lunedì 21 dicembre 2020

Curtatone: eroi risorgimentali contro eroi sportivi? La soluzione c'è.

Sono fermamente convinto che non sia giusto contrapporre eroi risorgimentali a eroi sportivi. 

Il punto è che la maggioranza consiliare e quasi tutta l'opposizione di centro destra ha creato, forse inconsapevolmente o forse frettolosamente (l'assenza del dibattito e dei sondaggi è cosa nota), proprio questa contrapposizione. Come? Cancellando gli eroi risorgimentali e mettendo al loro posto un grande atleta pontederese. 

Se in piazza Curtatone ci fosse stato, nel centro della Piazza e non sotto il loggiato della Pretura (ma già ex Palazzo Comunale), un monumento ai caduti delle patrie battaglie la decisione consiliare lo avrebbe oscurato, forse rimosso, e ci avrebbe messo un monumento a Mazzinghi. 

Il problema adesso è: come si rimedia a questa contrapposizione? 

Per quello che riguarda il Comitato "Non dimentichiamo Curtatone" il rimedio non può che essere quello di cercare un altro spazio in cui rendere il giusto riconoscimento al pugile. 

E' la soluzione che accontenterebbe tutti. 

Piazza Curtatone resterebbe al suo posto, mantenendo il proprio nome.

L'omaggio a Mazzinghi troverebbe una giusta collocazione non contrapposta agli eroi risorgimentali.

E l'opinione pubblica cittadina probabilmente concorderebbe con questa nuova scelta. E comunque potremmo sempre chiederle cosa ne pensa.

domenica 20 dicembre 2020

La restituzione di Stefano

Carissimi concittadini,

anche se devo ammettere che i liberali non hanno costruito una nazione proprio come Dio comanda, l’Italia è il mio Paese. E provo un profondo rispetto per tutti coloro che per la nascita di questo Paese si sono battuti, hanno sofferto e, in alcuni casi, sono morti. Lo scrivo senza retorica, ma con convinzione. Credo che l’Unità Nazionale ci abbia dato una grande opportunità storica, che le generazioni successive a quella risorgimentale hanno solo parzialmente portato a forma, lasciando un bel po’ di lavoro anche agli italiani di oggi e a quelli di domani.
E’ per completare questo lavoro di costruzione dello Stato che mi sono innamorato del diritto e della storia (e di tante altre materie ancora) e che ho insegnato con grande passione e con intensità quotidiana in alcuni Istituti superiori, con l’obiettivo specifico di crescere ragazzi all’altezza di tempi sempre più complicati come quelli che state vivendo.
Mi sono anche impegnato per costruire la Biblioteca Cattolica della comunità, come istituzione culturale viva e quotidianamente aperta al pubblico, perché penso che leggere (e leggere molto) e frequentare biblioteche apra la mente e il cuore. Ho organizzato anche molte altre attività culturali, coltivando in particolare la memoria del nostro presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi.
Per queste ragioni la città mi ha conferito una targa riconoscendomi cittadino emerito nell’ambito della cultura e dell’istruzione.
Ora però ho saputo che il consiglio comunale, con una maggioranza praticamente degna dell’ex comunismo bulgaro, ha deciso di spazzare via il nome di Piazza Curtatone, che è uno dei simboli dell’Unità Nazionale, per sostituirlo con quello di un pugile, campione del mondo, dai “pugni proletari”, persona validissima, ma assolutamente non paragonabile all’identità collettiva che la battaglia risorgimentale richiama.
Se dovessi commentare questa decisione, userei torni così volgari che costringerebbero San Pietro, che pure è un santo e mi vuole bene, a spedirmi per quattro o cinquemila anni in Purgatorio. E lì non c’è internet. Sarebbe un disastro.
In sintesi considero la cancellazione del nome di Curtatone oltre che un’offesa alle patrie memorie, un atto profondamente diseducativo rispetto alle giovani generazioni. E un atto diseducativo è un passo indietro nella storia. E’ una vittoria dell’ignoranza sulla ragione. E’….
Per farla breve e senza arrabbiarmi, ho concordato con San Pietro che se il consiglio comunale non ritirerà la delibera con cui toglie il nome di Curtatone alla Piazza, io potrò restituire la medaglia che la città mi ha donato nel 2011.
Confesso che mi dispiacerebbe disfarmi di quel vecchio cimelio che ho ricevuto con molto piacere. Ma se vanno avanti con quella scelta, glielo restituisco. Cos’altro potrei fare?
Cordiali saluti
Stefano
PS. Il prof. Beppe De Martini, che come è noto è restio a scrivere anche l’elenco della spesa, mi chiede di dirvi che concorda su tutto quello che ho appena scritto. Restituzione inclusa.

sabato 19 dicembre 2020

Curtatone: ovvero qualche riflessione sul lavoro editoriale di Michele Quirici e il paradosso pontederese

Grazie a Michele Quirici e Valentina Filidei, alla casa editrice Tagete e al gruppo di ricercatori e collaboratori che ruota attorno a Tagete, e grazie anche alla casa editrice Bandecchi & Vivaldi e ad altre piccoli imprese editoriali, oggi Pontedera è una città studiata e quindi ricca di libri di storia locale.

A supportare Quirici e gli altri editori, ci sono in città almeno una ventina di studiosi (tra docenti universitari e eruditi locali di vario spessore) che scrivono su Pontedera e i pontederesi testi di una certa qualità. Ma sono solo una parte dei tanti studiosi che di questa città si sono occupati negli ultimi due secoli e le cui opere (tra saggi e volumi) toccavano complessivamente quota 900 nel 2009 (cfr. Pontedera guida alla ricerca) e dieci anni dopo superano di sicuro il migliaio (in gran parte presenti nella sezione locale della Biblioteca Gronchi).

Ora, come dico spesso a Michele Quirici, questi libri, per essere davvero efficaci, si dovrebbero trasformare in consapevolezza storica diffusa almeno tra le persone che vivono a Pontedera. In questo modo potrebbero irrobustire il nostro senso civico, ovvero dare spessore a quell'amore per la città e ai suoi elementi architettonici e urbanistici che poi si riverbera anche sulle scelte individuali e collettive di rispetto, conservazione e decoro.

Ma perchè ciò accada i libri devono incarnarsi nella consapevolezza delle persone soprattutto delle èlite che le guidano. E che questo accada o meno non dipende dalla qualità dei libri e nemmeno dalla loro quantità, ma dalla capacità delle persone di leggerli, di assorbirli e di trasformarli in senso comune.

Il paradosso di Pontedera sta tutto qui. Abbiamo ormai una vasta documentazione storica disponibile, ma stentiamo a leggerla e a farla propria. Ci gloriamo della nostra ignoranza storica.

E’ un po’ come avere un potente vaccino ma agire come un no vax.

In particolare tra coloro che si giovano poco del grande lavoro editoriale di Michele e degli altri editori ci sono le forze politiche cittadine, di maggioranza e di opposizione. Destra, centro e sinistra, comitati civici e liste civette incluse, si sono dati infatti una mano per martirizzare la storia patria cittadina. E sapete perché? Perchè non la conoscono. Per le nostre forze politiche i libri del Quirici e degli storici locali sono off-limits. E’ banalmente per questo che i consiglieri hanno alzato la loro manina e cancellato Piazza Curtatone, senza tener conto del valore simbolico della piazza, ma seguendo l'emozione per la morte del pugile. Semplicemente non sapevano quello che facevano.

E' un tipico fenomeno di insipienza politica che sfocia in arroganza decisionale, ammantata da una giustificazione populista. Un problema molto complicato da risolvere. Anche a livello locale.

giovedì 17 dicembre 2020

Il tormento di Dino

 

mercoledì 16 dicembre 2020

Un suggerimento al segretario del PD pontederese su Piazza Curtatone e la democrazia digitale

Trovo la proposta di Stefano Stacchini di indire un referendum tra gli iscritti al PD sulla piazza molto sensata e la suggerisco anch'io a Floriano. Sottolineo che l'operazione potrebbe essere semplice e rapida. Credo che il PD pontederese potrebbe inviare una mail a tutti i suoi iscritti e chiedergli almeno 3 cose: (1) se sono favorevoli o contrari alla rimozione del nome di Piazza Curtatone; (2) se sono favorevoli ad intestare una piazza o una via o un edificio a Mazzinghi; (3) in quest'ultimo caso quale luogo o edificio sceglierebbero. E' vero che, come scrive Floriano, oggi il Covid ci obbliga al distanziamento, ma le tecnologie internet ci consentono una discussione rapida, diffusissima e franca. Molto più che a voce. Perchè quando uno ha scritto cosa pensa, questo pensiero resta e canta. E per sapere cosa pensano gli iscritti del PD sulla vicenda di P.zza Curtatone basta inviare una mail che si scrive in 10 minuti. Un clic e tutti gli iscritti la riceveranno, con l'indicazione di rispondere in tre o quattro giorni. Poi un iscritto o lo stesso Floriano apre le mail di risposta, apre un foglio Excel per riportare i dati e il gioco è fatto. In quattro e quattro otto, anche in epoca Covid e di distanziamento, in maniera certa e democratica, senza spendere un soldo, il PD saprebbe almeno cosa pensano i suoi iscritti dell'intestazione della Piazza Curtatone. Il tutto, ripeto, in pochissimo tempo e senza consumare troppe energie. Senza che nessuno si sposti da casa, rispettando la zona arancione, ecc. ecc. E ognuno assumendosi la responsabilità di quello che dice. E se il PD renderà noti questi dati, li conosceremo tutti e tutti ci potremo riflettere sopra. Sarebbe un bell'esempio di democrazia diretta, digitale e non populista. Perchè la voce del popolo è quella composta dalle voci di tutte le singole persone che lo compongono e non quella del capo che interpreta i desideri e la volontà popolare. Dico questo perchè ho visto che Floriano ha postato la sua riflessione anche sulla pagina facebook del PD Pontederese, dove però è stata accompagnata da un silenzio "bulgaro", che non credo sia indice di un consenso unanimitario. Il dibattito a volte va sollecitato. Non è detto che a volte per persone vogliano esprimersi. Ma mi chiedo: il PD vuole davvero usare le tecnologie che non costano nulla e che ha disposizione per sapere cosa pensano i suoi iscritti e sollecitare la discussione e la partecipazione anche digitale? E' davvero interessato a sapere come la pensano i suoi simpatizzanti? I suoi elettori? O ha paura di usare le tecnologie e la trasparenza del web per sapere come la pensano coloro che dovrebbe rappresentare? In Svizzera i diversi stati cantonali fanno un referendum popolare al mese. Il PD pontederese non può fare dei riscontri seri e veloci tra i propri iscritti? Magari prima di assumere le decisioni. Preferisco non rispondere a queste domande. Ma forse Floriano potrebbe farlo.
Comunque per un'approfondita riflessione su cosa sia una democrazia nell'era della infosfera e della partecipazione digitale, suggerirei a Floriano (se non l'ha già letto) di prendere in prestito da Bibliolandia e leggere: "Il principe digitale" di Mauro Scalise e Fortunato Musella (Laterza, 2019). Sono due docenti di Scienza politica all'Università di Napoli Federico II (Calise ha pubblicato qualche anno fa anche un libro dedicato a "Il partito personale"). Contiene un sacco di riflessioni interessanti sul moderno principe di gramsciana memoria, in particolare su come si possa gestire al meglio la democrazia digitale, evitandone i lati oscuri.

lunedì 14 dicembre 2020

Gli inizi frammentari e caotici del movimento operaio in Italia

Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872) / Nello Rosselli, Einaudi, Torino, 1967, pp. 368

Scritto nel 1926, rielaborando la tesi di laurea che Nello Rosselli aveva dato con Gaetano Salvemini all'Università di Firenze, il testo, dedicato ai rapporti tra Mazzini e Bakunin (ma con personaggi di contorno non da poco come Garibaldi e Marx) e agli inizi del movimento operaio italiano non è solo uno studio commovente, ma ancora valido, storiograficamente parlando, e di grande attualità politica. E' molto di più.

A parte la splendida ricostruzione delle idee politiche in materia di questione sociale e operaia di Mazzini e di Bakunin, che, per quello che ne so la storiografia successiva, ha solo perfezionato, ma non modificato sostanzialmente, a parte i due meravigliosi cammei dedicati a Marx e Garibaldi nel contesto della prima internazionale e la Comune di Parigi (1864-1871), il libro tratteggia gli esordi del movimento operaio italiano infilato in un brodo politico dove si muovevano moderati liberali, conservatori cattolici, repubblicani di fede mazziniana, democratici e socialisti di fede garibaldina, proto-anarchici influenzati dal Bakunin degli anni '60 e dalle sue idee internazionaliste, socialisti sulla scia della idee di Ferrari, federalisti come Cattaneo, e marginalmente Marx ed Engels. Il tutto in un mondo dove l'analfabetismo contadino (fino al 90%) e quello operaio (probabilmente attorno al 60/70%) la facevano da padrone e avere le idee chiare su cosa fare e verso quali scelte di azione orientarsi per emanciparsi e conquistare condizioni di vita e di lavoro migliori era tutt'altro che semplice.

Ne esce un movimento operaio eroico, ma anche confuso e pieno di contraddizioni, con mille anime e un impressionante numero di personalismi. E tale rimarrà anche nei quarant'anni successivi. E, forse, anche dopo.

Un testo ancora vivo, di un grande storico, che dimostra di capire e ricostruire uomini e contesti molto più e molto meglio di alcuni grandi storici dell'epoca, che più che storia facevano filosofia della storia o riducevano la storia a strumento per validare le loro idee politiche.

La grande lezione di Pasquale Villari e di Gaetano Salvemini aveva davvero trovato un degno erede. Questo  rende ancora più dolorosa la morte avvenuta per ,mano di sicari fascisti di un grande storico e poi leader di Giustizia e Libertà come Nello Rosselli.

I partiti sono "Tigri di carta"?

Tigri di carta. Debolezza dei partiti e instabilità sistemica in Italia (1994-2018) / EUGENIO PIZZIMENTI, Pisa University Press, 2020, Pisa

Incuriosito dal titolo, con un gruzzoletto di ferie prepensionistiche da smaltire, obbligato dai dpcm anti-Covid al rintanamento domestico, mi è capitato di leggere negli scorsi giorni un libro difficile, ma stimolante. I mezzi malati di "politica" come me (almeno spero di essere solo mezzo malato), pur avendo delle consapevoli e consolidate illusioni conoscitive, l'ironico Marx avrebbe parlato di una propria Weltanshauung, a volte si sfidano. E il libro di Pizzimenti, professore associato di Scienza Politica presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Pisa, per chi lo affronti con coraggio va esattamente in questa direzione: ti sfida e ti mette in difficoltà. Sicuramente pensato come manuale per i suoi studenti (che non invidio, o forse sì, ma solo per la loro giovinezza), scodella centoventi pagine di un dibattito teorico sui vari nodi e problemi che possono servire per affrontare e capire la scienza politica e la politica oggi, citando libri e autori di cui, ripeto, anche un mezzo appassionato di politica  e un bibliotecario pensionando come me non sa quasi niente (e di sicuro è un problema della mia generazione). Infatti il libro di Pizzimenti ignora (ritenendoli probabilmente superati) gran parte dei libri e manuali di teoria politica scritti prima degli anni '90 (salvo qualche rara eccezione). Così la prima riflessione che mi è venuta a fine lettura è stata quella che per capire cosa accade in politica, oggi, occorre liberarsi (almeno mentalmente) del 90% dei propri libri di politica (e delle proprie idee politiche?). Ha ragione Pizzimenti? Non mi sentirei di escluderlo. Ma certo è una liberazione faticosa e dolorosa. Per alcuni, penso ai vecchi militanti con gli scaffali ancora zeppi di polverosi testi di Editori Riuniti e Einaudi, perfino impossibile.

Comunque sia, nelle successive 140 pagine l'Autore passa in rassegna, con l'uso di moderni indicatori funzionali (di cui ha precedentemente spiegato la valenza conoscitiva), l'evoluzione politica del sistema italiano dalla fine della prima repubblica (1992-1993) a oggi. E quello che ne viene fuori è efficacemente sintetizzato nel titolo: partiti come tigri di carta e un sistema endemicamente instabile e cangiante. Strutture, organizzazione, obiettivi, leaderschip politiche in Italia (ma non solo, perchè il suo studio contiene anche riferimenti comparativi), dagli anni '90 in poi, hanno dato vita a partiti e a un sistema politico magmatico e caotico, isomorfo (parola che ricorre spessissimo nel testo), dove raccapezzarsi è di per sé un'impresa. Modifiche continue dei sistemi elettorali (mattarellum, porcellum, rosatellum, ecc.), molteplici tentativi di riformare la costituzione, varie integrazioni tra maggioritario e proporzionale, farsi e disfarsi di formazioni politiche, governi tecnici a gogò, nel contesto anche di trasferimenti di poteri all'Unione Europea, ma con ripensamenti, polemiche, ecc., partiti padronali, contendibili, ereditabili, primarie fasulle e primarie serie, partiti fondati da comici e partiti che si frantumano per colpa di persone troppo serie, passaggi da un gruppo parlamentare ad un altro, tutto questo (e molto di più) ha trasformato il nostro sistema politico in un coacervo in cui solo i politologi, forse, non facendo nient'altro nella loro vita che studiare la politica, riescono a raccapezzarsi. O almeno questo è quello che ci ho capito. E quindi l'effetto disincanto è molto forte. Fin troppo.

Gli altri, i cittadini normali, ammesso che ce ne siano,  vivono inevitabilmente di illusioni conoscitive (in sostanza si tengono strette le loro Weltanshauung giovanili oppure le cambiano quando preferiscono) e continuano a votare (ma molto meno a partecipare) ascoltando, come va di moda dire oggi, "la pancia", anzichè il cervello. Che l'esito poi sia quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni è quindi scontato. Anzi, ci va persino di lusso, visto l'organo che attiviamo quando chiacchieriamo di politica.

Concludo. Chi volesse fare un tuffo (anche rischiando di annegare) nelle nuove frontiere della politologia contemporanea dovrebbe tentare una lettura (faticosa) del libro e delle quasi impossibili tabelle con i codici e  le sigle di Pizzimenti. Non so se ne uscirebbe migliore o più consapevole. Posso dire che solo come ne sono uscito io: sostanzialmente con la consapevolezza che non capirci più nulla nell'evoluzione del sistema politico italiano è una colpa che non mi posso imputare. Essere confusi è il minimo che ti può capitare quando guardi la politica italiana. Cosa che, comunque, da bravi cittadini, dobbiamo continuare a fare.

La politica italiana, un po' come la fisica quantistica, non è insomma più in grado di dirci cosa siano i corpi politici, dove siano esattamente posizionati e dove diavolo andranno a finire. Il sistema è troppo instabile e turbolento per poter fare (come accade con la metereologia) previsioni serie oltre i 4 o 5 giorni.

A parte questo, il libro, che contiene anche una bella bibliografia aggiornata, apre a orizzonti nuovi. Insomma, come tutti i bei libri, dice al lettore: bimbo mio, per capirci qualcosa, non basta avermi letto. Dovrai leggere e meditare anche molti altri testi. E poi ne sciorina l'elenco. Perchè si sa: che la verità stia in un libro solo, è una delle più antiche e immodificabile illusioni conoscitive dei Sapiens (Yuval Noah Harari docet).  



Risposta al segretario del PD su Piazza Curtatone

Caro Floriano, ho letto con attenzione il tuo post e le tue argomentazioni che non solo non mi convincono ma trovo contraddittore e inconsistenti.
Così le esamino una per una e ti sottopongo le mie osservazioni. Te sostieni che solo "alcune voci" si sono levate contro la decisione del PD sulla Piazza. Altro che poche "voci". Su Quinewsvaldera un sondaggio per altro durato solo 3 gg ha portato quasi 500 persone a esprimersi contro la decisione del Consiglio comunale e del PD sul nome di p.zza Curtatone. I contrari al cambiamento sono stati pari al 70% di coloro che si sono espressi. Inoltre quasi 200 persone hanno messo nome e cognome (e quindi la faccia) dietro una petizione popolare lanciata dal professor Montorzi su fb per chiedere di non cambiare nome alla Piazza. No, caro Floriano, non si tratta di poche voci. Un bel po' di pontederesi vi hanno detto chiaro e tondo di non apprezzare le scelte sostenute dal PD. E questo non può essere smentito. Per contro non risulta che il PD abbia fatto nessuna compagna di ascolto su questo argomento (come invece avrebbe dovuto) neppure tra i propri iscritti e non credo che tu possa indicare, con dati verificabili, quale sia il grado di consenso alla vostra scelta neppure tra gli iscritti del partito. O no?
Poi ci sono le motivazioni di questa cancellazione di memoria. E qui la tua lunga risposta è mancante e tautologica. Mancante perchè anche a strizzarle bene le tue parole non si ricavano le ragioni per cui avete deciso di cancellare Curtatone dalla geografia valoriale della città. Tautologica perchè sostieni più volte che valeva la pena di mettere al centro della città la figura del pugile Mazzinghi e questo automaticamente cancellava la storia risorgimentale e l'idea nazionale che il nome di Curtatone porta con sé e a cui solo a parole dite di tributare il massimo rispetto. Ma come si fa a rispettare una cosa e cancellarne il ricordo pubblico? Qui la contraddizione è lampante.
Il fatto poi che un gran bel numero di intellettuali (così ci apostrofi Floriano, con un termine a cui sembri dare una valenza negativa), molti dei quali vicini al PD e alle liste di appoggio della maggioranza, abbia contestato apertamente (e in un'epoca di nicodemismo da far paura) le scelte del partito, beh un dissenso così ampio e franco non può essere liquidato con una battuta sprezzante. Se gran parte di coloro che si sono occupati della storia e dell'identità di questa città, diversi dei quali per altro vostri elettori, vi hanno detto con coraggio che avete fatto un errore, qualcosa vorrà pur dire. E buon per voi che non sono più vivi nè il professor Giuseppe Caciagli, nè il professor Giuseppe De Martini, nè il professor Dino Carlesi, altrimenti di alcuni di loro (e penso in particolare al prof. Carlesi, di cui non avete neppure ricordato il decennale della morte) avreste udito le grida per le scale di Palazzo Stefanelli. Santo cielo, come ci manca il piglio polemico di Dino nel dibattito pubblico cittadino.
La verità è che, con il consenso di pochi, senza consultarvi neppure con i vostri iscritti più fidati, probabilmente mal consigliati e, forse, senza neppure sapere bene cosa stavate facendo, come PD pontederese avete ammainato la bandiera risorgimentale e nazionale, dopo aver fatto sparire la lapide ai caduti delle patrie battaglie e il busto al generale della Chiesa, alzando al loro posto nuovi ideali che te hai sintetizzato nei pugni proletari contro il mondo borghese. Un riscatto operaio contro lo sfruttamento capitalistico. Ohi, ohi. Confesso, che tra tutti gli argomenti che hai tirato fuori, questo mi sembra il meno opportuno e non tanto perchè la vicenda di Mazzinghi non si possa leggere sommariamente anche così, ma perchè proiettata nel XXI secolo una simile visione cosa diavolo racconta alle giovani generazioni (inclusi i giovani del Pd)? Non credi che prima o poi i giovani si e vi chiederanno come mai è stato cambiato nome ad una piazza risorgimentale (una delle poche grandi epopee fondanti di questo paese) assegnandole quello di un pugile che certo è salito sul tetto del mondo ma prendendo a cazzotti altri esseri umani come lui? È davvero questo che vogliamo suggerire a loro di fare da grandi? Alle ragazze e ai ragazzi di Pontedera e della Valdera di oggi questo suggeriamo di fare? Ma via...
A mio avviso si tratta di indicare ai giovani, alle migliaia di ragazzi e ragazze che ogni giorno varcano (e speriamo tornino presto a farlo) le porte del villaggio scolastico, simboli forti di intelligenza, di impegno, di lavoro innovativo e di capacità creative. Mentre il Pd pontederese, per bocca tua, indica loro di guardare alla nobile (certo ma quanto realistica) arte del pugilato di cui per altro non si è riusciti nemmeno a coltivare la tradizione attraverso la sopravvivenza di una palestra adeguata ad allenarsi. Ma può essere davvero quella suggerita dal Pd la prospettiva di resilienza e riscatto da veicolare alle migliaia di ragazze e ai ragazzi che saranno il domani di questa città e della Valdera? Non scherziamo.
Questo non può essere il messaggio che un partito che guarda al futuro lancia ai suoi cittadini che più hanno bisogno di speranza. Non può dire loro di menare sodo i pugni proletari contro la borghesia per conquistare il loro posto nel mondo. Magari aggiungendoci un po' di movida e un po' di addobbi artistici possibilmente polemici per completare il gioco. Non può essere questa la strada che il PD pontederese suggerisce ad una città smarrita e sicuramente anche incattivita come dice il Censis. Perchè se così fosse, da intellettuale, come mi hai apostrofato te, dico che siamo messi male.
No, il giusto riconoscimento dovuto a Mazzinghi va collocato in un luogo idoneo, ma non nel centro di Pontedera. Pontedera non può cancellare Piazza Curtatone e il sistema di valori che ad essa è collegato; e soprattutto deve continuare a costruire il proprio futuro anche come città dello studio e della cultura, delle tecnologie e delle imprese, magari dialogando meglio anche con la Piaggio, questa sì un'azienda che potrebbe attirare turisti da tutto il mondo e che di sicuro porta il nome di Pontedera attraverso il pianeta, un'azienda con la quale, anche in un'era post-ideologica come quella in cui viviamo, diciamocelo, non riusciamo a dialogare bene.
Per questo credo che il PD dovrebbe trovare il modo, dialogando con i propri alleati, di trovare una soluzione migliore che tenga conto anche del parere di quelle centinaia di pontederesi, molti dei quali vostri elettori, che hanno espresso il proprio dissenso rispetto ad una scelta affrettata e poco ponderata. Prima lo farete, meglio sarà per la città e anche per il Pd.



 

domenica 13 dicembre 2020

Qualche domanda sempre su Piazza Curtatone alle forze politiche (non PD) di maggioranza

In attesa di ricevere una risposta dal segretario del PD di Pontedera alle domande poste sul nome di Piazza Curtatone, giro le stesse domande, senza modificare nulla, pur non avendo in questo caso alcun titolo se non la curiosità e il gusto del confronto civile e pubblico per farlo, alle forze politiche, alle liste e ai singoli consiglieri eletti in diverse formazioni che sostengono e fanno parte integrante dell'attuale maggioranza consiliare. 

Dico questo perchè credo che tali forze, coi loro consiglieri, abbiano condiviso il sostegno alla mozione della maggioranza che intende cambiare, in maniera impropria, almeno ad avviso di quasi 500 concittadini (mi riferisco a quelli che si sono espressi nel sondaggio lanciato da Quinewsvaldera una decina di giorni fa), il nome di Piazza Curtatone. 

Tra queste forze politiche, tra questi consiglieri, tra questi assessori ve ne sono sicuramente di particolarmente sensibili ai temi istituzionali, alle memorie storiche della città, alle sue tradizioni nazionali.

Anche da loro, da ciascuno di loro, come forze politiche e come singoli, sarebbe interessante sapere con quali motivazioni e per quali ragioni hanno deciso di sostenere il mutamento del nome della piazza e l'abbandono di una tradizione storica che si racconta e si propone in un luogo così centrale della città.

Visitando infatti le pagine facebook di alcuni dei consiglieri non PD della maggioranza non mi pare di aver trovato alcun riferimento a questa loro immagino convinta adesione alla mozione su Piazza Curtatone approvata poche settimane fa in consiglio. Approvata anche da loro.

E scrivo questo perchè un atto collettivo, come l'approvazione di una delibera consiliare che ha un valore simbolico per la città, presa in fretta e furia e in un momento per altro difficile per la nostra città e per l'intero paese, non è infatti una responsabilità che riguarda solo il partito di maggioranza della coalizione (che ovviamente ne porta la responsabilità maggiore), ma va ricondotto anche a tutte le forze politiche e ai singoli consiglieri che questa maggioranza compongono e sostengono.



sabato 12 dicembre 2020

Qualche domanda al segretario dell'Unione comunale del PD pontederese su piazza Curtatone

Pur non essendo un iscritto al PD, sono un suo elettore. Su scala nazionale, regionale e comunale. Un elettore sostanzialmente fedele che segue con alternanza di sentimenti le imprese e l'affannoso e impegnativo cammino di questo partito (di cui, talvolta, mi capita anche di non condividere le scelte: e mi dispiace). A tenermi ancorato a quella che, con espressione davvero infelice, un ex segretario politico nazionale ora fuoriuscito chiamò "la ditta", è la convinzione che questa forza politica esprime idee, progetti e sentimenti in cui sostanzialmente e ragionevolmente mi riconosco. Condivido questo sentimento e questo atteggiamento di affettuosa simpatia (ma qui ovviamente parlo a titolo personale) con altri amici pontederesi. Ripeto non sono un iscritto, ma solo un simpatizzante e solo come tale mi piacerebbe che il segretario del PD cittadino motivasse pubblicamente l'adesione del partito alla scelta di cambiare nome di Piazza Curtatone. E in sostanza provasse a convincermi delle ragioni che dovrebbero aver portato il PD pontederese a sostenere questa scelta che francamente non mi convince per ragioni che ho già espresso sulla mia pagina fb e che per non tediare gli amici che mi leggono non ripropongo.
Avanzo questa domanda perchè sul sito facebook del PD Pontederese non ho trovato traccia (errore mio?) su questa decisione di alcuna discussione, nè di presa di posizione del partito, che spero però almeno ad un certo livello (direttivo di Unione comunale? Segreteria?) ci sia stata. Mazzinghi è un eroe popolare, che nessuno mette in discussione. Meritevole senz'altro di un importante riconoscimento pubblico. Favorevolissimo anch'io. Ma non cancellando Piazza Curtatone. Bensì trovando un'altra soluzione.
Sintetizzando domando al PD pontederese di sapere come motiva la cancellazione di piazza Curtatone dalla geografia culturale della città; come motiva la cancellazione di una memoria collettiva e nazionale chiara come quella risorgimentale che è stata fondante anche per tutte le correnti ideali che sono confluite nel PD; come si fa a coltivare certe memorie pubbliche, cancellandone i simboli. E se non sia possibile e ragionevole trovare un'altra maniera per omaggiare il grande pugile pontederese Sandro Mazzinghi che non svilisca però la nostra storia risorgimentale con suoi riferimenti locali.
A queste domande credo che il segretario dell'Unione comunale del PD, che conosco personalmente e che stimo per il suo impegno, non possa non sentire il bisogno di rispondere. Magari con un comunicato alla stampa o un post sulla pagina fb del PD. Credo che una risposta il segretario la debba almeno ai diversi sottoscrittori dell'appello del Comitato per mantenere il nome di Piazza Curtatone alcuni di quali sono, come il sottoscritto, solo simpatizzanti, ma altri anche iscritti al PD.



mercoledì 2 dicembre 2020

Ricordando Dino Carlesi

In questi giorni diversi amici sui social stanno ricordando Dino Carlesi nel decennale della sua morte. Ieri è uscito anche un bel comunicato dell'Associazione di Cultura Classica sulle pagine de La Nazione, in cronaca di Pontedera. Per cui non resisto alla tentazione di dire la mia e condivido un ricordo che mi ha regalato diverso tempo fa Antonio Chelli, già militante socialista come Carlesi, che con Dino ebbe un rapporto "complesso" soprattutto sul terreno politico.
Voglio in particolare ricordare che Carlesi è stato una colonna portante del socialismo pontederese dagli anni '50 fino al "tramonto" del socialismo negli anni '90. Di questo socialismo pontederese Carlesi è stato il baricentro culturale. E grazie all'egemonia che il PSI ha espresso sulle vicende culturali cittadine almeno fino agli anni '90, di fatto lui è stato l'ispiratore di gran parte delle politiche culturali pontederesi del secondo dopoguerra. Ma, come mi ricordava Antonio, nonostante questa statura indiscussa di intellettuale anche nell'ambito della "turbolenta" e "left-oriented" sezione socialista pontederese non gli mancarono mai scontri, incomprensioni, inimicizie e polemiche. Questo perchè i suoi compagni volevano essere persuasi e non facevano sconti a Dino solo perchè lui era un professore amico di Salvatore Quasimodo o dialogava direttamente con ministri e deputati socialisti. E a volte, ricorda Antonio, i compagni della sezione socialista lo osteggiavano anche solo per il tono passionale con cui lui presentava e difendeva le proprie idee e i propri progetti. Un tono a volte eccessivo e perfino debordante, che spesso finiva per indispettire molti compagni a prescindere dalle stesse idee che sosteneva. Tanto che una volta Antonio si divertì a riprendere in un'assemblea della sezione socialista le tesi che aveva appena sostenuto Carlesi e che erano state osteggiate apertamente. Riproposte in forma pacata da Antonio, le tesi di Dino furono accolte. E quando lui spiegò che quanto aveva appena detto corrispondeva esattamente alle tesi fischiate di Dino, molti rimasero increduli.
Sì, Dino era un passionale, che ha sostenuto e tenacemente difeso un'idea di cultura (e di politica) partecipata; una cultura che vedeva nell'incontro e nello scontro, anche aspro, polemico e perfino maldicente, un momento essenziale della vita cittadina. Un confronto, ripeto, animato, polemico, aspro, ma sostenuto a viso aperto e con fini espliciti: conquistare e mantenere una vera egemonia culturale e orientare le scelte amministrative, dialogando con l'opinione pubblica cittadina. Portando idee e proposte alla valutazione pubblica. Costruendo un confronto che aveva bisogno di spazi pubblici, anche informali e meno ingessati di quelli del Palazzo (che pure Dino frequentava assiduamente) o della sezione socialista (che pure bazzicava). Tra questi, fino dagli anni '50, ricordo il Circolo culturale, ma poi le mille assemblee pubbliche a cui partecipava e ancora gli interventi sulla stampa locale. Sono infatti diverse le lettere inviate da Carlesi a La Nazione e al Tirreno e da questi pubblicate per alimentare polemiche culturali a volte anche molto accese.
Da questo punto di vista (e tralasciando qui il suo non indifferente lavoro poetico, artistico e pedagogico, che meriterebbe di essere studiato seriamente) Dino Carlesi è stato davvero un bell'esempio di intellettuale che ha cercato di animare quello che fino a una ventina di anni fa si chiamava il dibattito culturale in città, un dibattito a cui ha partecipato da protagonista e di cui ha contribuito a tenere sempre alto il livello. Un livello di cui, lo dico con rimpianto, oggi non si vede traccia.
Certo bisogna anche precisare che Dino non era il solo ad animare quel dibattito. Altri pontederesi discutevano appassionatamente con lui. E le forze politiche giocavano ancora un ruolo. Elaboravano idee. Avanzavano proposte. Dialogavano con l'opinione pubblica anche prima e dopo le tornate elettorali. Così se la sua voce forte, dal timbro inconfondibile, si sentiva e arrivava al pubblico, era anche perchè si inseriva in battaglie culturali che avevano una caratteristica corale e sociale. Battaglie in cui lui emergeva come un solista di ottimo livello, ma insieme a tanti altri che discutevano, lo contestavano e a volte, come ho detto, lo fischiavano. Come deve essere in una democrazia sana. Anche a livello locale.



martedì 1 dicembre 2020

Il sondaggio su Piazza Curtatone dice che il nome dovrebbe essere mantenuto

Credo anch'io, come scrive il giornalista di Quinesvaldera, che il referendum promosso dalla testata giornalistica attiva su web costituisca solo una indicazione. Ma se il 67% dei votanti si sono pronunciati contro la decisione del consiglio comunale cittadino almeno per qualche consigliere, per qualche assessore e soprattutto per qualche partito politico che in tutta la vicenda ha brillato solo per il suo silenzio qualche problema di ascolto della cittadinanza e di empatia coi propri elettori forse c'è. E lo dico con rammarico. Perchè, nonostante abbia votato sì al mantenimento dell'attuale nome della piazza e quindi contro la decisione che hanno assunto alcuni rappresentanti che ho contribuito ad eleggere in consiglio, la cosa non è piacevole. Avrei preferito un dibattito pubblico su questa scelta prima del voto consiliare. Mi avrebbe fatto piacere sentire ad esempio la voce del PD o di alcuni consiglieri molto attivi sui social che parlano spesso di difendere le tradizioni e le memorie locali e che non mi risulta si siano pronunciati su questa decisione. Mi auguro ora che rispetto al pronunciamento pubblico di molti cittadini che frequentano internet, non ci sia da parte del consiglio comunale solo un'alzata di spalle o un silenzio imbarazzato. Credo che, anzichè affidare la soluzione al Prefetto come sostiene Mario Mannucci, le forze politiche di Pontedera, di maggioranza e di opposizione, potrebbero incontrarsi, prendere atto di quello che sembra essere il sentimento prevalente nella popolazione pontederese rispetto a questa scelta e decidere di modificare la prima delibera di intitolazione, trovando una soluzione che mantenga il nome storico a Piazza Curtatone e allo stesso tempo valorizzi il campione Mazzinghi con una scelta qualificata.