L’art. 11 della Costituzione è chiaro. L’ITALIA ripudia la guerra. Già, ma se la NATO decidesse di farla una guerra per difendere un socio aggredito (ex art. 5 del Trattato), chiunque fosse al governo in Italia in quel momento (di centro destra o di centro sinistra) sarebbe costretto a far precipitare anche il nostro paese in guerra, smentendo così l’art. 11 della Costituzione.
Oppure dovrebbe tradire il trattato della Nato e i suoi alleati ormai quasi secolari. Certo per l’Italia quello di cambiare casacca in corsa non sarebbe una novità storica. La Cenerentola dell’Europa, come giustamente ci ha definito qualcuno, è un paese con grandi appetiti, ma con denti guasti, che alla fine cerca sempre di stare dalla parte del più forte (magari un principe azzurro coi capelli biondi).
Naturalmente alle forze politiche italiane (incluse una parte di quelle di centro sinistra) la definizione di Cenerentola non piace. Chi governa il nostro paese ha bisogno di una retorica pubblica che esalti le virtù nazionali. Ma le chiacchiere (anche se ripetute quotidianamente da giornalisti molto amici) valgono zero.
E per fortuna il bellicismo italico è morto con la liberazione del Paese da parte degli eserciti alleati nel 1945 ed è stato seppellito col trattato di pace del 1947 e poi col conseguente ridimensionamento dell’industria militare italiana e del suo esercito di leva: leva che è stata infine “sospesa” a partire dal 1 gennaio 2005, giusto 20 anni fa, restringendo ulteriormente il ruolo dell’esercito nella società italiana.
L’art. 11 della Costituzione è quindi una realtà.
Solo il trattato della NATO resta il grimaldello che può obbligare l’Italia ad entrare in una guerra e che può far saltare l’art. 11 della Costituzione e riattivare la leva militare obbligatoria.
Per questo sarebbe molto importante impedire al grimaldello di funzionare. Già, ma come? Uscendo pacificamente dalla NATO.
Per uscire dalla NATO (e disattivare così l’art. 5 del trattato) serve un obiettivo politico che motivi e faccia condividere a livello popolare questa scelta. Perché a cambiare la nostra politica estera dovrebbe essere la maggioranza dei cittadini italiani e la maggioranza qualificata dei loro rappresentanti in Parlamento.
Ma questo obiettivo politico non può essere il pacifismo, perché la stessa NATO nasce, almeno formalmente, dal tentativo di garantire la pace. Una pace armata, ovviamente. Ma pur sempre una pace in un sistema di sicurezza. Una pace che magari conquisti “pacificamente” altri paesi e allarghi i territori e lo spazio dell’Occidente, ma formalmente sempre una pace.
Ora per uscire civilmente e non traumaticamente dalla NATO servirebbe affermare una posizione NEUTRALISTA. Servirebbe quindi una decisione parlamentare che affidasse allo Stato la difesa e la sicurezza della sola propria nazione e che confermasse ai paesi vicini l’impegno di mantenersi uno Stato neutrale, non promuovendo alcun atto ostile nei loro confronti.
Una posizione NEUTRALISTA di questo tipo è stata assunta nel dopoguerra da Svizzera, Austria, Svezia, Finlandia, Irlanda e Malta anche in Europa. Quindi è un’opzione possibile. Certo, è legata alla volontà popolare della Nazione, ma, ripeto, è possibile e praticabile. Se ne discusse anche in Italia tra la fine degli anni ‘40 e i primi ‘50. Poi la nostra adesione alla NATO chiuse il dibattito.
Ma quel dibattito, a fronte del ripensamento oggi in atto del ruolo della NATO e dei progetti di RIARMO EUROPEO, potrebbe essere riaperto. Anzi dovrebbe.
Certo il NEUTRALISMO ci indurrebbe a rinunciare a partecipare ad alleanze militari internazionali. Ma abbiamo bisogno davvero di queste reti per stare in pace e sentirsi sicuri?
Nel caso italiano credo proprio di no. Per questo penso che sarebbe invece opportuno integrare l’art. 11 della Costituzione, dichiarando l’Italia paese NEUTRALE.
Inoltre potremmo inserire in Costituzione una clausola che non ci consenta, per nessuna ragione, neppure sotto bandiere di organismi internazionali, di far uscire nostri soldati fuori dai confini nazionali, anche qui modificando le posizioni assunte del dopoguerra.
Perché l’unica guerra ammessa dovrebbe essere solo quella per difendere il nostro territorio nazionale.
Ovviamente il NEUTRALISMO ci porrebbe alcuni problemi su scala europea, ma rispetto al REARM EUROPE ci consentirebbe di esprimere un atteggiamento chiaro e senza sudditanze. La posizione NEUTRALISTA consentirebbe di esprimere un no preciso a qualunque proposta di difesa europea, alla costruzione di un esercito europeo, a qualunque riarmo europeo, anche se queste richieste fossero giustificate in nome della pace.
Certo il NEUTRALISMO richiederebbe un atteggiamento nazionale meno parolaio di quello attuale. Ci imporrebbe meno enfasi rispetto al nostro attuale presunto ruolo internazionale. Ma forse ci consentirebbe di accettare con maggiore maturità e dignità la posizione di chi non può e non vuole fare il primo (ma nemmeno il secondo o il terzo) della classe.
Del resto in un'Unione Europea a 27 Stati e che, forse, con l’ingresso di altri paesi balcanici, ne raggrupperà presto 33 o 34, ambire a una posizione meno impegnativa non potrebbe essere un atteggiamento più adeguato alle reali capacità del nostro paese?
Quello che perderemmo rispetto a certe nostre velleitarie ambizioni sul piano internazionale, che in realtà coltiviamo obbligatoriamente nel contesto delle due alleanze in cui siamo inseriti in posizione subalterna (NATO e UE), potremmo ritrovarcelo, da nazione NEUTRALE, in capacità di allargare su scala planetaria il nostro dialogo e i nostri commerci con tutti gli altri stati. Ovviamente giocando fuori dalla rete protettiva della NATO.
Ma il NEUTRALISMO potrebbe essere ancora più vantaggioso dal punto di vista commerciale e delle opportunità economiche di quanto non si immagini.
Ovviamente un qualche margine di rischio nel NEUTRALISMO per il paese c’è.
Essere autonomi e responsabili del proprio posizionamento internazionale avrebbe un costo importante e sarebbe impegnativo.
Ma sarebbe anche un modo per recuperare quella sovranità persa dall’Italia nel 1945 e mai più riguadagnata. Una maniera per uscire davvero da un vassallaggio che il sistema politico nazionale (coi suoi bipartisan cantori intellettuali) finge di ignorare.