LAPIDI OSCURATE DI SAN MINIATO. IL ROTTAMATORE E SUOI GIUNTAROLI DISERTANO ANCHE DAL DIBATTITO DI PONTE A EGOLA
Già ieri sera ho partecipato col grande Renzo Ulivieri, Miriano Rossi e il mitico Enzo Cintelli ad un dibattito al Circolo Arci "Corrado Pannocchia" di Ponte a Egola sul passaggio della guerra da San Miniato nel luglio del '44. La serata, preelettoralissima, non era delle migliori. Ma questa era stata scelta per la presentazione del libro di Enzo Cintelli su "San Miniato. Settanta anni dalla Liberazione" e non mi potevo tirare indietro. Il libro di Cintelli non è un vero e proprio libro di storia, anche se, come ha detto Miriano Rossi nell'introdurre la discussione, ha già venduto in 7/8 mesi oltre 320 copie (e non è affatto male). Il testo ruota attorno ai fatti del duomo e a molti dei personaggi che furono come catturati in quel vortice di barbarie che uccise 55 persone, ne ferì almeno un'altra cinquantina e poi altre ne trascinò con sè per varie ragioni. Rispetto a quello che si sa, da una bibliografia ormai vasta, il volume non aggiunge tesi inedite. Semmai stimola nuove domande, mette in dubbio alcune certezze, ma alla fine non tira le fila nè di domande. nè di dubbi, appassionandosi più a polemizzare ora con questa ed ora con quella tesi che ha trovare e proporre proprie soluzioni personali.
Dal mio punto di vista l'utilità maggiore del libro sta nell'aver messo insieme e pubblicato una notevole mole di documenti e, sia pure frammentariamente e con note archivistiche e filologiche insufficienti, e di averli messi a disposizione dei lettori (che, come detto, sono per fortuna un bel po').
Sulle ipotesi della responsabilità della strage, Cintelli non si sbilancia, mentre si lancia in una serie di polemiche che a mio avviso non aggiungono niente alla discussione sull'episodio del Duomo e ai protagonisti.
Nel volume Cintelli tenta anche di dare il quadro della resistenza che si organizzò nel territorio compreso tra San Miniato, Empoli, Montaione, Palaia, fino alla Rotta, ma nell'insieme il testo non supera un certo bozzettismo e una certa frammentarietà di episodi che non è affatto facile oggi ricostruire nella loro dinamica certa, ma a cui le interviste e i brani riportati da Cintelli possono forse aggiungere un po' di pepe e dare un po' di luce.
Insomma diversi limiti e alcuni meriti.
Uno dei limiti che non riesco a mandare giù (e che anche ieri sera ho sollevato, senza avere risposta) è che si possa definire coraggiosa, come fa Cintelli a pag. 107 del suo libro, l'idea del sindaco di San Miniato di rimuovere entrambe le lapidi. Il libro è scritto prima che la rimozione avvenisse, ma dopo l'annuncio di Gabbanini (fatto prima dell'uscita del libro), Gabbanini è passato ai fatti e il fatto che di fronte a questi fatti Cintelli resti muto e non chieda a Gabbanini di rimettere le lapidi a loro posto, mi dispiace e lo trovo in contraddizione con alcune delle cose che lui stesso ha scritto a pagina 107. In particolare non capisco come possa un cultore dei documenti come Cintelli approvare un oscuratore di documenti come Gabbanini.
Restano alcune cose buffe: (1) che l'Amministrazione comunale di San Miniato non abbia comprato, sono parole di Miriano Rossi, alcuna copia del libro di Cintelli (o meglio una copia l'ha comprata attraverso la biblioteca Luzi, come risulta dal catalogo di Bibliolandia, ed è in prestito ad un lettore: il sindaco?); (2) che l'Amministrazione Gabbanini non pare intenzionata a sostenere la presentazione del volume in città, nonostante San Miniato e gli anni 1944-45 siano al centro della ricostruzione di Cintelli; (3) che gli amministratori (giunta e sindaco) fuggono qualunque dibattito possa in qualche modo ricondurre al tema della lapidi sulla strage del Duomo. Fugge il sindaco. Ma ieri sera, dal circolo Arci intitolato ad un martire dell'antifascismo di Ponte a Egola, sono fuggiti anche il vicesindaco e almeno altri due assessori che a Ponte a Egola sono nati, hanno lavorato, vivono e prendono voti. Ma come è possibile che un amministratore locale non regga il peso in pubblico di una scelta che ha fatto? Che amministratore è? E cosa c'è dietro questa scelta per non trovare la forza di venirla a difendere davanti all'opinione pubblica in carne ed ossa? Non quella virtuale dei comunicati stampa o quella ovattata che caratterizza le cerimonie pubbliche nel palazzo. Quella che partecipa alle discussioni pubbliche, dice la sua, pone domande, come fa anche Cintelli nel suo libro. Boh. Prima o poi lo capiremo. Almeno lo spero.



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