68 x 15
Un'operazione di coscienza : piece teatrale
con Maria Triggiano e Elena Franconi
Un'operazione di coscienza : piece teatrale
con Maria Triggiano e Elena Franconi
Spettacolo gradevole quello dedicato al '68 che le due attrici, Maria Triggiano e Elena Franconi, di ViviTeatro, hanno messo in scena pochi giorni fa al Teatro di Capannoli. Il testo è di Elena Franconi, il coordinamento drammaturgico di Donatella Diamanti, la regia di Letizia Pardi. In una serata, quella del 24/11, contro la violenza sulle donne, ci stava proprio bene uno spettacolo pensato, scritto, allestito, recitato e diretto da donne, centrato su quell'anno denso di avvenimenti e affascinante quale fu appunto il '68. Anche le spettatrici, per altro, erano per lo più donne.
Il titolo, matematico, richiama, come già detto, il '68. Ma lo spunto drammaturgico parte da un'enciclopedia allora molto nota: la Quindici (15). Al centro dell'azione una mogliettina piccolo borghese (interpretata dalla Triggiano) che d'improvviso vede materializzarsi la propria coscienza (la Franconi). Una coscienza con le sembianze da figlia dei fiori. Rivoluzionaria e libertaria. E' lei a sconvolgere tutte le certezze della povera donna e a mettere in crisi l'identità di mogliettina, la sua cultura basata sull'Enciclopedia 15 e la devozione/subalternità al marito. Scossa falla propria coscienza "marcusiana", la donna "ad una dimensione" scopre improvvisamente che nella vita ci sono altri orizzonti rispetto al ruolo passivo della moglie. E questo la ingarbuglia.
Lo spettacolo, fornito di un giusto accompagnamento musicale, funziona piuttosto bene e la mogliettina esce sconvolta dall'impatto con una coscienza così "alternativa".
Il testo, abilmente costruito dalla Franconi, è fedele allo spirito di quell'epoca che vide proprio nell'emancipazione e nella liberazione delle donne da uno stato di subalternità alcune delle conquiste più qualificanti e significative dell'epoca. Conquiste che produssero cambiamenti destinati a durare nel tempo.
Testo e drammaturgia ricordano un po' le piece teatrali di Dario Fo e Franca Rame, segno di una lezione quest'ultima entrata in profondità nel modo di fare l'attore e lo scrittore di teatro.
La serata è trascorsa gradevole perché sia la Triggiano che la Franconi sono brave a recitare e costituiscono una coppia affiatata. Sia perchè scenografia e messa in scena erano valide. E infine perchè il testo sapeva muoversi con abilità e leggerezza lungo il percorso scelto.
L'unica cosa che, cinquant'anni dopo, forse si poteva aggiungere, è una valutazione dell'impatto di quella "rivoluzione" culturale. Forse sarebbe stato più "pungente" (e spiazzante?) per le anime assopite di oggi se a materializzarsi non fosse stata la coscienza "alternativa", ma il fantasma della mogliettina (magari ormai nonna) e fosse stata la piccola borghese a chiedere conto alla sua coscienza "libertaria" dell'esito di quei cambiamenti. Dei rapporti coi mariti diventati nonni, coi figli diventati padri, coi nipoti attaccati ai loro cellulari, con il tempo che passa. E tutto questo non per domandarsi se valesse davvero la pena di realizzare tutto quel caos che il '68 generò. No. Il punto non è questo. La domanda drammaturgica a cui mi sarebbe piaciuto sentir rispondere è dove sia finita tutta quella voglia di libertà che allora si espresse e soprattutto che tipo di società sia riuscita a costruire quella coscienza libertaria e autodeterminata.
Perchè che oggi si sia tutti più liberi e più capaci di autodeterminarsi (almeno in gran parte del mondo e pur con qualche limite) è, per me, un fatto assodato. Ma trovo anche che questa libertà, con l'apporto decisivo dell'emancipazione femminile, insieme a tante teoriche opportunità, ci presenti quotidianamente un conto molto salato e ci crei ansie, incertezze e insicurezze sempre maggiori. Forse perchè siamo invecchiati. E forse perchè un po' è davvero così. Capire perchè le cose siano andate in un certo modo potrebbe rivelarsi perfino utile.

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