Elezioni amministrative 2017.
Torna l'Italia dei mille municipi e dei tanti particolarismi
Torna l'Italia dei mille municipi e dei tanti particolarismi
I risultati elettorali di ieri ci dicono che ogni municipio torna a fare storia a sè. Ma ovunque si respira un'aria antigovernativa (per altro endemica in questo paese). Poi ideologie sempre più deboli e partiti (soprattutto quelli di governo) sempre meno attrattivi fanno il resto. Il precipitato elettorale, in questa tornata, segnala un'oscillazione in netto favore del centro destra, marginalizza il M5S, che ha trovato pochi candidati locali credibili, e penalizza duramente un litigioso e confuso Centro sinistra: chi è causa del suo male pianga se stesso.
Scendendo all'interno dei risultati specifici, quello che mi colpisce di più, da toscano, non è tanto il voto di Carrara (una città dove, per altro, il centro sinistra ha provato in tutti i modi a suicidarsi e c'è infelicemente riuscito, aiutato da una sinistra radicale coscientemente votata alla scomparsa), quanto l'esito del ballottaggio di Pistoia.
Quella di Pistoia resta la sconfitta più anomala. Quella che si spiega peggio. Quella che simboleggia alla perfezione la fine del lungo ciclo amministrativo del secondo dopoguerra in Toscana. Quella dove la sinistra perde pur non avendo (almeno per quanto ne so) particolarmente demeritato. Quella in cui il sindaco uscente è riuscito si a conquistare la palma d'oro (e le risorse connesse) di città della cultura italiana, ma non gli è bastato per vincere le elezioni.
Addio dunque alla Regione rossa? No. Ma solo perché almeno da trent'anni (dalla tornate amministrative e dagli accordi tra ex PCI, ex PSI e ex DC degli anni '90) questa era già diventata una regione rosa. E da almeno una decina di anni anche questo "rosa" si sta sbiadendo e ora si è messo a litigare furiosamente al suo interno e a dividersi. Le profonde trasformazioni socio-economiche e sul versante politico l'avvento del renzismo e dei suoi arrogantissimi e machiavellici luogotenenti, a cui si è inevitabilmente contrapposto il lagnoso e temo inconcludente reducismo d'alemiano/bersaniano, hanno fatto il resto.
Ma la sostanza è che nei microcosmi locali le reti ideologiche tessute nel secondo dopoguerra, morti o rimbambiti i vecchi che le avevano tessute e ci avevano creduto, si sono sfarinate. Mario Caciagli docet.
Altre reti, meno chiare (almeno per me), ora si stanno cucendo. E stanno già prendendo i loro pesci. Dentro queste nuove reti è tutto l'assetto di relazioni sociali ed economiche ad essere mutato e a consentire una forte variabilità politica.
Infine, tornando ad esprimere una valutazione generale, credo si possa dire che più che una vittoria del centro destra, si sia registrata una esplicita volontà di non votare il centro sinistra per stufosità (e stanchezza) da parte degli elettori. Di questa stufosità ai ballottaggi si è giovato il centro destra che alla fine ha potuto raccogliere, come era già accaduto nel referendum di dicembre 2016, il consenso di tanti scontenti e arrabbiati, i quali hanno finito per far pendere la bilancia contro i candidati che, sul piano locale, in qualche modo apparivano come "governativi".
Sul piano concreto quindi la politica locale si spappola e si frammenta, perde gran parte dei propri ancoraggi ideologici e nazionali, si tiene le mani libere rispetto alle scelte governative e si lega a forme di populismo strapaesano. Ogni città e villaggio, insomma, farà sempre di più storia a sè. Se sarà un bene o un male, si saprà solo in seguito
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