martedì 18 giugno 2024

CHIEDILO AL VENTO

La compagnia degli attori dell’Università del Tempo Libero di Pontedera, Terzo Tempo, ci ha regalato stasera, al teatro di Cascine di Buti, uno spettacolo molto delicato, pieno di emozioni, con storie dolorose e allo stesso tempo piene di riflessioni sulla contemporaneità.

Lo spettacolo si intitola CHIEDILO AL VENTO, si ispira alla vicenda della cabina del vento, lanciata in Giappone, ma approdata anche sulle nostre colline della Valdera, e contiene 5 storie sbagliate, recitate da 10 protagonisti, vittime e carnefici, e da un coro che, come in una commedia greca antica, interviene nelle vicende, si intromette, le commenta, induce i personaggi a raccontare la verità, danza, si muove e, con alcuni bei movimenti, anima e completa la scena.

Scritto da Silvia Nanni e messo in scena dal regista Claudio Benvenuti, lo spettacolo ha una partenza lenta, che immagino corrisponda alla salita che si deve fare per raggiungere la parte alta della collina della vita da cui si vede poi un orizzonte molto ampio e si capisce il senso delle cose. Un senso che non è un regalo, ma una conquista.

E la collina del vento e la cabina costituiscono lo spazio giusto per mettere un attimo da parte gli assili e le ansie della quotidianità e riflettere su se stessi e sugli altri e provare davvero a capirsi. Almeno nella misura in cui questo è possibile.

Si tratta di uno spettacolo che si può definire civico esistenziale che tocca vari temi (dal mobbing sul lavoro alla correttezza professionale, dallo sfruttamento sessuale alla difficoltà di dichiarare il proprio amore, fino alla violenza sulle donne). E lo fa con un linguaggio semplice, ma efficace, alternando battute ironiche, frasi poetiche e parolacce ormai sdoganate.

Uno spettacolo dolce e anche amaro che aderisce bene alla nostra società, ma che la critica e ne svela i limiti. Limiti che sono sociali ed umani.

Così in un’ora la compagnia degli attori e soprattutto delle attrici dell’UTEL apre un dialogo coi morti (perché di solito le vittime delle 5 storie sono morte), dove chi chiama quasi sempre è il personaggio pieno di rimorsi che è sopravvissuto all’altro, che è poi sempre una donna.

C’è nel testo scritto con musicalità  e freschezza da Silvia Nanni e nella sua messa in scena un sapore antico, antropologico, un raccontare corale come deve essere stato tipico degli uomini che ci ostiniamo a chiamare primitivi, ma che, emotivamente parlando, dovevano essere più simili a noi di quanto ci immaginiamo.

E di sicuro quella di dare la parola ai morti e il dialogo con loro è un’invenzione dei “primitivi” che noi continuiamo a utilizzare per calmare la nostra ansia e le nostre paure, esattamente come facevano loro.

Suggestiva, aerea ed efficace la coreografia di Barbara Falorni e particolarmente eleganti e funzionali alla costruzione di una doppia temporalità sul palco i costumi realizzati da Cristina Biondi.

La compagnia del Terzo Tempo ha realizzato questo spettacolo, che si spera di replicare anche in altri spazi, alla fine del suo secondo anno di formazione ed è quindi il suo secondo saggio finale.

Rispetto al primo spettacolo (“Amore a tempo di musica”) il gruppo delle attrici e degli attori è più compatto e amalgamato ed ha saputo offrire una prova scenica decisamente più impegnativa. Tutti si muovono meglio sul palco, tutti parlano in maniera più fluida e interpretano il testo in maniera più sciolta. Merito del grande lavoro di Claudio Benvenuti, ma anche di un crescente impegno e un forte coinvolgimento di tutti gli attori anziani, che, è proprio il caso di dirlo, sono molto molto cresciuti.

Il progetto formativo teatrale è realizzato in collaborazione con l'associazione Crescere Insieme.

Ingresso libero. Sala piena.

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