sabato 27 dicembre 2025

MUSEO PIAGGIO, COMUNE E UNDERTURISM (2a parte, lunga)

Nella strategia dell’underturism il Comune di Pontedera ha trovato un partner importante: il Museo Piaggio. 

Per quanto gestito ufficialmente da una Fondazione partecipata dal Comune, che, come socio di minoranza, esprime nel CDA il vicepresidente, il Museo è diretto ferreamente dalla proprietà della Piaggio (oggi in mano ai fratelli Colaninno). E' la multinazionale a possedere gli oggetti, i marchi, ecc. ecc. e a decidere tutto. I rapporti di forza col Comune sono sproporzionati. La sudditanza operativa del Comune, massima. La capacità di incidere sulla strategia museale, anche se il Comune avesse idee (e non è un rischio che sembra voler correre), minimale.

Il Museo Piaggio, che contiene al proprio interno una delle storie imprenditoriali (e lavorative) più originali della Nazione, anziché valorizzare in maniera socialmente moderna un patrimonio culturale di interesse “planetario”, non è ancora riuscito a costruire, a 25 anni dall’avvio, una struttura all’altezza delle potenzialità e della sfida. Le ragioni di questa incertezza progettuale e costruttiva sono molte e complesse. Meriterebbero un dibattito pubblico che Piaggio però non vuole (e quindi non si farà) e che il Comune, per sudditanza, rinuncia perfino a ipotizzare. Ci si accontenta dei raduni, che ovviamente non sono certo da sminuire. Ci mancherebbe.

Restano outsider come me a poter sollevare il tema e a riprendere osservazioni che si borbottano, a mezza bocca, in città, ma che nessuna forza politica (e giornalistica), neppure di opposizione, osa sollevare. Ecco quindi alcune delle mie annotazioni. 

LE APERTURE DOMENICALI. Ma possibile che il Museo Piaggio sia chiuso il 50% delle domeniche dell’anno? Eppure le domeniche sono il giorno più appetibile per i visitatori dei musei, soprattutto per quelli che vengono da lontano. Davvero una multinazionale come Piaggio non trova gli spiccioli per aprire il Museo tutte le domeniche?

LE MOSTRE FUORI TARGET. Ma che c’azzeccano le mostre di arte contemporanea con i prodotti Piaggio? Ma davvero un appassionato di Piaggio fa centinaia di km per venire a Pontedera al museo Piaggio per vedere mostre d’arte spesso “modeste”, offerte gratuitamente, e che si vedono in 40 minuti (e a volte meno)? Non sarebbe meglio invece promuovere mostre o eventi specificamente legati ai prodotti o ai marchi Piaggio o al mondo due ruote, allestiti in esposizioni di ampio respiro e con modalità più moderne?

LA DIREZIONE SCIENTIFICA. Ma un simile Museo non dovrebbe avere una direzione scientifica di altissimo profilo? Una direzione con una strategia magari anche di medio periodo e di orizzonte internazionale? E il Museo, che contiene anche un grande archivio storico che racchiude una immensa storia popolare, non andrebbe valorizzato molto, molto di più? La grande storia della motorizzazione su due ruote non potrebbe diventare anche il centro di una produzione letteraria e social che andrebbe incoraggiata in maniera sistematica e con più mezzi?

GLI INVESTIMENTI PROMOZIONALI. Non servirebbe anche una strategia di comunicazione più efficace, in grado di attrarre molto più pubblico (orientato al prodotto) che sarebbe tanto apprezzato anche dalla città soprattutto se pernottasse? Tra l’altro sarebbe apprezzabile che le statistiche minimali, offerte dal Museo, scorporassero i visitatori museali che vengono per vedere gli oggetti Piaggio da quelli che vengono per eventi più disparati. Solo così si avrebbe il dato sulla capacità attrattiva del Museo. Una cosa è infatti il Museo Piaggio e una cosa è l’uso dei suoi spazi per finalità culturali diverse. La confusione tra i due ruoli non giova allo specifico “Piaggio” e ai suoi prodotti e ha un impatto minimo sulla città.

LA BIGLIETTAZIONE. E che dire della possibile introduzione di un sistema di bigliettazione anche simbolico? Che magari separasse l’evento occasionale (tipo la presentazione di un libro, un concerto musicale, uno spettacolo di beneficienza, una serata di un’istituzione amica, ecc., che dovrebbero restare gratuiti) dagli eventi museali specifici? 

IL PUBBLICO. Ma quale pubblico di visitatori il Museo Piaggio punta a portare a Pontedera? I turisti nazionali e internazionali attratti dal mito vespa/ape o i pontederesi e un po' di amici di Pontedera e dei dintorni che vengono agli eventi di sapore locale? 

GLI SPAZI. Possibile che sia stata abbandonata l’idea di progettare una sede che permetta un percorso museale di due o tre ore con un racconto degli oggetti meno affastellato? Possibile che non si riesca a superare un'accoglienza alla buona e non si metta su un piccolo ristorante interno, con un adeguato servizio di caffetteria e altri strumenti di accoglienza più qualitativi, ecc.? Adesso che l'Atelier della Robotica non si farà più nei capannoni attigui al museo, quegli spazi anziché essere trasformati in parcheggi, non potrebbero essere riacquisiti e ristrutturati per creare un ampliamento del museo Piaggio? I materiali da mostrare ci sono. Vanno solo resi organizzati in un percorso,più moderno. I servizi e l’accoglienza invece sono minimalisti. Andrebbero migliorati. E infine nei nuovi spazi riacquisibili su via del Fosso vecchio non potrebbe trovar posto una sede per il coordinamento dei tantissimi vespa club italiano ed esteri e ancora una sede per un mercato periodico se non mensile, che ne so, trimestrale, di oggetti Piaggio, ecc. ecc.?

Concludo. Per il pressappochismo che caratterizza l’intervento in ambito turistico sostengo che Comune di Pontedera, Palp e Museo Piaggio (che pure, insieme, qualcosa investono nelle iniziative) sembrano davvero coltivare l’underturism.

Per l’amor di Dio, come ecologista, posso esserne solo contento. Meno gente viene, meno inquinamento si produce.

Ma da pontederese e per le potenzialità che la città sembra avere in questo settore, un significativo turismo di qualità, gestito bene, credo che ci gioverebbe. E parecchio.

Tra l’altro il Museo Piaggio (che resta l’unico vero attrattore di un turismo che viene da lontano) ci potrebbe consentirebbe di coltivare anche la memoria di “come eravamo” e potrebbe non solo identificarci e renderci orgogliosi di quello che città e cittadini sono ancora oggi (pur senza percepirlo), ma darci ancora, oltre a risorse dirette, suggerimenti per il presente e soprattutto per il futuro. O almeno così presumo.

venerdì 26 dicembre 2025

COMUNE, PALP E STRATEGIE DI UNDERTURISM (1a parte)

 Ormai la strategia pontederese dell’underturism è chiara.

E arcinoto infatti che al PALP di Pontedera si organizzano mostre fatte apposta per non attrarre né turisti né persone che si fermino prima o dopo la visita a comprare nei nostri negozi (se non col contagocce), tanto che questa volta hanno perfino deciso di non contarli più… i visitatori. Si soffre meno a non sapere.

La scelta underturist si caratterizza in particolare nell'individuazione di mostre e artisti in virtù di informazioni presenti ai vertici dell’amministrazione. Macché studi sul mondo dell’arte. Macché strategie di marketing culturale. Dio ce ne scampi e liberi degli esperti. Basta e avanza il filo diretto tra Comune e Fondazione Pontedera Cultura, con quest’ultima che opera come cinghia di trasmissione e non come un soggetto dotato di una sua autonomia e professionalità. La cultura è una cosa troppo seria per affidarla ai competenti con tanto di titoli di studio e di lunga esperienza sul campo.

I RISULTATI del ping-pong Comune/Fondazione sono che il PALP è di fatto senza una vera direzione artistica. In più, grazie alla natura giuridica della Fondazione, i vincoli amministrativi (gare, selezioni pubbliche, ricambio dei fornitori, motivazione delle decisioni, e rendiconti dettagliati e pubblici), sono ridotti a… quasi nulla. 

E la modestia di ruolo della Fondazione Pontedera Cultura si manifesta anche nel modo in cui gestisce Villa Crastan che il comune le ha “formalmente” affidato. Potrebbe infatti utilizzarla come spazio museale per esporre e valorizzare la raccolta di quadri posseduti del Comune. Invece non lo fa. Nel parco della Villa potrebbero essere esposte le sculture di BENETTON donate al Comune e, se non erro, prestate al Teatro del Silenzio a Lajatico. Niente di tutto ciò. Sempre nella villa Crastan si potrebbero collocare alcune opere della straordinaria raccolta di Sergio Vivaldi, morto oltre 4 anni fa e il cui impegno di collezionista questa amministrazione aveva pubblicamente dichiarato di voler valorizzare. Ma se ne guarda bene. 

Insomma il Comune, tramite la Fondazione, potrebbe fare tante cose con la Villa Crastan e invece l'affitta, tramite la Fondazione, a una scuola privata che la usa saltuariamente (e per scopi privati), mentre il giardino è curato pochissimo ed è pressoché sempre chiuso. Risultato: un bene pubblico che costa e che i cittadini non usano se non raramente, affidato senza gara ad un soggetto terzo privato, non si sa bene in cambio di quale affitto (la Fondazione non fornisce informazioni agli estranei e nemmeno ai cittadini).

Un vero capolavoro, non c'è che dire. E la strategia dell’underturism non finisce qui.

I CATTOLICI E IL PACIFISMO ATTIVO CONTRO IL RIARMO

Ma davvero i CATTOLICI iscritti al PD sono a favore del RIARMO europeo come vuole la Schlein e il suo gruppo dirigente? 

Davvero i CATTOLICI ignorano che il RIARMO anche se solo a livello europeo fa spendere centinaia di miliardi in armi ed è stato sancito dei socialisti europei ad Amsterdam e quindi approvato dalla Schlein come dimostra anche la mozione (punto 10) presentata dal PD alla Camera il 17 dicembre u.s.? 

E davvero i CATTOLICI Italiani individuano nella Russia il più grande nemico dell'Europa? 

Io non credo che i CATTOLICI che amano San Francesco e Don Milani siano favorevoli a sostenere le politiche europee e italiane di RIARMO e accettino che il loro partito approvi il debito europeo (e quindi italiano) per comprare armi (soprattutto dagli Usa) e continuare la guerra in Ucraina.

E non credo che possano fare come Ponzio Pilato e limitarsi a far decidere altri sulla politica di RIARMO, come se si trattasse di una bagatella.

Né credo che i CATTOLICI possano accontentarsi di dichiararsi pacifisti e condannare la guerra a parole e poi però voltare la testa dall’altra parte e lasciare via libera ai guerrafondai che riarmano l'Italia e l’Europa. 

Nessuno può salvarsi l’anima col pacifismo passivo e occasionale o con un pacifismo narcisistico. 

Contro il RIARMO e il rischio concreto di scivolare direttamente nella guerra serve un impegno più forte. Quotidiano.

Serve un pacifismo ATTIVO. 

Per questo i CATTOLICI potrebbero spedire migliaia di mail natalizie alla segretaria Schlein per dirle che per Natale non vogliono armi e nemmeno droni sotto l'albero perché sono contrari al RIARMO anche europeo e che non intendono neppure mettere missili europei nel presepe per difendere Gesù. A lui non piacerebbe una cosa del genere.

Bene le veglie per la pace. Ma promuovere scioperi fiscali contro le spese per il RIARMO sarebbe meglio. Meloni, Mattarella e Schlein capirebbero meglio cosa vuole la gente comune, gli italiani.

E poi c’è il boicottaggio delle imprese che fanno affari con la guerra e delle banche che le supportano e della stampa favorevole al RIARMO. 

La resistenza attiva è fatta di mille gesti concreti quotidiani contro il RIARMO.

Perché mai come in questo caso la disubbidienza al RIARMO è una virtù, ma una virtù che per funzionare va esercitata pacificamente tutti i giorni. In tanti, possibilmente.

BUON NATALE.

NÉ DIO, NÉ IL POPOLO VOGLIONO IL RIARMO. MATTARELLA, MELONI E SCHLEIN SI.

I vertici delle principali istituzioni italiane (governo, presidente della Repubblica e quasi tutte le opposizioni) sono ormai compulsivamente RIARMISTI.

Ma sono solo élite. Minoranze ristrette, insomma, per quanto potentissime. E non rappresentano la volontà popolare.

Infatti LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEGLI ITALIANI È CONTRARIA AL RIARMO. FORTEMENTE E APERTAMENTE CONTRARIA.

Tanto che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella (che presiede il Consiglio Supremo di Difesa), ne ha preso atto pubblicamente (cfr. Discorso 19 dicembre 2025, saluti di Natale alle istituzioni), per sostenere però che questo sentimento va compreso ma ignorato. Il paese dovrà riarmarsi lo stesso, in barba a ciò che vuole la maggioranza del popolo. 

Ma chi lo vuole allora il RIARMO?

Non è Dio che lo vuole. La chiesa di papa Francesco e di papa Leone è chiara. 

Lo vorrebbe, secondo Mattarella, la democrazia aggredita dagli Stati autocratici, dai quali sempre la democrazia deve difendersi, armandosi fino ai denti. Strano argomento, però. 

La democrazia infatti è espressione della volontà delle maggioranze popolari. Ma se le maggioranze sono contrarie al RIARMO e lo Stato ignora la volontà popolare e si riarma lo stesso (usando le tasse dei cittadini contro la loro volontà) non c’è una contraddizione evidente?

Ma una democrazia resta tale se va contro quello CHE DESIDERA LIBERAMENTE IL 70% dei suoi cittadini elettori?

La situazione ricorda il paradosso del 1915, quando l’Italia entrò nella prima guerra mondiale contro la volontà della stragrande maggioranza del popolo italiano e perfino contro la maggioranza dei parlamentari italiani. Lì però c’era la Monarchia, c’era il Re che aveva trattato e firmato l’ingresso in guerra degli italiani all’insaputa del popolo e del Parlamento. Ne conseguirono alcune tragedie: 4 anni di guerra con centinaia di migliaia di morti e di feriti e poi l’avvento del fascismo che durò 20 anni e terminò con un’altra guerra devastante.

Tra le contraddizioni più evidenti della situazione attuale c’è anche il fatto che il nostro paese cattolico, guidato per lo più da leader che si professano cattolici (almeno Mattarella e la Meloni si dichiarano tali e si apprestano perfino a festeggiare l’800esimo anniversario della morte di San Francesco), disconosce i principali doveri dei cristiani e dei principi francescani che sono quelli di cercare ossessivamente la pace e non certo di riarmarsi. Né san Francesco, né papa Francesco hanno mai suggerito il RIARMO anche solo difensivo.

Si dimentica poi che le élite che vollero l’Unione Europea fecero tutto tranne che riarmarsi e per 80 anni l’Europa (almeno quella occidentale) è stata in pace.

Ma oggi che non ci sono più né motivazioni religiose, né ideologie politiche veramente divisive, ci riarmiamo. E in Europa lo facciamo in nome del diritto e della democrazia, ma in realtà con una decisione imposta dalle élite ad una maggioranza fortemente contraria.

L’unica speranza resta come sempre il POPOLO che però se non vuole il riarmo non potrà solo dichiararlo nei sondaggi. Perché le élite i sondaggi, quando non riescono a manipolarli, li ignorano. 

Se davvero non vuole il RIARMO, il POPOLO dovrà scendere in piazza e farsi sentire.

Soprattutto i GIOVANI dovranno fare baccano, perché i costi del riarmo ricadranno soprattutto su di loro (economicamente, fisicamente e moralmente).

Il riarmo va fermato. FERMATO.

I SOCIALISTI EUROPEI, L’UCRAINA E IL PD DI ELLY

I vincoli europei non gravano solo sui governi nazionali, ma anche sulle opposizioni. E non riguardano solo i bilanci, ma anche la politica estera. I vincoli non li impongono solo le istituzioni europee. Li mettono anche le coalizioni politiche europee.

Ovviamente chi sta all'opposizione finge di non averne di vincoli. Invece sono sul tavolo europeo e si riverberano anche nei contesti nazionali.

Un esempio? Prendiamo le decisioni assunte dal PD e dalla SCHLEIN sull’Ucraina nel congresso dei socialisti europei di Amsterdam di ottobre scorso.

La stampa italiana in quella occasione si è focalizzata su una SCHLEIN che ha attaccato Giorgia Meloni come leader poco democratica. Tendenzialmente illiberale. Una imitatrice di Trump. Invece ha ignorato che la SCHLEIN ad Amsterdam ha confermato il PD sulle posizioni dei socialisti europei che sono quelle “RIARMISTE”, “fortemente antirusse” e decisamente “filoNato”, le stesse della maggioranza Ursula. Che poi sono (con il distinguo sugli asset russi) anche quelle della Meloni.

Nel documento finale dei socialisti europei approvato ad Amsterdam (cfr. sito Pes), quindi anche da Elly:

1 si conferma l’incrollabile sostegno all’Ucraina

2 si conferma che la battaglia degli Ucraini per la libertà è anche la nostra

3 si dichiara la piena responsabilità dei crimini di guerra dei russi

4 si chiede che i russi sostengano i costi della ricostruzione

5 si invocano ulteriori sanzioni verso la Russia 

6 si sostiene l'ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea

7 si sostengono esplicitamente in Russia le forze anti Putin.

Seguono altre sberle ai nemici russi.

Ma si possono raggiungere questi obiettivi senza riarmarsi fino ai denti?

Temo proprio di no.

Che lo si faccia sostenendo il riarmo europeo e non quello nazionale cambia qualcosa? Non sembra un mero trucco retorico?

La verità è che Schlein si è allineata ad Amsterdam al mainstream socialista  subendo l’inevitabile vincolo politico europeo, destinato a riflettersi (in negativo) sulle scelte “belliciste” del PD in Italia e quindi sulla costruenda maggioranza di centro sinistra.

Ne e' riprova la mozione presentata dal PD ieri 17 dicembre alla Camera dei Deputati per la parte sulla guerra in Ucraina (che pur nelle contorsioni del testo, che è disponibile negli “Atti parlamentari”,  si dichiara favorevole a utilizzare gli asset russi per continuare la guerra). La mozione ricalca le decisioni di Amsterdam e non è risultata condivisibile dai potenziali alleati del Campo Largo, che infatti hanno tutti presentato proprie risoluzioni. 

Non il massimo per una pacifista che vorrebbe guidare una maggioranza politica di centro sinistra.

martedì 16 dicembre 2025

A CIASCUNO IL SUO "SCIASCIA"

Grazie al Circolo di lettura di Utel ho riletto “A ciascuno il suo” di Sciascia, una piccola chicca, un gioiellino letterario. Un breve piccolo giallo, che si risolve in relativamente poche pagine e che però racconta un mare di cose, anzi un mondo che va dal microcosmo di un paesino a mezz'ora da Palermo, alla Sicilia intera, fino a dirci molto perfino su tutta l'Italia e quindi anche su di noi. 

È la Sicilia come metafora del mondo, che Leonardo Sciascia ci ha proposto in tutta la sua opera letteraria attraverso gli occhi di un illuminista colto, attento alla realtà e appassionato della vita collettiva. Un intellettuale fortemente pessimista.

Chiaro quindi che il professor Laurana sia una proiezione di Sciascia, un suo avatar letterario investigativo, anche se un po' più sciocco, imprudente e soprattutto debole, direi.

Il testo, a 60 anni dalla sua uscita, è ancora fresco, per nulla invecchiato, e mi dà la sensazione che la Sicilia affaristico-politico-mafiosa che S. racconta sia ancora quella. E se i partiti a cui si fa esplicito riferimento nel giallo, i comunisti, i socialisti, i democristiani, non ci sono più, beh, certi intrecci tra affari, potere e sesso invece sono ancora quelli e si ritrovano anche nel continente. Anche dalle nostre parti. E forse se si scavasse nelle famiglie e nelle genealogie, forse si scoprirebbe che anche se oggi i potenti locali militano in partiti con nomi diversi da allora, le casate, le consorterie, i giochi di interesse hanno radici profonde e toccano i vecchi partiti che si sono solo reimpastati.

Ma tornando al testo, buono il trucco del depistaggio iniziale (in cui cadono gli inquirenti ufficiali: dei veri babbei, inetti o venduti e comunque quasi assenti dalla storia. Segno di una sfiducia nelle istituzioni che non è molto cambiata).

Buona anche l’idea di affidare a un professore di italiano e storia delle superiori, un signorino che vive con la madre, le indagini vere sulla morte del farmacista e del medico Roscio.

Pennellate lucide e disincantate quelle che disegnano la Sicilia dei primi anni ‘60. Un paese di bacchettoni, ma anche di raffinati e un po' patetici viveur, raccontati bene anche da Vitaliano Brancati che S. cita direttamente.

Va detto che già un anno dopo l’uscita del romanzo, nel ‘67, il grande regista Elio Petri ne trasse un film che sfruttava soprattutto il contenuto pruriginoso della storia (in realtà molto meno presente nel testo di Sciascia), contando sul fatto che la strampalata vicenda amorosa tra Gian Maria Volontè e Irene Papas riuscisse a trascinare masse numerose ma scarsoleggenti e poco illuministe al cinema.

Del resto erano gli anni che preludevano a quella che poi sarebbe stata la liberazione sessuale di questo paese: allora però quasi tutta da venire, soprattutto in Sicilia (ma non solo). E la storia della ragazza ingiustamente accusata di avere una tresca col farmacista le dice lunga di un costume non solo religiosamente bacchettone, ma sessualmente repressivo e ingiusto. E non solo a svantaggio delle donne. Il rapporto malato tra il professor Laurana e la madre ne fornisce un'altra indicazione. Confermata infine dalla fedifraga relazione tra i cugini assassini che, sotto lo sguardo dello zio arciprete, costituisce il vero movente del doppio omicidio.

Il piccolo gioiellino pseudopoliziesco di S. racconta tutto questo e nel frattempo contiene la denuncia sociale di un sistema di affari che mescola il controllo di società private e pubbliche, le cariche negli enti pubblici, nelle banche e la collusione, ove necessario, con la mafia.

Il vero burattinaio della situazione, l’uomo che tira tutti i fili e collega più mondi, come svela a Laurana il parroco cinico e senza fede (che trovata!) di Sant’Anna, non a caso è l'avvocato Rosello.

Ma Laurana un po' non ci crede e un po' viene depistato dalla bella moglie di Roscio, cugina e amante di Rosello. Ergo la sparizione del professore è la conclusione perfetta di un impiccione presuntuoso che non era certo attrezzato per venire a capo di una storia come questa. Un individualista, cretino, che non credendo nel valore delle istituzioni e neppure della politica (memorabili le battute col deputato comunista) viene sconfitto da forze più grandi di lui e quindi perde la vita.

Tra le chicche del racconto: 

La vicenda della ragazza che viene accusata di avere una storia col farmacista e che poi risulterà totalmente innocente, ma che provoca la rottura immediata del suo fidanzamento e una sonora bastonatura da parte degli stessi familiari che la condannano seduta stante senza neanche porsi il problema se la ragazza potesse essere innocente.

Le dinamiche del potere locale, il fatto che si è potenti se si riesce a intrecciare il controllo di alcune società para pubbliche o che gestiscono appalti, con banche e anche con ruoli pubblici e se si sa gestire la commistione fra questi livelli. Tema questo ancora di grande attualità e non solo in Sicilia.

L’ingenuità del professore che rimane vittima dell’avvocato Rosello, abile ragno sociale che controlla i vari intrecci tra politica, affari e rapporti diretti con la criminalità e poi chiaramente soddisfa anche i propri appetiti sessuali.

La condanna di tutto questo andazzo in nome di un moralismo illuministico scettico che non crede che la politica abbia la forza di cambiare questo stato di cose.

Il moralismo illuministico, che si incarna in Laurana e nel padre di Roscio, l’oculista cieco, il cui destino finale però è quello di essere sconfitto (come nel più siciliano ciclo dei vinti)

Insomma quello di S. è un romanzo breve che ci racconta che l’Intelligenza non può farcela contro una certa natura umana, contro una certa immoralità, contro la debolezza della carne.

Infine una curiosità. Un’ultima chicca letteraria. Dalla pagina finale del racconto di S. deve aver preso lo spunto, 35 anni dopo, il romanzo di Camilleri sulla scomparsa di Pato’.



domenica 14 dicembre 2025

AL PALP SI SVOLTA ANCORA

Sì, bisognava proprio rinnovarlo il consiglio direttivo della Fondazione Pontedera Cultura per realizzare una mostra così originale come quella che resterà aperta fino al prossimo marzo al PALP. 

“Pinocchio e i carabinieri” è sicuramente una chicca nel panorama culturale italiano e sicuramente avrà una grossa risonanza attrattiva sul pubblico. Non a caso in città si vocifera della prossima riapertura di un ex hotel in zona stazione per fare fronte alla domanda di camere che si è scatenata appena la grande stampa ha dato la notizia della nuova mostra, mentre i B&B cittadini sono già tutti sold out dall’avvio dei rumors sull’evento.

Strano solo che all’inaugurazione abbiano parlato tutti, tranne i membri del CDA della Fondazione Pontedera Cultura, diversi dei quali, anzi quasi tutti, neppure erano presenti alla inaugurazione. Un caso, probabilmente.

Assente è risultata anche l’onnipresente assessora della Regione Toscana (ente che pure ha patrocinato l’evento) che in occasione invece dell'inaugurazione della mostra Banksy & Friends era stata immortalata in diverse foto (ma era prima della compilazione delle famose liste elettorali del PD).

Forse per questo la presentazione è stata soprattutto un duetto tra il curatore, scelto a quanto si è intuito più dal Sindaco che dal CDA della Fondazione, e il Sindaco stesso, che non a caso ha sottolineato i reciproci rapporti di sopportazione col curatore dell’evento. 

La mostra in sé, per quanto caratterizzata da un taglio fortemente istituzionale e quindi da contenuti inevitabilmente buonisti se non “conservatori”, è carina. Rassicurante. Familiare. Immagino che piacerà ai bambini, più che ai ragazzi o agli adulti. 

Magari un po' ripetitiva, con opere di tanti (forse troppi?) autori, di diversa qualità e livello, senza veri guizzi o trovate spiazzanti e bizzarre, come invece ci si aspetterebbe dalla presenza di Pinocchio. La mostra collettiva insomma consegna il burattino (e Collodi) alle mani ammorbidenti delle istituzioni: e sapendo che cosa pensasse l’autore delle istituzioni e degli ammorbidimenti, la cosa fa bonariamente sorridere.

Nell’insieme si tratta di un patchwork che assemblea più opere e più collezioni (tra cui alcuni lavori di Silvano Campeggi, il murales ex novo di Skim e i materiali librari di quello straordinario collezionista e cultore di Pinocchio che è il pontederese Franco Ferrini).

Ne esce un insieme gradevole, ma con scarsa capacità di incuriosire. Semmai un po' scontato e lievemente soporifero: e questa è l’ultima cosa che lo scoppiettante, irriverente e irrequieto Carlo Lorenzini avrebbe voluto.

L’unico elemento spiazzante è l’ingresso gratuito alla mostra. 

Dopo l’esperimento del biglietto per la mostra dedicata a Banksy, ecco un’ennesima giravolta, segno che chi ha scelto la nuova mostra (il Sindaco? il CDA della Fondazione?) e chi ha deciso la non bigliettazione (il sindaco? Il CDA della Fondazione?) ignora non solo che la continuità paga, mentre l’estemporaneità non costruisce nulla, ma che il biglietto è un segnale di qualità della mostra e dell’evento (oltre ad una maniera legittima per rientrare nelle spese, che in assenza di biglietto saranno tirate all’osso con il taglio, immagino, anche dell’investimento nella promozione e la conseguente mancanza di informazione sull’evento).

Almeno un vantaggio però il biglietto gratuito lo regala (al sindaco e alla Fondazione). Alla fine non si potrà sapere quanti visitatori saranno passati dalla mostra. Così Sindaco e Fondazione Pontedera Cultura potranno gridare al successo senza timore di essere sbugiardati dai numeri, come invece sta accadendo con la mostra su Banksy di cui ci si rifiuta ostinatamente (pur possedendoli) di rivelare il numero degli accessi paganti.

Va da sé che anche di questa mostra (che ha un’appendice all’ospedale Lotti, contempla un'installazione in piazza Curtatone, ecc.) né il Comune, né la Fondazione si sono degnate di fornire i costi. Che sia un regalo di Collodi? Mah!

Forse non ci dicono nulla perché è meglio che il popolo non sappia. Così soffrirà di meno.