domenica 9 luglio 2017

Da animali a dei. Breve storia dell'umanità / Yuval Noah Harari (Bompiani, 2014)

Uscito nella prima edizione nel 2011, in ebraico, a Gerusalemme, il testo di Harari ha avuto un'ampia diffusione nel panorama internazionale. Per capire perchè bisogna leggerlo, con una certa passione e con la disposizione ad accettare la sfida (è lungo 500 pagine, anche se è molto discorsivo e contiene poche tabelle  diagrammi).
Nell'insieme Harari si muove (sulla scia di Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie) per narrare una storia essenziale di quelli che lui individua come "passaggi salienti" dell'umanità sul pianeta terra dalla comparsa casuale di questa strana scimmia fino ad oggi (2013). E' insomma una storia dell'Homo Sapiens e delle sue complesse peripezie.
Quali sono gli elementi salienti?
I salti tecnologici: dalla scoperta e l'uso del fuoco fino alla rivoluzione agricola e poi su su fino a rivoluzioni sempre più impegnative.
Uno di questi "salti/passaggi" è costituto dalla rivoluzione cognitiva, quella che consente all'uomo di parlare e di chiacchierare (facendo del gossip, tanto gossip fin dall'inizio). E poi questa rivoluzione gli consente pensare cose più complesse, quindi di inventare storie e di raccontarle. E poi di dare vita, prima singolarmente e poi collettivamente, a "ordini immaginati intersoggettivi" che non esistono, ma che corrispondono a miti e sui miti appoggiare religioni, stati, imperi, guerre, commerci, ecc.
Sul tema dei miti, delle religioni, delle filosofie, delle credenze politiche e cose simili, Harari si dilunga parecchio, adottando l'occhio dell'antropologo che classifica le "idee" prodotte dagli uomini sotto la voce di "oggetti immaginati" a cui però gli uomini danno particolare valore. I Sapiens infatti credono nelle loro idee (religiose,politiche, economiche); credono che le divinità esistano veramente, che gli Stati abbiano verità piena e sostengono con forza tantissime altre idee che hanno effetti mobilitanti e anche conflittuali.
Dopo di che il volume passa a vedere in che modo le realtà immaginate abbiano tenuto insieme (e le tengano ancora) le grandi comunità (stati, nazioni, imperi) e abbiano portato dal 1500 in poi ad una storia del pianeta terra sempre più intrecciata, unificata e, almeno in una certa maniera, condivisa.
Il testo affronta quindi la portata della rivoluzione scientifica che dal 1500 e con maggiore forza dal 1800 ha contribuito ad accelerare lo sviluppo culturale e le conoscenze dell'umanità.
Affronta il tema dell'evoluzione dei sistemi imperiali sul pianeta e la connessione tra le varie civiltà e culture che fino al Tardo Medioevo erano cresciute senza avere contatti le une con le altre
Tenta un'analisi del capitalismo e dell'intreccio che caratterizza i rapporti tra imperialismo, sviluppo capitalistico e rivoluzione scientifica. Su capitalismo, denaro, consumismo, fiducia, liberalismo e tutto quanto fa mercato e sviluppo, Harari scrive pagine che invitano a riflettere, cogliendo sia gli elementi positivi che quelli negativi.
Infine l'A. si chiede se lo sviluppo che ha descritto (con l'aumento del benessere, l'allungamento delle vita media, i maggiori consumi disponibili, un livello crescente di conoscenze) abbia reso l'Homo Sapiens più felice oppure no.
E ancora: se lo sviluppo raggiunto sia sostenibile per il pianeta e a quale prezzo, affrontando sia i risvolti "ecologici" delle scelte umane sia le sofferenze imposte agli animali domestici.
Va detto che Harari racconta tutto questo senza individuare alcun disegno intelligente nella storia dei Sapiens. Semmai la sua narrazione sottolinea gli elementi di necessità e di casualità e l'intrecciarsi di molti fattori che ai vari snodi della storia prendono sì una direzione, ma avendo pur sempre la possibilità anche di assumerne altre.
Se c'è un punto di vista prevalente nel testo è quello che emerge dal confronto con la lettura "scientifica" dell'evoluzione umana. Una lettura che tiene conto dei risultati raggiunti delle neuroscienze, dalla biochimica, dalla biologia, dalla fisica, dalla statistica, il tutto applicato all'evoluzione storica.
Per certi aspetti il testo di Harari è una polifonica storia dell'umanità, vista, a volo d'uccello, ma con un occhio fortemente disincantato e dissacrante. Quasi scettico. Un occhio che non potrebbe essere facilmente accettato da "lettori religiosamente sensibili" che, a vario titolo, credono in qualche tipo di disegno intelligente o all'intervento di volontà divine (questo va precisato, perchè per Harari tutte le religioni, inclusa quella che sostiene i diritti naturali, sono solo invenzioni della fertile immaginazione dell'Homo Sapiens). Lo scetticismo e il disincanto di Harari coinvolgono anche il liberalismo e le altre religioni laiche (incluse comunismo, nazismo, nazionalismo..).
Nell'insieme è una gran bella storia, che contiene tantissime altre annotazioni che richiederebbero troppo spazio per essere riassunte. Una storia scritta con taglio antropologo ma da uno storico che nutre con una profonda fiducia nel pensiero scientifico e una fiducia "moderata" nella sorte dei Sapiens.


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