Lo storico (e docente universitario) Marcello Flores ha pubblicato un bel volume dal titolo: "Cattiva memoria. Perchè è difficile fare i conti con la storia" (Il Mulino, 2020, 138p, 14 €). Un testo breve, ma non lasciatevi ingannare: ogni capitolo e ogni pagina sono in grado di stimolare molte riflessioni. Tutti coloro che sono interessati a riflettere seriamente (e non ideologicamente) sui complicati rapporti tra la produzione dei libri di storia, la memoria dei testimoni, le identità collettive e i tentativi degli Stati e di altri soggetti (media, social, partiti) di elaborare una versione condivisa della storia e della memoria, dovrebbero leggerlo.
Perchè? Semplice, perché dimostra come questo insieme di relazioni non solo costituisca un groviglio maledettamente complicato, ma sia anche contraddittorio e conflittuale e quindi estremamente difficile da maneggiare. A cominciare dalle aule scolastiche, dove storia e memoria dovrebbero essere di casa, ma anche trattate con cura e attenzione. Per i risvolti non solo conoscitivi, ma "civici" e formativi che questa materia porta con sé.
Non è semplice riassumere i contenuti del volume. Ma ci provo. Intanto Flores distingue tra ciò che è storia e quello che è memoria. Perché nonostante una certa confusione popolare e mediatica, i due termini non sono intercambiabili, non sono la stessa cosa e non vanno quindi confusi. La storia si basa su fatti e documenti che danno vita (o almeno dovrebbero darla) ad una narrazione coerente, mentre la memoria si basa soprattutto sul vissuto, sulle esperienze personali o di gruppo, sui ricordi, le immagini, i sentimenti, le riflessioni, le nostalgie, spesso non tiene conto dei testi di storia e quindi ricostruisce versioni del passato fortemente soggettive. Inoltre ognuno (singolo o gruppo) difende quasi sempre il proprio passato a scapito e in contrapposizione con la memoria che dello stesso passato hanno gli altri, quelli che stavano sull'altra sponda o da un'altra parte ancora. Sia la storia che la memoria conferiscono identità ai singoli e ai gruppi, ma la memoria di chi ha militato in gruppi diversi (fascisti, comunisti o cattolici) difficilmente conterrà e apprezzerà i valori e i ricordi dell'altro e quindi genererà identità assai differenti. Insomma la memoria, per sua natura, presenta sempre molte insidie e tende a sfuggire a quella strana richiesta, che spesso si sente avanzare dai media o da alcuni partiti politici, di essere "condivisa". Il fatto è che spesso le memorie sono, al contrario, assai divisive. Esclusive. E creano fratture, lacerazioni, distanze. Che durano ed evolvono nel tempo. Generando rabbia, conflitti e tensioni. Basti pensare alle memorie di fascisti e antifascisti italiani.
Naturalmente tutta questa materia diventa ancora più complicata e incandescente quando Stati e governi pretendono di fissare le Verità Storiche (con la maiuscola, appunto) e di incastonarle nei libri di testo scolastici. Di costruire musei dedicati. Di celebrarle nei mausolei e in altri oggetti. Accade così che da quel momento in poi le Verità Storiche entrano nel calendario civile di una Nazione e conquistano il cervello di tutti, trasformandosi, almeno nelle aspettative del potere, in verità incontrovertibili, non più modificabili. Per fortuna, come suggerisce Flores, gli storici tendono a revisionare continuamente la versione "accreditata" dei fatti in un processo di aggiornamento che non ha mai fine e che tende a superare sempre l'ultima visione adottata: alla luce di nuovi documenti, di nuove analisi, nuove riflessioni, nuovi punti di vista. Naturalmente questo accade nelle società democratiche dove la ricerca storica è libera e dove gli storici non sono dei costruttori di racconti rigidamente sottomessi al governo e ai partiti che lo guidano. Nei paesi non democratici gli storici o si allineano alle disposizioni del regime o divengono pericolosi sovversivi. E solo quando governi e partiti illiberali perdono il potere anche le loro verità storiche e i loro monumenti crollano, come castelli di carta, insieme a loro. A quel punto si riscrivono i libri di storia. Si aggiornano le memorie, ecc. ecc.
Buona parte del libro è quindi dedicata al dovere della memoria, alla battaglia contro il negazionismo e al tentativo degli stati di gestire e controllare la memoria e le celebrazioni connesse, inevitabilmente collegate (almeno negli stati democratici) anche al conflitto politico, esso stesso motore del cambiamento e di modifiche rispetto alla rappresentazione e alla gestione della memoria e del ricordo. Tutto questo declinato ed esemplificato in diverse nazioni e paesi, Italia inclusa.
Diverse belle pagine sono dedicate anche all'Europa e a come la Comunità sorta nel secondo dopoguerra abbia coltivato le proprie conflittuali memorie (rispetto ad es. alla Shoah, alle guerre, al nazifascismo e poi al comunismo) e come il suo approccio e le sue decisioni in questa materia di storia siano mutati nel corso del tempo (l'Europa prima dell'adesione dei paesi dell'ex Patto di Varsavia aveva infatti un altro modo di confrontarsi coi nazionalismi e con il comunismo). Rispetto a questo, di rilevante importanza è stata la risoluzione del Parlamento Europeo del settembre 2019 sul rapporto tra memoria e futuro dell'Europa (cfr. https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2019-0099_IT.html). Tutta da riflettere, anche per la doppia condanna di comunismo e fascismo, che molto ha fatto infuriare la sinistra europea (ma neanche la destra l'ha presa bene).
Il testo di Flores insomma non è semplice, ma è ricco di informazioni, spunti e riflessioni. Costituisce una lettura obbligata almeno per gli insegnanti, perché a loro offre suggerimenti preziosi per affrontare in classe la storia, in forma più moderna: più divulgativa, più narrativa, più problematica, più globale. Cosa che potrebbe tornare utile in un contesto come quello italiano che ha visto negli ultimi anni solo il 3% degli studenti scegliere il compito di storia come prova scritta all'esame di maturità.
Ma vi garantisco che la lettura di queste 138 pagine non lascerà indifferente nessuno.
Saperne di più sul rapporto tra storia e memoria, allargare, come fa Flores, l'orizzonte di questa problematica su scala globale, affrontando casistiche che riguardano non solo la Shoah, ma anche i conflitti tra Cina e Giappone o la riconciliazione nel Sudafrica dopo la fine dell'apartheid, ci consente di non restringere la nostra visuale alle divise memorie italiane ma di dare respiro ai nostri pensieri. Ragionando sulla varietà delle situazioni, sul rapporto tra memoria e oblio, sulla corretta trasmissione delle memorie sull'esigenza di negoziare anche su questo terreno, rifuggendo soluzioni semplicistiche, partigiane, emotive. E di farlo sui scala planetaria.
Copie disponibili del volume si trovano nella Rete Bibliolandia.
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