venerdì 24 novembre 2017

La sinistra identitaria e il desiderio di essere sconfitti
Esiste una Sinistra Variamente Identitaria (che costituisce una parte della sinistra italiana e che abbrevierò in SVI per comodità) che tende a privilegiare gli elementi valoriali, programmatici e qualitativi, rispetto alla possibilità di far parte di una coalizione con potenzialità vincenti e a cui non piace negoziare (se riuscirà a vincere le elezioni) ciò che dei propri elementi valoriali e programmatici potrà ottenere, patteggiando civilmente coi componenti della coalizione.
Negoziare è una logica compromissoria? Sì, lo è. Ma in una democrazia negoziare è un requisito fondante. Lo hanno imparato perfino Berlusconi, Salvini e la Meloni.
Invece chi non negozia è potenzialmente antidemocratico e spesso pericoloso (almeno per la democrazia). Certo può darsi che chi non negozia abbia dalla sua parte la Ragione, Dio, la STORIA, il Destino, il POPOLO o perfino la MORALE. Ma chi non negozia resta un soggetto sordo alle esigenze altrui: quando ormai è sempre più chiaro che il mondo è fatto soprattutto da altri. Altri che non sono come noi e che non la pensano come noi, che vivono in questo grande supercondominio che è l'Italia e coi quali dobbiamo accordarci. Perchè è proprio il prevalere del concetto di alterità che mette in crisi i diversi NOI apparsi nella Storia e in perenne lotta tra di loro.
Ma nella SVI questo argomento non fa breccia. La SVI non negozia. Preferisce perdere, uscire umiliata dalle tornate elettorali, ma non compromettersi.
Va da sè, che la SVI con questo suo atteggiamento non danneggia solo se stessa, ma ottiene due risultati inutili (almeno per la SVI e, se la SVI avesse ragione, anche per il Paese), ovvero:
- favorisce il successo di coloro che la SVI considera i nemici più pericolosi (nell'italico caso: Destra e Grillini)
- rende impossibile far proliferare anticorpi per arrestare i nemici più pericolosi (anche se è evidente che per Bersani, Renzi non rappresenta un anticorpo rispetto a Berlusca o Grillo, ma è lui stesso un nemico da abbattere).
Ora se la SVI negoziasse col PD di Renzi, potrebbe partecipare ad una coalizione dove sarebbe in minoranza, ma dove, se la coalizione riuscisse a vincere, potrebbe sperare di portare a casa qualcosa. Poco? Sempre meglio che non ottenere niente.
Invece nisba. Nein. Non tratteremus, nemmeno coi meno peggio.
Ora come non risentire in questi atteggiamenti l'eco togliattiana che ragionava di socialfasciti in anni decisivi e sciagurati per le sorti della italica democrazia?
Come non risentire l'eco di chi pensa che Destra, Grillini e sinistra moderata sono solo facce diverse dei poteri forti che continuano a dominare la scena politica? E che quindi uno vale l'altro.
Ovvio che se SVI pensa che Renzi è peggio o uguale a Berlusca e a Grillo, il mio argomento non vale una cicca. Se anche Renzi è il Male...
Ma la SVI è proprio sicura di avere ragione a pensare questo pensiero?
Se la risposta è sì, mi arrendo. Una resa però accompagnata dal sospetto che la SVI sia afflitta oltre che da autismo politico da una freudiana pulsione autodistruttiva. Un'autodemolizione alla quale da diversi anni si è accinta con grande accanimento e che effettivamente sta dando buoni frutti.
Naturalmente i buoni frutti sono per gli altri.

lunedì 20 novembre 2017

I bersaniani e la sindrome di Bertinotti

Sembra abbastanza evidente che i bersaniani (inclusi i più moderati di loro e quelli che un tempo,  forse mentendo, si definivano a-renziani) e in generale gli scissionisti fuoriusciti dal Pd, pur di buttare Renzi giù dal seggiolone, siano disposti a spaccare tutte le alleanze, a perdere tutte le elezioni politiche e quelle amministrative regionali e locali, da qui al 2030, a superare il rivoluzionarismo bertinottesco e, come nel film "La guerra dei Roses", a suicidarsi, purché il proprio suicidio ammazzi anche l'odiato ex amico ed ex collega di partito.
Santo cielo, non si vedeva tanta acredine a sinistra dai tempi delle coltellate in casa socialista e dalla guerra che oppose Craxi a Berlinguer e viceversa nella prima metà degli anni '80.
La dinamica autodistruttiva che divampa nel campo del centro sinistra (e tra le anime che andavano a braccetto nel pd fino ad un paio di anni fa) pare così limpida e perseguita con tanta agonistica tenacia e caparbietà, che sembra davvero arduo, molto arduo, interromperne il corso. Non parliamo poi di capovolgerlo.
Eppure qualcosa bisognerà pur inventarsi per costringere tutti a ragionare. Confidando che il ragionamento sblocchi e diluisca certi grumi cognitivi di cui molti, compresi intellettuali patentati e commentatori fini, sembrano essere vittime. Che si tratti di un malefizio?
Sia come sia, una domanda sorge spontanea. Una sinistra già moderata e ora trasfiguratasi in neobertinottiana come fa a credere di poter realizzare programmi socialmente avanzati e di sinistra se le elezioni spediranno la simmenzionata componente rivoluzionaria nell'angolo ovvero all'opposizione?
Ma chi è quel cervellino fine, quel nepotino di Machiavelli, che può credere che la propria efficacia politica sarà esaltata nell'essere sbattuto all'opposizione e relegato in minoranza?
Chi può credere di poter migliorare le sorti del popolo di sinistra, e più in generale del Paese, autoconfinandosi in un'opposizione a cui resterà solo il diritto di abbaiare alla luna?
Ma davvero c'è qualcuno che pensa di poter vincere prendendo a sassate, oltre che la destra e i grillini, perfino gli ex amici?
Ostia!
Il piano inclinato del centrosinistra

Sembra molto difficile che pd e mdp si accordino per correre insieme alle elezioni politiche e ad alcune elezioni amministrative primaverili, tipo Pisa. Ma la speranza è l'ultima a morire. Anche perché un mancato accordo potrebbe consegnare, come Sicilia docet, il Paese a Grillo o a Berlusconi. Spero che tutti gli uomini e le donne di buona volontà si impegnino per ricucire una rottura che sta facendo male a tante realtà locali e molto di più potrebbe farne al sistema Paese.

sabato 18 novembre 2017

Il Pisa Book Festival è una sicurezza (spigolando l'edizione 2018)

Nonostante un certo taglio molto orientato a sinistra (qualunque cosa questo ormai voglia dire), il Pisa Book Festival mi suscita due sentimenti complementari: non sorprende e non delude. E se non fosse per quella certa aria "alternativa" che pretende di avere, la cosa sarebbe del tutto normale, visto che oggi mantenere il ritmo giusto e una buona andatura, è già un fatto importante e positivo.
Purtroppo sono stato solo un paio d'ore al Festival, di domenica, nel tempo morto che di solito le persone dedicano al pranzo (e fanno bene). Un passaggio veloce. Quindi questo sarà solo un giudizio frettoloso, forse superficiale. E tuttavia non me lo risparmio. Con un occhiata alla depliantistica informativa che ho raccolto e alle battute e alle frasi che ho scambiato, come sempre, con gli amici presenti. Niente da dire sugli eventi. Non ne ho beccato uno. Da programma sembravano interessanti. Nella sostanza bisognava esserci per valutare cosa effettivamente veniva detto e se valeva la pena di ascoltarlo.
La parte espositiva aveva più o meno le caratteristiche degli ultimi anni precedenti. E' striminzita la parte dedicata ai ragazzi e ai bambini. Ma anche questo, da quando è stata chiusa la sezione della Leopolda, ormai è un fatto consolidato.
Nell'insieme comunque il Piccolo Pisa Book Festival (che della piccola editoria indipendente segnala e soprattutto accoglie solo una piccola parte) fornisce l'idea di una scrittura e di una stamperia sempre più alla portata di tutti e sempre più babelica e inevitabilmente plurale.
Visto con gli occhi del PPBF davvero il mondo sembra un bazar di voci desiderose di posarsi sulla carta e farsi storie, favole, opinioni, istruzioni per l'uso, saggezza da leggere. Ce n'è davvero per tutti i gusti. Per tutti gli occhi e per tutti i cervelli, con un taglio, dicevo, prevalentemente adulto, dagli studenti universitari in su, sempre più invecchiando.
Ma ce ne fossero di iniziative così. Ce ne fossero.




sabato 11 novembre 2017

Ma qualcuno legge ancora Gramsci?

Non è facile rispondere ad una simile domanda. Servirebbero i dati delle vendite di Amazon, di IBS e quelli delle librerie di mezzo mondo. Più i dati della biblioteche del mondo. Oppure se volessimo sapere se Gramsci viene letto in Italia, bisognerebbe sempre chiedere ad Amazon, a IBS, a Fastbook più tutte le librerie italiane, più le biblioteche. Insomma è chiaro che nessuno potrà mai rispondere ad una domanda del genere con certezza assoluta.
Ma una cosa possono controllare i lettori delle Reti Bibliotecarie toscane, ovvero se qualche libro di Gramsci o su Gramsci viene preso in prestito dai lettori di queste Reti.
Bene. Mi sono divertito a fare un riscontro puntuale su quanti libri scritti da Gramsci risultano attualmente in prestito presso i 40.000 lettori della Rete Bibliotecaria Provinciale di Pisa. Il dato è pubblico.
I dati riconducibili ad Antonio Gramsci ci dicono che in Bibliolandia ci sono quasi 500 titoli (molti doppioni, ovviamente, dislocati in biblioteche diverse). I libri di cui Antonio Gramsci risulta autore in prestito ai lettori della provincia di Pisa sono zero . Esatto 0: in questo momento (il controllo è del giorno 11/11/2017) nessun opera di Gramsci risulta in prestito.
Ovviamente può essere che ci sia qualche errore, ma questo dato sembra largamente attendibile.
E un dato analogo sembra uscire anche da una rapida (ma ammetto incompleta) analisi (via OPAC) delle biblioteche dell'area empolese-valdelsa (un'area che era ancora più rossa, almeno fino ad un po' di tempo fa, di quella pisana).
Tra i testi di analisi gramsciana posseduti dalle biblioteche pubbliche (commenti, critiche, biografie) ne risulta in prestito solo uno, leggi 1, nel pisano.
Vuol dire qualcosa tutto questo?
Non lo so. Forse è solo un indizio. Ma importante.
Ci dice che ci sono 57 biblioteche di comuni e scuole della Provincia di Pisa che conservano circa 500 opere di e su questo pensatore, a cui anche recentemente è stato dedicata una giornata di studi a Pisa. E ci dice che in nessuna delle biblioteche della provincia pisana nessuno dei 40.000 lettori forti iscritti al prestito della provincia legge qualcosa di questo pensatore ritenuto "fondamentale".
Eppure anche negli ultimi anni sono uscite biografie, lettere, saggi polemici e saggi rivalutativi della sua opera. Ma nessuno è andato negli ultimi due mesi in biblioteca a prenderne una copia.
Ok in molte case di militanti di sinistra, ultracinquantenni, si troveranno copie dell'opera del pensatore sardo e molti potranno aver comprato le sue opere e la saggistica a lui riferibile in libreria (se si continuano a stampare, dovrebbe essere così). 
Ma la lettura pubblica ci fornisce un dato impietoso e senza sconti.
Che la figura di Gramsci, un martire antifascista, morto in carcere, resti moralmente importante per il Paese, non è cosa che si discuta.
Ma che si leggano i suoi testi come ispirazione e illuminazione alla politica contemporanea non pare affermazione sostenibile. Gramsci resta un pensatore difficile e per pochi. Su questo gli indizi (tra cui quelli che ho appena segnalato) sembrerebbero inequivocabili. Quindi è probabile che la sua lettura costituisca ormai un fenomeno assolutamente marginale (e confinato per lo più in ambienti accademici) per poterlo considerare un pensatore davvero influente sulla contemporaneità.
O almeno così mi pare di poter concludere dai dati che ho segnalato.


Una nuova strepitosa mostra al PALP di Pontedera, ma i negozianti la ignorano. Perchè?

Quest'anno mi è capitato di vedere una curiosissima mostra in una città del Trentino. Era dedicata alle Radio. Era fatta da oltre un centinaio di pezzi. C'erano Radio di tutte le età e dalle tante provenienze internazionali. E per fare pubblicità alla mostra, in tutte le oltre cento vetrine del paese trentino era esposta una Radio d'epoca. Nel negozio che vendeva formaggi, in quello che noleggiava sci, nel bar, persino dall'orafo e in quello che vendeva oggetti di artigianato locale. Tutti mobilitati con la loro Radio originale con didascalia ben curata sulla mostra.
A Pontedera invece stasera ho percorso tutto il corso e dintorni e non mi pare di aver visto nè un manifesto della mostra, né una giocattolo. E un giocattolo e una piccola locandina invece ci sarebbero stati proprio bene, visto che la nuova mostra che si è inaugurata stasera al Palazzo Pretorio si intitola "La trottola e il robot tra Balla, Casorati e Capogrossi" e presenta giocattoli e opere d'arte di pittori di notevolissimo livello (oltre a quelli citati: Carlo Levi, Severini, Gentilini, De Chirico, Savinio e tanti altri; il tutto illustrato in un bellissimo catalogo curato da Daniela Fonti e Filippo Bacci di Capaci, Bandecchi & Vivaldi editore).
Ma com'è possibile che una mostra di livello nazionale, che cerca di attrarre turisti a Pontedera, turisti con interessi culturali che potrebbero andare a visitare anche il Museo Piaggio e, perchè no?, le mostre al Sete Sois e magari uno spettacolo al Teatro Era, e magari fermarsi in un negozio o in un ristorante, com'è possibile che un evento che certo ha un forte contenuto culturale, ma ha anche un importante obiettivo economico, venga ignorato da chi potrebbe giovarsi di quelle 20.000 presenze in più che la mostra potrebbe portare in città e nel centro storico nei prossimi 5 mesi?
Come è possibile che una cosa del genere la capiscano bene i commerciati di un paesino del Trentino (e non sto parlando di città capoluogo o di 10.000 abitanti, ma di un centro sotto i 5.000 abitanti anche se a vocazione sciistico e paesaggistica) e non la capiscano i compaesani pontaderesi che almeno dalla metà del '700 (come dimostra un bel documento sul Palazzo Pretorio) campano di mercati, fiere, persone che vengono da fuori a fare acquisti e a divertirsi in città?
Comunque dato che la mostra durerà fino alla fine di aprile, mi auguro che i miei compaesani distratti si ravvedano e che prima di Natale i giocattoli e le locandine della mostra compaiano nelle vetrine della città. 
Non solo. Siccome il passaparola nelle mostre vale il 60 per cento di visitatori, mi auguro che tutti i negozianti di tutte le tipologie di negozi mentre vendono un caffè o un profumo o un vestitino o un pezzo di pizza possano chiedere ai loro clienti se hanno visto la mostra al PALP e invitarli ad andarci. Perchè chi ci andrà (e ci andranno quelli a cui sarà suggerito con passione e intelligenza di andarci anche dai commercianti), rimarrà a bocca aperta e magari ne parlerà con altri amici e forse suggerirà loro di andarci. E magari, a battuta, chiederà se un qualche dopocena, quando la mostra è chiusa, magari pagando un biglietto speciale, non si possa accedere al PALP. No, non per rivedere la bella tela di Carlo Levi o il piccolo quadro di Savinio. Ma per giocare con i giocattoli d'epoca e farcisi fotografare nel mezzo.
Sì, mi auguro proprio che i negozianti (farmacisti inclusi) costruiscano un gigantesco passaparola. Farebbero un gran favore alla mostra, ma di ritorno anche a loro stessi. Sarebbe un gran bel modo di dimostrare che Pontedera è davvero una comunità che sa fare squadra. E sa continuare a campare delle sue abilità mercantili, anche in tempi complicatissimi come questi.
Perchè per tornare a crescere, fare squadra servirà. E parecchio.

lunedì 6 novembre 2017

Cosa potrebbero insegnare le elezioni siciliane al centro sinistra?

Beh, un sacco di cose, riassumibili in poche frasi.
1. Che divisi si perde e si spiana la strada al ritorno del centro destra o alla vittoria dei 5 Stelle. Litigare in famiglia e tra amici ci fa male. Anzi parecchio male. Da qualunque parte stia la ragione. Diviso, per il centro sinistra non c'è partita. Per noi c'è solo il terzo posto. Sicilia docet.
2. Che tutto questo gran popolo desideroso di sbilanciarsi a sinistra, che invoca partecipazione e rivoluzione sociale, con un impianto nostalgicamente socialista, corbyniano e sendersiano, qui, nella Little Italy non parrebbe esserci. Semmai c'è un popolo desideroso di riallinearsi a destra dietro un intramontabile ottuagenario o che spera nel miracoloso populismo grillino. Oppure che non va a votare. Ma di sicuro non c'è un popolo (fatto di vecchi militanti delusi, di bravi compagni di una volta, e via retoricheggiando) che sostiene le proposte più radicali e i cartelli ultrasinistri. Prima ne prendiamo atto, meglio è.
3. Che forse per rimanere nel gioco bisogna costruire un'ampia coalizione di centro sinistra. Dove ampia vuol dire ampia, democratica, variegata, tollerante, negoziata, con un sacco di compromessi. Una coalizione che raccolga tutti gli antipopulisti e i non destrorsi. Con a capo un leader moderato che sia molto inclusivo, molto democratico e molto tollerante, oltre che esplicitamente europeista e un negoziatore non rigido.
Naturalmente per la legge di Nanni Moretti che aggiorna la legge di Saragat, possiamo anche continuare a farci del male e a dare la colpa della nostra sconfitta e del nostri ridimensionamento al destino cinico e baro.
Ma chi è causa del suo male non può che piangere se stesso.

sabato 4 novembre 2017

Inaugurate oggi le Officine Garibaldi  a Pisa

Ho partecipato, da spettatore interessato, ad un evento credo interessante per Pisa: l'inaugurazione di un edificio/spazio, in via Gioberti, articolato sui 4/5.000 mq (tre piani e un grande spazio interrato, più un grande giardino esterno appoggiato ad un tratto delle mura medievali) destinato a... varie attività e servizi, che, in  buona parte, come hanno detto sia il sindaco di Pisa e presidente della Provincia che il presidente della PAIM (la cooperativa sociale capofila della ATI che ha ottenuto in gestione mediante concessione l'immobile dalla Provincia)  si preciseranno col tempo. Intanto da oggi le Officine Garibaldi, coraggiosamente e con una sana dose di incoscienza garibaldina, aprono le porte e.....partono.
E già l'edificio potrebbe costruire un monumento attrattivo. Perchè per come è realizzato, per dove si trova e per altre caratteristiche è di grande interesse, come stasera ha brevemente raccontato l'architetto Salvatore Re che ha progettato e portato a forma la struttura (cfr. intervista su http://www.floornature.it/salvatore-re-7588/). E' appena nato (beh, di fatto ha già almeno 6 anni tra progettazione e realizzazione), ma la sua storia e quello che si vede all'interno è affascinante. Soprattutto avendo in mente in quale congiuntura avversa si è trovato a... crescere. Pensato e avviato, intercettando fondi PIUS (e quindi finanziamenti europei e regionali), ovvero quando la Provincia di Pisa (come le altre province) aveva ancora competenze culturali, turistiche, sociali, formative, ecc., è stato portato a forma nel 2016 mentre questa istituzione, la Provincia, veniva sostanzialmente ridimensionata e perdeva quasi tutte le funzioni a cui l'edificio avrebbe dovuto essere destinato, tra cui (e da qui è nata la mia curiosità e l'aver seguito la sua storia) la collocazione della Biblioteca Provinciale (oggi ancora in via Betti). Insomma è un mezzo miracolo che l'edificio sia stato partorito. E così bello e innovativo. Poteva essere abortito per grave malattia della madre (la Provincia). Invece è nato: a dispetto della crisi, delle nostra confusione legislativa e della farraginosità amministrativa.


Infatti, lo confesso, quando nel 2014 ho cominciato a sentir parlare dell'edificio di via Gioberti (e dei progetti connessi) e ho approfondito le problematiche collegate con la sua costruzione (e la sua successiva gestione) ho pensato che l'edificio non sarebbe mai arrivato alla fine e che non avrebbe mai contenuto la Biblioteca Provinciale. Tesi queste che ho sostenuto anche in pubblico. Ammetto quindi ora, pubblicamente, di essermi sbagliato e il vederlo realizzato ed operativo, mi fa molto piacere e spero che nei prossimi mesi la PAIM riuscirà a definire un assetto gestionale della struttura dalle molte facce e sicuramente polivalente in grado di aprirla e di farci passare migliaia di persone ogni giorno.


Tuttavia una delle battute più divertenti che oggi ho registrato sul mio taccuino è quella tra un politico  di rilievo e un rappresentante di una cooperativa che partecipa alla concessione. L'uomo politico ha chiesto come diavolo pensavano di tenere in piedi tutto quel po' po' di Vaticano. L'altro ha sorriso, si è strusciato la barba e ha sornionamente concluso che in qualche modo avrebbero fatto. Si sarebbero rivolti a tutti. Ha dichiarato. Avrebbero gestito progetti e accoglienza ed erano aperti a suggerimenti e integrazioni. In sostanza avrebbero fatto di necessità virtù. Confidando sul buon senso degli uomini di buona volontà. Insomma non è chiaro come volerà questo gigantesco calabrone, ma volerà.
Di sicuro, come ha confermato anche il presidente della Provincia per la città di Pisa, le Offine Garibaldi costituiscino una bella sfida che si collega anche con le funzioni di informazioni e di lettura della vicina struttura della Biblioteca SMS e con gli spazi espositivi che si trovano a fianco della nuova Biblioteca civica. Le Officine Garibaldi entrano poi in un'area che col Pisa Book Festival sembra sempre di più destinata a trovare nei libri e nella lettura non solo un proprio elemento identitario ma un elemento che dovrebbe portare anche a pensare ad un Pisa Book Festival che dura tutto l'anno e che è disseminato per tutta la città. Insomma Pisa, grazie anche all'arrivo delle Officine Garibaldi, grazie all'Università, grazie al suo tessuto di piccole e grandi librerie, grazie alle sue innumerevoli case editrici dovrebbe realizzare un piano di presentazione e promozione di libri con centinaia di occasioni distribuite su tutti i giorni di tutti i mesi dell'anno. Un calendario fitto. Senza interruzioni. Il pubblico, anzi i tanti tipi di pubblico, probabilmente non mancherebbero. E forse questo potrebbe ridarle la forza di tentare (ovviamente con molte altre eccellenze culturali) di agguantare il traguardo di città nazionale ed internazionale della cultura.



Quanto alla Biblioteca provinciale e al suo trasferimento presso un'area delle Officine (nella foto si vede un angolo che dovrebbe accogliere la sala di consultazione e lettura della Biblio Provinciale), è chiaro che ciò che sarà trasferito va ripensato e adeguato al luogo, al giro di persone e di attività e alle .cangianti funzioni delle officine, ma senza smarrire l'essenza di una biblioteca. E qui la speranza è che delle attività strategiche della vecchia Biblioteca di via Betti qui trovino posto almeno: (a) la consultazione dell'emeroteca e dell'importante collezioni di riviste e quotidiani su microfilm; (b) 100 posti lettura (con wifi e tavoli con prese elettriche) per studenti di scuola superiore e universitari sempre affamati di buoni posti al caldo per leggere e fare comunità; (c) il prestito di libri del posseduto della provinciale e della Rete Bibliotecaria Provinciale (circa 1.000.000 di volumi).


Certo, aggiungo io, niente vieterebbe che, con un servizio di trasporto libri, presso le Officine Garibaldi si potessero prestare e far leggere anche libri di altre biblioteche attualmente meno agibili o ormai decentrate (penso alla BFS). Perchè, e su questo insisto spesso, e Amazon ne ha fatto il suo core business, non è importante in quale magazzino stiano i libri, l'importante è che questi magazzini abbiamo i loro cataloghi facilmente accessibili online e che siano logisticamente collegati con luoghi dove gli utenti possono andare a consultarli o a prenderli in prestito. E le Officine Garibaldi potrebbero essere il perno di questo servizio.
Insomma se le Officine Garibaldi volessero e potessero farlo, potrebbero configurarsi come un luogo baricentrico su Pisa per distribuire libri a chi vuole leggerli. E sono sicuro che i pisani (universitari e non) potrebbero molto apprezzare un simile servizio.


Naturalmente solo nei prossimi mesi si vedrà quanto delle belle promesse illustrate stasera si realizzerà. Quali idee di servizi prenderanno forma. Gli spazi non mancano. Le idee nemmeno. L'ATI mi pare consapevole della sfida che l'aspetta. Auguriamoci quindi che tutti possano fare la loro parte al meglio. In fondo l'essere arrivati qui è già un mezzo miracolo (o almeno per me lo è). Per questo esprimerei un cauto ottimismo sul futuro.



giovedì 2 novembre 2017

Si è avviato il percorso che porterà alla riapertura della Biblioteca Provinciale presso le Officine Garibaldi di Pisa.

Sabato 4 novembre p.v. si apre, a Pisa, lo spazio Officine Garibaldi.
In questo edificio a breve verrà anche collocata (e riaperta) la Biblioteca Provinciale, almeno una parte importante del suo patrimonio documentario e dei suoi servizi. 
La Rete Bibliolandia collaborerà con i nuovi gestori della Biblioteca Provinciale e si augura che entro l'inizio del 2018 almeno i servizi più importanti della Biblioteca Provinciale (tra cui la consultazione dei microfilm e il prestito librario) vengano effettivamente riavviati.