L'Europa non ha un destino da compiere, ma una vocazione da coltivare che non ha niente a vedere con le manie di grandezza.
La missione dell'Europa non è quella di compiere, costi quello che costi, il proprio destino, come sembra che abbia affermato recentemente il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Non ci possono essere "destini" nel nostro futuro collettivo, magari da affermare contro il destino di altri popoli o continenti. Questo ce lo aveva già detto nell'infernale anno 1942 un grande storico del Novecento, Johan Huizinga, che aveva definito il termine "destino" privo di contenuto e, aveva specificato, non solo per il pensiero cristiano (cfr. Lo scempio del mondo / J. Huizinga, p. 5).
Nè l'obiettivo della UE deve essere quello di "Make Europe Great Again" (La Stampa, 3/6/2017, p. 3). Niente manie di grandezza, per favore. Il mondo è troppo complicato per volerlo dominare con paturnie da megalomani. Lasciamo a Trump la suua "America first and great again". L'Europa guardi oltre. Siamo vecchi e saggi. Niente spacconerie da cawboy.
L'Europa deve coltivare la propria biodiversità culturale prima e politica poi. L'Europa deve restare "razionale e ragionevole", perchè è figlia dell'illuminismo e delle due rivoluzioni riuscite (quella inglese del '600 e quella francese del 1789). Deve mantenersi una comunità integrante, tollerante e multiculturale. Accogliente (almeno entro certi limiti fisici e in rapporto a ciò che è ragionevole gestire) e multireligiosa, sapendo che se le sue radici sono essenzialmente giudaico cristiane, oggi l'Europa è anche jn pò musulmana e sicuramente questa componente religiosa crescerà di più nel futuro.
Deve mantenere i propri livelli di welfare e aiutare lo sviluppo del resto del mondo, che notoriamente (cfr. Mondi divisi / B. Milanovic, 2017) sta molto peggio di noi. E nei confronti di chi cresce meno, l'Europa deve dimostrarsi più generosa.
Deve controllare la malvagità e la stoltezza del genere umano e tenere a bada la superbia, l'avarizia e l'avidità di dominio dei suoi leader e dei suoi popoli (Huizinga cit. p. 6). Non lasciarsi travolgere dagli appetiti del "mercato" e non ridurre gli uomini a meri produttori e consumatori di beni.
In sintesi l'Europa deve coltivare un vocazione sobria, non urlata, verso uno sviluppo sostenibile ed eco-compatibile. Perchè è una delle regioni del mondo che ha il talento e le condizioni per farlo e che può rappresentare, per questa ragione, una speranza per il mondo.
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