Il partito della complessità e della ragione
Il pd è l'ultimo partito della scena politica italiana che possa legittimamente fregiarsi di questo nome presente nella Costituzione, gli altri essendo delle robe informi con capi, cortigiani e code, ma non partiti. E sicuramente gli altri partiti non sono organizzazioni di massa diffusi nel paese. Ora il principale problema del pd sono le tante anime e i tanti protagonismi che esso contiene, a cui si aggiunge la sterminata voglia di fare le scarpe gli uni agli altri. Il tutto insieme a quella bagatella che è fronteggiare la difficoltà di dover governare e di tener conto al contempo del sistema paese e di chi soffre di più. Sapendo che governare vuol dire rispondere alle attese di un paese che continuerà inevitabilmente a crescere economicamente poco e quindi avrà poco da redistribuire e regalare. Il che è un altro bel problema. Del resto solo degli insipienti possono davvero credere di avere la ricetta miracolosa in tasca (in testa, per ovvie ragioni, non essendo possibile che ce l'abbiano). La complessità è tutta qui. Occorre allora che la multietnica classe dirigente del pd, se vuole mantenere la responsabilità di governare (cosa che non gli ha ordinato nessuno di fare), manovri con intelligenza. Negoziando, accordandosi, cercando compromessi e soluzioni. Usando la ragione. La ragione insieme alla passione, per citare un recente richiamo di Edgar Morin. Evitando che la sola passione travolga il meglio del pd. Evitando l'ansia assurda di volere tutto e subito. Evitando l'uso del fuocoamico. Senza costringere i vecchi azionisti del partito ad andarsene. Bisognerebbe abbassare i toni. E tocca soprattutto agli eletti mantenere nervi saldi e guardare lontano. Chi giocherà a strafare, rischierà di sfasciare tutto. Evitatelo. Sarebbe un disastro per il pd, ma soprattutto per il paese.
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