domenica 29 giugno 2025

L’IRAN E IL SILENZIO DEL PRESIDENTE

Nei suoi recenti discorsi pubblici (tra cui quello di Marsiglia) il nostro Presidente della Repubblica ha sottolineato con forza come la Russia abbia violato il diritto internazionale invadendo con il suo esercito l’Ucraina. Inoltre il Presidente ha pronunciato parole chiare contro le violazioni del diritto internazionale rappresentate dai ripetuti bombardamenti israeliani su Gaza, dalla distruzione di quell’area e dal trattamento inumano imposto alla popolazione palestinese sempre dallo Stato di Israele.

Non capisco perciò il suo silenzio sui recentissimi bombardamenti subiti dall’Iran da parte sia di Israele che degli Usa.

Nessun organismo internazionale ha autorizzato questi bombardamenti che si configurano dunque come una violazione palese del diritto internazionale, tanto più in una fase in cui l’Iran trattava con l’AIEA il controllo del suo sviluppo nucleare.

Com'è allora possibile che, come ha notato anche Travaglio, il nostro Presidente non abbia detto alcunché su questo tragico episodio (ribattezzato dall'immaginifico Trump come la guerra dei 12 giorni) che destabilizza gli equilibri del mondo soprattutto da parte della principale potenza mondiale, gli Usa, di cui noi siamo alleati col trattato della NATO?

Osservo questo perché il silenzio del Presidente su un episodio che colpisce e indebolisce anche il ruolo dell’ONU potrebbe essere inteso come un sostanziale assenso italiano alla decisione presa dal presidente americano di bombardare uno stato indipendente e sovrano senza alcun mandato internazionale e neppure senza un mandato del Parlamento degli Usa.

Per quanto l’Europa e l’Italia debbano moltissimo al ruolo svolto dagli Usa nella nostra pacificazione interna, alla nostra stabilità e al nostro sviluppo post-1945, credo che non si possa far finta di nulla davanti al linguaggio e al comportamento da gradasso e da potenza imperiale che Trump usa fuori dalle regole internazionali.

Che l’arcipelago politico italiano si divida sul comportamento di Trump non mi sorprende. Ma il silenzio del Presidente un po' si. Anzi, per dirla proprio tutta, mi preoccupa e mi addolora. Perché un vulnus al diritto internazionale resta tale da chiunque venga commesso, incluso il nostro migliore amico. Sempre ammesso che lo sia.

I RAGAZZETTI E I PROCESSI FORMATIVI E CONOSCITIVI

In un breve comunicato comparso sulla stampa in merito ai gravi episodi avvenuti nell’ambito della notte granata a Pontedera il sindaco, immagino a nome della sua maggioranza di centrosinistra, ha dichiarato alla stampa: “non permetterò che trenta ragazzetti infanghino la reputazione di Pontedera". Una frase del genere sembra ridurre il fenomeno ad una bagatella. Poi sono stati annunciati sempre dal sindaco dei provvedimenti urgenti raggruppati sotto il nome di Daspo. Ma se si arriva a questo, vuol dire che la situazione è più seria. Molto più seria.

Ora io non sono un esperto di sicurezza urbana, ma suggerisco al sindaco e alla sua maggioranza di non sottovalutare i 30 RAGAZZETTI che forse potrebbero essere assai di più e che non puntano tanto ad “infangare” Pontedera, quanto a manifestare un disagio che forse ci converrebbe capire bene per cercare di fornire risposte adeguate e non solo ideologiche o sensazionalistiche che spesso lasciano il tempo che trovano. Mi riferisco ai Daspo che mi ricordano tanto le “grida manzoniane”. Ma, per l’amor del Cielo, che Daspo sia; e poi se ne valuterà l’impatto come Manzoni fece con le grida.

Io aggiungo solo alcune riflessioni alla buona. Da vecchietto impiccione e brontolone, quale sono.

La prima. Se Pontedera vuole per ragioni economiche configurarsi come luogo attrattivo per la MOVIDA giovanile e non solo (e questa maggioranza in quella direzione sta portando la città), non può evitare di subire anche gli effetti negativi che le movide si trascinano dietro. Il fenomeno è noto. Che dentro la movida si agiti poi un certo disagio giovanile e non solo che si manifesta anche in vandalismi, danneggiamenti, schiamazzi e scontri tra gruppi è del tutto evidente. C’è di peggio. Con la movida si favorisce anche una certa microcriminalità che fa più facilmente affari in situazioni vivaci che in contesti più tranquilli. La MOVIDA insomma porta soldi, ma anche disagi. Soprattutto per i residenti e per l’ordine pubblico. Senza dimenticare che le movide costano alla pubblica amministrazione e siccome la coperta è corta non si può non alzare la Tari.

La seconda. Da anni si vede crescere una società giovanile meno formata, meno educata e più irrequieta, che manifesta anche sul piano locale modelli di comportamento per niente carini. Il pluralismo sociale, le molte etnie presenti, la difficoltà di integrarsi, la tendenza a fare gruppo per lingua, nazione, colore della pelle, ecc., la carenza di buoni sbocchi occupazionali, le mille fragilità giovanili sono elementi incontrovertibili. Possono giocare ruoli negativi e positivi. Ma quanto conosciamo nel dettaglio questi fenomeni? In che maniera la nostra società li intercetta e li aggiusta in maniera civile?

Vogliamo seriamente affrontarli, provando a dialogare e non usando solo gli strumenti repressivi, che pure non possono essere rifiutati a priori? Come si passa però dalle chiacchiere alle azioni concrete? Sono anni che abbiamo smesso di studiare la Pontedera che cambia. Sarà il caso di ripartire?

Terzo. La scuola cosa può fare? Cosa offre come modelli alternativi a questi giovani? Quanti di questi 30 ragazzi sono già fuori dai percorsi scolastici e perché? La fortuna di una persona passa da un buon processo formativo ed educativo. E la sfortuna delle persone, che non è la sfiga, è condizionata quasi sempre da percorsi formativi sbagliati e spesso deragliati. E' possibile che i comuni lavorino anche su buoni percorsi formativi locali che non hanno niente a che vedere col toccare la proboscide agli elefantini e farsi selfie con queste figure neopagane?

Quarto. Chi sono le famiglie di questi ragazzetti? Che rapporti hanno i genitori coi loro figli che crescono in maniera fragile e arrogante? In che misura sono coinvolte le famiglie nei percorsi scolastici dei figli? In che misura partecipano alla vita sociale cittadina? In che misura la città le accompagna nei loro stessi percorsi di cittadinanza e nell’accudimento dei loro figli? La Fondazione Charlie può darci una mano in questa direzione?

Quinto. Pontedera è una città dello sport. Si parla di una realtà in cui sono presenti circa 80 associazioni sportive con circa 6000 iscritti, in buona misura giovani. Ma bastano queste associazioni sportive per assorbire il disagio giovanile? O abbiamo bisogno di coinvolgere anche altre forme di associazionismo? Che fine hanno fatto le relazioni strutturate con le comunità straniere presenti in città e sul territorio della Valdera? L’Unione Valdera può darci una mano?

Sesto. Che dicono i referenti dei servizi sociali dei comuni della zona e della Asl su questi fenomeni complicati? Si potrebbero conoscere meglio le cifre e le analisi in merito al disagio giovanile e alle sue manifestazioni su scala locale? Spendiamo molto in notti bianche, granata e di altro colore. Potremmo investire anche in ricerca sociale? Magari coinvolgendo l’Università di Pisa? Per costruire un dibattito non ideologico sul fenomeno, dentro e fuori del consiglio, servirebbero dati e analisi precise. E atteggiamenti propositivi. Altrimenti al massimo ci si schiera, ognuno con la maglietta della propria squadra del cuore, ma senza fare alcun passo in avanti rispetto al fenomeno concreto, quello che tocca anche la nostra città.

Ecco, credo che ci sia ancora molto da capire, da sapere e da indagare.

Nel frattempo, certo, si può anche chiedere più polizia, più carabinieri, più esercito, più prefetto e più Daspo.

Ma non di sola repressione vivono bene le società complesse e plurali come le nostre. Anche perché nelle società civili come le nostre, la repressione è sempre un’arma mezzo spuntata. E poi è tardiva. E spesso inefficace. Anche se a parole può sembrare risolutiva.

Per vivere bene bisogna conoscere bene i fenomeni che ci riguardano e saperli gestire. Quando si arriva alla repressione (che pure serve) vuol dire che il fenomeno ci è sfuggito di mano. E per riacciuffarlo serve tanta prevenzione su tanti piani, quanto meno per impedirgli di crescere.

venerdì 27 giugno 2025

IL DIRITTO INTERNAZIONALE E I SUOI DETRATTORI

Tra le perverse conseguenze della guerra in Ucraina, dei massacri di Hamas e poi degli israeliani a Gaza, nonché dei bombardamenti dell’Iran da parte di Israeliani e Americani, emerge un sentimento che sta conquistando una parte dell’opinione pubblica anche italiana: è l’idea che nelle relazioni internazionali conti solo la forza e che il diritto e le leggi internazionali valgano sempre meno. 

A questo modo di sentire si accompagna l’idea che le istituzioni internazionali, dall’ONU ai tribunali internazionali, siano sempre più screditate perché è difficile che in un mondo multipolare (con oltre 170 nazioni) tutti siano d'accordo con tutti ed è invece facile che gli organi internazionali vengano accusati di partigianeria e da ciò siano indeboliti e sviliti.

La sfiducia nel diritto internazionale (e negli organismi internazionali come l'ONU e la Corte Penale Internazionale) rafforza poi la convinzione di doversi fare giustizia da soli e la necessità di costruire o rafforzare reti di protezione formate da soli paesi amici (ad esempio la NATO o il G7). E siccome un po' tutti fanno lo stesso gioco, paradossalmente l’insicurezza sul pianeta aumenta e questo induce tutti ad armarsi di più. E magari a cercare anche di avere la bomba atomica.

Questa folle spirale produce una escalation di armamenti, genera un grande spreco di risorse e non è detto che serva davvero da deterrente e ad aumentare la sicurezza.

Di un attacco esplicito al valore degli organi internazionali si è fatto portavoce anche un noto docente universitario di storia ed editorialista del Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia, il quale in un articolo del 24 giugno, dopo mezza paginetta di asserzioni che andrebbero tutte dimostrare ma che lui da' per scontate, sostiene che “è difficile sottrarsi al dubbio che il diritto internazionale e il retroterra etico che dovrebbe essere il suo, allorché si trasferiscono sul piano della valutazione dei comportamenti eminentemente politici degli Stati e dei loro organi, sia destinato fatalmente a perdere il carattere di imparzialità..”.

Così in poche lapidarie e indimostrate affermazioni Galli Della Loggia cancella secoli di discussioni sul diritto internazionale e sull’importanza di rispettare le regole, sul fatto che il potere ha dei vincoli e deve rispondere almeno dal ‘900 in poi ad alcuni organi internazionali e ai suoi tribunali, i quali costituiscono, nonostante i loro vistosi limiti, un passo avanti importante per la civiltà umana.

Ma la diffusione di un sentimento denigratorio o anche solo dubitativo verso gli organi internazionali costituisce una grave ferita per la società contemporanea, la quale perde punti di appoggio nei confronti di atteggiamenti scorretti e talvolta criminali di una politica sempre più autocratica anche nei regimi a prevalenza democratica.

Certo se tra i criminali politici di oggi ci sono i leader di imperi come quello russo o quello americano o di stati come Israele, è difficile che queste presenze non destabilizzino il contesto internazionale e non indeboliscano ulteriormente istituzioni come l’ONU e tribunali come la CPI. Perché queste istituzioni sono di sicuro un impiccio per gli autocrati di tutti i colori.

Quello che meraviglia però è che a insinuare dubbi sul ruolo del diritto internazionale e delle sue istituzioni ci siano anche intellettuali e giornali di paesi che nel diritto internazionale e nei tribunali dell’ONU dovrebbero crederci e molto. Perché senza queste istituzioni i loro Paesi avrebbero solo il potere di essere dei valvassini degli stati forti senza alcuna speranza di emanciparsi.

Come meraviglia infine che, nel caso dei bombardamenti trumpiani sull’Iran, ci sia uno strano silenzio da parte di istituzioni nazionali che hanno invece correttamente e più volte bacchettato Putin per l'invasione dell’Ucraina.

GIORGIA: CHE C'ENTRIAMO NOI CON GLI USA?

Con un vero capolavoro retorico la nostra premier è riuscita a parlare in Parlamento senza dire se un paese può bombardarne un altro, senza alcun mandato dell'ONU o di un altro organismo internazionale, e senza VIOLARE IL DIRITTO INTERNAZIONALE.

La domanda infatti è: avevano e hanno diritto gli Usa di gettare le superbombe sull’Iran con la sola decisione del loro presidente?

Io penso di no e tanti altri paesi al mondo, attraverso i loro leader, hanno protestato per questa violazione.

La premier italiana invece ha evitato furbescamente la domanda e ha specificato che :

l’Italia non c’entra niente col bombardamento;

non sono state usate le basi americane per il bombardamento in Iran;

se gli americani ce le chiedessero per un prossimo bombardamento chiederemo al Parlamento di autorizzare o meno la cosa (ma il MAGA Trump ci darà il tempo di convocare il Parlamento e di dire al mondo che loro stanno per bombardare?);

ci siamo consultati con altri paesi in merito all’accaduto;

siamo disposti a fare da pacieri tra USA e Iran e a fermare l’escalation.

Ok, non contiamo nulla e va bene. Le dichiarazioni di Giorgia non fanno una piega. Ma resta la domanda:

Gli americani potevano bombardare l’IRAN senza mandato ONU senza violare il diritto internazionale?

E se non potevano farlo, come pare evidente ai più, non hanno commesso un crimine del quale dovrebbero rispondere?

Non andrebbero denunciati alla corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra?

E se fossero condannati noi potremmo restare alleati di una simile nazione che viola il diritto internazionale e dire che noi però non C'ENTRIAMO niente?

lunedì 23 giugno 2025

PONTEDERA, LA FONDAZIONE TEATRO TOSCANA E IL SINDACO FRANCONI

Credo che il consigliere Stella sbagli ad attribuire un ruolo forte, nella vicenda del per ora solo paventato “declassamento” teatrale della Pergola e quindi anche del Teatro Era, al sindaco di Pontedera, alle cui scelte di politica culturale, come è noto, non ho mai fatto mancare le  mie aperte critiche, ma che qui mi trovo costretto a difendere.

Perché, per quello che si riesce a capire,  la vicenda del temuto declassamento del Teatro della Toscana (TT), che riguarda anche Pontedera, si sta giocando tutta a Firenze.

Si tratta di uno scontro che per varie ragioni è stato molto ideologizzato e personalizzato, ma che non è ancora concluso.

Quindi ripeto che la regia di questa commedia popolare la tiene la sindaca di Firenze. 

E' lei e non Franconi ad aver scelto Massini come direttore artistico del TT e ad aver deciso (senza chiedere il parere del Ministero) di licenziare anticipatamente il direttore generale Giorgetti. E su questo licenziamento anticipato, sarei proprio curioso di sapere cosa abbia votato lo scorso referendum la sindaca di Firenze.

Aggiungo poi che la cosa che ha più irritato il Ministero (e forse anche certi ambienti fiorentini) non è tanto la scelta di Massini (le cui idee di politica culturale erano notissime e che lo stesso Giuli ha definito un “bene dell’Unesco” e una risorsa per il Paese, vedi foto), quanto il licenziamento di Giorgetti che dirigeva la Pergola da oltre 15 anni.

Del resto Firenze vanta una certa capacità di conflitto nell’ambito degli istituti culturali (basta solo ripensare alla vicenda dei suoi istituti musicali) con il Ministero e con vari ministri alla cultura, di cui questo sembra essere solo l’ennesimo episodio.

Poi ovviamente la visibilità politica di Massini e lo scontro ideologico con la Destra hanno reso la presentazione della nuova stagione teatrale in piazza della Signoria ancora più spettacolare, con la speranza che questo attiri tanti nuovi abbonati. Ma il nodo del conflitto, checché ne dicano lo stesso Massini e la Funaro, non sta qui.

E comunque tutto si può sostenere tranne che Franconi abbia avuto però un ruolo forte in questa vicenda o che ne potrà avere nei suoi futuri sviluppi.

Il sindaco di Pontedera si è limitato ad assecondare le decisione che la sindaca di Firenze, sostenuta dalla Regione Toscana e, immagino, anche dagli istituti di credito fiorentini che reggono il bilancio della Fondazione TT, ha proposto.

Di meglio, anche volendo, visto lo scarso peso esercitato dal nostro comune nell’assetto della Fondazione TT, il nostro sindaco non avrebbe potuto fare. 

Semmai si tratta di capire chi potrà cercare di ricucire lo strappo tra fondazione e ministero e cercare, se c'è ancora modo, di evitare il declassamento del TT, che vorrebbe dire tagliare ulteriori fondi (e forse posti di lavoro) al Teatro anche di Pontedera.

E qui il centro destra dovrebbe esercitare attraverso tutti i suoi uomini più rappresentativi un po' di pressing sul Ministro Giuli.

Perché anche se Franconi avesse commesso qualche errore tattico, non fare tutto quello che è nelle possibilità del centro destra pontederese (e fiorentino) per ricucire lo strappo sarebbe un errore ben più grande e soprattutto ferire ancora di più il nostro grande teatro cittadino.

La vecchia DC polemizzava coi sindaci comunisti pontederesi, certo. Ma poi i suoi uomini accompagnavano spesso i sindaci comunisti negli uffici ministeriali e della stessa presidenza della Repubblica (tutti a controllo democristiano).

Se il centrodestra crede davvero nel ruolo del Teatro Era più che polemizzare col Franconi (e intanto perdere milioni di contributi statali e indebolire la struttura teatrale) dovrebbe muoversi con Roma. E ricucire.

Le polemiche ideologiche erano già roba vecchia 70 anni fa, figuriamoci oggi. Da qualunque parte e per qualunque ragione vengano alimentate.

domenica 22 giugno 2025

SIAMO TUTTI COMPLICI DI TRUMP

E' vero, abbiamo tutti ormai uno stomaco di ferro. Ma un paese come l’Italia non può guardare un superbullo come Trump che prende e bombarda un altro paese di 90 milioni di persone, in spregio al diritto internazionale e senza alcun mandato dell’ONU, e fare finta di niente. Come se fosse una bagatella. Perché noi abbiamo approvato un patto di alleanza con gli USA che vincola i nostri comportamenti, ma, in teoria, dovrebbe vincolare anche quelli degli americani. O no?

No, forse gli USA non sono tenuti a rispettare i patti, visto che il MAGA Trump non si è confrontato neppure con gli stati VASSALLI che fingono (come l’Italia) di essere dei partner dentro la NATO. Non si sa nemmeno se il MAGA si sia consultato con Rutte, ma certo non ha aspettato la riunione dei VASSALLI della NATO della prossima settimana per spiegare le proprie ragioni e ottenere qualcosa che almeno assomigliasse a un via libera.

No, Trump e gli Usa non hanno avuto incarico da nessuno (a parte il governo Israeliano) di bombardare preventivamente l’Iran in base a informazioni che gli Usa non hanno reso pubbliche nel dettaglio e che l’Agenzia atomica internazionale ha smentito all’ingrosso.

Gli USA non hanno avuto rispetto neppure dei tanti paesi dell’ONU che avevano chiesto loro di non bombardare.

Hanno ignorato anche l’appello alla pace ripetuto quotidianamente dal Papa cristiano che siede a Roma ma viene dagli Stati Uniti.

Certo gli USA hanno la forza per fare quello che gli pare e, senza confrontarsi con nessuno, l’hanno fatto. Degli altri se ne fregano.

Per questo l'Italia deve prendere le distanze dal presidente americano e dagli Stati Uniti che gli vanno dietro. E deve farlo con atti concreti. Non con le chiacchiere.

Perché se non lo faremo, non solo ci confermeremo loro VASSALLI (di qualunque fede politica sia il primo ministro che siede a Palazzo Chigi), ma, peggio ancora, saremo COMPLICI.

E questa complicità ATOMICA, insieme al nostro stato di vassallaggio, ci rende, come Paese, sempre più immorali, bugiardi, insensibili e cinici, capaci di ingoiare, ridacchiando, qualunque nefandezza venga commessa.

Se non recupereremo il rispetto del diritto internazionale e un briciolo di dignità nazionale tutte le chiacchiere dei nostri massimi rappresentanti politici e istituzionali varranno meno di niente. E da vassalli, per viltà, ci trasformeremo in vigliacchi. Come è già successo nella nostra storia nazionale. E quello che seguirà non sarà bello da vedere.

Per questo l’Italia deve uscire dalla NATO. E farlo il prima possibile. Altro che pagare agli USA un pizzo del 5%.

Perfino il Ministro Crosetto, che conosce bene i suoi polli, sembra averlo capito.

venerdì 20 giugno 2025

POCHI GRAMMI DI CORAGGIO

Meno male che stasera non era presente allo spettacolo degli attori dell’UTEL di Pontedera il Ministro Giuli, perché altrimenti non solo ci avrebbe declassato e quindi azzerato il contributo come pare abbia fatto col Teatro della Toscana, ma forse forse ci avrebbe perfino fatto identificare, parlo di pubblico e attori, come pericolosi sovversivi.

Infatti il testo che Silvia Nanni ha scritto e che Claudio Benvenuti ha messo in scena al Meliani di Ponsacco parla di un futuro distopico dove un potere forte e bugiardo (ogni riferimento al presente è puramente casuale) ha relegato le persone in un piccolo mondo incolore e artificiale, privandole della loro naturalità e negando loro la memoria e perfino l’esperienza musicale.

Recuperando alcuni classici del genere distopico e fantascientifico, l’autrice ha creato in sostanza personaggi che acquistano piano piano consapevolezza dello stato di ignoranza e di sudditanza in cui sono tenuti dal Potere e cominciano un processo di contestazione in nome di un passato “naturale” e più autentico che alcuni per fortuna ricordano. Non una vera rivolta, ma una forma di resistenza tra amici, che il Potere cerca di reprimere con l’uso della menzogna e della forza.

“Pochi grammi di coraggio” è il titolo dell’atto unico, di un’oretta e mezzo, che i 16 attori over 65 hanno recitato con un certo impegno, coinvolgendo il pubblico in una battaglia da “indietristi”, ovvero da sognatori di un mondo più naturale e pacifico, che esisteva prima che una catastrofe ambientale e politica riducesse tutto (profumi e sapori compresi) ad artificialità e ignoranza.

Lo spettacolo è ancora in fase di rodaggio e un breve dibattito svolto tra attori, autrice, regista e pubblico alla fine della recita, ha consentito a Claudio Benvenuti e a Silvia Nanni di annotare le osservazioni e i suggerimenti per una messa in scena ancora più snella ed efficace.

Ma al di là degli inevitabili limiti di una anteprima, va osservato che la compagnia ha fatto un gran lavoro e che tenere sul palco, in una storia di contropotere popolare, un gruppo di persone così numeroso, è una bella impresa culturale e organizzativa di cui va grande merito al formatore e regista e stasera anche addetto luci e suoni, ecc. Claudio Benvenuti.

Brave tutte le attrici (ben 13) e bravi gli attori (solo 3).

E grazie al pubblico invitato a dire la sua e a collaborare all’affinamento del progetto:

una modalità che si potrebbe definirebbe "indietrista", ma che si configura come un’esperienza preziosa specialmente per un’associazione come UTEL.

Ora non resta che aspettare la prima.

giovedì 19 giugno 2025

IL MAGA, LA PREMIER E L’IRAN

Secondo la Costituzione americana il potere di dichiarare guerra a chicchessia ce l’ha il Congresso ovvero il parlamento Usa. Ma Trump se ne frega della Costituzione e del diritto internazionale e, senza che gli Usa abbiano mai dichiarato pubblicamente la guerra all’Iran, lui, il MAGA ha esternato di aver già preso il controllo aereo del paese asiatico e soprattutto ha chiesto ai governanti di Teheran di arrendersi. 

Senza però accennare a chi dovrebbero arrendersi, visto che dopo aver lasciato l’Afghanistan non pare che gli Usa vogliano invadere l’Iran. Mistero!

Comunque il MAGA ha aggiunto che sa dove è nascosto il leader supremo della nazione, Khamenei, e che per ora gli americani non lo uccideranno. Bontà loro. Ma non è neppure detto che lui, come che così, non ci ripensi e allora addio guida suprema!

Ora se un italiano andasse in giro per strada a fare discorsi come quelli del MAGA, un sindaco (almeno uno di centrosinistra, di sicuro) gli farebbe un bel TSO e poi il servizio sanitario nazionale gratuitamente lo prenderebbe in cura.

Invece la nostra premier uno come il MAGA lo apprezza, lo corteggia, lo coccola, lo giustifica, lo segue e cerca, per quanto può, di farselo amico. Lui è un MAGA potente e certo lei lo blandisce per il bene degli italiani.

Per onestà però bisogna anche dire che, a vedere la foto canadese del colloquio tra il MAGA e la nostra premier, qualcosa lei almeno a quattr'occhi deve avergliela detta.

“Se vuoi con gli iraniani ti faccio io da ponte. Ho dei buoni rapporti. Hai visto come ho risolto alla svelta il caso della giornalista incarcerata?”, deve avergli bisbigliato, mentre il MAGA amletico si chiedeva se era meglio ammazzare subito la guida suprema o continuare solo a minacciarlo.

A quel punto, visto che il minacciato ha ben 86 anni, spero che la nostra premier cristiana gli abbia pietosamente fatto presente, magari esprimendosi per sicurezza in italiano, che gli anziani non si possono trattare così.

domenica 15 giugno 2025

LA MELONI PAGHERÀ IL NUOVO PIZZO ALLA NATO?

La NATO, con Rutte, chiede anche all’Italia di contribuire con ulteriori 40 miliardi all’anno alle spese dell’Alleanza, raggiungendo il nuovo livello di contributi in 5 anni.

L'obiettivo ufficiale della NATO è riarmarsi in previsione di una guerra per contenere l’espansionismo territoriale della Russia in Europa.

Sembra di essere finiti in un vortice di follia in cui nessuno ragiona più a mente fredda. Un bel guaio. Da cui speriamo di tirarci fuori, fingendo di non contare proprio niente.

Il governo Meloni intanto tratta sul nuovo pizzo chiesto dalla NATO e spera di poter raggiungere il nuovo livello di spesa in 10 anni (tanto di chi sarà dopodomani a Palazzo Chigi non v’è certezza). Queste sono le controproposte anche di Tajani, ministro degli esteri, ufficializzate nei giorni scorsi. Mentre Giorgetti (ministro delle Finanze e leghista, la terza gamba del governo) tace.

Non ho capito bene invece cosa sostengano i vari partiti del centrosinistra rispetto alle richieste della NATO; ed in particolare cosa pensi di fare il PD, in quale negli ultimi mesi ha detto che vorrebbe riarmarsi ma solo costruendo una difesa europea (e quindi spostando il debito in armamenti dall’Italia all’Europa, come se il debito europeo fosse roba dei soli europei ma non degli italiani e come se il riarmo europeo non fosse un riarmo).

Quelli del PD sembrano pensare che se si riarma l’Europa in Italia non si saprà e soprattutto non ci costerà nulla. Tanto sarà debito europeo. Un'idea da finanza allegra, insomma.

Ora è vero che oggi il campo largo non governa, ma al governo ci potrebbe andare. Prima o poi. Magari entro i prossimi dieci anni.

Perciò potrebbe essere una buona occasione per il Campo largo quella di dire un bel NO alle ulteriori spese militari sollecitate dalla NATO sia su scala nazionale che europea. E ribadire che tutto il campo largo vuole investire in salute e non in armi. E non solo in Italia, ma anche in Europa.

Lo faranno?

Non credo. Temo che faranno solo dei bei discorsi pacifisti, polemizzeranno sulla postura subalterna a Trump di Giorgia, ma alla fine, sul punto decisivo (ovvero sul dare più soldi alla NATO), si imparpaglieranno e procederanno in ordine sparso, avendo però tutti ben chiaro che per tornare a palazzo Chigi il rospo lo dovranno ingoiare e il nuovo pizzo lo dovranno pagare anche loro. In 10 anni, ovviamente. Ovvero esattamente come sostiene Giorgia. 

E' noto infatti che il trattato della NATO è un vincolo formidabile per il nostro Paese e per chiunque lo governi. Di più: è una fonte di diritto superiore alla nostra bellissima Costituzione. Infatti l’art. 5 del Patto Atlantico batte e sopravanza di gran lunga l’art. 11 della nostra Costituzione. 

Con buona pace dei famosi padri costituenti e dei loro nipotini.

Per questo non sarebbe male se le sezioni locali dei partiti di centro sinistra (nella misura in cui esistono e non solo per spartirsi il potere a livello locale) facessero sentire la loro voce in materia.

Contano ancora qualcosa? Se tacciono, no. 

E magari anche i consigli comunali potrebbero varare ordini del giorno contrari all’aumento delle spese militari in Italia e in Europa. Almeno dove il campo largo è maggioritario.

Non si può infatti dichiararsi pacifisti e poi accettare aumenti delle spese militari di queste proporzioni senza nemmeno provare a protestare. 

Il recente decreto sicurezza non impedisce queste pacifiche proteste.

martedì 10 giugno 2025

REFERENDUM. UN RISULTATO BRUTTINO E PREVISTO.

Che sarebbe finita così, senza raggiungere il quorum, lo sapevamo quasi tutti. Politici di professione e semplici cittadini. Per questo la campagna elettorale è stata molto pacata e risparmiosa. Quasi soporifera. Anzi il centro destra, a parte qualche battuta, non l’ha proprio fatta. Scaricando furbescamente sul centro sinistra tutto il lavoro. Del tipo: l’hai voluta la bicicletta referendaria, o pedala.

E il centrosinistra ha pedalato in salita, in parte facendo autocritica sulle sue scelte di dieci anni fa sul lavoro e in parte provando a portare gente a votare per dimostrare di essere ancora vivo.

Risultato? Il centro sinistra c'è, ma non è certo maggioritario.

Un po' quello che, con molta meno spesa, dicono tutti i sondaggi settimanali delle più diverse agenzie.

Il referendum ci suggerisce però altre due cose importanti sull’Italia.

Primo: il tema del lavoro, così come è impostato dal campo largo, non emoziona nè interessa o trascina particolarmente l’elettorato. E una retorica stile ‘900 non aiuterà a rilanciarlo. Inoltre giocarsi un referendum sul lavoro senza il sostegno di un grande sindacato come la CISL, non è stata una buona idea.

E' evidente che il LAVORO oggi va declinato in modo diverso da 50 o 60 anni fa. Ma qui mi fermo.

Secondo: il 35% dei NO al referendum sulla cittadinanza è una vera sberla che ci siamo tirati da soli. La dimensione dei no sembra omogenea su scala nazionale e coinvolge anche le ultime due regioni rosse (Toscana ed Emilia). 

E ci dice che nel paese c’è una forte perplessità sulla facilitazione della cittadinanza agli stranieri e che anche nel centro sinistra un elettore su tre non ne vuole sentire parlare. 

Insomma se non siamo un paese razzistello, certo il tema dell’accoglienza e della facilitazione dei percorsi di inclusione non è maggioritario nel paese e non è molto amato neppure tra gli elettori del campo largo. Del resto siamo un paese di anziani e gli anziani sono per lo più conservatori, anche quando sono di centrosinistra.

Anche questo per altro lo si sapeva. Alcuni sondaggi e molte discussioni private ci raccontano il sentimento del paese profondo. Ora il referendum ce l’ha certificato.

lunedì 2 giugno 2025

IL PACIFISMO NON BASTA. SERVE IL NEUTRALISMO

L’art. 11 della Costituzione è chiaro. L’ITALIA ripudia la guerra. Già, ma se la NATO decidesse di farla una guerra per difendere un socio aggredito (ex art. 5 del Trattato), chiunque fosse al governo in Italia in quel momento (di centro destra o di centro sinistra) sarebbe costretto a far precipitare anche il nostro paese in guerra, smentendo così l’art. 11 della Costituzione. 

Oppure dovrebbe tradire il trattato della Nato e i suoi alleati ormai quasi secolari. Certo per l’Italia quello di cambiare casacca in corsa non sarebbe una novità storica. La Cenerentola dell’Europa, come giustamente ci ha definito qualcuno, è un paese con grandi appetiti, ma con denti guasti, che alla fine cerca sempre di stare dalla parte del più forte (magari un principe azzurro coi capelli biondi).

Naturalmente alle forze politiche italiane (incluse una parte di quelle di centro sinistra) la definizione di Cenerentola non piace. Chi governa il nostro paese ha bisogno di una retorica pubblica che esalti le virtù nazionali. Ma le chiacchiere (anche se ripetute quotidianamente da giornalisti molto amici) valgono zero.

E per fortuna il bellicismo italico è morto con la liberazione del Paese da parte degli eserciti alleati nel 1945 ed è stato seppellito col trattato di pace del 1947 e poi col conseguente ridimensionamento dell’industria militare italiana e del suo esercito di leva: leva che è stata infine “sospesa” a partire dal 1 gennaio 2005, giusto 20 anni fa, restringendo ulteriormente il ruolo dell’esercito nella società italiana.

L’art. 11 della Costituzione è quindi una realtà.

Solo il trattato della NATO resta il grimaldello che può obbligare l’Italia ad entrare in una guerra e che può far saltare l’art. 11 della Costituzione e riattivare la leva militare obbligatoria.

Per questo sarebbe molto importante impedire al grimaldello di funzionare. Già, ma come? Uscendo pacificamente dalla NATO.

Per uscire dalla NATO (e disattivare così l’art. 5 del trattato) serve un obiettivo politico che motivi e faccia condividere a livello popolare questa scelta. Perché a cambiare la nostra politica estera dovrebbe essere la maggioranza dei cittadini italiani e la maggioranza qualificata dei loro rappresentanti in Parlamento.

Ma questo obiettivo politico non può essere il pacifismo, perché la stessa NATO nasce, almeno formalmente, dal tentativo di garantire la pace. Una pace armata, ovviamente. Ma pur sempre una pace in un sistema di sicurezza. Una pace che magari conquisti “pacificamente” altri paesi e allarghi i territori e lo spazio dell’Occidente, ma formalmente sempre una pace.

Ora per uscire civilmente e non traumaticamente dalla NATO servirebbe affermare una posizione NEUTRALISTA. Servirebbe quindi una decisione parlamentare che affidasse allo Stato la difesa e la sicurezza della sola propria nazione e che confermasse ai paesi vicini l’impegno di mantenersi uno Stato neutrale, non promuovendo alcun atto ostile nei loro confronti. 

Una posizione NEUTRALISTA di questo tipo è stata assunta nel dopoguerra da Svizzera, Austria, Svezia, Finlandia, Irlanda e Malta anche in Europa. Quindi è un’opzione possibile. Certo, è legata alla volontà popolare della Nazione, ma, ripeto, è possibile e praticabile. Se ne discusse anche in Italia tra la fine degli anni ‘40 e i primi ‘50. Poi la nostra adesione alla NATO chiuse il dibattito. 

Ma quel dibattito, a fronte del ripensamento oggi in atto del ruolo della NATO e dei progetti di RIARMO EUROPEO, potrebbe essere riaperto. Anzi dovrebbe.

Certo il NEUTRALISMO ci indurrebbe a rinunciare a partecipare ad alleanze militari internazionali. Ma abbiamo bisogno davvero di queste reti per stare in pace e sentirsi sicuri?

Nel caso italiano credo proprio di no. Per questo penso che sarebbe invece opportuno integrare l’art. 11 della Costituzione, dichiarando l’Italia paese NEUTRALE. 

Inoltre potremmo inserire in Costituzione una clausola che non ci consenta, per nessuna ragione, neppure sotto bandiere di organismi internazionali, di far uscire nostri soldati fuori dai confini nazionali, anche qui modificando le posizioni assunte del dopoguerra.

Perché l’unica guerra ammessa dovrebbe essere solo quella per difendere il nostro territorio nazionale.

Ovviamente il NEUTRALISMO ci porrebbe alcuni problemi su scala europea, ma rispetto al REARM EUROPE ci consentirebbe di esprimere un atteggiamento chiaro e senza sudditanze. La posizione NEUTRALISTA consentirebbe di esprimere un no preciso a qualunque proposta di difesa europea, alla costruzione di un esercito europeo, a qualunque riarmo europeo, anche se queste richieste fossero giustificate in nome della pace.

Certo il NEUTRALISMO richiederebbe un atteggiamento nazionale meno parolaio di quello attuale. Ci imporrebbe meno enfasi rispetto al nostro attuale presunto ruolo internazionale. Ma forse ci consentirebbe di accettare con maggiore maturità e dignità la posizione di chi non può e non vuole fare il primo (ma nemmeno il secondo o il terzo) della classe.

Del resto in un'Unione Europea a 27 Stati e che, forse, con l’ingresso di altri paesi balcanici, ne raggrupperà presto 33 o 34, ambire a una posizione meno impegnativa non potrebbe essere un atteggiamento più adeguato alle reali capacità del nostro paese?

Quello che perderemmo rispetto a certe nostre velleitarie ambizioni sul piano internazionale, che in realtà coltiviamo obbligatoriamente nel contesto delle due alleanze in cui siamo inseriti in posizione subalterna (NATO e UE), potremmo ritrovarcelo, da nazione NEUTRALE, in capacità di allargare su scala planetaria il nostro dialogo e i nostri commerci con tutti gli altri stati. Ovviamente giocando fuori dalla rete protettiva della NATO.

Ma il NEUTRALISMO potrebbe essere ancora più vantaggioso dal punto di vista commerciale e delle opportunità economiche di quanto non si immagini.

Ovviamente un qualche margine di rischio nel NEUTRALISMO per il paese c’è.

Essere autonomi e responsabili del proprio posizionamento internazionale avrebbe un costo importante e sarebbe impegnativo.

Ma sarebbe anche un modo per recuperare quella sovranità persa dall’Italia nel 1945 e mai più riguadagnata. Una maniera per uscire davvero da un vassallaggio che il sistema politico nazionale (coi suoi bipartisan cantori intellettuali) finge di ignorare.

domenica 1 giugno 2025

LAVORI BIBLIOTECARI E CONCORSI PUBBLICI

Biblio Gronchi sta cercando un nuovo direttore (o direttrice), ovvero un funzionario pubblico capace di gestire la più grande biblioteca della provincia pisana e le attività della Rete Bibliolandia. Cerca insomma qualcuno che dovrà dipendere da due Enti (il Comune di Pontedera e l’Unione valdera), interfacciarsi con molti politici, collaborare con due dirigenti di enti diversi, coordinarsi con due macchine amministrative differenti e che dovrà gestire un appalto complicato che, facendo collaborare risorse umane pubbliche e risorse umane private, garantisca il miglior servizio bibliotecario possibile per decine di migliaia di utenti lettori di Pontedera e della Provincia di Pisa (incluse la biblioteche scolastiche). Un’impresa non facile, che richiede una figura professionale altamente specializzata, a cui non sarebbe male riconoscere e assegnare anche una Posizione Organizzativa e che sarebbe opportuno pagare benino per chiedergli in cambio parecchio impegno e molta motivazione. Invece di questo ruolo specializzato e del relativo riconoscimento spesso non c'è una chiara percezione tra i decisori ovvero né a livello politico (sindaci e assessori), né a livello dirigenziale. Infatti che a dirigere Biblio Gronchi e la Rete Bibliolandia serva una figura di alto profilo professionale e di una certa esperienza amministrativa non passa per la mente di chi governa i due Enti locali, i quali, anzi, in certi ruoli preferiscono deprofessionalizzare e collocare ubbidienti piuttosto che soggetti preparati, attivi e propositivi, coi quali rischierebbero di doversi confrontare. E figuriamoci se poi pensano anche di pagarli bene gli yesmen e di assegnare loro una PO. Il neopopulismo amministrativo bipartisan non lo consente. 

Anche per questo non passa per la mente dei decisori amministrativi che si possa fare un concorso pubblico per coprire un posto del genere; un concorso “aperto”, “non pilotato”, per selezionare qualcuno che abbia una postura professionale riconoscibile, visti i compiti che deve svolgere. Così come non passa per la mente dei decisori l’idea che si possa dare modo a più bibliotecari di misurarsi con questa opportunità di lavoro. 

Né attraversa i loro neuroni l’idea che un concorso possa attirare su Pontedera (e su Bibliolandia) le migliori risorse bibliotecarie disponibili nella provincia e nella regione. 

Ma il rischio di tutta questa atrofia mentale è che si finisca per premiare solo chi vuole avvicinarsi a casa (ragione nobile, certo, ma non sufficiente per ambire a ricoprire un simile ruolo). 

In questi anni tra l’altro la Rete Bibliolandia ha formato molti bibliotecari, in gran parte rimasti nel settore privato della professione (nelle cooperative) oppure approdati nelle biblioteche universitarie. Ora se gli enti locali volessero rafforzare i propri uffici bibliotecari e dare a questi relativamente giovani bibliotecari la chance professionale di entrare nei ranghi dell'Amministrazione pubblica locale sarebbe una bella cosa (soprattutto per l’amministrazione pubblica). Ma si dovrebbero fare dei concorsi pubblici.

Invece, procedendo alla buona, la più importante (ma in declino) biblioteca della provincia di Pisa, capofila della Rete Bibliolandia, rischia di beccarsi o qualcuno che ambisce solo a ottenere un trasferimento per avvicinarsi alla famiglia o … qualche amico della ditta.

E questo sarebbe un male per la collettività dei leggenti. E più in generale un male per la comunità.

Ma non tutto è ancora perduto.

C’è ancora la possibilità di selezionare la figura migliore.

Basta volerlo.