La notizia del primato livornese è sfuggita persino al "Vernacoliere" che se l'avesse saputo avrebbe di sicuro lanciato la candidatura di Livorno a città della lettura su scala planetaria e chissà che titoli ironici avrebbe fatto sulle biblioteche pisane e fiorentine, immobili come valige smarrite alla stazione.
Già perchè se si paragonano le riaperture livornesi con le porte sprangate delle biblioteche civiche di Pisa (la SMS è aperta con orari ridottissimi e solo per le restituzioni, mentre la Blog è ancora chiusa e non si sa se e quando riaprirà anche solo al prestito) o anche con la situazione delle biblioteche fiorentine, dove decine di bibliotecari chiedono di poter tornare al lavoro, mentre Nardella nicchia, beh Livorno sembra davvero la capitale toscana della lettura. Anzi, bibliotecariamente parlando, lo è diventata dal 18 maggio e senza rivali di sorta. Per ora.
Certo tutto ciò non è a caso, perchè in questa città multietnica e multiculturale la passione per i libri ha radici profonde. Eppure io credo che in questa specifica circostanza non sia stato tanto l'amore e la passione per i libri a fare la differenza. A mio avviso ha pesato di più l'attenzione e la volontà politica di "restituire una casa comune a chi studia". Parole sante, pronunciate dall'assessore alla cultura Simone Lenzi.
Già, credo proprio che a determinare questa ripartenza scattante e pur tuttavia attenta alla sicurezza sanitaria, sia stato il ruolo svolto dall'Amministrazione comunale e da un assessore alla cultura come Simone Lenzi, cantautore e frontman del gruppo Virginiana Miller, e poi scrittore di testi come "Sul Lungomai di Livorno" e "La generazione", da cui è stato tratto un film per la regia di Paolo Virzì. Un assessore che con la cultura ci vive e di cui avverte l'estrema importanza per tutta la città.
Perciò anche se io sono un pisano del contado, da appassionato di libri e biblioteche, da sostenitore dei diritti dei lettori e dei giovani bibliotecari, ringrazio l'assessore Lenzi e il comune di Livorno per avermi indicato un percorso, approvando, per tempo, un protocollo della sicurezza per ogni sede, condividendolo con le cooperative che gestiscono gli spazi, rispettando la normativa vigente, ma soprattutto riaprendo le sale alla consultazione e al pubblico.
Perché ha ragione Simone Lenzi: le biblioteche sono beni comuni, come le scuole, gli ospedali, i musei e i teatri. E questi beni comuni vanno riaperti agli operatori e al pubblico. E il coraggioso e antesignano esempio delle biblioteche labroniche ci dice che se si vuole, si può fare.
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