giovedì 18 febbraio 2021

I neoitaliani postpandemici

Severgnini è un giornalista attento agli usi e i costumi dei suoi compatrioti, ma con una vocazione alla lettura antropologica,  mi sembra. Degli antropologi condivide la grande passione per i viaggi e la capacità di guardare con empatia e in profondità le persone che incontra, fotografando la loro anima. E questa mi pare la caratteristica anche della sua ultima fatica editoriale. Titolo "Neoitaliani. Un manifesto [in 50 punti/paragrafi] (Rizzoli, 210p. 17€). Obiettivo dell'opera? Cogliere le mutazioni indotte sugli italiani dalla prima fase della pandemia. Il testo è una specie di instant book, uscito a settembre (troppo presto, forse, per sostenere con sicurezza, come più volte si legge, di "avercela fatta" ed essere usciti dalla pandemia). Aggiungo che il volume non contiene sostanziali novità rispetto ai molteplici libri dedicati da Severgnini agli italiani. Il giornalista del "Corriere della Sera" (ma anche autore televisivo, scrittore, conferenziere e molto altro) si conferma, oltre che colto ed elegante, un profondo conoscitore dei vizi e delle virtù che ci caratterizzano e usa la sua mano leggera sia per graffiarci che per accarezzarci: un vera rarità in un popolo di urlatori di "vaffa".

Alla domanda se la pandemia ci ha cambiato, l'A. risponde un po' sì e un po' no, ma, nella sostanza, a me pare che le sue parole pendano più verso la continuità. Il carattere degli italiani ha una struttura profonda.

Il libro si legge bene, fluisce rapido in capitoli brevi, calibrati sulla capacità di lettura degli italiani, e per lo più dedicati ai pregi e alle abilità de noantri, con minore attenzione ai nostri difettucci, che pure non evita di menzionare (ma senza calcare troppo la mano).

Tra i vari contenuti, sottolineo che il libro tesse in più punti un vero e proprio elogio della poesia e dei poeti (un "classico" in questo paese); dedica un paragrafo alle troppo poche scuole montessoriane (che l'A. invece ha frequentato da piccolo, e si vede); parla della passione nazionale per il "mattone" e per tirar su casa (una passione forse eccessiva in un'epoca di risparmio ecologico, anche di suolo); cita la proverbiale capacità degli italiani di rimboccarsi le maniche e darsi da fare soprattutto dopo le tragedie. Ma i 50 temi/paragrafi sono irriassumibili in una recensione che non voglia scoraggiare i lettori. Perciò mi fermo qui. E mi chiedo: vale la pena di leggerlo "Neoitaliani"? Certo che sì. Per le seguenti buone ragioni. Primo perchè Severgnini guarda gli italiani in profondità, da antropologo, come dicevo all'inizio, ma allo stesso tempo parlando di noi con leggerezza, senza acrimonia e senza la presunzione di redimerci (anche se in un po' di ravvedimento l'A. e il qui presente recensore ci spererebbero). Secondo perchè il suo è lo sguardo di chi ama i propri conterranei e apprezza le loro tante (troppe?, dico io) diversità. Ma da Lumbard (lui è nativo di Crema) guarda al paese con lo spirito di chi vuole darsi da fare per migliorarlo ed è perfino contento di fare la sua parte. Terzo perchè dei nuovi e vecchi italiani non si nasconde certo i difetti, ma non se ne fa schiacciare. Infine la sua retorica benevolente (che inevitabilmente c'è) non è mai sdolcinata, semmai avanza ironica. come quando sostiene che gli italiani sono ammalati di "pigrizia civica" o che sono indulgenti con gli imbroglioni per "autoassoluzione preventiva".

Sì, sono numerose anche le battute che il libro ci regala . Ma forse, più che battute, sono aforismi. Da meditare. Ovviamente non mancano neppure gli elogi a tutti coloro che nella prima fase della pandemia si sono impegnati al massimo e fa capolino perfino il riconoscimento del comportamento assennato tenuto da questa "collezione di 60 milioni di casi unici che si chiama Italia", il cui destino l'A. vede sempre più come "multietnico".

Insomma, Severgnini presenta un florilegio di riflessioni capaci di far ruminare i nostri cervelli. Una lettura da non perdere. Da consigliare ai neoitaliani per età. Intendo dire i giovani. Che però temo ignoreranno questo suggerimento. Mentre è facile prevedere che a leggerlo saranno soprattutto le donne e, tra loro quelle più mature (così ci suggeriscono le proiezioni statistiche sulla lettura in Italia). Ma va bene anche così. I giovani, del resto, sono per necessità più impegnati a cavarsela  o a divertirsi che a leggere. E poi è perfino bene che non sappiano esattamente chi sono o cosa sono destinati a diventare. Senza condizionamenti potrebbero migliorarsi ancora di più. Soprattutto i montessoriani.

Ma la frase che più mi ha colpito è il verso di una poesia di Ugo Reale, Homo Ludens, del 1971 che Severgnini colloca all'inizio del volume: "ognuno vedrà a modo suo / la verità che non c'è". Mi pare un motto perfetto per descrivere in poche parole il cervello e i comportamenti di questi 60 milioni di casi unici che sono, appunto, gli italiani postpandemici.

Del testo si trovano copie nella Rete Bibliolandia, ma per chi volesse usarlo come piccolo breviario personale, da succhiellare, annotare, sottolineare e rileggere per mandarne a memoria delle parti (e il testo si presta anche ad un uso del genere) l'acquisto in libreria è d'obbligo oltre che molto apprezzato dai librai di cui l'A. sottolinea la crescente professionalità.

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