Ieri sera a San Miniato è andato in scena un incontro culturale e sociale straordinario e inaspettato. Con un finale commovente. Almeno per me.
Partita coi saluti e le parole della sindaca di Montopoli e poi di quello di San Miniato e a seguire della consigliera regionale Nardini, la manifestazione culturale intitolata FILO D’IDENTITÀ, a cui erano presenti circa 200 persone, ha preso quota nel dialogo tra Ilaria M. Dondi (che presentava il suo saggio: “Libere di scegliere se e come avere figli”, Einaudi, 2024) e Simonetta Sciandivasci (autrice, a sua volta, di un testo su “I figli che non voglio”, Mondadori). Tema centrale: il diritto delle donne a scegliere liberamente la maternità e a non farsi influenzare da niente e nessuno e tanto meno dagli incentivi alla natalità promessi dal governo.
I toni del dibattito sono stati fermi, tutti dalla parte delle donne, ma pacati. Poi break e cambio di relatori. A quel punto è scesa in campo Carlotta Vagnoli (autrice di ANIMALI NOTTURNI, Einaudi), che ha animato una vivacissima discussione con Flavia Carlini (autrice di NOI VOGLIAMO TUTTO, Feltrinelli) e Valeria Fonte (autrice di VITTIME MAI, DeAgostini). Filo conduttore di questo secondo e assai più vivace dibattito, il rapporto tra il transfemminismo, la letteratura, la politica, le tematiche di genere, il diritto delle donne di scrivere dei loro diritti e moltissimo altro. E qui le tre autrici hanno indossato, almeno a tratti, la maschera delle streghe, hanno assunto un linguaggio decisamente molto hard, hanno fatto a pezzi il patriarcato e il machismo di tutti i tipi e di tutti i colori politici, hanno esaltato tutte le forme di lotta femminista e invitato alla radicalità di genere, a battersi per i propri diritti, a restituire agli uomini pan per focaccia. E una platea molto giovane, molto numerosa e molto calda, concorde anche su un forte sentimento di solidarietà espresso più volte a sostegno del popolo palestinese, è entrata in perfetta sintonia con le altrettanto giovani autrici ed ha applaudito numerosi passaggi dei loro provocatori e durissimi interventi. Così, inaspettatamente, la paciosa San Miniato ha vissuto una goethiana notte di Valpurga. Una notte in cui le donne si sono prese davvero la scena, con forza, con durezza e con un turpiloquio e un’aggressività (almeno verbale) tipici del genere maschile ammassato in una curva di stadio; e con un tono “cattivo”, tra il sarcastico e l’orgoglioso, le autrici hanno rivendicato il diritto di esprimersi nelle forme che ritenevano più giuste per raccontare la loro rabbia, il loro dolore per le sopraffazioni, le umiliazioni e le violenze subite e la voglia di battersi per superare questa fase storica che ancora le schiaccia. Invocando atteggiamenti sempre più radicali.
Ciliegina sulla torta, le domande finali del pubblico. O meglio gli interventi del pubblico. E tra questi è sbucata fuori Chiara, una delle bibliotecarie maltrattate dall’amministrazione locale di San Miniato, che ha denunciato il modo in cui era stata trattata dopo venti anni di lavoro per cooperative che hanno operato sempre nelle biblioteche e negli archivi del comune di San Miniato e che si sono viste non rinnovare l'appalto dopo che alcune di loro avevano chiamato i vigili del fuoco per verificare lo stato di sicurezza della biblioteca e dell’archivio di San Miniato Basso. E fissando negli occhi il sindaco di San Miniato del PD e la consigliera regionale Nardini, sempre del PD, entrambi seduti in prima fila, Chiara ha detto che anche lei si sentiva arrabbiata e umiliata, come donna, come lavoratrice e come madre di due figli, per la maniera in cui era stata gestita la sua vicenda. E per l’indifferenza e la superficialità con cui erano state trattate anche le altre donne, sue colleghe, con diversi anni di anzianità di servizio, le quali per mantenere il lavoro e lo stipendio avrebbero dovuto accettare spezzoni di orari in nuove biblioteche più lontane da casa e con orari disagiati e senza che ci fosse stato neppure il modo di avere un’offerta di orari su cui poter effettuare delle scelte e delle valutazioni collettive, col sostegno di una trattativa sindacale. Niente di tutto ciò. E il motivo? La condanna? Andava ricondotta al fatto che lei e le sue colleghe avevano avuto il coraggio di denunciare lo stato di insicurezza, per altro certificato dai vigili del fuoco, in cui avevano lavorato presso la sede di San Miniato basso. Avrebbero dovuto continuare ad abbassare la testa. Portare pazienza. E invece non l’avevano fatto. Ecco la colpa.
Per fortuna il pubblico giovanile si è riconosciuto anche nella storia di Chiara, l’ha applaudita e l’ha incoraggiata a resistere.
Si. Quella che è andata in scena ieri sera, nel cortile dei loggiati di San Domenico, è una narrazione e un’azione tutta al femminile di rabbia, di umiliazione, ma anche di radicalità e di lotta contro l’ingiustizia e il sopruso. Una lezione importante per l’incredibilmente numeroso pubblico giovanile. E anche per i vecchi che abbiano ancora voglia di ascoltare e soprattutto di imparare qualcosa.
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