domenica 11 maggio 2025

IL CYRANO STANCO DI SANTERAMO E I BORGHESI SODDISFATTI

Ho assistito al Teatro Era di Pontedera a un curioso stravolgimento del Cyrano di Rostand, trasformato dall’autore e regista teatrale, Michele Santeramo, in una pirandelliana contestazione dei tre personaggi (il nasuto, la bella e il vanesio belloccio) che, data la mia età avanzata, mi ha ricordato le provocazioni teatrali degli anni ‘60 e ‘70.

Santeramo è entrato in scena per primo e davanti a 500 spettatori, esibendo un canovaccio, ha dichiarato che lo spettacolo che stava per andare in scena era un’opera non finita e che toccava al pubblico aiutarlo a completare il lavoro.

Subito dopo è arrivato Cyrano/Edoardo Leo che si è detto stanco di recitare il suo personaggio e di non volerlo più fare. Anzi di volersene proprio andare via. Invece, come era scritto nel copione provvisorio, è rimasto sul palco. E s’è messo un po' a scimmiottarlo (il testo di Rostand) e un po' a contestarlo. Il tutto insieme a Rossana/Anna Foglietta, entrata nel frattempo, che invece “il Cyrano” voleva proprio recitarlo. E un attimo dopo si è materializzato anche il vanesio belloccio/Marco Bonini, anche lui favorevole a ostentare il suo bel personaggio. E con Leo che non voleva recitare, ma recitava (compreso i versi del "bacio"), e il duo Foglietta/Bonini che invece voleva recitare, si è andati avanti gigioneggiando e sorridendo sugli spoetizzati brani di Rostand. Fino a quando, saltando di botto quasi tutto il testo, il povero vanesio belloccio/Bonini è morto in battaglia, è entrato in crisi come personaggio e ha abbandonato il palco. 

A quel punto Leo/Foglietta hanno strapazzato la morte di Cyrano, mentre Santeramo si rivolgeva di nuovo rivolto ai 500 spettatori presenti in sala invitando chi era insoddisfatto del proprio ruolo, chi voleva smettere di recitare la propria parte e chi voleva darsi un’altra possibilità di vita, ad alzarsi dalla poltroncina e ad andarsene. 

Insomma Santeramo, dopo aver sbriciolato e ridicolizzato i tre personaggi del Cyrano, ha invitato il pubblico a spezzare le catene del proprio disagio esistenziale e a cambiare vita. Semplicemente abbandonando il ruolo di spettatori. Lasciando la sala.

E gli spettatori come hanno reagito?

Dal pubblico ho visto solo un paio di persone effettivamente alzarsi e abbandonare il proprio posto (una dopo aver chiesto se era proprio vero). Ma tutti gli altri sono rimasti immobili.

Del resto, gli spettatori avevano pagato il biglietto e i più erano di sicuro curiosi di vedere come sarebbe andato a finire quello spezzatino di Rostand.

Che ovviamente non è finito, ma è rimasto sospeso, come l’attore, l’autore e il regista (parlo di Santeramo) aveva onestamente promesso fino dall’inizio

E che quasi nessuno dei presenti (me compreso) avesse voglia di alzarsi e di andarsi a cercare un'altra chance di vita, l’ho trovato normale.

E se Santeramo avesse conosciuto singolarmente il pubblico che aveva di fronte (parlo di quello di ieri sera, perché nei successivi due spettacoli il pubblico cambierà e qualche insoddisfatto di sé potrebbe produrre un finale diverso), non si sarebbe meravigliato neppure lui del fatto che il suo appello fosse caduto nel vuoto.

Perché venerdì sera, a Pontedera, Santeramo aveva davanti per lo più persone in là con gli anni, pensionati, proprietari di case o almeno del proprio appartamento, insegnanti, perfino docenti universitari, medici, amministratori locali, persone insomma stabilizzate (e in maggioranza donne). Moderati di centro sinistra, per lo più. Dal punto di vista dei redditi, delle professioni e della psicologia, bravi piccoli borghesi. Anche se buona parte di loro in gioventù forse aveva militato o votato comunista (siamo toscani). E qualcuno forse anche più a sinistra.

Ma oggi la maggioranza di loro, sebbene sempre pronta al mugugno e al chiacchiericcio maligno o lamentoso, a parte i rimbambiti, i più, dicevo, sono più o meno consapevoli del proprio frantumato io pirandelliano e comunque sono timorosi di uscire dal proprio comodo ruolo. 

E per fare cosa, poi?

Per reinventarsi quale nuovo sé? Quale nuova magnifica sorte e progressiva? E, in un’era così secolarizzata e anti-ideologica, ricominciando da cosa? Da una provocazione teatrale di Santeramo?

Via, siamo seri. Con o senza il naso di Cyrano, chi ha raggiunto una certa età di star recitando una parte in commedia lo sa. E che si accontenti, magari borbottando, ci sta.

Infatti sa anche bene che cambiare ruolo e parte (perché sempre di recitare si tratterebbe) sarebbe difficile, impegnativo e perfino rischioso. Senza parlare poi dei vuoti di memoria.

Per questo il piccolo borghese anziano (che magari si percepisce ancora come un mezzo proletariato) non ha una grande propensione al rischio. E se rischia, come dimostra la storia contemporanea, forse oscilla più verso destra che verso sinistra. Più verso l’ordine e la tradizione che la libertà. Più verso una mascherata comica che verso un'eroica tragedia.

Comunque sentiremo nelle prossime settimane da Santeramo se dopo 20 anni di lavoro attorno al naso di Cyrano, il pubblico di queste tre affollare serate pontederesi l’avrà aiutato o meno a risolvere i suoi dubbi drammaturgici e a stendere la versione finale della sua opera. Sentiremo.

Un suggerimento, non richiesto, intanto glielo regalo. Santeramo guardi ai giovani. Meglio se giovanissimi. Loro, come i gatti, hanno ancora tante vite da vivere. E per loro lasciare un sentiero ed imboccarne un altro è facile. Sono convinto che se davanti alla sua provocazione cyranesca si trovasse una platea di giovani, i ragazzi si alzerebbero quasi tutti dalle poltroncine e se ne andrebbero. Dove? Vallo a sapere!

O forse no. Forse anche i giovanissimi resterebbero seduti. E allora ci sarebbe parecchio da pensare.


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