mercoledì 2 dicembre 2020

Ricordando Dino Carlesi

In questi giorni diversi amici sui social stanno ricordando Dino Carlesi nel decennale della sua morte. Ieri è uscito anche un bel comunicato dell'Associazione di Cultura Classica sulle pagine de La Nazione, in cronaca di Pontedera. Per cui non resisto alla tentazione di dire la mia e condivido un ricordo che mi ha regalato diverso tempo fa Antonio Chelli, già militante socialista come Carlesi, che con Dino ebbe un rapporto "complesso" soprattutto sul terreno politico.
Voglio in particolare ricordare che Carlesi è stato una colonna portante del socialismo pontederese dagli anni '50 fino al "tramonto" del socialismo negli anni '90. Di questo socialismo pontederese Carlesi è stato il baricentro culturale. E grazie all'egemonia che il PSI ha espresso sulle vicende culturali cittadine almeno fino agli anni '90, di fatto lui è stato l'ispiratore di gran parte delle politiche culturali pontederesi del secondo dopoguerra. Ma, come mi ricordava Antonio, nonostante questa statura indiscussa di intellettuale anche nell'ambito della "turbolenta" e "left-oriented" sezione socialista pontederese non gli mancarono mai scontri, incomprensioni, inimicizie e polemiche. Questo perchè i suoi compagni volevano essere persuasi e non facevano sconti a Dino solo perchè lui era un professore amico di Salvatore Quasimodo o dialogava direttamente con ministri e deputati socialisti. E a volte, ricorda Antonio, i compagni della sezione socialista lo osteggiavano anche solo per il tono passionale con cui lui presentava e difendeva le proprie idee e i propri progetti. Un tono a volte eccessivo e perfino debordante, che spesso finiva per indispettire molti compagni a prescindere dalle stesse idee che sosteneva. Tanto che una volta Antonio si divertì a riprendere in un'assemblea della sezione socialista le tesi che aveva appena sostenuto Carlesi e che erano state osteggiate apertamente. Riproposte in forma pacata da Antonio, le tesi di Dino furono accolte. E quando lui spiegò che quanto aveva appena detto corrispondeva esattamente alle tesi fischiate di Dino, molti rimasero increduli.
Sì, Dino era un passionale, che ha sostenuto e tenacemente difeso un'idea di cultura (e di politica) partecipata; una cultura che vedeva nell'incontro e nello scontro, anche aspro, polemico e perfino maldicente, un momento essenziale della vita cittadina. Un confronto, ripeto, animato, polemico, aspro, ma sostenuto a viso aperto e con fini espliciti: conquistare e mantenere una vera egemonia culturale e orientare le scelte amministrative, dialogando con l'opinione pubblica cittadina. Portando idee e proposte alla valutazione pubblica. Costruendo un confronto che aveva bisogno di spazi pubblici, anche informali e meno ingessati di quelli del Palazzo (che pure Dino frequentava assiduamente) o della sezione socialista (che pure bazzicava). Tra questi, fino dagli anni '50, ricordo il Circolo culturale, ma poi le mille assemblee pubbliche a cui partecipava e ancora gli interventi sulla stampa locale. Sono infatti diverse le lettere inviate da Carlesi a La Nazione e al Tirreno e da questi pubblicate per alimentare polemiche culturali a volte anche molto accese.
Da questo punto di vista (e tralasciando qui il suo non indifferente lavoro poetico, artistico e pedagogico, che meriterebbe di essere studiato seriamente) Dino Carlesi è stato davvero un bell'esempio di intellettuale che ha cercato di animare quello che fino a una ventina di anni fa si chiamava il dibattito culturale in città, un dibattito a cui ha partecipato da protagonista e di cui ha contribuito a tenere sempre alto il livello. Un livello di cui, lo dico con rimpianto, oggi non si vede traccia.
Certo bisogna anche precisare che Dino non era il solo ad animare quel dibattito. Altri pontederesi discutevano appassionatamente con lui. E le forze politiche giocavano ancora un ruolo. Elaboravano idee. Avanzavano proposte. Dialogavano con l'opinione pubblica anche prima e dopo le tornate elettorali. Così se la sua voce forte, dal timbro inconfondibile, si sentiva e arrivava al pubblico, era anche perchè si inseriva in battaglie culturali che avevano una caratteristica corale e sociale. Battaglie in cui lui emergeva come un solista di ottimo livello, ma insieme a tanti altri che discutevano, lo contestavano e a volte, come ho detto, lo fischiavano. Come deve essere in una democrazia sana. Anche a livello locale.



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