domenica 28 aprile 2024

GLI ITALIANI EUROPEI NON HANNO NESSUN FRONTE ORIENTALE DA DIFENDERE

A marzo Prodi ha dichiarato che se l’Europa avesse avuto un esercito e una difesa comune, la Russia non avrebbe invaso l’Ucraina. 

Mattarella a metà aprile ha parlato di un “fronte orientale della NATO” dove anche i soldati italiani sono chiamati a garantire pace e sicurezza.

Ieri 27 aprile, un editorialista del Corriere della Sera, in prima pagina, ha scritto della “difesa della nostra prima trincea contro l'imperialismo russo”.

Sempre il 27 aprile su “Il Sole 24 ore” si leggeva una bella analisi sui profitti delle imprese delle armi (incluse quelle italiane) schizzati in alto grazie alla guerra in corso in Ucraina.

Ascolto sempre con attenzione le osservazioni di Prodi. 

Ho stima del nostro presidente della Repubblica e leggo spesso il “Corriere della Sera”.

Seguo anche le analisi socio economiche del “Sole 24 ore". 

Ma ritengo che l’Italia non debba avere NESSUN FRONTE ORIENTALE NATO E EUROPEO DA DIFENDERE e che l'EUROPA NON ABBIA BISOGNO DI ALCUN ESERCITO COMUNE.

L’Europa non deve gareggiare con le grandi potenze mondiali rincorrendo la logica delle armi, vantaggiosa per poche grandi imprese, ma costosa e disastrosa per i cittadini, come dimostra abbondantemente la storia mondiale degli ultimi trecento anni. 

Gli stati europei non devono proprio diventare una grande potenza militare. 

Devono certo garantirsi la pace, ma puntando sul disarmo. Sul maggior disarmo possibile. Per loro e per gli altri.

Servono gli stati europei denuclearizzati, senza armi atomiche e completamente NEUTRALI.

giovedì 18 aprile 2024

UN UOMO, UN MITO

 Michele QUIRICI stamani era a vendere magliette, gadget, libri su Vespa e Piaggio e magneti sotto il loggiato del Palazzo Pretorio. Ed era un uomo felice. Forse perché la scena gli ricordava i suoi esordi, quando con Valentina girava per raduni vespistici e appassionati di cimeli  in giro per l’Italia e l’Europa a vendere e cercare gadget e libri su questo stesso tema, ma con 25 anni di meno sulle spalle. 

O forse era felice perché, come sosteniamo sia io che lui, la cultura deve anche rendere e non ci si deve vergognare di ricavarne del reddito. E lui era lì a vendere qualcosa collegato alla cultura e al mito della Vespa. Un mito che ha indotto persone dall’Australia o dal Giappone a viaggiare per 10.000 miglia e venire a vedere dove proprio quel mito è nato ed è cresciuto.

E mi piace infine notare che tra i libri che Michele proponeva al pubblico stamani ce n’era uno che abbiamo pensato e realizzato insieme. Si tratta del volume intitolato TEMPI DI LAVORO (Tagete, 2012), che racconta come gli operai hanno vissuto la produzione della Vespa a Pontedera dal 1946 alla fine degli anni ‘80, attraverso le cronache di un giornale di fabbrica: il Piaggista.

Segnalo infine che anche la Biblio Gronchi ha messo in vendita libri usati sul tema Piaggio, Vespa e Pontedera a prezzi davvero molto interessanti.


martedì 16 aprile 2024

MA GIOVANNI GRONCHI ERA PONTEDERESE?

Non sono molte le piccole città che possano vantarsi di aver dato i natali ad un presidente della Repubblica. Pontedera può farlo. Eppure, per diverse ragioni storico-politiche, il rapporto tra il Presidente e la sua città natale (e che ora ospita anche le sue spoglie, però nel cimitero privato della Misericordia e non in quello del Comune) non è mai stato facile.

Per un certo periodo in città non c’e’ stata nemmeno una via dedicata al Presidente e sfiderei volentieri anche oggi la maggior parte dei pontederesi a dire dove si trovi la piazza a lui intitolata e, ancora più difficile, a raccontare qualcosa di significativo su di lui. Francobollo rosa a parte!

Cosi non mi sono meravigliato che nel video che l’Amministrazione ha predisposto per presentare Pontedera a tutti i vespisti del mondo (video ora rilanciato dal maxischermo di piazza Cavour) tra le tante glorie cittadine ricordate manchi proprio quella più illustre, ovvero il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. 

Solo dimenticanza? Mah..

Aggiungo che neppure tra i murales che vanno allegramente ricoprendo molti palazzi di Pontedera ce n'è uno dedicato a Gronchi. 

Solo un caso? Tutto può essere.

Eppure se anche recentemente Pontedera è stata visitata da un capo dello Stato, mi riferisco a Mattarella nel 2018, è proprio per rendere omaggio alla figura politica e al pensiero di Gronchi. 

Che ci si possa ancora dividere su di lui? Forse.

Ma comunque stiano le cose, forse sarebbe l’ora che di questo straordinario personaggio Pontedera raccontasse la storia e lo facesse allestendo un’esposizione permanente di foto, documenti e video in uno spazio che chi viene in città potesse visitare, così da approfondire e apprezzare il pensiero dello statista italiano e le sue azioni. Uno spazio da far visitare almeno una volta a tutti i ragazzi che frequentano le nostre scuole superiori. Perché la vita di Gronchi, basta leggere l’agile biografia di Paolo Morelli, è stata davvero esemplare.

E Gronchi è un elemento importante (o almeno dovrebbe esserlo) della memoria collettiva di Pontedera; un valore per la città, che, però, durante l’epoca delle maggioranze amministrative a guida socialista e comunista (1946-1994) non solo è stato trascurato, ma è stato accompagnato da una narrazione al limite della denigrazione. 

Sul fronte opposto i cattolici e la DC pontederese hanno dedicato a Gronchi fin dagli anni ‘80 un Centro Studi, considerandolo però un po' “cosa loro”. Tanto che neppure il crollo delle contrapposizioni ideologiche e la nascita del PD (in cui una parte anche dei cattolici DC confluì, ma conservando una propria anima e coltivando i propri orticelli) sono riusciti ad integrare il Centro studi, per altro sempre attivo e vivace, con la città e con l’Amministrazione comunale. O almeno così mi pare.

Ma se Gronchi si è sentito figlio di questa piccola comunità, i pontederesi si impegnano abbastanza per essere suoi concittadini? 

Ok, ogni anno, in autunno, gli dedicano una cerimonia davanti alla cappella di famiglia presso il cimitero della Misericordia. Ok, periodicamente si organizza il Premio Gronchi. Nel 2014 gli è stata intitolata la nuova grande biblioteca civica sorta sul viale Piaggio, che contiene un suo busto realizzato dallo scultore Alessandro Caetani.

E tuttavia mi chiedo: gliela raccontiamo davvero bene la sua storia ai giovani d’oggi? 

E se non lo facciamo al meglio, come possiamo pretendere che chi ha meno di 50 anni possa avere anche solo una vaga idea di chi sia stato Giovanni Gronchi?

Per questo credo che un piccolo museo dedicato al Presidente della Repubblica, aperto al pubblico, potrebbe costituire lo strumento giusto per arricchire la comunità e per promuovere e coordinare iniziative e trasmettere la sua memoria. 

Forse varrebbe la pena di pensarci.

sabato 13 aprile 2024

IL CORAGGIO DI DEMOLIRE L’EX MAGAZZINO APE

Non ho capito bene la dinamica che ha portato a spianare il vecchio capannone dell’ex magazzino Ape della Piaggio sul viale omonimo.

Non sono neppure riuscito a trovare nel sito web del Comune di Pontedera gli atti che documentassero nel dettaglio le ragioni di sicurezza e di pericolosità per cui è stato assolutamente necessario in 4 e 4 8 abbattere le strutture metalliche e tra che ci s’era anche i muri di sostegno. Ma ci credo che queste ragioni ci fossero. Ci credo.

Non trovo neppure necessario fare polemica sul fatto che l'ex magazzino Ape faceva parte di un progetto di riqualificazione urbana che in 5 anni il Comune non è riuscito ad appaltare e quindi a realizzare. Il COVID, le cavallette, l’alluvione, tutto ha congiurato contro questa formidabile amministrazione.

Non mi interessa neppure sapere perché la Sovrintendenza ai monumenti e belle arti di Pisa in questo caso non è intervenuta per tutelare una struttura che poteva essere di un qualche interesse per l’archeologia industriale pontederese.

Sui costi di demolizione e smaltimento credo di aver letto che ce la siamo cavata con 120.000 euro e spiccioli. Troppi? Pochi per una demolizione con recupero dei materiali ferrosi? Non lo so.

Bene però per la tempestività e l’efficacia dell’intervento effettuato da una ditta a km 0 che ha risolto il problema.

Mi chiedo solo perché la logica applicata per l’ex magazzino Ape non si possa applicare anche alle strutture dei parcheggi intorno alla biblioteca Gronchi, dove per tenere in piedi e restaurare una inutile giungla di colonne fatiscenti ora infarcite da decine di costosi pali di ferro, il Comune, attraverso la sua concessionaria dei parcheggi Siat, preveda di spendere 1 milione di euro. Una cifra enorme e soprattutto inutile, se confrontata col costo della sola demolizione e ripulitura della zona, che, anche includendoci la penale per la rimozione anticipata dei pannelli solari che sovrastano le colonne, non dovrebbe superare i 300.000 euro con un risparmio netto di 700.000 euro rispetto al preventivato. Mica noccioline. E col vantaggio di non avere demolito niente di importante né di attrattivo.

Ma vale davvero la pena di restaurare quelle colonne a quel prezzo? Ma a vantaggio di chi o di che cosa?

giovedì 11 aprile 2024

IL CAMPO RISSOSO

Le sciocche e dispettose morsicature dei capponi manzoniani mi risuonano nel cervello tutte le volte che i massimi vertici del PD e dei 5 Stelle litigano e si prendono a schiaffi, ovviamente avendo gli uni e gli altri ottimi motivi per dirsene di tutti i colori e per darsele di santa ragione.

Del resto che il centro sinistra sia un campo rissoso è un’esperienza che posso testimoniare personalmente da quando avevo 15 anni, ammettendo anche di avere contribuito, nel mio piccolissimo, e tutt’ora contribuendo, ad alimentare insignificanti diatribe. La stessa sinistra radicale è un soggetto assai diviso e i 5 Stelle, al di sotto della pax contiana, sono tutto un ribollire di distinguo, al centro come in periferia. Tutta colpa della passione politica, che a volte rende poco razionali gli uomini e talora anche le donne.

Ma non scrivo questo pensierino per maramaldeggiare sarcasticamente sui miei amici litiganti o per invitarli alla pace. Sarebbe scrittura sprecata. Scrivo perché le schermaglie del campo rissoso, prevedibili e inevitabili come l'alternarsi del giorno e della notte, consolidano una mia convinzione. Che non ci sia molto da temere da questa Destra. Perché? Perché se i vertici del Pd e dei 5 stelle temessero davvero che questa Destra potesse portare il paese allo sfascio, beh, allora, dovrebbero smettere di farsi i dispetti tra di loro e cercare di allearsi per salvare il Paese dalla catastrofe. Se invece non lo fanno e continuano a sciabolarsi allegramente tra di loro, vuol dire che diversamente dalle oche del Campidoglio non avvertono la presenza dei barbari alle porte.

Oppure….

TUTTI PAZZI PER LA VESPA

 Se il grande Pietro Giani (cattolico e militante DC) fosse ancora vivo e vedesse tutto questo sbandierio di Vespe, forse borbotterebbe: “O pontederesi, avevo ragione io a dirvi 70 anni fa che bisognava dare la cittadinanza onoraria ad Enrico Piaggio e ringraziarlo per aver avuto la genialata di investire nella Vespa prima e nell’Ape poi, facendo la fortuna di questo borgo insignificante”. Già. Ma se fosse vivo anche qualche comunista che nel 1952 sbarrò la strada alla proposta di Giani e si oppose, in consiglio, alla concessione della cittadinanza onoraria all’industriale genovese, gli replicherebbe: “le Vespe le fabbricano gli operai e a Enrico Piaggio neppure i nostri confusi nipotini mezzo socialdemocratici e mezzo cattolici hanno dedicato una viuzza. Pontedera non sarà mai Piaggiopoli”. Subito dopo però il Giani e il comunista si metterebbero a ridere e concorderebbero che a Pontedera oggi sono diventati tutti pazzi per la Vespa. Merito anche di un ingegnere oriundo della Puglia, uomo di collegamento tra le tante associazioni e istituzioni cittadine, che sa mettere progettualmente insieme persone e mondi diversi. Parlo di Eugenio Leone che di questa grande kermesse vesponautica è il grande animatore e regista. E lo dico, lui lo sa, con ammirazione, perché raccordare tutti questi mondi che ruotano attorno a Vespa e Piaggio e farli collaborare per produrre un evento internazionale, come quello che sta per impazzare nelle nostre strade parecchio bucherellate, è un mezzo miracolo che solo un grande facilitatore come Eugenio poteva realizzare.  Ovviamente in collaborazione con il Comune. Coll’imprinting del sindaco Franconi. E con il sostegno partecipe della grande azienda. Ma sempre di miracolo positivissino si tratta. O quasi. E in attesa che il miracolo si compia e la città ne goda abbondantemente e gli sopravviva, noi che non abbiamo parte (nel miracolo) e che abbiamo tempo da perdere, ci interroghiamo su come sia potuto accadere, quale ne sia il senso e quali le auspicabili conseguenze future.

Che Pontedera continui a mutare pelle è inevitabile. E si vedrà a giugno quale pelle amministrativa indosserà nei prossimi 5 anni. Ma con la Vespa e la colaninniana Piaggio, la città sembra oggi disegnare un rapporto più laico e pragmatico. C’è da rallegrarsene? Si. Sembra, infatti, che pur senza rinnegare la vecchia lotta di classe, si stia facendo largo l’idea che il simbolo Vespa possa giovare molto a tutti quelli che lavorano per riorientare il paese verso un borgo anche a vocazione ricreativo-turistica, scoprendo, guarda un po’, che il più importante attrattore turistico è il mondo Vespa che qui ha le sue radici. A Pontedera infatti si spera che si verrà sempre di più per la storia della Piaggio e dei suoi prodotti. Da qui la proliferazione iconica di forme anche gigantesche di vespe che stanno rimpiazzando elefanti, chiocciole e altri animali di bartaliniana fantasia. E' chiaro che le visioni equilibrate non ci appartengono. Perciò segnalo come sia importante che questa riscoperta identità tecnico-produttiva venga coltivata con coerenza e gestita con costanza. E come sia auspicabile che i Vespa World Days costituiscano solo un punto di partenza e non di arrivo per fare crescere al meglio un mito che può dare parecchia soddisfazione a Pontedera: in forma sostenibile, si capisce. E collocandosi la città all’altezza del mito. Planetario. Ce la possiamo fare.

domenica 7 aprile 2024

ANDARE OLTRE L’ATLANTISMO

Ieri ho partecipato ad un’assemblea dell’ANPI di Pontedera, a cui sono iscritto da alcuni anni. Ho ascoltato con interesse diversi interventi per lo più centrati sul tema delle guerre in corso. E ho preso appunti. Poi, tornato a casa, ci ho riflettuto sopra e ho messo giù dei pensierini da vecchietto che qui condivido.

In Italia il “sentimento pacifista" secondo alcuni interventi di soci e dirigenti ANPI pontederesi sarebbe maggioritario. Puo’ essere. Ma in Parlamento il pacifismo non conta. Conta l’atlantismo e la fedeltà al Trattato del ‘49. A destra è poco atlantista Salvini, ma il suo partito è atlantista e Salvini, chiacchiere a parte, segue il partito. Il resto della coalizione di destra è atlantista. Sia pure all’Italiana. A sinistra sono poco atlantisti i verdi, la sinistra di Fratoianni e i 5 Stelle. Quanto al PD, anche se candiderà alle Europee il giornalista Tarquinio, e', come gran parte dei partiti socialdemocratici europei, blandamente e berlinguerianamente atlantista. La Schlein su questo punto si adegua, e la candidatura Tarquinio è un’astuta ambiguità che permette alla giovane leader di sostenere in certe stanze che è atlantista e in certe piazze che non lo è.

Ora puo' darsi che il Parlamento non rappresenti il sentimento profondo del Paese, ma se la Russia dovesse invadere (Dio e soprattutto Putin non voglia) la Finlandia o la Lettonia, nelle prossime settimane o mesi, sarà il Parlamento a decidere rapidamente cosa fare. E io credo che, in barba al dettato dell’art. 11 della Costituzione italiana, il Parlamento, a larga maggioranza, applicherebbe l'art. 5 del Trattato della Nato e manderebbe armi e uomini a difesa della Finlandia o della Lettonia, infilandosi cosi in una terza guerra mondiale stupidamente intera. Questo Stoltemberg si aspetterebbe da noi. E questo i nostri deputati, all’italiana, probabilmente farebbero. Questa è la paura che condivido con ANPI.

Per verificare se ho ragione o torto la prima domanda a cui vorrei che i partiti presenti in Parlamento rispondessero è cosa diavolo conterebbero di fare in caso di aggressione russa ad un paese europeo della NATO. Voterebbero l'applicazione dell'art. 5 del Trattato NATO o no? 

E vorrei ricevere una risposta chiara. Non una chiacchiera. Cosi da poter a mia volta votare alle Europee con giudizio.

La seconda domanda è se non ritengono questi partiti che l’atlantismo sia un’alleanza da superare e se non sia giunto il tempo di fare uscire l’Italia dal Trattato NATO, come prevede l’art. 13 del medesimo Trattato.

E se non sia il caso di organizzare una campagna politica per uscire dalla NATO, a dire il vero, lo chiederei volentieri, oltre che ai partiti politici impegnati nelle elezioni, anche ai movimenti pacifisti e ai miei amici e compagni dell’ANPI. 

Perché un'associazione che si ripromette di fare politica, e l’ANPI vuole farla, deve trasformare il pacifismo in azione concreta e in particolare deve a sua volta rispondere alla domanda se ritiene di dover stare dentro il patto atlantico o se intende far qualcosa per uscire dal Trattato. Perché rispetto alla NATO, o si sta dentro l’alleanza sotto la guida degli Usa (e subendo il peso degli interessi dell’industria delle armi) o pacificamente se ne esce. Tertium non datur.

martedì 2 aprile 2024

IL VALORE DI ALVARO FANTOZZI

 Il 2 aprile del 1922 il segretario della Camera del Lavoro di Pontedera e vicesindaco socialista veniva assassinato sulla strada per Marti, località che il giovane Alvaro Fantozzi intendeva raggiungere per sostenere una vertenza sindacale. Fantozzi fu ucciso ad appena 28 anni, quasi certamente, da alcuni fascisti originari di Santa Croce sull’Arno, armati, probabilmente, da proprietari terrieri del basso Valdarno. Ma il processo non fu celebrato durante il ventennio e la documentazione del processo ripreso dopo la caduta del regime fascista è ancora in fase di studio. 

Sono passati 102 anni da quel tragico evento, ma credo che sia molto importante che la nostra comunità ricordi Alvaro Fantozzi, ricordi la data del 2 aprile, la storia e il sacrificio personale di questo sindacalista socialiata, il valore etico e politico del suo impegno a favore della collettività.

I tempi ovviamente sono cambiati da allora. L’Italia oggi è una repubblica e non più una monarchia. Ha una costituzione e non più lo statuto albertino. Esercito, magistratura e organi dello Stato sono oggi strumenti di una democrazia parlamentare. Con qualche problema? Certo. Ma sostanzialmente stabile. Non ci sono milizie politiche armate che scorrazzano per il paese; e solo sparute e insignificanti  minoranze sostengono tesi antidemocratiche aberranti. 

L’Italia del 2024 è una realtà sociale e politica, almeno per come la vedo io, assolutamente imparagonabile a quella di cento anni fa, dove la violenza sociale e politica, figlia della grande guerra e di un lotta di classe esasperata, aveva creato un clima di odio, di rabbia, di rancori e di tensioni che non hanno niente a che vedere coi disagi del presente.

Ma anche se le due epoche sono incomparabilmente diverse, coltivare la memoria e il ricordo di Alvaro Fantozzi resta un dovere morale e culturale per i cittadini di Pontedera. 

Perché le radici e la linfa di ciò che è oggi la nostra città e più in generale la società italiana si ritrovano anche nel lavoro, nel sacrificio e nei valori del giovane Fantozzi, che i suoi brutali assassini cercarono di distruggere.