Pontedera ed Enrico Piaggio: a 52 anni dalla sua morte
La Piaggio non sbarcò a Pontedera nel 1924 per merito di Enrico Piaggio. Gli investimenti della famiglia genovese su Pontedera furono probabilmente decisi dal padre Rinaldo, a cui il comune di Pontedera dedicò, dopo la morte, il viale lungo il quale era cresciuta la grande fabbrica, dai primi capannoni a ridosso di via Roma, fino a perdersi nelle lontane Curigliane, bel oltre la nuova stazione ferroviaria, ben oltre l'hangar che originariamente aveva ospitato i dirigibili.
Ma dal 1938 in poi Enrico Piaggio recitò un ruolo importante nelle sorti dello stabilimento di Pontedera che produceva motori per aerei da guerra e che durante il conflitto bellico, fu prima pesantemente bombardato e poi in parte trasferito a Biella e in parte sparpagliato in piccole strutture ed officine nei dintorni di Pontedera.
Il ruolo strategico di Enrico Piaggio, la sua importanza assoluta per il nostro territorio, le ragioni per le quali tutti i nostri concittadini dovrebbero conoscere la sua biografia (con le sue luci e le sue ombre), sono da ricondurre, indissolubilmente, alla creazione e alla commercializzazione della Vespa (e poi dell'Ape) e alla rinascita degli stabilimenti di Pontedera e al loro decollo internazionale negli anni '50 del '900.
Se Pontedera è quella che è oggi, in larga misura ciò si deve ad una serie di scelte compiute tra il 1944 e il 1945 da Enrico Piaggio, il quale nel mezzo di una guerra che aveva assunto anche i caratteri di una lotta fratricida, capì che di aerei non gliene avrebbero più fatti fare, che bisognava inventarsi qualcosa di assolutamente originale e che doveva essere un prodotto per le masse.
E se a noi oggi pare quasi scontato pensare che da queste premesse non potesse che uscire fuori la "Vespa", chiunque abbia qualche nozione storica sa che questo non è affatto vero.
Genio e fortuna, insieme ad una solida capacità tecnica e ad abilità progettuali e organizzative di primordine, si mescolarono allora per tirar fuori il "papero" e poi la Vespa. Così come capacità organizzativa e abilità tecniche consentirono il lancio e poi il successo della innovativa due ruote.
Il resto fu una corsa durata quasi vent'anni che vide Enrico Piaggio cavalcare con le sue aziende il boom italiano, anzi esserne un protagonista e contribuire a costruire la prima motorizzazione dei massa dell'Italia, sia pure su due ruote.
Per Pontedera la rinascita e il successo della Piaggio nel secondo dopoguerra furono un'autentica manna, che dette lavoro e garanti' stipendi dignitosi ad alcune migliaia di famiglie, consentendo loro (soprattutto se anche la moglie lavorava) di traghettare da una vita di "miseria e comunque di povertà" ad una vita dignitosa, che poteva includere anche quattro settimane di ferie all'anno, da trascorrere coi figli in qualche località balneare della costa e poi di comprarsi una utilitaria e pagare il mutuo per un piccolo appartamento, magari in cooperativa. Un balzo enorme rispetto a tutte le generazioni precedenti. Enorme.
Per Pontedera e la Valdera fu una manna, perchè gli stipendi dei dipendenti dello stabilimento Piaggio sostennero anche gran parte delle attività economiche e commerciali del territorio, raggiungendo le tasche di molti che vivevano qui.
Per contro va detto che ciò avvenne mentre tanti pontederesi di sinistra negli anni '40 e '50 sognavano la pianificazione sovietica e negli stabilimenti di Enrico Piaggio vedevano un luogo per lo più infernale e semmai una palestra politica dove irrobustire il loro antagonismo e provare a costruire una società anticapitalistica, che allora sembrava il sole dell'avvenire.
E siccome i pontederesi di sinistra costituivano la maggioranza degli elettori del comune, Enrico Piaggio rimase per loro solo "il padrone", "il capitalista", "il fascista" e la città, che orgogliosamente e politicamente non voleva considerarsi "Piaggiopoli", non trovò mai il modo di relazionarsi in maniera adeguata con uno degli uomini a cui pure doveva buona parte della sua fortuna e della sua sorte. Un uomo certamente non facile, l'opposto ad esempio di un imprenditore dal volto umano come Adriano Olivetti.
Poi, il 16 ottobre 1965 di 52 anni fa, Enrico Piaggio morì. Improvvisamente. Il suo posto fu preso da Umberto Agnelli e dopo di lui, fino agli anni '90, da altri rappresentanti o da altri membri della famiglia Agnelli (come Giovannino). Ma nè gli Agnelli, nè chi acquistò la società dopo di loro, se si esclude le breve eccezionale parentesi di Giovannino Agnelli, trovò il modo di definire rapporti di reciproco riconoscimento e di fiducia con la città e con i suoi amministratori. Nè la città e le sue elite politiche ed amministrative riuscirono a riflettere sulla storia recente di Pontedera, con capacità alte e con profonda comprensione degli accadimenti, nel rispetto dei reciproci compiti e vincoli. Ma non parlo di memorie retoricamente condivise. La lotta sociale esiste e i conflitti di classe e lo scontro tra interessi diversi pure. Mi riferisco al riconoscimento dei rispettivi ruoli e dei meriti. Meriti veri. Di chi sta in piedi nelle tempeste del mercato mondiale. Con azioni ed effetti misurabili. Nel caso di Enrico Piaggio, eccezionali.
Invece per ragioni squisatamente ideologiche, per sentimenti che affondano le radici in visioni distorte della realtà e del mondo, la città di Pontedera, pur dovendogli moltissimo, ad Enrico Piaggio non ha riconosciuto quasi nulla. E perfino parlare del ruolo di Enrico Piaggio nella rinascita di Pontedera resta in città un mezzo tabù.
Eppure chiunque cerchi di pensare a qualche personaggio le cui scelte e le cui risorse personali abbiano avuto un ruolo decisivo e positivo non solo sulla storia e sullo sviluppo della città, ma su migliaia e migliaia di suoi cittadini e su decine di imprese locali (con un impatto che si è propagato su un lungo arco di anni), chiunque pensi alle dinamiche di questa città e alla sua fama nel mondo, sì, proprio nel mondo, non può che pensare ad Enrico Piaggio ed alle decisioni drammatiche e lungimiranti assunte da questo coriaceo imprenditore genovese, morto ciquantadue anni fa.
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