L'uomo planetario di Padre Balducci abita anche a Pontedera
Riflettendo sulle vicende di Pontedera, ho letto recentemente un testo scritto nella prima metà degli anni '80 dal sapore profetico. Mi riferisco all'Uomo planetario, di Padre Ernesto Balducci, un prete che stava dalla parte degli uomini. Un prete che difendeva gli ultimi (del resto il figlio di un minatore amiatino da quale altra parte avrebbe potuto stare?). Un prete toscano della genia dei Don Milani, dei Don Mazzi e, per certi aspetti, anche del nostro Don Pino Menichetti, di Don Armando Zappolini e di Don Andrea Bigalli.
Padre Balducci negli anni '80 capì che la globalizzazione del mondo avrebbe richiesto una grande capacità di dialogo e che si sarebbe dovuta affermare una cultura religiosa orientata verso un nuovo umanesimo.
Il pianeta terra, abitato da alcune miliardi di individui, diversi per il colore della pelle, variegati per le tante idee politiche e divisi da religioni e credenze, in realtà era ed è un'unico immenso alveare vorticosamente lanciato nello spazio, sulla cui superficie vivono uomini molto simili tra di loro per mentalità, condizioni di vita, passioni e speranze.
Per Balducci gli uomini che abitano la terra sono "esseri planetari", nati sì in regioni e continenti diversi, ma con un destino comune.
Testo profetico perché oltre trent'anni fa non erano in molti ad avere una percezione planetaria dell'uomo. Oggi invece questa condizione è esperienza quotidiana. Basta entrare in una classe della scuola primaria di Pontedera per trovarsi di fronte bambini e ragazzi che provengono da almeno una quindicina di nazioni diverse, appartenenti a tre o quattro continenti (Europa, Africa, Asia e Americhe).
Anche Pontedera insomma è una città planetaria, dove convivono e crescono persone che parlano un centinaio di lingue differenti, che hanno culture e tradizioni diverse, ma che oggi si trovano qui e qui provano a creare un futuro per sè e per i propri figli.
Ed è dalla qualità di questo cittadino planetario e dei suoi figli, dalla sua capacità di dialogo e di collaborazione, dagli sforzi e dell'impegno che metterà nel realizzare i suoi obiettivi e i suoi sogni che dipenderà anche la sorte delle nostre città multiculturali e multicolori. Pontedera inclusa.
Di fronte alla prospettiva planetaria e al meticciarsi di culture e mentalità si possono avere fondamentalmente tre approcci. Il primo di paura e di rigetto; secondo di accoglienza preoccupata e guardinga, che tenga separate le varie nazionalità; il terzo di accoglienza aperta e generosa ma che sappia anche chiedere a tutti impegno e rispetto per le diversità e per i valori fondamentali dell'uomo e della donna e soprattutto sia in grado di realizzare una cooperazione fiduciosa tra diversi.
Che le destre cavalchino la paura, il razzismo e il rigetto dell'altro è un fatto noto. Il nazionalismo e il colonialismo guerrafondai (e predatori) hanno trovato nel disprezzo di chi abita fuori dai propri confini (siano essi altri popoli europei o asiatici o africani) e nella superiorità degli autoctoni rispetto al resto del mondo la propria stolta ragion d'essere. Per la destra xenofoba solo nel calcio è consentito far giocare insieme, nella stessa squadra e nello stesso campionato, uomini di razze, culture, religioni e lingue diverse. Fuori dai campi di calcio, questo non è accettato.
Nazionalismo e razzismo stanno pericolosamente crescendo anche in Italia, alimentati da élite politiche che utilizzano queste idee folli per conquistare consenso e potere. Ma è bene sapere che anche una parte dei ceti popolari tradizionalmente non di destra, per varie ragioni, sta prestando orecchio a questa musica tragica che speriamo non si trasformi in una danza macabra.
Auguriamoci che le forze della ragione e del dialogo non si lascino incantare dalle sirene della paura e della deriva razzista. E auguriamoci che il centro sinistra continui a ragionare in termini calcistici e a pensare che sono la varietà dei calciatori e le loro differenti esperienze internazionali a fare grande una squadra di calcio. E che ciò che vale per il calcio vale anche per una società e per una nazione. Certo, a patto che tutti i calciatori dalle mille provenienze abbiano voglia di collaborare e darsi una mano. A patto che tutti si impegnino a fare il proprio dovere di cittadini. Ma questa è la sfida.
Ed è sul carattere planetario delle nostre città e sulla figura di Padre Balducci che venerdi prossimo, 9 novembre alle 17,30, Don Andrea Bigalli, presidente regionale dell'Associazione LIBERA, parlerà in piazza Stazione, a Pontedera, sotto la tettoria del Bar Marianelli, oggi di proprietà di una famiglia di cinesi.
La Stazione di Pontedera è diventata la parte più internazionale e più variegata di una Pontedera planetarizzata. Questo nuovo assetto sociale genera anche microconflitti e qualche tensione tra autoctoni e immigrati che la destra xenofoba cerca di ingigantire e utilizzare per conquistare l'egemonia politica sulla città e ribaltarne la storia di comunità aperta e accogliente. Perché ci vuole poco a spingere la gente a guardarsi in cagnesco o a dire male gli uni degli altri o a sottolineare solo ciò che non funziona, a cavalcare la paura, l'insicurezza e l'egoismo; mentre ci vuole più energia, anche morale, per costruire ponti e percorsi di vita condivisi tra persone diverse. Regredire è più facile che crescere ed umanizzarsi. Aggredire è più facile che ragionare.
Per questo la sfida vera è quella di sviluppate e far crescere tra persone di origini diverse il comune senso di umanità. Una umanità che ha tanti volti, che crede a tante idee, che legge e si riconosce in libri diversi, ma che ha un'essenza comune. Questa essenza è la socialità. La solidarietà. Lo spirito di cooperazione. La pietas. Il riconoscersi, se non esattamente uguali, di sicuro simili. Molto simili. Umani.
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