Come integrare le biblioteche
di pubblica lettura con le biblioteche scolastiche. Quali i vantaggi
e quali le difficoltà? Come ci siamo organizzati? Queste le domande a cui gli organizzatori di un dibattito sulle "Reti Bibliotecarie Scolastiche", previsto per domenica 12 maggio al Salone del Libro di Torino, mi avevano chiesto di rispondere. Riflessioni da condensare in 8
minuti al massimo. Ecco quello che ho scritto e che poi ho sintetizzato a braccio, aggiungendo anche qualche modesta proposta, in 7:40 minuti.
Da
venti anni coordino in provincia di Pisa un insieme di 57 biblioteche
che cooperano all’italiana (si tratta di una trentina
civiche, una decina private e religiose, una quindicina scolastiche). Il
nostro nome è Rete Bibliolandia.
Quali
vantaggi ci sono a fare Rete? Intanto quello di condividere un
insieme di 500.000 volumi come se fossero un’unica biblioteca. Di
avere un solo catalogo elettronico (OPAC) e gestire tutti gli utenti
della provincia come se fossero iscritti alla stessa biblioteca. Il
tutto con un solo software che gestisce 57 sportelli bibliotecari
distribuiti sul territorio. Agganciato al catalogo on line e alla
gestione degli utenti, c’è un nostro servizio di trasporto libri
che sposta settimanalmente da una parte all’altra della provincia,
su richiesta dei lettori, circa 2000 libri (60.000 testi trasportati
A/R su 240.000 prestiti globali annuali). La Rete (che è governata
da una convenzione, attuata da una Unione Comunale) fa anche altri
servizi per i soci. Ma qui mi soffermerò solo su quelli orientati
alle scuole e dai quali le scuole traggono un vantaggio diretto.
Il
programma di Bibliolandia ogni anno coinvolge su tutto il territorio
provinciale circa 600 classi (e un numero maggiore di insegnanti) in
attività che vanno dal prestito librario a domicilio al bibliogioco,
agli incontri con l’autore, agli incontri su libri che trattano
diverse tematiche (incluse alcune molto sensibili come il “genere”
e l’emigrazione). E’ attraverso la promozione della lettura che
la Rete interagisce con le Biblioteche scolastiche. Ma se le BS
dovessero pagare i servizi ricevuti (con quote simili a quelle
comunali) probabilmente le BS non starebbero in rete. Le loro quote
di iscrizione sono minimali; e questa è una criticità seria, che
potrebbe essere superata se Ministero del Pubb. Istruzione finanziasse direttamente le Reti che si fanno carico delle BS.
Rispetto
alla Primaria, la Rete pisana punta a creare contatti,
collaborazione, relazioni tra bibliotecari e insegnanti elementari
per far crescere i livelli di lettura. Da qui la costruzione di due
azioni: la prima vede i bibliotecari civici attivare un flusso di
prestiti di buoni libri e libri moderni verso le singole classi (con
l’insegnante che fa da mediatore attivo); la seconda da sì che i
bambini visitino con la loro classe le biblioteche civiche e imparino
a riconoscerle e apprezzarle come luoghi accoglienti e utili per la
loro crescita. Ad oggi abbiamo singole biblioteche civiche che
realizzano anche più di 200 incontri annuali tra prestiti a
domicilio (in classe) e visite di classi in biblioteca; e il 50% del
prestato delle civiche va alla fascia di bambini-ragazzi (5-16).
Nei
plessi delle scuole medie e delle superiori la Rete cerca di suonare
un’altra musica, anche perché mentre con gli insegnanti della
primaria i rapporti sono facili e buoni, alle medie e alle superiori
le relazioni coi prof divengono più complicate e difficili.
Lo
stato delle collezioni librarie delle scuole medie nel pisano è
pietosa, o almeno quella dei 7 Comprensivi che aderiscono alla nostra
Rete. Quando i dirigenti ci chiamano per un consiglio, noi proponiamo
scarti massicci. Le biblioteche scolastiche delle medie presentano
per lo più libri vecchi, non comprano quai mai nulla, ma le
segreterie amministrative sono terrorizzate dagli scarti e i
dirigenti scolastici (quando ci sono, non sono a scavalco e non sono
del tutto insensibili alla lettura) sono vittime della retorica del
libro come oggetto di culto. Da adorare, ma non da leggere. Laddove
poi c’è un insegnante “carcerato” in biblioteca, è peggio che
meglio. Non c’è bisogno che vi dica perché.
Verso
le medie in venti anni abbiamo tentato tre strategie: A) mettere un
bibliotecario vero, per poche ore alla settimana, a spese della Rete
dove era possibile organizzare una parvenza di biblioteca; B)
trattare le medie come la primaria (con prestito a domicilio e visite
in biblioteca civica); C) coinvolgerle nei progetti di promozione
della lettura (incontri con autore, bibliogioco, recensioni, ecc.).
La
strategia A) è stata problematica e non semplice: libri vecchi, ostilità di
dirigenti e reticenze dei prof hanno ridotto i margini di
manovra. Ma qualche risultato l'ha dato. Almeno fino a quando la Rete ha sostenuto finanziariamente la "presenza". Quanto alla strategia B) ovvero prestito a domicilio, i
successi sono stati parziali. Meglio è andata con la C), progetti di
promozione delle lettura, bibliogioco, ecc. Naturalmente i risultati
sono sempre all’italiana, ovvero dove abbiamo incontrato insegnanti
singolarmente sensibili qualche rapporto e qualche progetto di
collaborazione si è costruito (da Pisa a Volterra). Dove non li
abbiamo incontrati, abbiamo costruito poco.
Infine
le superiori. Qui la realtà è ancora diversa. I patrimoni librari
anche se mediamente vecchiotti spesso sono utilizzabili (per le opere
classiche e un po’ di saggistica); a volte c’è un bibliotecario
che ha voglia di fare il suo mestiere. Per queste scuole stare in
rete è vantaggioso da diversi punti di vista: a) per cataloghi
inseriti nell’OPAC della Rete (1). Insegnanti e studenti possono
consultarli via smartphone e computer; b) per il fatto che le
biblioteche scolastiche divengono un punto prestito potenzialmente
aperto anche all’esterno; c) per l’accesso che Bibliolandia ha
fornito a insegnanti e studenti, a costo zero per loro, ad una
piattaforma come MLOL; d) per il coinvolgimento degli studenti in
progetti di specifica promozione lettura. Alle superiori abbiamo
tentato la sfida di portare classi non solo in biblioteca, ma anche
nelle librerie, di far scegliere a ciascun ragazzo in forma molto
libera un libro o un fumetto, chiedendo in cambio che lo studente lo
leggesse e poi lo suggerisse ai suoi compagni di classe o a quelli di
un’altra classe. E altre cosette di questo tipo.
Aggiungo
infine che la sfida nelle BS delle superiori potrebbe essere giocata
ad un livello ancora più alto, ma i fattori che concorrono a
deprimere la lettura in questa fascia d’età sono potenti e
numerosi. E andrebbero combattuti scientificamente. A parte i
cambiamenti ormonali dei giovani e l’infestazione tecnologica da
cui sono e siamo travolti, penso all’insensibilità dei dirigenti,
al solipsismo di molti insegnanti, agli spiccioli per l’acquisto di
nuovi libri. Tutti fattori complicati da modificare. Io poi sono tra
quelli che non ritengono che il digitale risolverà tutto rispetto
alla lettura. Basta pensare che ciascuno di noi porta in tasca una
biblioteca con milioni di libri, a cui potrebbe accedere senza alcuno
sforzo e gratuitamente, ma non lo fa. Il digitale gratuito non ci sta
trasformando in un popolo di lettori. Nemmeno i più giovani (14-19)
che sono immersi nel digitale. Perchè? Perchè per diventare buoni
lettori e utilizzatori di libri e di biblioteche bisogna essere
motivati, incentivati e educati. Occorre essere iniziati alla
lettura. E la passione per la lettura va coltivata. Costantemente.
Per
questo se io fossi il Ministro della Pubblica Istruzione e come
Archimede cercassi un punto d’appoggio per costruire e moltiplicare
i buoni lettori assegnerei alle scuole superiori (e anche alle medie)
una risorsa economica specifica per acquisire (magari con bandi triennali) da cooperative
specializzate bravi bibliotecari motivatori e promotori della lettura
(per un pacchetto dalle 8 alle 12 ore settimanali per una quarantina
di settimane all’anno). Perchè i libri oggi si possono prendere
ovunque. Ma….. un motivatore alla lettura e uno che educhi gli
altri (di diverse fasce d’età e docenti inclusi) a leggere e a selezionare la produzione libraria migliore (anche sul versante dell'aggiornamento didattico) non si trova in natura,
né in Rete. Non può essere nemmeno un funzionario pubblico (non in
Italia, almeno). Deve essere innestato, autonomo ed etero diretto.
Solo una figura così (molto simile ai bibliotecari civici delle
sezioni per ragazzi) potrebbe avere l’odisseica astuzia per
raggiungere l’obiettivo di far leggere gli studenti e gli
insegnanti. Solo una risorsa così, anche se paracadutata in un
territorio “ostile”, potrebbe risolvere i problemi che
incontrerà, destreggiandosi tra ragazzi incantati da Maghi
cellulari, insegnanti che aspettano solo il suono della campanella e
dirigenti che vogliono e sperano di cavarsela e scansare le ire dei
genitori.
Roberto Cerri
r.cerri@comune.pontedera.pi.it
12 maggio 2019
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