchi continua a rimanere almeno per i servizi di prestito librario di circa il 20% al di sotto rispetto ai valori raggiunti nell’ultimo anno pre-covid e di oltre il 50% in meno rispetto alle presenze in sala studio registrate in quello stesso periodo, mentre i ragazzi che la frequentano sono spesso costretti a consumare i loro pasti in mezzo a transennamenti davvero indecorosi.

Ovviamente alle criticità che la chiusura dei parcheggi provoca al funzionamento della biblioteca e ai suoi utenti, si aggiungono i disagi per chi cerca parcheggio in zona stazione (inclusi i residenti e i pendolari).

Inoltre come tutte le aree semichiuse e parzialmente abbandonate anche l’area del parcheggio che dà su via Maestri del lavoro è diventata un'area insicura, come ha dimostrato la vicenda delle blindature dei varchi raccontata dalla stampa locale.

Peccato, perché quest'area che dovrebbe dare impulso ad un nuovo sviluppo per la città continua a trovarsi invischiata in una situazione di disagio, da cui non riesce per ora a tirar fuori le gambe.

Certo la situazione è complessa. Ma, per favore, niente scuse. Un’amministrazione deve saper fare, non scusarsi.

giovedì 4 settembre 2025

LA LIQUIDA POSTURA INTERNAZIONALE DEL GOVERNO MELONI-SALVINI-TAJANI

Noi italiani siamo bravi a raccontare storie che spesso non rispondono alla realtà, se non quella che cerchiamo di vendere al mondo per sembrare dei ganzi.

Così ad esempio il governo MELONI-TAJANI-SALVINI può raccontarsi più trumpiano di Trump e dichiarare al contempo di tenere la schiena dritta, giustificando il proprio atteggiamento come la postura perfetta per mediare tra Trump e l’Europa. Peccato che sui dazi che Trump ci ha imposto nessuno si sia accorto di quanto la postura della Meloni ci abbia avvantaggiato.

La verità è che continuiamo ad avere il governo più filoamericano degli ultimi 80 anni e anche il più sedicente nazionalista e sovranista. Oltre che, sempre a parole, il più europeista. Insomma un governo acchiappatutto e liquido. Che si barcamena.

Cosi il governo può stare (con Meloni e Tajani) dalla parte dell’Ucraina, ma anche (con Salvini) apprezzare Putin.

Può andare alle riunioni dei Volenterosi ma non essere d’accordo coi volenterosi.

Può sostenere convintamente con il vicepremier Tajani la von der Leyen in Europa e osteggiarla altrettanto convintamente coll’altro vicepremier Salvini e ondeggiare nel sostegno a Ursula con la premier Meloni, che Ursula dichiara di stimarla e quando si vedono sono abbracci e baci.

E ancora: può annunciare un mega piano contro la povertà in Africa, ma finanziarlo solo con pochi spiccioli.

E poi liberare Almasri perché altrimenti i libici ci manderanno per ritorsione più migranti.

Insomma è un governo che può liberare un terrorista iraniano perché ricattato da Teheran, ma solo dopo aver chiesto il permesso agli americani di poterlo liberare.

Un governo che può accorgersi solo dopo due anni che a Gaza gli israeliani hanno un pochettino esagerato ad ammazzare i palestinesi, ma si limita solo a fare chiacchiere pensando che le parole gridate alla stampa servano a fermare la strage.

Un governo favorevole alla soluzione “due popoli e due stati”, ma che sostiene anche che per lo stato palestinese non è ancora venuto il momento di essere riconosciuto.

Un governo all’italiana, che vende la nostra tradizionale liquida postura internazionale come un'impresa eroica.

E il bello è che non è neppure detto che questa postura sia stata e sia un male (per noi). Gli ultimi pacifici 80 anni (almeno per noi) lo dimostrano.

Comunque Schlein e Conte non si illudano. Anche con loro a Palazzo Chigi manterremmo la stessa postura internazionale.

Ricordo che lo stesso Enrico Berlinguer per avvicinarsi al governo negli anni ‘70 dichiarò che si sentiva più sicuro dentro la Nato che fuori. E questo dopo che per 30 anni il partito comunista (e lui stesso) aveva gridato nelle piazze la necessità per l’Italia di uscire dalla NATO. 

Ora per altro dalla NATO nessuna forza politica italiana di una certa consistenza vuole più uscire. Tanto meno PD e 5 Stelle. Ci mancherebbe.

E in Europa sono per lo più le forze della destra nazionalista a proclamarsi anti-NATO. Ma probabilmente solo perché sono all’opposizione.