sabato 14 aprile 2018

La verità politica è mobile

La buona legge elettorale italiana e il voto espresso dai nostri concittadini il 4 di marzo ci consegnano una rappresentanza parlamentare all'incirca così articolata: un 37% al Centro destra. Un 32% al M5S. Circa un 24 % ad un insieme litigioso grossolanamente definibile come Centro sinistra. Un 6/7 % di altri non brevemente descrivibili.
Ma la cosa ancora più bella che ci regalano i voti degli italiani è un gran bel ceffone dato a tutti quelli che dicono ad ogni piè sospinto: "Ho ragione io". Perché nel Parlamento appena insediato, la volontà popolare, per fortuna, dico io, non dà ragione in termini assoluti a nessuno. E, per me, questo, oggi, è un fatto educativo molto importante, perché costringe i rappresentanti di un popolo di sfegatati e litigiosi individualisti ad accordarsi e a spiegare ai loro elettori perché ci si deve accordare anche con chi fino a pochi giorni fa si additava come acerrimo "nemico", sostenitore di idee folli e nefaste per il Paese.
Ovviamente non è detto che il buon senso prevalga. Ma l'alternativa all'accordo e alla ragionevolezza è che si rivoti presto. E siccome nel tornare alle urne vi è un'alta probabilità che escano le stesse percentuali di consenso codificate nei risultati del 4 marzo, chi opterà per rivotare rischia un'operazione costosa e soprattutto inutile. Certo la testardaggine dei leader è una malattia che non si cura facilmente e quindi può essere che per aprire la strada al negoziato serva un altro passaggio elettorale. Auguriamoci di no. Ma, testardaggine a parte, la via per uscire dall'impasse sembra stare in un negoziato che porti ad una maggioranza parlamentare e ad un governo di coalizione tra chi la pensa diversamente su molte questioni.
Trovo quindi il negoziato tra "diversi" un atto ragionevole, pacifista e democratico. Una mossa che ridimensionerebbe le pretese assolutistiche di tutti i soggetti politici che dovrebbero contare (e governare) solo in base ai "voti" realmente raccolti e non per la pretesa che molti leader politici hanno di interpretare i veri desiderata del Popolo. Perché la tornata elettorale dimostra che il popolo è vario, diviso ed elettoralmente, per fortuna, discorde. E sottolineo "per fortuna", perchè la democrazia campa e cresce bene solo nella discordia, nelle divisioni, nella concorrenza, purché il gioco delle divisioni sia ben regolato e ci siano pochi giocatori che barano.
Inoltre la democrazia parlamentare è quella forma istituzionale che nega l'esistenza di "verità assolute". Essa ci dice che idee e proposte politiche appartengono solo al mondo immaginario delle "verità relative" e che queste ultime sono correlate solo agli interessi, alle credenze e alle opinioni di chi le sostiene con il voto e con l'attività di propaganda.
Va precisato che pur appartenendo ad un mondo immaginario le verità relative (e perfino certe fake news) hanno valore e servono ad orientare, tra l'altro, le decisioni del governo che raccolga la maggioranza dei consensi in Parlamento. Ma il loro valore è appunto relativo e durerà, sul piano parlamentare, fino a quando reggerà la maggioranza che le esprime o che dice di crederci, in buona o cattiva fede che sia, e che comunque usera' queste idee per motivare retoricamente le proprie scelte e convincere gli elettori della bontà del proprio operato.
Va aggiunto che certe idee politiche possono, se sostenute con le armi, fare anche molto male, come insegna, per il passato, lo studio della storia e tutti i giorni, purtroppo, la visione e l'ascolto dei telegiornali.
Ma per quanto le verità politiche possano armare la mano di folli e perfino di assassini, esse restano, almeno in una democrazia, relative e ...mobili.
Ed è così anche quando certi parlamentari e certi leader politici spacciano le loro idee, in maniera ossessivo compulsiva, per verità "assolute, ovvie, lapalissiane e indiscutibili". Anche quando certi capi sostengono di essere ispirati direttamente dal Popolo, da Dio o da una qualche algoritmica Ragione.
Certo, mi rendo conto che non sia facile pensare alle verità politiche come elementi "impermanenti", dotati di un valore relativo e di una qualità che ne fa oggetti "mobili qual piuma al vento". Ma sono certo che se si riuscisse ad assorbire il contraccolpo dovuto al fatto che le idee politiche (incluse le nostre) appartengono ad un mondo immaginario,  che hanno un valore davvero relativo e che mutano col tempo e con l'esperienza (acquisizioni tutte faticosissime, perché entrano in conflitto con l'autostima che alberga in ciascuno di noi e soprattutto fanno a botte col narcisismo strabordante che alimenta i politici), il resto sarebbe tutto in discesa.
Aggiungo che pensare alle nostre idee politiche come oggetti mentali mobili non ne sminuisce l'importanza. Pensare al relativismo culturale come qualcosa di poco profondo o di approssimativo è sbagliato. Se siamo andati sulla luna, se abbiamo imbrigliato le forze della natura, se progrediamo nelle scienze, nella tecnica e nella medicina, è perché abbiamo concetti e idee che consideriamo acquisizioni importanti, ma sempre perfettibili. E siamo disposti a cambiare le nostre convinzioni se qualcuno ci persuade che sono sbagliate e che ce ne sono altre migliori.
In politica questi ragionamenti si applicano con difficoltà. Lo riconosco. Ma prima o poi riusciremo a progredire anche in questo contesto. Serve solo un po' di santa pazienza.

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