Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872) / Nello Rosselli, Einaudi, Torino, 1967, pp. 368
Scritto nel 1926, rielaborando la tesi di laurea che Nello Rosselli aveva dato con Gaetano Salvemini all'Università di Firenze, il testo, dedicato ai rapporti tra Mazzini e Bakunin (ma con personaggi di contorno non da poco come Garibaldi e Marx) e agli inizi del movimento operaio italiano non è solo uno studio commovente, ma ancora valido, storiograficamente parlando, e di grande attualità politica. E' molto di più.
A parte la splendida ricostruzione delle idee politiche in materia di questione sociale e operaia di Mazzini e di Bakunin, che, per quello che ne so la storiografia successiva, ha solo perfezionato, ma non modificato sostanzialmente, a parte i due meravigliosi cammei dedicati a Marx e Garibaldi nel contesto della prima internazionale e la Comune di Parigi (1864-1871), il libro tratteggia gli esordi del movimento operaio italiano infilato in un brodo politico dove si muovevano moderati liberali, conservatori cattolici, repubblicani di fede mazziniana, democratici e socialisti di fede garibaldina, proto-anarchici influenzati dal Bakunin degli anni '60 e dalle sue idee internazionaliste, socialisti sulla scia della idee di Ferrari, federalisti come Cattaneo, e marginalmente Marx ed Engels. Il tutto in un mondo dove l'analfabetismo contadino (fino al 90%) e quello operaio (probabilmente attorno al 60/70%) la facevano da padrone e avere le idee chiare su cosa fare e verso quali scelte di azione orientarsi per emanciparsi e conquistare condizioni di vita e di lavoro migliori era tutt'altro che semplice.
Ne esce un movimento operaio eroico, ma anche confuso e pieno di contraddizioni, con mille anime e un impressionante numero di personalismi. E tale rimarrà anche nei quarant'anni successivi. E, forse, anche dopo.
Un testo ancora vivo, di un grande storico, che dimostra di capire e ricostruire uomini e contesti molto più e molto meglio di alcuni grandi storici dell'epoca, che più che storia facevano filosofia della storia o riducevano la storia a strumento per validare le loro idee politiche.
La grande lezione di Pasquale Villari e di Gaetano Salvemini aveva davvero trovato un degno erede. Questo rende ancora più dolorosa la morte avvenuta per ,mano di sicari fascisti di un grande storico e poi leader di Giustizia e Libertà come Nello Rosselli.
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