La difficoltà europea a perseguire una propria strategia globale e a non subire il gioco delle grandi potenze ha diverse cause assai complesse.
Alcune difficoltà affondano nel numero di stati che la compongono. 27 ora. 35 tra poco. Ha le dimensioni di un impero. Ma un impero democratico, in cui contano i singoli stati, i cittadini e i corpi sociali, è difficile da guidare su un sentiero preciso e magari un po’ impervio.
Altre difficoltà si annidano nella debolezza e nella varietà di partiti politici dotati di anime parecchio composite. Tra questi partiti spicca l’inconsistenza e quindi la subalternità, del socialismo europeo, con le sue mille facce, e con i suoi ceti di riferimento sempre più orientati ai diritti e poco ai doveri e quindi al realismo. Oltre tutto il socialismo europeo usa una retorica politica infarcita di spettri ideologici assolutamente inefficaci nel mondo contemporaneo. E per quanto il socialismo guidi oggi alcuni stati europei (UK, Spagna), in altri faccia parte delle coalizione al potere e globalmente sia il secondo gruppo per dimensione del parlamento europeo, è ben lontano essere una forza politica coerente ed egemone nel continente.
Ma la principale debolezza e la maggiore incertezza su cosa dovrà essere l'Europa dei prossimi decenni trae origine dall’evoluzione della classe che ha guidato il processo di costruzione europea dal 1950 in poi.
Questa classe è stata (ed è ancora) la borghesia (nelle varianti cattoliche e protestanti e laica), diffusa un po' in tutta l’Europa occidentale e in larga misura anche in quella orientale. Una borghesia sottoposta negli ultimi 50 anni ad un travolgente processo di secolarizzazione e di cambiamento.
Dagli anni ‘60 in poi anche una parte dei ceti che si riferiscono al socialismo europeo si è accodata alla borghesia che aveva saputo tagliare i ponti con la borghesia nazionalista, colonialista, fascistoide e razzista e che aveva saputo definire, soprattutto in ambito economico, le regole del mercato europeo, la cui messa in opera ha avuto come effetto collaterale anche le fine dei conflitti militari inter-europei. Il tutto sotto l'ombrello statunitense, che non a caso aveva sostenuto e favorito la nascita della comunità europea (basta leggere i diari di Spinelli per rendersene conto).
Ma questa borghesia ha manifestato tutti i suoi limiti quando, dopo il crollo dell’URSS, ha puntato solo sulla moneta unica come strumento per fabbricare un'Europa davvero continentale, senza riuscire a dotarsi di una costituzione europea, di una lingua europea e di un parlamento europeo dotato di tutti i poteri parlamentari. In particolare la borghesia europea non è riuscita a ridimensionare le pulsioni sovraniste dei singoli Stati che la compongono e a dare vita ad una vera Unione, autonoma dagli Usa, dalla Russia e da altre grandi potenze, e affrancata, almeno in larga parte, anche dagli Stati che la compongono.
Sul fronte nazionale è arrestato il progetto dell’Europa borghese.
Ma se non c'è riuscita la classe più dinamica ad andare oltre, chi potrebbe farlo?
Forse l’ex mitica classe operaia ridotta quantitativamente e ideologicamente superata, il cui marxismo leninismo, il terzomondismo e il sindacalismo classista appaiono ormai roba per archeologi della politica?
O forse potrebbero farcela i ceti che guardano a società nazionaliste e che sono rappresentati da politici di razza come Meloni, Le Pen o tipetti alla Orban, sempre che acquisissero un ruolo decisivo in Europa?
L’amico di tante peripatetiche e accalorate discussioni politiche, Antonio, sostiene che serve un’altra classe dirigente per fronteggiare i problemi del presente in Europa.
Ma il punto è proprio qui. In Europa una nuova classe dirigente oggi non c'è. E non c'è perché non si vede nessuna altra classe sociale omogenea e portatrice di valori universali che non sia la pluralissima, frastagliata e incerta, la quale tra l'altro sembra predisporsi a scaricare i socialisti come partner subalterni e a imbarcare al loro posto i sovranisti moderati, coi quali condivide l’idea di conservare agli stati (e non al parlamento europeo) le decisioni politiche di fondo.
Per questo temo che l’Europa sia destinata ad essere sballottata tra le politiche degli USA, i ritorni imperiali degli ex sovietici, l’impetuoso espansionismo della Cina e di altri Brics e i diversi desiderata dei suoi 27 Stati che presto diventeranno 35.
Che il Signore ci protegga.
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