La rabbia e l'algoritmo. Il grillismo preso sul serio / Giuliano da Empoli, Marsilio, 2017, pp. 85
Libro troppo breve (85 pp.) per un fenomeno complesso. Analisi veloce, che del grillismo finisce per trascurare diversi fattori importanti.
Intanto la teoria che il grillismo sia un virus è suggestiva, ma non convincente. Presuppone l'idea di un'aggressione esterna. Mentre è di sicuro un fenomeno largamente endogeno. Con fortissime peculiarità italiane.
E un fenomeno che potenzialmente coinvolge fino al 30% degli elettori non può essere semplificato troppo. Pena una mancata comprensione degli elementi portanti.
Dentro il grillismo c'è un pezzo della storia e dell'antropologia italiana. Ci sono elementi tipici della cultura politica italiana. Risente dell'andamento del mondo, ma indossa abiti tagliati e cuciti in questo Paese.
Ad es. l'antistatalismo: una parte del popolo italiano non si sente parte del Paese. Vive in Italia come un inquilino. Suo malgrado. Fa poco per il Paese, ma ha sviluppato la sindrome del figlio trascurato e questo gli consente di giustificare il suo disimpegno sociale e morale. Dalla sindrome del figlio trascurato all'odio per i genitori (in questo caso lo Stato e le élite dominanti di qualunque colore esse siano) il passo è breve. E da qui all'idea di rappresentare l'intera società, di cacciare tutte le élite politiche che ce l'hanno con lui, il bisogno di un continuo capro espiatorio, la strada è spianata.
Collegata all'antistatalismo ecco l'antipolitica: fondata sull'idea (fasulla) che contrappone una società sana (quella a cui appartengono, senza doverlo dimostrare, i grillini/inquilini) ad una politica marcia (frequentata solo dagli altri, dai cattivi, dai politici ladri e corrotti). Un classico del manicheismo mentale. Un'idea ben radicata che anche la sinistra (comunista ed estremismo) e il "radicalismo" (pre e postpannelliano) avevano nei loro "bei tempi" molto coltivato, raccogliendo in quei bei tempi consensi significativi. Che i politici siano tutti ladri e che la politica sia tutto un magna magna, è idea radicatissima in questo Paese e cavalcata da tutti i partiti antisistemici per vocazione e per necessità. E' un'idea "propellente" di tanti movimenti allo stato nascente (lo stesso fascismo la fece propria, all'inizio), i quali, solo dopo aver conquistato le istituzioni, cambiano subito atteggiamento (perchè si può essere antisistemici solo fino a quando si sta all'opposizione. Poi le cose cambiano e bisogna dimostrare di avere idee e la capacità di realizzarle).
E poi c'è l'assemblearismo (e connesso mito del "buon selvaggio"): l'idea che chi sta in basso sia di per sè migliore (moralmente e culturalmente) di chi sta nelle istituzioni (ergo in alto).
E quindi l'autoritarismo che non si discute. A fronte della favola dell'assemblearismo (che in una realtà complessa fa ridere e non funziona), spunta inevitabile il momento delle sintesi e della mediazione che in un movimento di assemblearisti non può che essere affidata a un capo carismatico, non sottoposto cioè a discussione, nè a critiche (se non sottobanco).
Ma perchè un simile coacervo politico cresce, conquista comuni anche molto importanti e potrebbe conquistare regioni e il prossimo anno forse perfino il governo del Paese?
Per due ragioni secondo Giuliano da Empoli: la prima, perchè riesce a mettere insieme la rabbia che provano tante persone; la seconda, è collegata con la potenza di comunicazione e di diffusione delle idee che ha la Rete (e Internet), che i grillini saprebbero sfruttare meglio di altri.
Non condivido.
A mio avviso il grillismo può conquistare Palazzo Chigi per altre due ragioni evidenti, entrambe già emerse nelle elezioni amministrative:
- la prima è una crisi molto forte del conservatorismo italiano (il centro destra sembra un'armata brancaleone con un leader ottantenne impresentabile, ma a cui è difficile rinunciare, e altri giovani leoni e leonesse impresentabili); e un'altrettanto chiara incapacità del centro-sinistra a governare al meglio i complessi fenomeni sociali ed economici di questo primo quindicennio del secolo. Insomma si diventa grillini perchè si è stufi degli altri e si cerca una terza via. A noi piacciono molto le terze vie.
- la seconda, affonda le radici in una trasformazione sociale che sta impoverendo una parte del Paese e colpisce con forza soprattutto il mondo giovanile e le aree centromeridionali del Paese. Giovani e meridionali insomma non trovano riferimenti negli orizzonti politici classici (destra/sinistra), patiscono il depotenziamento della spesa pubblica che aveva consentito al Sud di galleggiare, vengono così conquistati dalle sirene grilline perchè hanno poco da perdere. E il grillismo promette ricette semplici. Paghette per tutti. Senza chiedere niente in cambio.
La seconda ragione che ho descritto corrisponde (almeno in parte) a quella che Giuliano da Empoli individua come la "rabbia" del Paese, ma ha una portata meno episodica e più strutturale.
Difficile dire come andrà a finire questa storia, ma che si stia vivendo in un'epoca di grandi cambiamenti dove soprattutto il senso di precarietà e di incertezza, accompagnate da un certo risentimento, tendano a crescere, è probabile. E' la risposta più immediata. Ma è sbagliata.
Più difficile capire che in un mondo dove l'umanità ha raggiunto quota 7 miliardi di individui e dove le nazioni costituiscono un sistema "interconnesso" e concorrenziale i fattori in gioco non siano facilmente aggiustabili e che sono necessarie complesse strategie per uscire fuori.
In particolare poi pesa sulla crisi e gioca a vantaggio dei grillini la dinamica della forza lavoro.
Quest'ultima, qualunque siano le sue caratteristiche, si configura anche in Italia come una merce sempre più abbondante e quindi, almeno rispetto al mercato, con un valore sempre minore e tendenzialmente decrescente. Gli unici lavori ad alto valore sono quelli strategici o inseriti in nicchie particolari (sport, informazione che conta, top manager, ricerca, lavori ad alto rischio). Questo trend vale per le aree povere e per quelle ricche verso cui, per altro, si stanno spostando milioni di poveri e di poverissimi. E noi sostanzialmente siamo un'area ricca, ma con un discreto numero di poveri relativi.
Occorre poi aggiungere che il ridimensionamento del valore del lavoro viene ulteriormente aggredito dalla tecnologia e dalla robotica, le quali "libereranno" ancora più forza lavoro e premieranno monetariamente solo i primi della classe.
Non a caso con sempre maggiore insistenza si parla (ma non lo fa Giuliano da Empoli, se non per minimizzare la proposta) di "salario minimo" o "salario di cittadinanza". E' uno dei cavalli di battaglia dei grillini. Non so se una formula del genere rappresenti davvero una risposta al drammatico fenomeno della disoccupazione giovanile e se sia sostenibile. Ma certo è un'idea che buca l'immaginario di molti (giovani e meridionali in particolare)
Quanto alla Rete, come ha scritto anche recentemente Thomas Friedman, telefonini e internet possono abbattere più facilmente i governi e mandare a casa intere élite. La rabbia può funzionare e mobilitare le persone. Su questo punto il grillismo è stato abile a manovrare e a raccogliere consensi. Ma azzoppare la casta e conquistare le istituzioni locali, come nel caso del comune di Roma, non basta per mettere le cose a posto. Risolvere concretamente i problemi del Paese e dei comuni resta un'attività che non si può fare a colpi di "like" o improvvisandosi amministratori. come sta scoprendo buona parte degli elettori grillini.
E allora?
Staremo a vedere.
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