Diario di guerra. 16 luglio - 1 settembre 1944. Una storia di pontederesi in un rifugio di Montecalvoli / Faliero Fantozzi (ma a cura di Michele Quirici) e con un racconto di Anna Vanni Lupi, Tagete Edizioni, 2017, pp.84
Michele Quirici fa un lavoro straordinario e meritorio di recupero e pubblicazione di memorie locali, paragonabile, per mole, agli annali muratoriani, ovviamente tenuto conto delle debite proporzioni. Anche in questo caso, grazie ad un ritrovamento nell'archivio di casa Vanni-Lupi, la Tagete edizioni tira fuori e consegna ai lettori pontederesi (ma non solo) la quotianità del vissuto di un manipolo di Pontederesi che coll'avanzare degli eserciti alleati verso l'Arno, anzichè sfollare a sud (ovvero andando ad incontrare gli alleati e liberarsi prima) si trasferì a Nord e quindi volontariamente allungò la propria agonia.
Certo nessuna delle famiglie sfollate a nord dell'Arno aveva, tra i propri ranghi, esperti militari che avrebbero potuto suggerire che il grande fiume, una volta distrutti i punti, avrebbe potuto trasformarsi in una barriera difficile da superare anche per l'attrezzatissimo esercito alleato.
E poi c'era la propaganda fascista che, per quanto in crisi, spingeva le persone a nord; e poi c'erano le voci, il passaparola, l'incertezza della vita quotidiana, la paura, e mille altre cose.
Così il Diario di Faliero Fantozzi ci fa conoscere i dettagli di 19 famiglie formate da 71 persone costrette alla coabitazione coatta in un rifugio a Montecalvoli sotto le cannonate americane e con le vessazioni dei tedeschi tra il luglio e l'agosto 1944
E si scopre o si ritrova (per chi, come me, ha ascoltato storie analoghe dai propri genitori) la storia di tutte le difficoltà della vita quotidiana forzata, a cominciare dall'espletamento delle esigenze corporali per continuare con i rastrellamenti, le tante violenze, la rabbia, la paura, lo stordimento, il coraggio. E i morti per i cannoneggiamenti. E la fame. Tanta fame. Quasi più della paura.
Devo dire che essendo figlio di due "rifugiati" tra Montecalvoli e Santa Maria a Monte, il racconto di Fantozzi non aggiunge quasi niente a quello che già sapevo. Semmai rinnova il dolore dei racconti che le famiglie Cerri, Marrucci, Guidi Marconcini mi hanno tramandato per oltre settanta anni.
Mio nonno, Giordano, fu colpito da una scheggia poco fuori dal suo rifugio di Santa Maria a Monte e trasferito a Firenze, a piedi, su un carretto da barrocciaio, dove morì pochi giorni dopo, per un'infezione che non si potè curare.
Mentre l'altro mio nonno paterno, Attilio, fu rastrellato dai tedeschi e come il protagonista del diario di Faliero riuscì fortunosamente a fuggire e a tornare al rifugio.
Ma per un mitico giovane di oggi (sperando di riuscire a fargli leggere a scuola qualcosa del genere), per un bambino della primaria, a cui Anna Vanni Lupi aveva pensato di far conoscere questa storia (ma oggi, alla primaria, si studiano solo i romani antichi se va bene, altrimenti ci si ferma alle favole sugli egizi e i babilonesi), una vicenda come quella di Faliero risulterà quasi sconosciuta, a meno che non ci sia ancora in giro un qualche bisnonno che la storia dei rifugi a nord dell'Arno l'abbia vissuta e che sia ancora lucido e abbia ancora voglia di raccontarla (senza omettere troppi particolari).
Comunque, la cosa importante è che Michele Quirici abbia scovato e quindi pubblicato questo straordinario diario, che ci racconta, in presa diretta, i due mesi del '44 di permanenza nel rifugio delle 19 famiglie pontederesi; e ci ripropone la memoria di Anna Vanni Lupi, che sintetizza e riassume, a posteriori, la stessa storia con gli occhi di una bambina.
Il libro resterà a disposizione dei buoni lettori e delle brave lettrici, che magari decideranno di leggerne qualche pagina ai loro nipotini. Resterà a disposizione delle tante maestre e prof delle medie che magari non hanno mai sentito parlare della loro straordinaria collega Anna, che su questi materiali fece lavorare i suoi bambini. Il libro e la testimonianza di Fantozzi, letti o non letti, rimarranno per i posteri. E nessuno potrà dire, senza sentirsi in colpa, di fronte ad avvenimenti di questo tipo, io non sapevo. Io non c'ero. Io non credevo. I libri infatti ci sono. E raccontano. Sono custoditi nelle case e nelle biblioteche, oggi sempre più accessibili. E come chi ha preso la patente di guida non può dire di non conoscere il codice della strada, chi ha imparato a leggere non può dire che non sa le cose perchè semplicemente non vuole leggere o non vuole arrivare in biblioteca a prendere un libro.
I libri infatti hanno tra i tanti meriti quello di conservare la memoria e di trasmetterla. E i contemporanei hanno l'obbligo morale di leggerli e di conoscerli.E se non lo fanno è un demerito ed una responsabilità dei contemporanei. I quali, tra tutte le scuse che possono accampare, non possono tirare fuori quella di non sapere.
Il libro è disponibile nelle librerie, nelle cartolibrerie ed in alcune edicole, oltre che, gratuitamente, presso la Biblioteca Gronchi.
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