Dopo tanti anni ho partecipato al corteo e al comizio del 1 Maggio pontederese. Ho salutato un po' di amici e compagni e camminato dal piazzone fino a piazza Cavour, collocandomi in fondo ai manifestanti. Essere tra gli ultimi e un po' fuori dal coro, mi ha sempre dato sicurezza. E continua a darmene anche ora da pensionato, ultrasettantenne. Poi, in piedi, dietro la colorata panchina di Lodola, ho ascoltato una decina di oratori che si sono alternati sul palco, per lo più sindaci, amministratori regionali e qualche sindacalista.
Mentre guardavo sfilare il corteo, tra il box del Pontedera Calcio e lo schermo curvo di Ecofor service, ho notato lo striscione dei lavoratori della Biancoforno. Invece ho cercato e non ho visto alcuna rappresentanza organizzata di operai della PIAGGIO di Pontedera. E allora ho pensato: possibile che ad una manifestazione sindacale del primo maggio a Pontedera (che non si organizzava in questa forma da 35 anni: così è stato detto dal palco), possibile che non si fosse riusciti a far sfilare nemmeno 10 operai della Piaggio, o anche 7 o 8, dietro un loro striscione che li identificasse con certezza? E che cosa significava questa assenza? Forse era per questa difficoltà di afferrare le persone e i loro problemi che il consiglio comunale pontederese, a maggioranza di centro sinistra, solo pochi mesi fa si era perfino rifiutato di discutere pubblicamente delle dinamiche della società Piaggio?
Non sapendo cosa rispondermi, ho sentito un pezzo del mio vecchio cuore operaista sussultare. Il tutto però mentre il cervello continuava a chiedersi, fissando le teste dei diversi pensionati che avevo davanti, perché diamine in piazza ci fossero così pochi uomini e donne in età lavorativa. E ancora meno giovani.
E come se non bastasse, mi sono domandato com'è che i sindacati non fossero riusciti a trovare neppure un operaio che raccontasse dal palco, con parole semplici ma vere, come si vive e si lotta oggi in fabbrica.
E perchè mai non si era trovato, in una zona dove pure ce ne sono molti, un operaio di origine extracomunitaria, senegalese o marocchino o albanese, che raccontasse dal palco che vita è quella di un lavoratore straniero venuto da queste parti a cercare fortuna.
Ma come era possibile che non si fosse rintracciato nessuno che narrasse dal palco del primo maggio la vita di un extracomunitario nelle nostre campagne, nelle nostre concerie o anche solo nei tanti servizi che caratterizzano le nostre cittadine? E questo proprio nel momento in cui la CGIL sta combattendo la battaglia dei 5 referendum incluso quello sulla cittadinanza.
Non fraintendetemi. Non voglio dire che gli onnipresenti e loquaci sindaci, assessori e presidenti regionali abbiano parlato male. Tutt’altro.
E' che la loro sapiente e misurata retorica rendeva ancora più dolorosa l’assenza del racconto sociale vero del lavoro. Sottolineava la mancanza delle testimonianze vive, quelle che toccano il cuore, quelle delle giovani o almeno mediane generazioni di lavoratrici e lavoratori che hanno in mano il futuro del nostro Paese.
M’è parsa una piazza un po' afona quella del 1° maggio a Pontedera e non solo perché per essere una manifestazione provinciale c’era un po’ poca gente. Soprattutto era afona perché mancava la voce di chi dovrebbe avere maggiore motivazione e più energia per battersi per il proprio presente e per il proprio futuro. Perché non si era riusciti a portarli e a dargli la parola?
Certo la presenza della banda tutta al femminile che apriva allegramente il corteo del 1° Maggio rappresentava una buona trovata comunicativa; ma far parlare dal palco qualche giovane operaia, anche rischiando che urlasse troppo forte la sua rabbia o il suo disagio, sarebbe stato decisamente meglio. Anche perché i giovani ascoltano più volentieri i giovani dei vecchi e imparano più volentieri dai loro pari che non dagli anziani.
E a questo proposito mi auguro che il grande attore e scrittore di teatro Stefano Massini, diventato da poco direttore artistico anche del Teatro Era, ci aiuti a restituire voce al mondo del lavoro. Ma una voce vera. Giovane. Che vive sulla propria pelle la condizione lavorativa di oggi.
Massini in particolare ha promesso di voler effettuare a Pontedera ricerca teatrale “sui temi del lavoro”, coinvolgendo anche “i lavoratori della Piaggio”. Sembra proprio un’occasione perfetta per coniugare al meglio due delle caratteristiche più forti che caratterizzano (o almeno caratterizzavano) la nostra città, come il mondo del lavoro e la ricerca teatrale.
Ma ci sarà da impegnarsi. E non sarà facile. Perché c'è da rivitalizzare radici che hanno sofferto. E soprattutto da restituire protagonismo e voce a chi lavora.
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