martedì 18 giugno 2024

CRITICHE E CAMBIAMENTI

Ringrazio tutti per i numerosi commenti al mio ultimo post. Fa piacere avere lettori e amici, anche molto molto critici, che ti leggono e ti bacchettano, dicendo la propria e usando una sana toscanaccia ruvidezza e parecchia ironia. 

Mi scuso, ma non ce la faccio a rispondere a tutti, uno per uno.

Il mio impegno di cittadino anziano, in questi ultimi 6 o 7 mesi, è stato di valutare, attraverso un certo numero di post argomentati (mai meno di 2000 battute), alcune importanti carenze amministrative dell’attuale giunta di centro sinistra ristretto e per conseguenza di sostenere un cambiamento. 

All'inizio ho provato a suggerire una valutazione vera dell’operato della Giunta Franconi e un dibattito aperto nel PD (di cui sono elettore e simpatizzante da quando è nato) e un cambiamento di posizioni e anche di persone. Magari passando per le primarie. Ho proposto anche un allargamento della coalizione e un dialogo nella direzione dello schleiniano campo largo. Ma niente è accaduto. Chi diavolo ero del resto per chiedere tutto questo? Nessuno. Solo un elettore e un simpatizzante.

Infatti ho votato l’attuale maggioranza nel 2019 (e anche quelle prima), ma questa mi ha prima deluso, poi anche inquietato. 

Mi sembra infatti che la città stia scivolando verso una deriva oligarchico/padronale, gestita da un pugno di uomini, tutti annidati in ruoli chiave. Una deriva che trovo sbagliata per i contenuti e pericolosa per le modalità personali che porta con sé. E questo pericolo, a Pontedera, almeno per ora, non viene da destra. Non è un pericolo fascista. Ma è un pericolo lo stesso per la vita democrazia locale.

Al primo turno comunque un cittadino su due ha sfiduciato la maggioranza in carica e rimandato al mittente il suo progetto di città. 

Nonostante la sua forza propagandistica e le sue reti, il centro sinistra ristretto non è andato oltre il suo storico perimetro e ha sfiorato l’asticella della maggioranza ma senza superarla.

Che poi il 50% di chi ha sfiduciato gli attuali amministratori non sia riuscito a sua volta a coalizzarsi e a esprimere un'idea alternativa e neppure negoziata, è vero. 

Per questo ora si passa dalla modalità di voto proporzionale ad una modalità maggioritaria. E un sindaco si eleggerà.

Ma il risultato sostanzialmente proporzionalista del primo turno, quello che indica gli umori veri della città, resta chiaro e indicativo. 

Il centrosinistra ristretto, senza una parte della sinistra cittadina e senza gli ecologisti, non ha la maggioranza assoluta dei votanti nel comune e non dovrebbe gestire la cosa pubblica come se fosse una cosa sua. Dovrebbe gestirla con una modalità di rispetto di chi non l’ha votato: una modalità che il sindaco uscente, a parole, aveva promesso anche 5 anni fa, ma che poi non ha realizzato.

E questo perché la deriva oligarchico/padronale della maggioranza uscente la obbliga a chiudersi. 

Il rifiuto di trattare prima delle elezioni con la sinistra guidata dalla Ciampi e di non puntare nemmeno lontanamente a costruire alcun campo largo a Pontedera, che pure avrebbe garantito a Franconi e ai suoi di avere una maggioranza certa al primo turno, è emblematico di questa chiusura e autosufficienza. 

Una chiusura che non è politica e non è ideologica, ma è da ricondurre alle scelte amministrative compiute e a quella deriva che non ammette una vera discussione, né un allargamento a sinistra della coalizione e men che mai la nascita di un campo largo. Pena il crollo del castello.

Si è preferito rischiare il ballottaggio che allargare la maggioranza a sinistra, contando sulla debolezza e la divisione delle altre liste.

Perciò domenica prossima saremo chiamati a confermare questo centrosinistra ristretto e le sue scelte o a provare a fermarlo e a rischiare di cambiare.

Io sono ideologicamente molto lontano dalle destre ma pragmaticamente voterò per cambiare e per chiedere una Pontedera più aperta e più plurale.

CHIEDILO AL VENTO

La compagnia degli attori dell’Università del Tempo Libero di Pontedera, Terzo Tempo, ci ha regalato stasera, al teatro di Cascine di Buti, uno spettacolo molto delicato, pieno di emozioni, con storie dolorose e allo stesso tempo piene di riflessioni sulla contemporaneità.

Lo spettacolo si intitola CHIEDILO AL VENTO, si ispira alla vicenda della cabina del vento, lanciata in Giappone, ma approdata anche sulle nostre colline della Valdera, e contiene 5 storie sbagliate, recitate da 10 protagonisti, vittime e carnefici, e da un coro che, come in una commedia greca antica, interviene nelle vicende, si intromette, le commenta, induce i personaggi a raccontare la verità, danza, si muove e, con alcuni bei movimenti, anima e completa la scena.

Scritto da Silvia Nanni e messo in scena dal regista Claudio Benvenuti, lo spettacolo ha una partenza lenta, che immagino corrisponda alla salita che si deve fare per raggiungere la parte alta della collina della vita da cui si vede poi un orizzonte molto ampio e si capisce il senso delle cose. Un senso che non è un regalo, ma una conquista.

E la collina del vento e la cabina costituiscono lo spazio giusto per mettere un attimo da parte gli assili e le ansie della quotidianità e riflettere su se stessi e sugli altri e provare davvero a capirsi. Almeno nella misura in cui questo è possibile.

Si tratta di uno spettacolo che si può definire civico esistenziale che tocca vari temi (dal mobbing sul lavoro alla correttezza professionale, dallo sfruttamento sessuale alla difficoltà di dichiarare il proprio amore, fino alla violenza sulle donne). E lo fa con un linguaggio semplice, ma efficace, alternando battute ironiche, frasi poetiche e parolacce ormai sdoganate.

Uno spettacolo dolce e anche amaro che aderisce bene alla nostra società, ma che la critica e ne svela i limiti. Limiti che sono sociali ed umani.

Così in un’ora la compagnia degli attori e soprattutto delle attrici dell’UTEL apre un dialogo coi morti (perché di solito le vittime delle 5 storie sono morte), dove chi chiama quasi sempre è il personaggio pieno di rimorsi che è sopravvissuto all’altro, che è poi sempre una donna.

C’è nel testo scritto con musicalità  e freschezza da Silvia Nanni e nella sua messa in scena un sapore antico, antropologico, un raccontare corale come deve essere stato tipico degli uomini che ci ostiniamo a chiamare primitivi, ma che, emotivamente parlando, dovevano essere più simili a noi di quanto ci immaginiamo.

E di sicuro quella di dare la parola ai morti e il dialogo con loro è un’invenzione dei “primitivi” che noi continuiamo a utilizzare per calmare la nostra ansia e le nostre paure, esattamente come facevano loro.

Suggestiva, aerea ed efficace la coreografia di Barbara Falorni e particolarmente eleganti e funzionali alla costruzione di una doppia temporalità sul palco i costumi realizzati da Cristina Biondi.

La compagnia del Terzo Tempo ha realizzato questo spettacolo, che si spera di replicare anche in altri spazi, alla fine del suo secondo anno di formazione ed è quindi il suo secondo saggio finale.

Rispetto al primo spettacolo (“Amore a tempo di musica”) il gruppo delle attrici e degli attori è più compatto e amalgamato ed ha saputo offrire una prova scenica decisamente più impegnativa. Tutti si muovono meglio sul palco, tutti parlano in maniera più fluida e interpretano il testo in maniera più sciolta. Merito del grande lavoro di Claudio Benvenuti, ma anche di un crescente impegno e un forte coinvolgimento di tutti gli attori anziani, che, è proprio il caso di dirlo, sono molto molto cresciuti.

Il progetto formativo teatrale è realizzato in collaborazione con l'associazione Crescere Insieme.

Ingresso libero. Sala piena.

lunedì 17 giugno 2024

PERCHÉ VOTERÒ MATTEO BAGNOLI AL BALLOTTAGGIO

 Premessa. La composita destra italiana è democratica. Ha idee distanti dalle mie. Specialmente sui diritti, ma è pienamente legittimata a governare e, se ha la maggioranza, a intervenire sul paese secondo i suoi indirizzi. Non ne ho paura. Salvo tenere sempre gli occhi ben aperti e contrastarla. Ma senza gridare ogni 3 x 2 all’arrivo del lupo fascista.

La prima e la principale ragione per cui voterò Bagnoli è legata alla possibilità che la sua vittoria riapra molte opportunità sul piano amministrativo locale e operi un cambiamento sulla città.

Intendiamoci. Riaprire non vuole dire verificarsi. Né vuol dire certezza di miglioramento assoluto. Ma una cosa è ragionevolmente sicura: solo se diventasse sindaco Bagnoli alcune scelte si potrebbero riprogettare. Se vince Franconi no.

Faccio alcuni esempi per chiarire.

SE VINCE BAGNOLI

1 DISCARICA/RIFIUTI: si può rivedere il piano della discarica e la strategia del distretto dei rifiuti. SE VINCE FRANCONI SCORDIAMOCELO.

2 KEU, si può istituire una commissione comunale d'inchiesta su tutta la vicenda e definire un atteggiamento conseguente.

3 DISCARICHE in Valdera. Attraverso l’Unione Valdera si possono approvare piani urbanistici integrati che ridimensionino il ruolo della discariche in Valdera

4 si può sperare di modificare la politica del TEATRO ERA e di negoziare con il Comune di Firenze un nuovo accordo per l’uso degli spazi teatrali aperto a molti soggetti.

5 PALP. Si può modificare la struttura della Fondazione Cultura e ridefinirne il ruolo e gli obiettivi del PALP, nominando un nuovo CDA.

6 Biblioteca GRONCHI. Si può modificare l’attuale piano del Project financing.

7 VILLA CRASTAN, si può studiare una proposta partecipata togliendo la Villa dalle competenze della Fondazione cultura

8 SOCIETÀ PARTECIPATE, si possono modificare l’attuale indirizzo, i rappresentanti, le strategie. E le società partecipate sono molte… e 

decisive per la città. 

9 FESTE. Si possono ridimensionare parecchio e recuperare risorse per interventi sociali

10 SCUOLA CURTATONE, si può studiare un progetto alternativo all’attuale

11 PIANO URBANISTICO, si può modificare il piano attuale, ripristinare aree agricole, forestare ed escludere un aumento del consumo di suolo

12 PIANO DEL VERDE, si può fare un vero piano

13 GESTIONE PARCHEGGI, si può provare a rendere di nuovo pubblica la Siat.

E così via. Ma le cose che si potrebbero rimettere in gioco sono davvero molte.

Domanda: questi obiettivi sono presenti nel programma Bagnoli?

Solo in parte. E spesso in forma diversa da come li ho indicati. E allora?

Qui c'è la mia seconda motivazione per votarlo.

Bagnoli ha costruito un programma da rappresentante dell’opposizione.

Ma se diventerà Sindaco di Pontedera dovrà invece misurarsi con una realtà concreta, con la responsabilità di portare avanti i progetti avviati da altri e di costruirne di propri. A quel punto, se è in gamba, studierà, crescerà e dovrà aggiornare il suo programma.

Costruira’ una squadra di assessori che sia in grado di sostenerlo. E cercherà buoni dirigenti.

Dovrà confrontarsi con sindaci anche di un altro colore politico, nell’Unione Valdera, di cui Pontedera è il baricentro naturale.

Infine Bagnoli potrà cercare alleanze e collaborazioni almeno coi civici di Pontedera con i quali ha condiviso battaglie e punti programmatici.

E' una scommessa? Certo. La faccio troppo facile? Può darsi.

La terza e ultima motivazione. La chiamo la clausola di sicurezza.

Dopo quasi 80 anni di egemonia assoluta sulla macchina comunale, lasciare il posto di comando ad altri e fare un po' di meditazione fuori dalle stanze dei bottoni potrebbe fare bene ai miei amici di centrosinistra. Potrebbe aiutarli a ripensare il senso di questa deriva oligarchico/padronale e di molte altre scelte non positive in cui hanno infilato la città. Ma essendo molto competente sul piano amministrativo, la classe dirigente di centro sinistra eserciterebbe un forte controllo sull’operato del nuovo sindaco, impedendogli di percorrere strade sbagliate. Insomma loro sarebbero una forte opposizione. Recitetebbero un potente ruolo di controllo che garantirebbe la prosecuzione della democrazia locale pur con un sindaco di destra. Assumerebbero il ruolo di clausola di sicurezza. Ma fuori dal potere. Almeno per 5 anni. Sarebbe salutare per la città. E forse perfino per loro.

Poi si vedrà. E se Bagnoli non funzionasse, si ricambierebbe. Come a Cascina.

Non è lo spirito di alternanza la vera forza di una democrazia?

giovedì 13 giugno 2024

SAN MINIATO: PARTITA APERTISSIMA. LE BIBLIOTECARIE SPERANO

 Dopo essere stato portato alle primarie dal suo stesso partito, Giglioli è stato bocciato al primo turno elettorale dai sanminiatesi.

Quasi 2 cittadini su 3, senza considerare schede bianche e nulle, non lo vorrebbero più sindaco. O, visto dalla sua parte, poco più di 1 cittadino su 3 lo vorrebbe riconfermare. La maggioranza No.

Cosa pensano di lui tutti i suoi concittadini votanti ora è certificato.

La sua uscita di scena o la sua permanenza sono nelle mani delle altre 4 liste e soprattutto dei loro elettori. Riusciranno a dar vita ad una nuova maggioranza al prossimo ballottaggio?

A leggere la stampa, pare che Altini si stia muovendo in questa direzione: aprire un tavolo di collaborazione con tutte le altre liste in campo e proporre un accordo di programma sulla base dei punti comuni.

Dalle cose che ho ascoltato e letto negli ultimi mesi ce n’è abbastanza per fare un buon programma amministrativo quinquennale e per mettere insieme una squadra di assessori veramente buona.

Sarebbe un cambiamento epocale per il Comune.

Certo una maggioranza così plurale richiederebbe a tutti un passo indietro ideologico e un passo in avanti pragmatico.

Richiederebbe di pensare a San Miniato non come ad una rocca strategica da conquistare e poi dominare, ma come a un mega supercondominio da amministrare con la saggezza e la moderazione di tanti bravi padri e madri di famiglia. Mettendosi d’accordo tra persone ragionevoli.

E senza dimenticarsi di inserire nel programma amministrativo l’annullamento della delibera sui servizi bibliotecari e archivistici che maltratta le 7 bibliotecarie, quella approvata ad aprile dal sindaco uscente.

I NUMERI, LE MAGGIORANZE E IL CONSENSO

E’ vero che il 50,7% degli elettori pontederesi che al primo turno non hanno votato la coalizione del sindaco uscente non costituiscono, politicamente parlando, una maggioranza alternativa. Che infatti non c’è. 

Quel numero però costituisce il limite contro cui ha sbattuto ed è rimbalzata la maggioranza uscente al primo turno. Un fronte del NO di cui tenere conto per capire cos' è questa città oggi e individuare la soglia del consenso reale attorno all’attuale maggioranza.

In poche sezioni elettorali pontederesi, se ho letto bene i dati riportati dalla stampa, il sindaco uscente supera l’insieme dei suoi 3 competitori, con cui, lo ribadisco, non ha voluto neppure confrontarsi pubblicamente.

E anche la distribuzione sul territorio dimostra la sostanziale omogeneità del dissenso in diverse aree comunali.

E questo senza contare gli astenuti. 

Né le schede bianche e nulle (circa il 4%).

Aggiungo, per evitare equivoci, che in una democrazia che voglia funzionare bene è comunque meglio avere al governo una minoranza compatta piuttosto che una maggioranza sbrindellata e divisa. O almeno questo è ciò in cui si crede, per legge, dagli anni ‘90 in poi.

Infatti questo prevede la riforma delle elezioni comunali del 1993. Ma prima si credeva in altre regole e in altri valori. Prima del ‘90 i partiti contavano più dei sindaci. Poi il rapporto di forza si è rovesciato. La personalizzazione è dilagata. E oggi spesso i partiti sono appendici dei sindaci. Questo dà più stabilità amministrativa. Meglio così allora? Forse sì, ma con diversi punti interrogativi.

Comunque tra 15 giorni il ballottaggio anche a Pontedera darà sostanza a questa regola, trasformando una minoranza in una maggioranza operativa attorno ad un sindaco. Tutto regolare e legittimo.

Come è legittimo e regolare che il sistema maggioritario politico consegni il Parlamento ed il Governo ad una minoranza politica, ancorché compatta. Perché il centrodestra a trazione Meloni in Italia non ha i voti della maggioranza assoluta degli elettori italiani, ma solo del 44% dei soli votanti.

Ma torniamo a Pontedera.

Personalmente continuo a pensare che la città avrebbe bisogno di un cambiamento a palazzo Stefanelli. 

Aggiungo che la vittoria al ballottaggio di Franconi gli consentirà per altri 5 anni di fare sostanzialmente quello che vuole. E lo farà. Rafforzerà il suo ruolo e perfezionerà la sua squadra di governo, consolidando il sistema di relazioni egemoniche che è già una realtà.

Tra l’altro tra 5 anni non avrà neppure bisogno di essere misurato dagli elettori, a meno che nel frattempo il Parlamento non approvi una legge che abolisce i due mandati anche per i sindaci dei comuni sopra 15000 abitanti e lui si candidi per un terzo mandato e poi un quarto e magari fondi quello che i francesi, parlando dei loro sindaci a vita, chiamano “monarchia municipale”.

A me il nostro aspirante monarca municipale e “imprenditore del territorio” (un altro termine usato sempre per i sindaci francesi”) pare di vederlo già avanzare. Ed è in buona compagnia, perché se ne vedono diversi altri di aspiranti monarchi e regine in Valdera. Mentre i partiti sono scomparsi o soffrono parecchio.

Per questo mi piacerebbe un bel cambiamento.

BALLOTTAGGIO CON DIALOGO O SENZA?

 È stata una gara difficile. Asimmetrica e curiosa. Col sindaco uscente che, mentre inventava i DIALOGHI URBANI, si rifiutava di partecipare ai dibattiti con gli altri candidati, recitando la parte dell'offeso, ma in realtà sapendo di essere il più forte e non volendo regalare neppure le briciole della sua presenza agli altri candidati.

Infatti, grazie al ruolo pubblico ricoperto per 5 anni, il sindaco uscente ha goduto di molti vantaggi legittimi (o a quante inaugurazioni e incontri avrà partecipato negli ultimi mesi, Vespa Days inclusi?). E tanta è stata la sua visibilità legittima, che però non gli è bastata a fare meglio delle elezioni del 2019, quando era, politicamente parlando, un mezzo sconosciuto.

Dunque 5 anni di super attivismo, con una squadra fortissima, per crescere solo di poco più di 2 punti percentuali rispetto al dato del 2019 (ma rimanendo sempre sotto il 50%). Via. Diciamolo. Non proprio un risultato strepitoso.

O come mai la stragrande maggioranza degli elettori non si sono accorti di tutti i miracoli che il sindaco e i suoi sostengono di aver fatto? Già. Come mai? 

Peccato che non lo sfiori alcuna capacità autocritica. L’uomo non è abituato a raggiungere simili vertigini di pensiero. Come non è abituato ai bilanci. Figuriamoci poi se riesce a chiedersi: dove avrò sbagliato? Perché non sono piaciuto?

E' un uomo del fare. Dell’andare avanti. Di quelli che gettano il cuore oltre l’ostacolo.

Invece i suoi dispettosi cittadini (e non solo quelli ideologicamente di destra) hanno ragionato. Non si sono lasciati abbagliare. Neppure da un evento di portata planetaria come i Vespa Days. Né si sono fatti stupire da altri effetti speciali. Incluse le paginate di promesse pubblicate, a getto continuo, dalla stampa senza neppure un abbozzo di analisi critica. 

Si, chi è andato a votare per il rinnovo del sindaco e del consiglio ha ragionato e parlato chiaro e forte. 

Un pontederese su due ha detto che non vorrebbe di nuovo Franconi sindaco di Pontedera. UNO SU DUE GLI HA DETTO: NO GRAZIE.

Se poi si tenesse conto della volontà di tutti gli aventi diritto al voto, a non volere l’uscente sindaco di nuovo a Palazzo Stefanelli SAREBBERO 2 SU 3. Ma queste sono sottigliezze.

In realtà lui potrà continuare a dire che rappresenta tutti i pontederesi. La legge glielo consente. Ma la sostanza è che a volerlo sindaco di questa città, dopo averlo provato per 5 anni, è solo una minoranza. Appena il 33% degli aventi diritto al volto. Non molti.

Perciò se davvero lui volesse rappresentare anche gli altri pontederesi che, nonostante tutte le sue feste, non lo hanno votato, dovrebbe dare loro spazio. Come? Intanto ascoltandoli. Ma non per finta, come fa nei suoi dialoghi autoreferenziali o nei referendum tipo parco della Bellaria.

Perché che a metà città lui non sia proprio piaciuto non è una battuta politica, è una verità matematica. Basta contare. Ed è contro questo scoglio matematico che è inciampata la grande armata propagandistica del sindaco uscente.

Ma ora lui che farà? Metterà da parte la postura dello sdegnato? Accetterà il dialogo con l’altro Matteo? Si confronterà al ballottaggio, ora che il gioco si è fatto ancora più facile per lui? O tirerà dritto, fingendo di ignorare il NO di mezzo comune e contando sull'astensione di molti suoi antagonisti che però, per ragioni diverse, non vorranno votare a destra?

Tra poco si saprà.

giovedì 6 giugno 2024

29 BUONE RAGIONI PER UN CAMBIAMENTO

1 La politica culturale è stata inadeguata. Ho pubblicato 30 post negli ultimi mesi su cosa non ha funzionato in Biblio Gronchi, Teatro Era, Palp, Fondazione cultura, mostre, eventi culturali, ecc. Il nuovo programma è generico.

2 Il progetto di sviluppo del “Dente Piaggio” è rimasto al palo. Niente Atelier robotica, niente nuovo parcheggio ex ape, niente rifacimento dei marciapiedi.

3 la vicenda dei parcheggi sigillati della biblioteca Gronchi dura da quasi 2 anni ed è indecorosa; la chiusura di via Maestri del Lavoro un danno quotidiano per migliaia di persone. La cifra annunciata di 1 milione di euro che il comune spenderà, attraverso SIAT, per i restauri è in parte uno spreco.

4 l’abbandono e la chiusura della scuola Curtatone in piazza Garibaldi un’ennesima ferita al cuore della città. 

5 non riuscire a recuperare nessun importante edificio del centro storico è una debolezza: ex IPSIA, ex Crastan, ex CRI, ex cabina Enel e altro.

5 la storia delle alienazioni mancate dell’edificio di via Corridoni, dell’ex centro Otello Cirri, ecc.: una dimostrazione di poca capacità amministrativa

6 la vicenda dell’ex villa Piaggio, dell'ex residenza assistita e del parco: una barzelletta

7 il maltrattamento del parco dell’Albereta, giochi, bagni, piante, controllo sugli spazi, imbellettati all’ultimo minuto: una presa in giro.

8 Lo stato dei cimiteri comunali se paragonato col cimitero della Misericordia è inqualificabile

9 le buche nelle strade della città un obbrobrio pericoloso

10 la storia del parco della Bellaria e delle nuove costruzioni con tanto di referendum popolare, una presa in giro per la cittadinanza

11 la vicenda della gestione della villa Crastan, una commedia che non fa ridere nessuno

12 la trasformazione della fabbrica Crastan persa nelle nebbie anche amministrative, una delle infinite promesse non mantenute

13 il consistente aumento dei parcheggi a pagamento per garantire maggiori introiti ad una società di parcheggi che la stessa amministrazione ha privatizzato è una scelta veramente sgradevole

14 la gestione del verde urbano largamente insoddisfacente soprattutto alla luce del cambiamento climatico. Nessun piano del verde elaborato.

15 Nella città già troppo cementificata è mancata un’idea progettuale di transizione ecologica. Neppure il bikesharing si è fatto funzionare. 

16 sul ridimensionamento delle aree edificabili, richiesto da molti cittadini, si è perso tanto tempo. Si pagano tasse su suolo edificabile inutilmente. Una patrimoniale nascosta.

17 sulla vicenda del Keu, un atteggiamento insufficiente.

18 la visione dell’Unione Valdera e il rapporto Comune - Unione sono stati ondivaghi e privi di chiarezza.

19 La gestione della macchina amministrativa comunale più volte ridisegnata, ha impoverito la capacità di azione degli uffici

20 l’ingresso di Ecofor nel Pontedera us calcio, su stimolo del comune, è un atto inopportuno.

21 la vicenda del cambio di nome di piazza Curtatone poi abortito, una storia indimenticabile 

22 il premio Pontedera a un ciclista sotto processo per stalking è un'offesa alle donne

23 il sostegno all’ampliamento della discarica di Gello per fare business (anche a vantaggio del comune), è un pericoloso errore ambientale

24 le previste espansioni cementizie al Chiesino e i nuovi centri commerciali in area cimiteriale, incommentabili

25 aver speso centinaia di migliaia di euro in feste pubbliche di tutti i tipi all’insegna del panem et circenses, uno spreco e uno sbaglio.

26 l'assenza di un progetto in tema di integrazione interculturale tra le 90 comunità linguistiche e nazionali presenti in Pontedera, un atto miope

27 non affrontare con risorse e programmazione il sostegno alla formazione dei figli dei migranti, un errore che la città pagherà caro

28 il tentativo di trasformare la politica locale in un sistema di relazioni personali, svuotando di ruolo i partiti, indebolisce la democratica locale.

29 la costruzione di un'egemonia oligarchica sulla città attraverso l’amministrazione e alcune società partecipate, prefigura una deriva della democrazia locale sempre meno partecipata. Da arginare.

Pontedera ha assolutamente bisogno di un CAMBIAMENTO.

ULTIMA VIENE L’UNIONE

C’era e c’è ancora l’Unione valdera, con sede a Pontedera, in zona stazione, e il Comune ne fa parte. Ottenendone diversi servizi. Ma a leggere il nuovo programma della coalizione uscente, non sembrerebbe esistere alcuna UNIONE. Mai citata. Se non di straforo.

Eppure l’UNIONE VALDERA (in sigla UV) gestisce tutte le gare importanti del Comune di Pontedera, una parte della sua spesa sociale, diversi servizi scolastici, la polizia municipale, la protezione civile, il SUAP, l’ufficio personale e altro ancora.

UV è anche il braccio operativo e direttivo dell’infrastruttura telematica ed informatica del Comune di Pontedera, di cui gestisce tutta l’automazione, dalle macchine ai programmi. Ed è attraverso questo ufficio che sta ad es. entrando in comune l’intelligenza artificiale. E' insomma uno degli uffici portanti del Comune. Ma è presso l’UNIONE, in comune con altri comuni: Bientina, Buti, Calcinaia, Capannoli, Chianni, Lari Casciana terme, Palaia.

Ancora: tra le numerose deleghe conferite dal Comune all'UNIONE c’è anche il coordinamento della pianificazione territoriale con gli altri comuni della Valdera aderenti alla Rete. Questo settore invece stenta a decollare. Così come vivacchia anche il coordinamento sui beni culturali (biblioteche, musei, ecc.). Fare sistema, al di là delle chiacchiere, non è mai facile.

Per questo, su come far crescere e migliorare questa importante relazione tra Comune e UNIONE ci sarebbe molto da dire e da fare. E la lista di PONTEDERA A SINISTRA, con argomenti propositivi e l’esperienza del suo capolista, nonché PRESIDIO CIVICO, sia pure in maniera più sintetica, hanno provano a indicare nei loro programmi alcune proposte di sviluppo. Almeno queste liste la questione l’hanno posta.

Invece non dice nulla di UV il centrodestra, da sempre contrario al ruolo dell’Unione. 

Ma il silenzio più inquietante, ripeto, è quello del centrosinistra, che di UV sa tutto e non prevede però alcuna evoluzione organizzativa. E questo mentre l’assetto organizzativo dell’Unione, progettato, tra gli altri, dal sindaco pontederese del PD, Paolo Marconcini, e costruito abilmente dal dirigente e direttore Giovanni Forte, oggi capolista per PONTEDERA A SINISTRA, un po’ scricchiola.

Così mentre il comune di Pontedera soggiorna con un’aria di sufficienza e nonchalance nell’Unione, il suo sindaco progetta accordi organizzativi con altri comuni della Valdera, già membri dell’Unione, ma ora fuoriusciti. Il più grande Comune della Valdera sta un po' di qui e un po' di là. Balla più danze, con più partner, senza consolidare e irrobustire veri rapporti e senza tracciare strategie comprensibili. Davvero un bel modo di fare amministrazione pubblica. Una situazione più da piangere che da ridere, se non fossimo, come scriveva il politologo toscano Mario Caciagli, un paese che sta fra Arlecchino e Pulcinella. E da lì, ahinoi, non si schioda.

Del resto un dibattito pubblico sul futuro dell’Unione non decolla da nessuna parte. Quel che resta dei partiti non sembra in grado di affrontare questioni complesse. E questa, di certo, lo è.

Soprattutto gli ectoplasmi politici non paiono in grado di alimentare un dibattito pubblico locale decente e di orientare almeno un po' le scelte amministrative degli enti. 

Il potere decisionale locale e quello di mediazione degli interessi è finito interamente nelle mani dei sindaci e dei loro gruppi di riferimento. Ma neppure i sindaci, privi di un orizzonte politico e spesso di breve durata rispetto ai tempi delle istituzioni, sono in grado di districarsi nella relazione complessa tra Unione e Comuni. Così fanno e disfanno accordi e alleanze, tessono progetti e collaborazioni spesso effimeri, basati sul contingente, come la storia degli ultimi trent'anni della Valdera ci racconta assai bene. Senza ovviamente andare da nessuna parte. Come accade a chi è privo di una bussola. 

Ma i piccoli autocrati locali di bussole e vincoli non ne vogliono. Vogliono fare ciò che gli pare, con chi gli pare e senza discuterne troppo in pubblico. E la legge e spesso gli elettori sono dalla loro parte. Buon pro ci faccia.

LE BIBLIOTECARIE NON SI ARRENDONO E AVANZANO UNA PROPOSTA AI CANDIDATI SINDACI

Le 7 bibliotecarie maltrattate di San Miniato non intendono farsi ricollocare lontano da casa, non accettano il suggerimento del sindaco Giglioli di accontentarsi di un lavoro di ripiego da parte della loro cooperativa, rivendicano i loro diritti e hanno elaborato varie proposte.

Una di queste proposte chiede a tutti i candidati sindaco, Giglioli escluso, in caso di una loro vittoria, di revocare la delibera della giunta Giglioli che pone fine all’appalto; di definire un affidamento diretto all’attuale cooperativa dei vecchi servizi in appalto, della durata di pochi mesi, così da fare tornare subito al lavoro le lavoratrici in biblioteche e archivi di San Miniato; di studiare quindi un nuovo assetto organizzativo di questi servizi da mandare in appalto che tenga conto dei nuovi orientamenti dell’amministrazione comunale su questa materia; e infine di bandire un nuovo appalto.

Su questo percorso, che tutelerebbe sia l’autonomia decisionale del Comune di SM e il suo percorso di reinternalizzazione di alcuni servizi archivistici e bibliotecari sia i diritti e le richieste delle lavoratrici, ci sarebbe un sostanziale accordo da parte di tutti i candidati alla carica di sindaco.

Ora la parola però passa agli elettori sanmimiatesi i quali potranno decidere se mandare a casa Giglioli e i suoi sostenitori e affidare il Comune ad altre mani. Se si realizzerà quest'ultima ipotesi, la situazione lavorativa per le bibliotecarie potrebbe cambiare e loro potrebbero davvero tornare a lavorare a San Miniato.

Per sostenere le loro idee e convincere gli elettori ad aiutarle, convinte sempre di più che la loro battaglia per la sicurezza sul lavoro sia sacrosanta, le 7 bibliotecarie/archiviste si sono così presentate ieri pomeriggio,  indossando magliette con su scritto: la SICUREZZA E' LAVORO, al dibattito dei 5 candidati sindaco, moderato da un giornalista del Tirreno, a Ponte a Egola. 

Durante il pomeriggio ci sono stati battibecchi e confronti verbali tra le bibliotecarie da una parte e il sindaco Giglioli e suoi sostenitori dall’altra. Il sindaco ha continuato a dire di aver agito nel migliore dei modi e di aver salvaguardato i posti di lavoro. Ma le bibliotecarie che vivono sulla loro pelle il disagio creato loro da questa amministrazione non erano affatto d’accordo e hanno cercato di spiegare le loro ragioni.

La vicenda ha molto colpito la comunità cittadina che già venerdì scorso aveva manifestato la sua solidarietà alle bibliotecarie nel loro ultimo giorno di lavoro.

La mossa ora però passa ai cittadini elettori, i quali, per strane coincidenze, hanno in mano anche il futuro di queste sette persone, oltre al futuro del loro Comune.

mercoledì 5 giugno 2024

L’ORGANIZZAZIONE COMUNALE QUESTA SCONOSCIUTA


Nel voluminoso programma del sindaco uscente non c’è un accenno alla macchina organizzativa comunale, agli uffici, al personale, alle necessità di nuove professionalità. Su questi temi nessun obiettivo chiaro è indicato.

Nei prossimi 5 anni il Comune dovrà assumere personale a tempo indeterminato? Boh. In quali settori? Boh. Buio, buio pesto.

Ai nostri amministratori non viene mai da pensare che tutte le brillanti idee di cui riempiono i loro programmi elettorali (si fa per dire) qualcuno dovrebbe realizzarle e che questo qualcuno sono i dirigenti, i funzionari e il personale di tutti i livelli che opera per lo più a tempo indeterminato per il Comune.

Spesso poi gli amministratori tendono a ricoprire personalmente almeno 3 ruoli, il primo quello di amministratore (sindaco o assessore che sia). Il secondo, quello di dirigente di settore. Il terzo, di funzionario direttivo. A volte perfino quello di esecutore. I nostri si giustificano con la necessità di fare, fare, fare. In realtà dipende dal grado di incomprensione del ruolo raggiunto e da un loro assillante bisogno di presenzialismo. 

Il primo compito, quello di amministratori, è il loro, ma gli altri no

La sostituzione può avvenire per vari motivi. Per carenza di personale. O per invasione di ruolo per scarsa capacità del personale presente. Ma ci sono altri motivi ancora (non tutti di carattere nobile o per tappare i buchi). 

Sta di fatto che l’interferenza continua tra il livello politico, quello dirigenziale e quello funzonariale genera situazioni negative che alla fine non è facile capire e risolvere. Ma che in ultima analisi portano ad inceppare sempre di più la macchina amministrativa.

Un esempio. Se un comune non svolge un'efficace azione ambientale è anche perché spesso un ufficio ambiente con le risorse umane necessarie e sufficienti per gestire tutte le pratiche e le progettualità connesse non c'è. Andrebbe rafforzato? Si. E molto. Perché chi vuole che nei prossimi 5 anni si realizzi ad es. un Piano del verde (come previsto dalla normativa) e che se ne verifichino i risultati concreti, dovrebbe prevedere nel suo programma anche adeguate risorse umane. Motivate e ben pagate. Ma si trova qualcosa del genere nel programma del sindaco uscente? Ripeto, no.

Le stesse osservazioni valgono per l’ufficio che segue le complesse vicende patrimoniali. Ma allora ci si può mai meravigliare che in 10 anni non si riescano a vendere certe immobili o a uscire da certe situazioni?

Idem per i lavori pubblici. 

Perché la digitalizzazione delle pratiche edilizie molto sbandierata, abbinata a programmi di intelligenza artificiale, non si farà da sé e qualche umano dovrà gestirla. E se questo umano non ci sarà o sarà oberato di troppo compiti, neppure il salto tecnologico darà i frutti sperati.

Nel corso degli ultimi 4 o 5 anni l’amministrazione di Pontedera ha cambiato più volte l'assetto delle macchina organizzativa, ma un rafforzamento strategico, quantitativo e qualitativo non l’ha realizzato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Ora se questo è vero, allora il programma elettorale prossimo venturo è destinato a restare in parte un libro dei sogni e in parte a dare vita ad una “esternalizzazione” di ulteriori funzioni che gli uffici comunali non riescono a realizzare; e che non sono in grado di gestire, soprattutto per carenza di risorse umane prima ancora che finanziarie.

Ma su questo punto centrale per il futuro della città, di riflessioni e di obiettivi nel programma dell’amministrazione uscente, ripeto, non se ne trovano.

Ovviamente niente anche sul dialogo col sindacato, al di là delle occasioni di rito, con il quale una programmazione del genere dovrebbe invece essere contrattata e gestita.

E, ripeto, nessuna analisi sul fabbisogno di personale e nessuna programmazione da discutere con la cittadinanza per il prossimo quinquennio. Meglio evitare con gli elettori temi troppo complicati?

Ora se insisto su questo punto è perché si tratta invece di un altro degli snodi che fa scivolare Pontedera verso derive oligarchiche.

Si perché quando si indebolisce una macchina amministrativa anziché rafforzarla, quando in una amministrazione diminuisce il tasso di programmazione, non si diventa più flessibili e leggeri, ma più fragili e più permeabili a pressioni e a sistemi che bypassano le procedure regolari, aumentano i tassi di esternalizzazione e con essi gli elementi di arbitrarietà e di autorità.

Lo stesso uso legittimo ma borderline delle società partecipate e privatizzate rientra in questo gioco complesso.

Perché quando troppe società partecipate divengono un Comune fuori dal Comune attraverso il quale però il Comune svolge diverse funzioni pubbliche (ma in forma privata) c’è un problema. Anzi un problemone.

Anche se è un problema insidioso, perché poco visibile e poco proposto all’opinione pubblica. Men che mai in campagna elettorale.

domenica 2 giugno 2024

FIGLI DI MIGRANTI, FORMAZIONE E CITTADINANZA

 L’Italia ha molteplici problemi da affrontare. Ma uno inciderà molto sul futuro del paese: mi riferisco alla qualità della formazione scolastica ed extrascolastica dei bambini e dei ragazzi.

In particolare la formazione dei figli dei migranti e la crescita culturale della famiglia di origine straniera è il nodo da affrontare se non vogliamo diventare (come in parte siamo già) il paese con meno laureati rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei, ma anche quello con la preparazione culturale media più bassa. Su questo tema serve un’attenzione speciale, finanziamenti speciali ed un monitoraggio attento dei risultati raggiunti anche da parte degli enti locali.

Questo rischio ho cominciato a percepirlo 7 anni fa, quando ho iniziato ad occuparmi, in prima persona, su suggerimento e richiesta del sindacalista della UIL Dia Papa Demba, del sostegno scolastico dei figli dei migranti nell’ambito dei programmi di promozione della lettura della Rete Bibliolandia. E dopo aver letto gli studi di Monica Meini.

Lo stesso ministro Valditara sembra aver chiaro questo problema e ha deciso di investire qualche soldo sulle scuole proprio in questa direzione, tenendole più aperte perfino nel periodo sacro che è quello estivo. Ma ci riuscirà? E in quale misura? E con quali collaborazioni delle amministrazioni locali?

A Pontedera negli ultimi 6 anni sono state diverse le associazioni (di solito con limitata esperienza pedagogica, ma animate da un'autentica passione culturale, politica e civica) che hanno gestito dei doposcuola alla buona, in luoghi improvvisati, a cui si sono rivolti i figli di migranti e le loro famiglie.

Parlo di una decina di associazioni, distribuite sul territorio, che hanno cercato di riprendere le idee di Don Milani e di sostenere quelli che sono oggi i più svantaggiati. Quelli a cui bisogna dare oggi più parole (nel nostro caso italiane) per comprendere meglio la realtà ed interagirci.

Il comune di Pontedera in questi anni ha sostenuto alcune di queste associazioni, ma senza attivare una propria progettualità, senza costruire un vero coordinamento e senza costruire un supporto professionale come invece era stato chiesto e promesso.

Il comune non è neppure riuscito a far aprire, per i vari corsi di doposcuola per figli di migranti, nelle ore pomeridiane, le sedi scolastiche comunali. Mentre le sedi operative delle associazioni sono quasi sempre risultate inadeguate per il tipo di percorso formativo individuale da svolgere (almeno per le realtà che conosco e di cui so).

Non è quindi un caso se di questo aspetto e del ruolo che il Comune potrebbe svolgere nel sostegno formativo a bambini e ragazzi figli di migranti ci sono solo riferimenti vaghi e generici nel nuovo programma dell'attuale sindaco. Li allego in foto.

Ma affidare questo problema alla sola sensibilità del volontariato (che per fortuna c’è ed è importante) è un errore. 

Se Pontedera avesse investito negli ultimi 3 anni in attività di supporto alla formazione e in particolare verso la fascia dei figli dei migranti (che più ne necessita) il 50% di quello che il Comune ha speso in feste varie, avremmo fatto un salto culturale in una fascia giovanile strategica per il futuro della città e del paese.

Ma questa voluta disattenzione illumina in negativo tutto il tema di Pontedera città delle 90 provenienze linguistiche e nazionali che oggi accentua le separazioni e i ghetti, fatica a ritrovare una progettualità pubblica, dopo aver smantellato un percorso importante avviato nei primi anni 2000 e gestito da un ufficio ad hoc.

Infatti si è passati da un’accoglienza e da un lavoro di incontro, di dialogo, di incentivi alla partecipazione delle comunità straniere gestiti con un'idea di allargamento di cittadinanza dell’era Marconcini (2000-2009), ad un ridimensionamento tout court di quel percorso con la giunta successiva (che ha avvertito un’aria più xenofoba emergere nella città e nelle stesse fine della propria maggioranza politica, contro la quale non è riuscita ad andare), fino ad una gestione un po' clandestina del tema migrazione/sostegno/integrazione realizzato dalla presente amministrazione. 

Un tema per altro studiato e ben raccontato (almeno dal 2003 al 2017) da molte pubblicazioni scientifiche curate dalla docente universitaria pontederese Monica Meini, tutte disponibili in biblio Gronchi.

Infine ricordo come la delega su queste tematiche sia stata affidata ad un’assessora molto brava, ma con sensibilità politiche solo parzialmente affini (e su alcuni temi addirittura contrastanti) col resto della maggioranza, e relegata a operare in contesti di nicchia rispetto alla società cittadina e con risorse economiche poco rilevanti.

Se non mi credete, cercate la parola migranti o intercultura nel nuovo programma franconiano. E poi ne riparliamo.