giovedì 27 luglio 2017

Dibattito alla Festa dell'Unità di San Miniato Basso sul libro di Mario Caciagli, Addio alla provincia rossa 

Introdotto da Delio Fiordispina, commentato da Sergio Coppola e da Alessandra Nardini, mercoledi 26 luglio, alla festa del PD di San Miniato Basso, è stato presentato il libro di Mario Caciagli, Addio alla provincia rossa (Carocci, 2017), un libro che racconta settanta anni di storia politica nell'area del Cuoio, concentrandosi, come si evince dal titolo, sulle voci, sulle idee, sulle speranze, sulle azioni dei comunisti.
Al dibattito hanno partecipato una 30ina di persone, tutte di una certa età, come era ovvio che fosse, anche se la presenza del consigliere regionale Nardini poteva lasciare sperare in un coinvolgimento giovanile che però non c'è stato (la quarta generazione non è interessata alla storia politica).
Ciò che mi ha colpito di più, devo confessarlo, sono state le assenze. Ma non quella giovanile. Parlo di altre assenze. Più pesanti. Mancavano infatti nel pubblico quasi tutti i protagonisti del vecchio PCI sanminiatese ancora vivi e pieni di energie. Mi riferiscono ad ex sindaci e ad una infinità di assessori, amministratori, segretari di sezioni e militanti comunisti delle cui biografie il libro di Caciagli parla e diversi dei quali sono stati anche intervistati e figurano (sia pure in maniera anonima) nelle pagine del testo.
Aggiungo che al dibattito mancavano anche gran parte degli attuali amministratori (sindaco, assessore alla pubblica istruzione, molti consiglieri). Ma benchè anche queste assenze risultassero pesanti, rispetto alla qualità di un libro e di un autore di valore nazionale che parlava anche a loro e di loro (almeno in quanto eredi del pci), sono le assenze dei veterani comunisti a colpire di più. Su questo non ho dubbi.
Come mai quasi nessuno dei "fu comunisti" è venuto ad una festa che da sempre è stata una organizzata e partecipata anche da loro? Come mai non sono intervenuti ad un dibattito che parlava di loro e di un trentennio abbondante della loro vita? Un libro sui militanti comunisti dell'area del Cuoio, snobbato dai protagonisti di quella storia. Come mai non hanno saputo vincere il disagio che il presente (e forse il luogo) gli procura e non sono venuti a cercare di spiegarsi (insieme a Caciagli e agli altri) come sono davvero "andate le cose".
Beh. Provo a dare la mia spiegazione.
Il comunismo è stato ed è una religione, come scrive bene Caciagli nel libro. Fatta di santi, speranze, fede, miti, sogni comuni. Una religione messianica e deterministica. Che prevedeva la realizzazione del "socialismo" sulla terra. Una realizzazione che non solo non si è verificata (se non parzialmente e in maniera precaria),ma che ha subito quella che Bobbio ha chiamato le "dure repliche della storia". E incassare le "dure repliche" è doloroso.
La religione socialista si è via via secolarizzata, tra gli anni '70 e gli anni '80, perdendo una serie di pezzi e di elementi mitologici per la strada e rendendo ancora più conflittuali gli elementi contraddittori che teneva insieme grazie al collante della fede.
In particolare quella socialista era una religione del NOI che non ha retto l'esplosione dell'IO e del liberalismo individualista che dagli anni '80 in poi ha travolto l'Occidente. Il narcisismo consumistico l'ha minata, profondamente.
Oggi viviamo in un mondo pluralista, dove le religioni forti e possibili sembrano di nuovo quelle dove si odiano gli altri (il populismo sovranista e antimigratorio pare avere queste radici), divisive (noi siamo i "buoni", voi siete i "cattivi", e giù botte sui cattivi) e demagogiche (chi sta in basso è "onesto", chi sta in alto "disonesto". A prescindere).Viviamo in un clima religioso in cui tende ad affermarsi un egualitarismo fatto di tanti io, ma tenuto insieme solo da idee "negative", dalle "paure", dalle "invidie", dalle "incertezze". Un egualitarismo che ha bisogno del decisionismo di un "capo indiscusso", in grado di assumere la posizione finale (senza doverla motivare ed in fondo neppure mediare). Un "capo" che non possiede alcuna idea forte, ma solo un armamentario di possibilità.
Questo clima religioso "negativo" e integralista dà il tono all'attuale società occidentale, ma si spande anche su altre società e contesti (mondo arabo e subcontinente indiano inclusi). Sono questi i pensieri egemoni. Capaci di penetrare nell'immaginario collettivo e di trascinare l'umanità di qua e di là. Capaci di bucare le anime dei semplici e di tradurre questi sentimenti in azioni conseguenti e giustificare chiusure e innalzamento di muri. E, Dio non voglia, produrre nuove sanguinose guerre di religione o persecuzioni di massa.
Gli eredi delle vecchie religioni (cattolica e comunista) sono indubbiamente in difficoltà, perchè i tempi e il clima culturale che tutto avvolge non sono loro favorevoli. Sono risentiti e stizziti per la sconfitta subita. Hanno poca voglia di dialogare.
Ma tra tutti gli errori che cattolici e comunisti non devono fare, due sarebbero davvero letali.
Rinunciare a capire lo stato delle cose e non riconoscere i potenziali alleati di una battaglia culturale, prima ancora che politica, che è già aspra e durissima e da cui si può uscire ulteriormente e drammaticamente disfatti.
Per questo le assenze sopra ricordate sono gravi. Perchè perdere occasioni per discutere e per dibattere tra affini (prendendo atto che il PD è una forza irreversibilmente plurale e non omogeneizzabile nè sul bianco nè sul rosso), è un modo per favorire ulteriori divisioni e quindi per aiutare i "populisti e i demagoghi" a crescere.
Ok, prendiamo atto che la provincia rossa non c'è più. Che non si potrà ricostruirla. Ma accordiamoci tra ex bianchi ed ex rossi per far argine al dilagare del populismo xenofobo, razzista, egoista. Perchè ulteriori irragionevoli divisioni potrebbero produrre danni ancora più gravi e duraturi.
E questa è una cosa che andrebbe evitata.

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