lunedì 16 aprile 2018

Il giovane Karl Marx / Raoul Peck, film, 2017

Gli assassini tornano sempre sul luogo del delitto. Così ieri sera non mi sono meravigliato di trovare nella sala dell'Agorà di Pontedera dove si proiettava "il giovane Marx" di R. Peck, oltre a me stesso, alcuni degli antichi correligionari di 50 anni fa che per giunta ricordavano (tra loro) una qualche mia bischerata di quei tempi scanzonatamente giovanili e molto estremisti.
Il film sul giovin Marx è discreto, efficace, sufficientemente accattivante (anche se sempre di Marx Karl si sta parlando) e per quello che so di Lui verosimile e chiaro.
Rende bene il clima sociale e culturale in cui prese forma il marxismo nel secolo XIX e contiene gli elementi cinematografici giusti (inclusa una moderata attività sessuale) per tentare di far seguire la storia anche ai digiuni del marxismo (e, per fortuna, nelle nuove generazioni l'analfabetismo rispetto a tutti i marxismi è molto elevato).
Ovvio, natuerlich, che si tratti di un film per pochi. Per lo più anziani. E se hanno almeno sfoglialo "La sacra famiglia" e "La miseria della filosofia" è meglio (entrambi nel catalogo degli Editori Riunti). Perché immagino che chi ha meno di 50 anni (a meno che non abbia alle spalle solidi studi filosofici e di storia del XIX° secolo) non possa sapere nulla dei libri citati (dal film oltre che da me), e quindi temo che il film possa risultare per costoro (almeno in Italy) largamente incomprensibile; così come immagino che un pubblico medio non sappia nulla (o quasi) dei personaggi (da Bauer a Ruge, da Weitling a Proudhon) che nel film e nella storia reale si incontrano (e si scontrano) coi giovanissimi Marx ed Engels (una meravigliosa coppia di intellettuali simbiotici).
Ma, ripeto, tenuto conto della complessità della storia narrata, il film funziona straordinariamente bene.
E si resta perfino felicemente stupiti quando il regista sottolinea come quel piccolo vangelo del comunismo che è stato ed è il "Manifesto del Partito Comunista" sia stato scritto da un giovane di soli 29 anni. Da un ragazzo, diremmo oggi, che però aveva già attraversato Germania (Berlino), Francia (Parigi), Inghilterra (Londra) e Belgio (Bruxelles) e messo al mondo perfino due figlie, oltre ad aver trovato la collaborazione e il sostegno di un altro ragazzo più giovane di lui di due anni: Engels, appunto.
L'unico limite del film è che manca di quel distacco ironico che sarebbe potuto servire a collocare Marx e il suo pensiero attivistico nella storia con un pizzico di relativismo culturale ed una minore adesione propagandistica. E di questa ironia si sente la mancanza soprattutto quando scorrono le immagini finali che ci raccontano di una storia fatta di lotte di classe e di sussunzione di tutti i rapporti sociali al demone capitalistico, una sottomissione che ovviamente arriva fino a noi. Qui, un autore ironico avrebbe almeno accostato gli orrori del capitalismo in maniera un po' più evidente  ed esplicita anche a quelli del comunismo di ispirazione marxista.
Detto questo, consiglio a tutti di vedere il film, perché da certi pensieri, giusti o sbagliati che siano, da certe critiche allo stato delle cose, c'è comunque molto da imparare.
Non so se è per questa ragione che almeno nella proiezione di domenica sera alla fine del film c'è stato un tentativo di applaudire la pellicola. Una cosa da altri tempi. Un'altra botta di nostalgia che gli assassini che tornano sul luogo del delitto apprezzano. Con borghese ironia, natuerlich.

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