Mentre seguivo le vicende delle conferenze internazionali sul clima (in Italia, il G20, poi in Scozia), con un certo scetticismo, deve ammettere; mentre scorrevo i commenti sui giornali, le promesse dei pochi Grandi e le proteste delle moltitudini dei Piccoli, mi è capitato di leggere anche un libro di... saggistica di uno scrittore americano, di cultura ebraica, impegnato sul fronte dell'ambientalismo e del vegetarianesimo.
Mi
riferisco a
Jonathan
Safran Foer e
al libro
intitolato "Possiamo salvare il mondo prima di cena. Perché il
clima siamo noi" (Guanda, 2019, pp. 312) di cui suggerisco
caldamente la lettura.
Perché?
Prima
di rispondere devo aggiungere che una decina di anni fa sempre di J.
Safran Foer (che
abbrevierò in JSF)
avevo letto con una certa ansia il saggio: "Se niente importa.
Perché mangiamo gli animali?" (Guanda, 2010): un testo
sull’organizzazione degli allevamenti degli animali e
dell'industria che produce la carne rossa e bianca che noi compriamo
già pronta per essere mangiata, senza fare alcuno sforzo e
senza farci molte domande su quello che ci sta dietro.
[Di
lui ho letto anche il testo d’esordio, Ogni cosa è illuminata, ma
mi è piaciuto meno e l’ho quasi completamente dimenticato].
I
due libri su
allevamenti e clima
sono collegati perché la produzione di carne per 8 miliardi di umani
risulta essere, secondo
i dati forniti da JSF,
la principale fonte di inquinamento e di crescita
dei gas
serra del pianeta.
Ma
il bello del documentato saggio di Safran Foer sul
cIima (“Possiamo
salvare il
mondo prima di cena”) è che
non contiene
solo l’analisi delle criticità ambientali e delle fonti di
inquinamento che gli allevamenti producono, mettendo
a rischio
la sopravvivenza degli uomini sulla Terra. Il bello sta soprattutto
nel fatto che JSF si chiede non solo cosa possono fare i Grandi della
terra per evitare
la catastrofe;
ma anche e soprattutto cosa possiamo fare NOI, individualmente, col
nostro impegno quotidiano, familiare. Perché se non ci comporteremo
individualmente in maniera ecosostenibile la nostra storia collettiva
non finirà molto bene.
Ma
quali sono allora le
proposte concrete che JSF avanza per se stesso e per ciascuno di noi,
nessuno escluso, in un libro di circa 310 piagine, ma con 50 pagine
di note e di bibliografia?
A pag. 111 JSF le riassume brevemente così: (1) mangiare vegetariano, (2) non prendere aerei, (3) non avere l’automobile e (4) fare meno figli .
Scioccante? Certo. Ma lui argomenta molto bene, cita molte fonti, evoca molte storie e il libro mi pare decisamente affidabile, per non dire “illuminante”. Quindi per approfondimenti e arrabbiature, rimanderei alla lettura soprattutto di “Possiamo salvare il mondo prima di cena”, ma subito dopo anche di “Se niente importa”. Credo che né il primo, né il secondo deluderanno i lettori, anche se diversi di loro (soprattutto gli estimatori delle bistecche alla fiorentina e delle grigliate) indubbiamente si arrabbieranno. I problemi più seri li avranno però quelli che riterranno che JSF abbia ragione.
Perchè se le sue argomentazioni sono valide, se i rimedi che propone sono giusti (non solo proteste, ma soprattutto azioni e comportamenti individuali coerenti col raggiungimento degli obiettivi), allora la strada è maledettamente impegnativa. Non ci sarà solo da convincere i GRANDI, ma da conquistare i PICCOLI, uno per uno. E come insegna la storia dei no vax non sarà una passeggiata.
Come sempre, marciare e protestare non basterà. Bisognerà fare molto di più. E non sarà facile. JSF infatti sostiene che sarà più facile scomparire.
PS. Su posizioni analoghe si è schierato anche il matematico Piergiorgio Odifreddi che in un articolo apparso su LA STAMPA di sabato 6 novembre u.s. (p.27), intitolato "Greta accusa ma nessuno ascolta", ha sostenuto che una vera posizione ecologista richiederebbe un forte taglio dei trasporti e dei consumi (in particolare di carne).
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