EUROPEISMO E CRISI GRECA
Noi possiamo lamentarci che non esista una visione "socialista" dell'europa. Nè della sinistra moderata. Nè di quella più radicale. La sinistra radicale per altro è tendenzialmente nazionalista. Quindi tendenzialmente antieuropeista. Quella moderata sta al rimorchio dell'europeismo borghese. L'internazionalismo socialista è sprofondato cento anni fa nel baratro della prima guerra mondiale e non è mai risorto. Ovviamente l'europeismo non è un dogma, nè è la panacea di tutti i mali. E' una ricetta politica che ha tanti limiti ed un buon numero di vantaggi. Anche per i non borghesi. Tra i vantaggi: ha garantito 70 anni di pace e di sicurezza a paesi spesso, in passato, in guerra tra di loro; ha garantito un mercato ampio dove il lavoro è stato in una certa misura tutelato e i livelli di welfare non sono stati male; è un'area dove le istituzioni democratiche non sono solo una parvenza e dove i diritti sono stati ragionevolmente salvaguardati. Andare oltre questo assetto europeo, mi pare difficilissimo. Invece andare indietro, tornare ai nazionalismi fasulli e alle singole sovranità monetarie, mi pare più facile. Su quest'ultima strada gli europei sono spinti da forze interne ed esterne. Stiglitz ad es. sul Guardian di oggi, se il mio inglese non è troppo arrugginito, sembra suggerire ai greci di votare no, aprendo la porta al ritorno alla dracma. Krugman ieri su Repubblica, se non lo interpreto male, mi pareva della stessa opinione, assegnando ai greci la medaglia di vittime dell'austerita dei conservatori europei contro cui bisogna ribellarsi. Su questa analisi sostenuti da messier Piketty. A mio modesto avviso la Grecia entrando nell'euro ha fatto il passo più lungo della gamba. Questo azzardo gli sta costando caro. Per altro si è già venduta un pò di infrastrutture a fondi e imprese estere. Forse la soluzione migliore per i greci è davvero tornare alla dracma, farsi una bella svalutazione selvaggia e non pagare i debiti. Poi piano piano torneranno in gioco, come potranno.
martedì 30 giugno 2015
lunedì 29 giugno 2015
MA SIAMO SICURI CHE I POPOLI SIANO + EUROPEISTI DEI BANCHIERI?
Il grande filosofo tedesco Habermas ha scritto su La Repubblica del 23 giugno che c'è un errore di fondo nella costruzione europea, quello di aver costruito un'unione monetaria senza un'unione politica. Considero Habermas uno dei grandi saggi viventi del nostro continente. Ma su questo punto temo si sbagli. In realtà l'unione monetaria europea contiene, con tutte le ambiguità, il massimo di unione politica possibile in Europa in questo contesto storico. L'unione europea è stata voluta e sostenuta soprattutto come grande area economica da elite colte, dalla grande borghesia europea e dalla grande finanza. Negli anni 50 e 60 fino ai '90 è stata voluta dalla borghesia moderata spesso contro una sinistra che è arrivata lentamente all'europeismo più per necessità che per virtù. Temo che il ritorno dei populismi nazionalisti o dei particolarismi regionali metterà in discussione questo edificio che non può trovare una maggiore unione politica per varie ragioni, tra cui la mancanza di una compatta opinione pubblica sovranazionale, che per costituirsi, tra l'altro, difetta di una lingua comune con cui intendersi. Temo che i soldi e la moneta siano il massimo linguaggio comune che sanno parlare gli europei. E che moneta e mercato comune rappresentino l'unico collante dell'Europa borghese. Ma i popoli possono travolgere questa prosaica realtà e rimettere indietro l'orologio della storia. Non sarebbe la prima volta che capita.
Il grande filosofo tedesco Habermas ha scritto su La Repubblica del 23 giugno che c'è un errore di fondo nella costruzione europea, quello di aver costruito un'unione monetaria senza un'unione politica. Considero Habermas uno dei grandi saggi viventi del nostro continente. Ma su questo punto temo si sbagli. In realtà l'unione monetaria europea contiene, con tutte le ambiguità, il massimo di unione politica possibile in Europa in questo contesto storico. L'unione europea è stata voluta e sostenuta soprattutto come grande area economica da elite colte, dalla grande borghesia europea e dalla grande finanza. Negli anni 50 e 60 fino ai '90 è stata voluta dalla borghesia moderata spesso contro una sinistra che è arrivata lentamente all'europeismo più per necessità che per virtù. Temo che il ritorno dei populismi nazionalisti o dei particolarismi regionali metterà in discussione questo edificio che non può trovare una maggiore unione politica per varie ragioni, tra cui la mancanza di una compatta opinione pubblica sovranazionale, che per costituirsi, tra l'altro, difetta di una lingua comune con cui intendersi. Temo che i soldi e la moneta siano il massimo linguaggio comune che sanno parlare gli europei. E che moneta e mercato comune rappresentino l'unico collante dell'Europa borghese. Ma i popoli possono travolgere questa prosaica realtà e rimettere indietro l'orologio della storia. Non sarebbe la prima volta che capita.
sabato 27 giugno 2015
ORA LE LAPIDI SONO NELLE MANI DELLA SOVRINTENDENZA E DEL PD DI SAN MINIATO
La mozione approvata nell'ultimo consiglio comunale di San Miniato è chiara: le lapidi di San Miniato dovranno tornare visibili entro il 22 luglio. Tra meno di un mese. La Sovrintendenza ha aggiunto per bocca del dr. DARIO MATTEONI davanti al Comitato Parri che le lapidi vanno rimesse visibili al pubblico, rapidamente, sotto il loggiato di San Domenico, vicino alla porta di ingresso del progettando museo della memoria. Il sindaco ha dunque perso la sua partita? Niente affatto. Come un pesce allamato, il sindaco tenterà ora di togliersi l'amo di bocca. Come? Prendendo tempo, dicendo che per ripristinare le lapidi ci vuole tempo, che bisogna fare una pratica "corretta" con la sovrintendenza, che gli uffici hanno molti lavori più urgenti da seguire. Insomma la prenderà calma e cercherà di convincere la sovrintendenza ad autorizzarlo a mettere le lapidi dentro lo spazio museale. Perché questo non accada e le lapidi tornino rapidamente visibili, occorre quindi che il pd incalzi il suo sindaco e lo induca a rispettare gli impegni assunti in consiglio comunale e a ricollocare le lapidi entro il 22 luglio. E occorre anche che la Sovrintendenza non arretri rispetto alla posizione assunta il 24 giugno e lo costringa davvero a rimetterle visibili nel loggiato di San Domenico, cosa che si fa facilmente e rapidamente, se si vuol fare.
La mozione approvata nell'ultimo consiglio comunale di San Miniato è chiara: le lapidi di San Miniato dovranno tornare visibili entro il 22 luglio. Tra meno di un mese. La Sovrintendenza ha aggiunto per bocca del dr. DARIO MATTEONI davanti al Comitato Parri che le lapidi vanno rimesse visibili al pubblico, rapidamente, sotto il loggiato di San Domenico, vicino alla porta di ingresso del progettando museo della memoria. Il sindaco ha dunque perso la sua partita? Niente affatto. Come un pesce allamato, il sindaco tenterà ora di togliersi l'amo di bocca. Come? Prendendo tempo, dicendo che per ripristinare le lapidi ci vuole tempo, che bisogna fare una pratica "corretta" con la sovrintendenza, che gli uffici hanno molti lavori più urgenti da seguire. Insomma la prenderà calma e cercherà di convincere la sovrintendenza ad autorizzarlo a mettere le lapidi dentro lo spazio museale. Perché questo non accada e le lapidi tornino rapidamente visibili, occorre quindi che il pd incalzi il suo sindaco e lo induca a rispettare gli impegni assunti in consiglio comunale e a ricollocare le lapidi entro il 22 luglio. E occorre anche che la Sovrintendenza non arretri rispetto alla posizione assunta il 24 giugno e lo costringa davvero a rimetterle visibili nel loggiato di San Domenico, cosa che si fa facilmente e rapidamente, se si vuol fare.
martedì 23 giugno 2015
UN ASSESSORE DI ALTO PROFILO PER LA CULTURA TOSCANA.
Spero che Rossi non me ne voglia, ma visto che lui non ha ancora sciolto i nodi, io insisto. Serve un nome di alto profilo per la CULTURA TOSCANA. Serve una personalità forte che dia visibilità alla nostra regione dal punto di vista della cultura. Ci serve un ambasciatore che conosca i nostri musei, le nostre città d'arte, i nostri siti archeologici, che sia in grado di dialogare testa a testa con lo stato e le sue sovrintendenze. Con Bruxelles e i suoi burocrati. Con in grandi musei del mondo. Con i circuiti di arte internazionali. Con le fondazioni e con le imprese chiamate a dare risorse ma anche capacità imprenditoriale ai beni culturali. La modernizzazione del nostro sistema culturale ha bisogno di correre. Serve una personalità che incarni questi processi, che sappia proiettare il passato nel futuro. Che sappia trovare fiducia e risorse. Che sappia trasformare i tanti meravigliodiparticolarismi di questa regione in un meccanismo compatto in grado di fondere insieme una formidabile offerta culturale
Spero che Rossi non me ne voglia, ma visto che lui non ha ancora sciolto i nodi, io insisto. Serve un nome di alto profilo per la CULTURA TOSCANA. Serve una personalità forte che dia visibilità alla nostra regione dal punto di vista della cultura. Ci serve un ambasciatore che conosca i nostri musei, le nostre città d'arte, i nostri siti archeologici, che sia in grado di dialogare testa a testa con lo stato e le sue sovrintendenze. Con Bruxelles e i suoi burocrati. Con in grandi musei del mondo. Con i circuiti di arte internazionali. Con le fondazioni e con le imprese chiamate a dare risorse ma anche capacità imprenditoriale ai beni culturali. La modernizzazione del nostro sistema culturale ha bisogno di correre. Serve una personalità che incarni questi processi, che sappia proiettare il passato nel futuro. Che sappia trovare fiducia e risorse. Che sappia trasformare i tanti meravigliodiparticolarismi di questa regione in un meccanismo compatto in grado di fondere insieme una formidabile offerta culturale
domenica 21 giugno 2015
IL CAMPEGGIO ABUSIVO DI VENTIMIGLIA, RENZI, HOLLANDE E IL SOCIALISMO REALE
Non so se il campeggio abusivo di Ventimiglia, aperto da una decina di giorni sotto gli occhi del mondo, costituisca il famoso ed un pò assolato piano B con cui Renzi pensa di fronteggiare all'italiana un frammento del complesso fenomeno migratorio che sta investendo anche il nostro paese. Mi rendo conto che le cose sono complicate e sono contento di non essere né Renzi né Alfano, perché dovendo loro prendere delle decisioni effettivamente non sembrano dare una grande prova di sé. Una cosa però se fossi stato il padre di tutti i rottamatori e se fossi stato un membro importante del partito socialista europeo, una cosa l'avrei fatta. Anziche' zuzzurellare tra i padiglioni dell'Expo mano nella mano con Hollande, avrei preteso di riunire i principali leader politici di ispirazione socialista a Ventimiglia, cioè almeno Renzi stesso ed Hollande, e non avrei chiuso la riunione senza una decisione operativa che Renzi e Hollande avrebbero potuto far discutere sia in sede politica dai loro rispettivi partiti socialisti e democratici, entrambi aderenti all'internazionale socialista, un tempo si chiamava cosi, e poi in sede parlamentare. Entrambi guidano Nazioni. Invece il leader maximo di tutti i rottamatori si è limitato a girellare con Hollande per l'expo e a sparare le peggio banalità nella conferenza stampa trasmessa in tv sul campeggio abusivo di Ventimiglia, insinuando nella nostra mente che il socialismo reale ai cui valori i partiti di Renzi e quello di Hollande dicono di ispirarsi non sappia cosa dire ai disperati di Ventimiglia. O sono Renzi e Hollande che non sanno che pesci prendere?
Non so se il campeggio abusivo di Ventimiglia, aperto da una decina di giorni sotto gli occhi del mondo, costituisca il famoso ed un pò assolato piano B con cui Renzi pensa di fronteggiare all'italiana un frammento del complesso fenomeno migratorio che sta investendo anche il nostro paese. Mi rendo conto che le cose sono complicate e sono contento di non essere né Renzi né Alfano, perché dovendo loro prendere delle decisioni effettivamente non sembrano dare una grande prova di sé. Una cosa però se fossi stato il padre di tutti i rottamatori e se fossi stato un membro importante del partito socialista europeo, una cosa l'avrei fatta. Anziche' zuzzurellare tra i padiglioni dell'Expo mano nella mano con Hollande, avrei preteso di riunire i principali leader politici di ispirazione socialista a Ventimiglia, cioè almeno Renzi stesso ed Hollande, e non avrei chiuso la riunione senza una decisione operativa che Renzi e Hollande avrebbero potuto far discutere sia in sede politica dai loro rispettivi partiti socialisti e democratici, entrambi aderenti all'internazionale socialista, un tempo si chiamava cosi, e poi in sede parlamentare. Entrambi guidano Nazioni. Invece il leader maximo di tutti i rottamatori si è limitato a girellare con Hollande per l'expo e a sparare le peggio banalità nella conferenza stampa trasmessa in tv sul campeggio abusivo di Ventimiglia, insinuando nella nostra mente che il socialismo reale ai cui valori i partiti di Renzi e quello di Hollande dicono di ispirarsi non sappia cosa dire ai disperati di Ventimiglia. O sono Renzi e Hollande che non sanno che pesci prendere?
sabato 20 giugno 2015
MA LA REGIONE DI LEONARDO E DI MICHELANGELO POSSIBILE CHE NON TROVI UN ASSESSORE ALLA CULTURA CHE LA RAPPRESENTI CON GRANDE VISIBILITA'?
Siamo una Regione con una forte concentrazione di beni culturali. Città d'arte, resti archeologici e musei costituiscono un tessuto unico rispetto al resto del mondo. Uffizi e Galleria dell'Accademia delle Belle Arti di Firenze, città etrusche, romane, medievali e rinascimentali come Volterra, Fiesole, San Gimignano, Pienza, per non citare i centri maggiori come Siena, Pisa o Lucca. Mi chiedo se nella Regione davvero non si trovi un assessore che possa esprimere questa ricchezza e riesca a rappresentare la qualità culturale toscana in Europa e nel mondo. Qui ha insegnato Salvatore Settis. Qui hanno diretto gli Uffizi personalità come Antonio Paolucci e Cristina Acidini. Possibile che tra queste ed altre personalità non si trovi chi possa dare una mano a valorizzare i livelli culturali di questa regione? A farla dialogare con l'Europa e col resto del mondo con la sicurezza di chi può mettere in campo posizioni di vera eccellenza?
Siamo una Regione con una forte concentrazione di beni culturali. Città d'arte, resti archeologici e musei costituiscono un tessuto unico rispetto al resto del mondo. Uffizi e Galleria dell'Accademia delle Belle Arti di Firenze, città etrusche, romane, medievali e rinascimentali come Volterra, Fiesole, San Gimignano, Pienza, per non citare i centri maggiori come Siena, Pisa o Lucca. Mi chiedo se nella Regione davvero non si trovi un assessore che possa esprimere questa ricchezza e riesca a rappresentare la qualità culturale toscana in Europa e nel mondo. Qui ha insegnato Salvatore Settis. Qui hanno diretto gli Uffizi personalità come Antonio Paolucci e Cristina Acidini. Possibile che tra queste ed altre personalità non si trovi chi possa dare una mano a valorizzare i livelli culturali di questa regione? A farla dialogare con l'Europa e col resto del mondo con la sicurezza di chi può mettere in campo posizioni di vera eccellenza?
sabato 13 giugno 2015
BUONE NOTIZIE PER GLI ARCHIVI DI STATO E IL PERSONALE DELLE PROVINCE
In un decreto ministeriale, approvato ieri, anticipato dal Sole 24 ore oggi, ma che probabilmente deve essere ancora finito di scrivere, sembra quasi certo che sarà previsto il passaggio di personale delle destrutturande province verso gli archivi di stato e verso biblioteche statali. Non è il massimo come strategia organizzativa, ma siccome specialmente gli archivi di stato sono a secco di personale, mi sembra una gran bella trovata. Un bravo di cuore a chi l'ha pensata.
In un decreto ministeriale, approvato ieri, anticipato dal Sole 24 ore oggi, ma che probabilmente deve essere ancora finito di scrivere, sembra quasi certo che sarà previsto il passaggio di personale delle destrutturande province verso gli archivi di stato e verso biblioteche statali. Non è il massimo come strategia organizzativa, ma siccome specialmente gli archivi di stato sono a secco di personale, mi sembra una gran bella trovata. Un bravo di cuore a chi l'ha pensata.
venerdì 12 giugno 2015
IL SINDACO MESSO IN MINORANZA DAL PD IN CONSIGLIO COMUNALE SULLA RICOLLOCAZIONE DELLE LAPIDI. FORSE SI E FORSE NO.
C'è un mistero che avvolge la mozione approvata ieri sulle lapidi in consiglio comunale a San Miniato. Un mistero che solo la pubblicazione INTEGRALE della mozione potrà chiarire. Nel testo originario di SPADONI (PD) si leggeva che entro il 22 luglio le lapidi dovevano tornare visibili in un luogo pubblico. Si ipotizza il loggiato di San Domenico. Accanto alle altre lapidi storiche. Nei giorni scorsi il lapicida che quasi tutti i giorni sale verso il palazzo comunale passando dal Pinocchio aveva sussurrato alla stampa che lui di date entro cui collocare le lapidi non ne voleva. Come a dire: qui comando io, mozione o non mozione, faccio come mi pare. Ora invece questa storia della data sembra che dovrà ingurgitarla, anche perchè la Sovrintendenza in settimana prossima sarà a San Miniato e gli chiederà di ricollocare queste benedette lapidi in un posto ben visibile, perchè le lapidi sono monumenti pubblici ed esposte al pubblico devono stare. Lo stesso Comitato Ferruccio Parri è stato chiamato dalla Sovrintendenza, come ha detto lo stesso sindaco in consiglio ieri, a collaborare alla ricollocazione. Eh.... mi pare che il lapicida coraggioso non stia facendo proprio una gran bella figura. Soprattutto se entro il 22 luglio dovrà riesporle al pubblico. Ma davvero valeva la pena di fare tutta questa sceneggiata? Ma... Vedremo.
mercoledì 10 giugno 2015
CI SARA' POSTO PER LE LAPIDI NELLA RELAZIONE DI LUPI ALL'ASSEMBLEA DEL PD DI SAN MINIATO DI STASERA?
Ok, ok, Francesco Lupi dice di non voler parlare su facebook di politica e delle lapidi, ma.. stasera c'è l'assemblea del pd di san miniato. È vero, servirà a commentare il risultato elettorale, che vede il pd riconquistare x fortuna l'amministrazione della regione. Va bene c'è il fenomeno dell'astensione, una valutazione su chi è passato tra i consiglieri e chi no. Tutto bene, ma... domani sera c'è la discussione sulla mozione delle lapidi in consiglio a san miniato. Francesco non potrà driblare la cosa. Qualcosa stasera dovrà pur dire. È la sede politica giusta. Francesco dovrà stoppare la palla e annunciare che: il 22 le lapidi dovranno ritornare visibili in un luogo pubblico. Non va bene il palazzo comunale? Bene, la politica sanminiatese quindi francesco a nome del partito di maggioranza e dei suoi militanti indichi dove vuole rimettere le lapidi. Si assuma questa responsabilità. Gli compete. Tocca a lui dare gli indirizzi. Oppure si arrenda, si rimangi la data del 22 luglio fissata in maniera indelebile nella mozione Spadoni, e faccia da palo all'oscuratore di lapidi. Gli dia modo di nascondersi dietro le pastoie burocratice che il lapicida ha bellamente ignorato quando si trattava di tirar giù le lapidi e che ora paladineggia per prendere tempo ed evitare di rimetterle . Tertium non datur, sono sicuro che stia pensando il silente Massimo.
Ok, ok, Francesco Lupi dice di non voler parlare su facebook di politica e delle lapidi, ma.. stasera c'è l'assemblea del pd di san miniato. È vero, servirà a commentare il risultato elettorale, che vede il pd riconquistare x fortuna l'amministrazione della regione. Va bene c'è il fenomeno dell'astensione, una valutazione su chi è passato tra i consiglieri e chi no. Tutto bene, ma... domani sera c'è la discussione sulla mozione delle lapidi in consiglio a san miniato. Francesco non potrà driblare la cosa. Qualcosa stasera dovrà pur dire. È la sede politica giusta. Francesco dovrà stoppare la palla e annunciare che: il 22 le lapidi dovranno ritornare visibili in un luogo pubblico. Non va bene il palazzo comunale? Bene, la politica sanminiatese quindi francesco a nome del partito di maggioranza e dei suoi militanti indichi dove vuole rimettere le lapidi. Si assuma questa responsabilità. Gli compete. Tocca a lui dare gli indirizzi. Oppure si arrenda, si rimangi la data del 22 luglio fissata in maniera indelebile nella mozione Spadoni, e faccia da palo all'oscuratore di lapidi. Gli dia modo di nascondersi dietro le pastoie burocratice che il lapicida ha bellamente ignorato quando si trattava di tirar giù le lapidi e che ora paladineggia per prendere tempo ed evitare di rimetterle . Tertium non datur, sono sicuro che stia pensando il silente Massimo.
martedì 9 giugno 2015
60 GIORNI DALL'OSCURAMENTO DELLE LAPIDI DI SAN MINIATO
Oggi sono 60 giorni (si proprio sessanta) dall'OSCURAMENTO TOTALE DELLE LAPIDI. Buffo, che il grande valorizzatore che voleva spiegare ai giovani e ai meno giovani come erano andate davvero le cose in Duomo, abbia OTTENUTO come unico obiettivo di nascondere tuttio. Beh, più che buffo, SCONTATO. L'avevo scritto sessanta giorni fa che le lapidi non si sarebbero più riviste e per ora ho avuto ragione io. Non è molto, sono solo 60 gg, ma per ora il sindaco di San Miniato, nato e cresciuto in località il Pinocchio, non ha aperto nessun museo e, mi sbaglierò, ma secondo me non ci pensa nemmeno e, anzi, se la ride sotto i baffi. Vabbè. E' bravo e buon pro' gli faccia.
Sono un po' più dispiaciuto dal silenzio di Francesco Lupi, il segretario del PD sanminiatese. Credo che almeno lui alle dichiarazioni del sindaco che lo prendevano a schiaffi e gli dicevano le lapidi te le puoi scordare, una risposta avrebbe dovuta darla. Ok, ok, prima c'era la preparazione psicologica per la trasferta a Berlino, poi c'era da elaborare il lutto della sconfitta. Tutte cose che ai giovani si perdonano. Ma.... dopodomani però c'è il consiglio comunale a San Miniato e all'ordine del giorno una mozione del suo amico SPADONI, capogruppo PD, che dice, a proposito delle lapidi, cito testualmente: “TALE EFFETTIVA RICOLLOCAZIONE ED ESPOSIZIONE AL PUBBLICO DEVE IN OGNI CASO AVVENIRE ENTRO IL PROSSIMO ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DEL DUOMO OVVERO ENTRO IL 22 LUGLIO 2015”.
E' una frase precisa. Non c'è scritto, forse, si vedrà, se la sorte ci assiste, le rimetteremo da qualche parte. No, c'è scritto, con stile lapidario, che le lapidi debbono tornare tassativamente visibili al pubblico entro il 22 luglio.
Ragazzi: ora uno dei due vince. O il sindaco: e la lapidi restano OSCURATE. O il PD sanminiatese e le lapidi tornano visibili. Tertium non datur, suggerirebbe il diversamente loquace Massimo Baldacci.
Come è noto, io sono perchè le lapidi tornino sulla facciata del Palazzo comunale. E' l'unico posto dove stanno bene e dove possono ragionevolmente essere collocate nei 40 giorni o poco più che mancano al 22 luglio. Ma se Francesco riuscisse anche solo a farle rimettere in un luogo pubblico, dove non si paga il biglietto per vederle, come avrebbe detto Palmiro Togliatti, da juventino a juventino, gli griderei: BRAVO!
Sono un po' più dispiaciuto dal silenzio di Francesco Lupi, il segretario del PD sanminiatese. Credo che almeno lui alle dichiarazioni del sindaco che lo prendevano a schiaffi e gli dicevano le lapidi te le puoi scordare, una risposta avrebbe dovuta darla. Ok, ok, prima c'era la preparazione psicologica per la trasferta a Berlino, poi c'era da elaborare il lutto della sconfitta. Tutte cose che ai giovani si perdonano. Ma.... dopodomani però c'è il consiglio comunale a San Miniato e all'ordine del giorno una mozione del suo amico SPADONI, capogruppo PD, che dice, a proposito delle lapidi, cito testualmente: “TALE EFFETTIVA RICOLLOCAZIONE ED ESPOSIZIONE AL PUBBLICO DEVE IN OGNI CASO AVVENIRE ENTRO IL PROSSIMO ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DEL DUOMO OVVERO ENTRO IL 22 LUGLIO 2015”.
E' una frase precisa. Non c'è scritto, forse, si vedrà, se la sorte ci assiste, le rimetteremo da qualche parte. No, c'è scritto, con stile lapidario, che le lapidi debbono tornare tassativamente visibili al pubblico entro il 22 luglio.
Ragazzi: ora uno dei due vince. O il sindaco: e la lapidi restano OSCURATE. O il PD sanminiatese e le lapidi tornano visibili. Tertium non datur, suggerirebbe il diversamente loquace Massimo Baldacci.
Come è noto, io sono perchè le lapidi tornino sulla facciata del Palazzo comunale. E' l'unico posto dove stanno bene e dove possono ragionevolmente essere collocate nei 40 giorni o poco più che mancano al 22 luglio. Ma se Francesco riuscisse anche solo a farle rimettere in un luogo pubblico, dove non si paga il biglietto per vederle, come avrebbe detto Palmiro Togliatti, da juventino a juventino, gli griderei: BRAVO!
lunedì 8 giugno 2015
BIBLIOTECHE: QUALE POLITICA REGIONALE PER IL FUTURO?
La nascita delle Regioni
negli anni '70 fu un fatto importante per la lettura e lo sviluppo
delle biblioteche in Italia. Di sicuro in Toscana, dove la legge
regionale 33/1976 e i finanziamenti che la accompagnarono favorirono
la nascita di molte biblioteche comunali e la modernizzazione di
alcune importanti strutture bibliotecarie già esistenti. Nei
successivi anni '80 la Regione sostenne e orientò
l'informatizzazione delle biblioteche e la formazione e la crescita
di bibliotecari di qualità (ormai in pensione o pensionandi). Negli
ultimi venti anni la politica regionale ha poi favorito la
costruzione ed il consolidamento delle Reti documentarie provinciali
e finanziato la costruzione ex novo o il potenziamento di una
quindicina di grandi biblioteche civiche (tra cui Prato, Pistoia,
Sesto Fiorentino, Pisa, Empoli, Pontedera...). Nell'insieme quindi la
politica regionale ha trascinato verso l'alto i livelli qualitativi
dei servizi bibliotecari toscani (di cui danno conto i bei report
statistici annuali) e consentito la crescita professionale del
settore che ha dato buoni frutti in termini di sviluppo della lettura
(uno sviluppo fatto di crescita dei prestiti, incremento del numero
di utenti, letture in sede, coinvolgimento delle scuole, crescita del
patrimonio bibliografico, sviluppo di risorse digitali, ecc.).
Negli ultimissimi anni,
però, complice anche la crisi, le risorse regionali si sono ridotte.
Diversi funzionari regionali di questo settore sono andati in
pensione (senza essere sostituiti) e, nell'insieme, sembra essere
venuta meno una certa progettualità che la messa in discussione e
poi il ridimensionamento (per altro avvenuto in maniera molto
scoordinata e confusa) delle Province ha finito per rendere ancora
più evidente.
Domanda: nell'era di
internet c'è ancora bisogno di una politica regionale delle
biblioteche? C'è ancora bisogno di una interazione tra una strategia
regionale e una locale?
La risposta non è facile
ed è legata al destino incerto delle stesse regioni e delle risorse
economiche e di personale che queste possono mettere in campo.
Indicativamente però mi sembrerebbe auspicabile il proseguimento di
un ruolo forte e chiaro della Regione, in grado di muoversi con
energia e determinazione almeno lungo quattro crinali.
Primo: il
consolidamento (e quindi il sostegno) delle Reti Documentarie
Provinciali. La perdita della competenza sulle biblioteche da
parte delle Province dovrebbe essere compensata da un maggiore
impegno della Regione in questo settore. Anche (ma non
esclusivamente) finanziario. Su questo versante ad esempio la Regione
dovrebbe riuscire a istituzionalizzare meglio ruolo, funzioni e
operatività delle Reti, forse prevedendo un organo (che potrebbe
essere il coordinamento delle Reti) a cui assegnare un compito
almeno consultivo rispetto alla predisposizione del PIC per quanto
concerne la programmazione dei servizi bibliotecari. Credo
costituirebbe un momento importante di articolazione della relazione
regione-reti-enti locali che farebbe bene ai servizi bibliotecari.
Secondo: la qualità
dei servizi. La Regione dovrebbe continuare a stimolare ed
incentivare gli enti locali a mantenere servizi ad un buon livello
professionale. Le biblioteche oggi hanno senso solo se strutturate
come servizi di qualità per le comunità di riferimento. E' infatti
del tutto evidente che nell'era in cui ciascuno di noi (come il mago
Merlino della Spada nella roccia) porta in tasca o nella
borsa, accessibile via tablet o smartphone, una grande biblioteca
digitale, solo la presenza di bibliotecari professionali e di servizi
qualificati renda produttivo e quindi giustificato l'investimento
fatto dalle amministrazioni locali nelle biblioteche fisiche.
Terzo: il ruolo di
soggetto innovatore. La Regione ha avuto (e non può perdere) un
ruolo importante di stimolo e di coordinamento nei confronti
dell'innovazione dei servizi bibliotecari. L'evoluzione delle
biblioteche civiche e delle loro Reti territoriali ha bisogno di una
regia regionale per migliorarsi e innalzare la propria qualità.
Questo compito non può essere affidato alle singole biblioteche e
per ora neppure alle Reti, le quali, prive di un riferimento
regionale, paiono chiuse nei loro bacini territoriali e risultano
incapaci (a parte poche e specifiche occasioni) di dialogare e
soprattutto di cooperare tra di loro. Le vicende del metaopac toscano
e del trasporto librario sono lì a dimostrarlo.
Quarto: il
riequilibrio territoriale. Esistono squilibri sul territorio
regionale che andrebbero colmati. Esistono reti bibliotecarie e
servizi locali più fragili di altri. Anche su questo terreno
l'uscita di scena delle province restituisce compiti alla Regione.
Ovviamente ci sono anche
altre competenze e ruoli della Regione in questo settore: dalla
gestione e la tutela del patrimonio bibliografico particolare (fondi
antichi, biblioteche private, ecc.) ai rapporti con lo stato e le
strategie bibliotecarie nazionali.
C'è tutta l'architettura
di SBN che necessita di un ruolo e una visione regionale.
Ma quello che è certo è
che per recitare un ruolo di attore pubblico anche in questo campo
occorrono sensibilità, volontà, risorse finanziarie e personale in
grado di dare le gambe a obiettivi e progetti.
Oggi invece sembra che a
livello politico regionale la sensibilità verso questo settore sia
calata. La volontà di esercitare un ruolo strategico molto
ridimensionata (per non dire quasi rovesciata rispetto alla volontà
che si era espressa a livello regionale negli anni '70 e '80). Le
risorse finanziare sono calanti o stagnanti. E il personale (non me
ne vogliano gli amici di via Farini) sempre più vecchietto, ridotto
di numero e con una quantità virtualmente crescente di funzioni da
esercitare.
Sul problema del
personale e del progressivo ridimensionamento dell'ufficio
biblioteche della Regione dagli anni '90 ad oggi molto ci sarebbe da
dire e sicuramente il tema richiederebbe un intervento specifico. Un
punto però non può essere taciuto. A meno di non voler dire cose
senza senso. Per realizzare una politica regionale verso le
biblioteche occorrono ovviamente chiarezza di obiettivi e volontà
politica di attuarli. Ma se obiettivi e volontà ci fossero in ambito
politico, servirebbe poi il personale regionale per concretizzarli. E
il personale dovrebbe avere abilità professionali specifiche ed il
tempo necessario per gestire i progetti e le relazioni che gli
obiettivi strategici richiedono. Sostenere che si posso fare grandi
cose e magari perfino scelte sofisticate con poche risorse
finanziarie e con poco personale è una balla che forse serve a tener
buona un'opinione pubblica imbufalita nei confronti della politica,
ma non a realizzare progetti ed obiettivi concreti.
Attualmente il barometro
regionale rispetto alle biblioteche segnala un calo di volontà
politica e pochi mezzi e pochi uomini impegnati in questo settore. Se
ho ragione (e francamente mi piacerebbe molto sbagliarmi), le
biblioteche e le loro Reti andranno avanti come negli ultimi anni
ovvero muovendosi sul solco delle attività tradizionali (alcune
delle quali molto positive), ma perdendo forza e smalto.
Contestualmente andrà ridimensionandosi il ruolo della Regione come
soggetto innovatore, riequilibratore e di coordinamento territoriale.
Si difenderanno e
probabilmente cresceranno le biblioteche più forti e localmente
meglio attrezzate (ovvero dove le classi dirigenti locali sono o
saranno più sensibili verso questo tipo di servizi). E' un fenomeno
già sotto gli occhi di tutti (basti pensare alla biblioteca delle
Oblate, alla San Giorgio di Pistoia, alla Lazzeriniana di Prato, alla
Ragionieri di Sesto, ecc.).
In parte la Reti
(appoggiate su comuni forti o Unioni) svolgeranno compiti
para-regionali. Ma solo in parte. Non vedo infatti possibile un ruolo
chiaro delle Reti nei processi innovativi e nemmeno nelle strategie
di riequilibrio se non nell'ambito dei bacini provinciali (e anche
qui con fatica).
Ed è un vero peccato,
perché soprattutto senza una politica di innovazione (e la capacità
di sostenerla) nel medio periodo i servizi bibliotecari rischiano di
perdere qualità e quindi ruolo.
Certo, le Reti
documentarie toscane potrebbero fare qualcosa di più ed essere più
attive (forse perfino un gocciolino autonome) nei confronti
dell'istituzione regionale. Ma negli ultimi anni mi pare che diverse
di loro abbiano perso tono e smalto, sballottate dai pensionamenti,
dall'incertezza dei finanziamenti, dalla crisi delle Province e un
po' anche dal timore di disturbare il manovratore.
Quanto ad AIB,
l'associazione professionale dei bibliotecari, spero che nelle
prossime settimane faccia sentire pubblicamente la sua voce e chieda
a chi sta per ricandidarsi a guidare la Regione (e ovviamente a chi
si candida per fare opposizione), cosa diavolo intende fare per le
biblioteche e per sostenere la pubblica lettura in Toscana. Mi
piacerebbe tanto che venissero fatte due semplici domande: (1) quante
persone servono per avere un ufficio biblioteche della Regione in
grado di gestire una seria politica in questo settore e se si impegna
a mettercele; (2) quante risorse finanziarie saranno impegnate
annualmente sul bilancio regionale a sostegno del settore
biblioteche. Le risposte devono contenere due semplici numeri. Da far
conoscere a tutti i lettori toscani. Il mio voto, lo dico subito,
andrà al candidato che prometterà i numeri più alti. Poi spero che
vinca e soprattutto che mantenga le promesse.
** Articolo uscito sulla rivista "Il Grandevetro" n. 117, a. 2015. Chiuso in redazione il 31/1/2015
UN DIBATTITO PROMOSSO DALLA BIBLIOTECA GRONCHI E DAL "GRANDEVETRO" SULLE BIBLIOTECHE OGGI
Tra i tanti eventi della festa di sabato alla Biblioteca Gronchi, uno di quelli più animati è stato senz'altro la discussione sul numero speciale dedicato dalla rivista IL GRANDEVETRO allo "stato" delle biblioteche pisane, toscane e non solo. Carlo Ghilli (Biblio Empoli), Tamburrini e Turbanti (Biblioteche Universitarie di Pisa), Milvia Dabizzi (biblio Provinciale di Pisa), Sandra Di Majo (già direttrice della biblio della SNS di Pisa), Marco La Rosa (Grandevetro) hanno discusso a tutto campo del ruolo e del futuro della biblioteche, in una dibattito che, come sempre, era appassionato, polemico e non pareva voler finire (siamo un po' logorroici noi bibliotecari?). Diversi interventi anche del pubblico: Massimo Gabbrielli (Biblio San Miniato) tra i più grintosi. Due annotazioni da parte mia: (1) il futuro delle biblioteche è certamente legato alle risorse pubbliche, ma di fatto saranno i bibliotecari, se riusciranno ad aggregare una fetta crescente di società civile attorno a queste istituzioni, a farle sopravvivere. Il futuro delle biblioteche si giocherà sulla produttività e sulle abilità relazionali dei bibliotecari. (2) produttività significa capacità di rispondere in tempo reale alle domande del pubblico (un pubblico vasto, allargato, sempre + esigenze e allo stesso tempo egoista e poco propenso a fare comunità); mentre abilità relazionali include la capacità di fare lobbying sulla politica, sugli amministratori e sulla società civile che può dare una mano (azione complicatissima: ma o si passa di qui o si declina). E poi tre ringraziamenti. Grazie ai bibliotecari che sono intervenuti, grazie a Milvia Dabizzi che ha coordinato il dibattito e grazie al Grandevetro di aver prodotto questo bel numero con l'inserto dedicato alle biblioteche. In quest'epoca di resistenza e di resilienza (non so bene come, ma mi pare che i due concetti si integrino alla perfezione almeno per noi bibliotecari), la rivista col cuore dell'Area del Cuoio, ma l'anima e la mente aperte sul mondo, mi sembra indicare anche a noi un intelligente modello di comportamento. Infine aggiungo che dal dibattito sulle biblioteche le regioni non possano tirarsi fuori. I vecchietti come me sanno bene che c'è stato un tessuto bibliotecario prima dell'avvento delle Regioni e uno posteriore. La Toscana (ma credo anche la Lombardia, la Liguria, il Veneto e il Piemonte) non avrebbe il reticolato di biblioteche locali che ha senza la politica regionale, senza le risorse regionali, senza gli indirizzi e le spinte regionali. La Toscana non avrebbe le Reti bibliotecarie e una ventina di nuove vissutissime biblioteche sparse in maniera abbastanza omogenea sul territorio senza la capacità di intervento "politico" della Regione Toscana su questo settore specifico. Una parte importante, qualitativa, del futuro delle biblioteche toscane insomma si giocherà a Firenze. E' anche nelle mani di Enrico Rossi e del suo prossimo assessore alla cultura, rispetto ai quali i bibliotecari dovranno essere propositivi e molto biblioattivi.
Tra i tanti eventi della festa di sabato alla Biblioteca Gronchi, uno di quelli più animati è stato senz'altro la discussione sul numero speciale dedicato dalla rivista IL GRANDEVETRO allo "stato" delle biblioteche pisane, toscane e non solo. Carlo Ghilli (Biblio Empoli), Tamburrini e Turbanti (Biblioteche Universitarie di Pisa), Milvia Dabizzi (biblio Provinciale di Pisa), Sandra Di Majo (già direttrice della biblio della SNS di Pisa), Marco La Rosa (Grandevetro) hanno discusso a tutto campo del ruolo e del futuro della biblioteche, in una dibattito che, come sempre, era appassionato, polemico e non pareva voler finire (siamo un po' logorroici noi bibliotecari?). Diversi interventi anche del pubblico: Massimo Gabbrielli (Biblio San Miniato) tra i più grintosi. Due annotazioni da parte mia: (1) il futuro delle biblioteche è certamente legato alle risorse pubbliche, ma di fatto saranno i bibliotecari, se riusciranno ad aggregare una fetta crescente di società civile attorno a queste istituzioni, a farle sopravvivere. Il futuro delle biblioteche si giocherà sulla produttività e sulle abilità relazionali dei bibliotecari. (2) produttività significa capacità di rispondere in tempo reale alle domande del pubblico (un pubblico vasto, allargato, sempre + esigenze e allo stesso tempo egoista e poco propenso a fare comunità); mentre abilità relazionali include la capacità di fare lobbying sulla politica, sugli amministratori e sulla società civile che può dare una mano (azione complicatissima: ma o si passa di qui o si declina). E poi tre ringraziamenti. Grazie ai bibliotecari che sono intervenuti, grazie a Milvia Dabizzi che ha coordinato il dibattito e grazie al Grandevetro di aver prodotto questo bel numero con l'inserto dedicato alle biblioteche. In quest'epoca di resistenza e di resilienza (non so bene come, ma mi pare che i due concetti si integrino alla perfezione almeno per noi bibliotecari), la rivista col cuore dell'Area del Cuoio, ma l'anima e la mente aperte sul mondo, mi sembra indicare anche a noi un intelligente modello di comportamento. Infine aggiungo che dal dibattito sulle biblioteche le regioni non possano tirarsi fuori. I vecchietti come me sanno bene che c'è stato un tessuto bibliotecario prima dell'avvento delle Regioni e uno posteriore. La Toscana (ma credo anche la Lombardia, la Liguria, il Veneto e il Piemonte) non avrebbe il reticolato di biblioteche locali che ha senza la politica regionale, senza le risorse regionali, senza gli indirizzi e le spinte regionali. La Toscana non avrebbe le Reti bibliotecarie e una ventina di nuove vissutissime biblioteche sparse in maniera abbastanza omogenea sul territorio senza la capacità di intervento "politico" della Regione Toscana su questo settore specifico. Una parte importante, qualitativa, del futuro delle biblioteche toscane insomma si giocherà a Firenze. E' anche nelle mani di Enrico Rossi e del suo prossimo assessore alla cultura, rispetto ai quali i bibliotecari dovranno essere propositivi e molto biblioattivi.
domenica 7 giugno 2015
LAPIDI SAN MINIATO. O IL PD FA UNA FIGURA DI C.... IN CONSIGLIO O IL SINDACO SI RIMANGIA LE ULTIME DICHIARAZIONI ALLA STAMPA
Giovedi 11 a san miniato in consiglio si discutera' la mozione presentata dal pd sulle lapidi. Unico punto qualificante, il pd chiede al suo sindaco che tra 40 gg, il 22 luglio, anniversario della strage del duomo, le lapidi tornino visibili. Il resto sono chiacchiere. Nei giorni scorsi però il sindaco ha dichiarato alla stampa che lui a rimettere le lapidi da qualche parte non ci pensa nemmeno. Lo farà con calma. Intanto deve occuparsi della notte nera e di mille altri problemi. Verrebbe da chiedergli, perchè allora le lapidi non le ha lasciate al loro posto, ma al nostro lapicida nato al Pinocchio non mancherebbero certamente gli argomenti per rispondere, o altrimenti se li farebbe suggerire da qualche consigliere. Da parte sua il segretario cittadino del pd, tutto preso dalla notte ahinoi nera di Berlino, ha ignorato le dichiarazioni del lapicida, ma non potrà farlo ancora a lungo. Mancano 4 gg alla discussione in consiglio. Già, in consiglio, cosa accadrà? Il sindaco di fatto ha già respinto al mittente la mozione del pd e ha detto chiaro e forte a militanti e dirigenti pd, consiglieri comunali inclusi, che lui di cosa pensa il pd sulle lapidi se ne frega. Il sindaco come è noto si esprime in maniera più forbita, ma la sostanza è che a lui di cosa pensano gli iscritti al pd sulle lapidi davvero non importa un fico secco. Lui le lapidi per ora non le rimette visibili da nessuna parte. A questo punto lo sconfitto di berlino deve decidere se: 1) far votare lo stesso la mozione; 2) ritirare la mozione. Nel caso la si voti, è probabile che il sindaco chieda una integrazione che gli consenta di non avere una data entro cui ricollocare le lapidi. Oppure nel caso la si voti così, tutti sapranno che tanto è una mozione senza alcuna efficacia pratica e che il sindaco farà quello che vorrà ovvero LE LAPIDI RIMARRANNO OSCURATE SINE DIE. Insomma il segretario berlinese del pd deve decidere quale tipo di sconfitta accettare, visto che non può chiedere davvero al sindaco neppure quello che i suoi militanti gli hanno chiesto di chiedergli, ovvero di rimettere le lapidi entro 3 mesi dallo loro rimozione in un luogo pubblico, visibili. Una richiesta ragionevole che all'inizio perfino il sindaco nato al Pinocchio pareva intenzionato ad accettare. Il finale della partita è interessante perché dimostrera' con chiarezza il livello di autonomia dei partiti anche a livello territoriale e come invece i sindaci in molti contesti non siano solo sindaci ma di fatto controllino anche il loro partito e i loro militanti o meglio agiscano in nome e per conto anche del partito e dei militanti, anche quando come nel caso delle lapidi sanminiatesi, partito e militanti la pensano in maniera opposta del loro sindaco. Ovviamente pd e sindaco cercheranno una soluzione che salvi capra e cavoli. Non so quale sarà, ma la troveranno. E questo perché il pd non può ritrovare una sua autonomia politica ed associativa a livello locale e imporre al sindaco di rispettare la volontà dei militanti che lo hanno candidato e poi eletto, né il sindaco può perdere la faccia e ricollocare le lapidi in pubblico. Dunque.. vedremo.
Giovedi 11 a san miniato in consiglio si discutera' la mozione presentata dal pd sulle lapidi. Unico punto qualificante, il pd chiede al suo sindaco che tra 40 gg, il 22 luglio, anniversario della strage del duomo, le lapidi tornino visibili. Il resto sono chiacchiere. Nei giorni scorsi però il sindaco ha dichiarato alla stampa che lui a rimettere le lapidi da qualche parte non ci pensa nemmeno. Lo farà con calma. Intanto deve occuparsi della notte nera e di mille altri problemi. Verrebbe da chiedergli, perchè allora le lapidi non le ha lasciate al loro posto, ma al nostro lapicida nato al Pinocchio non mancherebbero certamente gli argomenti per rispondere, o altrimenti se li farebbe suggerire da qualche consigliere. Da parte sua il segretario cittadino del pd, tutto preso dalla notte ahinoi nera di Berlino, ha ignorato le dichiarazioni del lapicida, ma non potrà farlo ancora a lungo. Mancano 4 gg alla discussione in consiglio. Già, in consiglio, cosa accadrà? Il sindaco di fatto ha già respinto al mittente la mozione del pd e ha detto chiaro e forte a militanti e dirigenti pd, consiglieri comunali inclusi, che lui di cosa pensa il pd sulle lapidi se ne frega. Il sindaco come è noto si esprime in maniera più forbita, ma la sostanza è che a lui di cosa pensano gli iscritti al pd sulle lapidi davvero non importa un fico secco. Lui le lapidi per ora non le rimette visibili da nessuna parte. A questo punto lo sconfitto di berlino deve decidere se: 1) far votare lo stesso la mozione; 2) ritirare la mozione. Nel caso la si voti, è probabile che il sindaco chieda una integrazione che gli consenta di non avere una data entro cui ricollocare le lapidi. Oppure nel caso la si voti così, tutti sapranno che tanto è una mozione senza alcuna efficacia pratica e che il sindaco farà quello che vorrà ovvero LE LAPIDI RIMARRANNO OSCURATE SINE DIE. Insomma il segretario berlinese del pd deve decidere quale tipo di sconfitta accettare, visto che non può chiedere davvero al sindaco neppure quello che i suoi militanti gli hanno chiesto di chiedergli, ovvero di rimettere le lapidi entro 3 mesi dallo loro rimozione in un luogo pubblico, visibili. Una richiesta ragionevole che all'inizio perfino il sindaco nato al Pinocchio pareva intenzionato ad accettare. Il finale della partita è interessante perché dimostrera' con chiarezza il livello di autonomia dei partiti anche a livello territoriale e come invece i sindaci in molti contesti non siano solo sindaci ma di fatto controllino anche il loro partito e i loro militanti o meglio agiscano in nome e per conto anche del partito e dei militanti, anche quando come nel caso delle lapidi sanminiatesi, partito e militanti la pensano in maniera opposta del loro sindaco. Ovviamente pd e sindaco cercheranno una soluzione che salvi capra e cavoli. Non so quale sarà, ma la troveranno. E questo perché il pd non può ritrovare una sua autonomia politica ed associativa a livello locale e imporre al sindaco di rispettare la volontà dei militanti che lo hanno candidato e poi eletto, né il sindaco può perdere la faccia e ricollocare le lapidi in pubblico. Dunque.. vedremo.
ALLA PROSSIMA FESTA DELLA BIBLIOTECA
Ieri alla bibliiteca Gronchi di Pontedera abbiamo vissuto una bella giornata per le tante presenze, per la differenza delle presenze, per il carattere composito degli eventi che abbiamo realizzato ed ospitato, per le tante collaborazioni generose che siamo riusciti a mettere insieme. Credo che prima di tutto siamo stati quello che dobbiamo essere come biblioteca: un luogo sempre aperto, e aperto a tutti, senza distinzione di età, di convinzioni, di provenienza e dei mille distinguo che ci caratterizzano e ci dividono. Come ci ha suggerito ieri Antonio Chelli, dobbiamo essere una biblioteca frequentata da "principi e da spazzini", e come aggiungerebbe in rima Manola Franceschini, "strapassata da grandi e da piccini"; una biblioteca che fa del dialogo e della convivenza tra istanze, esigenze ed identità diverse la propria ricchezza e la propria forza. Ieri l'intera giornata voleva chiamare tutti a portare la propria buona novella e contemporaneamente ad ascolare la buona novella degli altri. Sarà la retorica degli anziani (perdonateci! Buona parte del personale è over 60), ma, pur con diversi limiti e qualche assenza che ci pesa sul cuore, tutto sommato, possiamo dire di esserci riusciti. L'unica lagnanza che ho raccolto, mentre si abbuffava con la torta del compleanno, è stata quella di quel carrarmato del volontariato che è Sonia Forsi. Mi ha detto che se l'è legata al dito che non l'abbiamo chiamata tra i VIP a leggere una pagina del libro del suo cuore. Mi sono scusato, perché Sonia x noi è una vippissima, e le ho solennemente promesso che sarà inserita tra i VIP del prossimo anno. Perché ci auguriamo che la festa continui, che la biblioteca Gronchi resca ad accogliere oltre mille persone tutti i giorni e che magari superi le 200.000 presenze annuali e vada oltre i 50.000 prestiti librari. E allora si che ci sarà di nuovo da festeggiare, perché vorrà dire che la nostra comunità di lettori sarà ancora cresciuta e questo contribuirà a dare ancora + futuro e speriamo qualità alla nostra città e alla Valdera. Molto dipenderà dai bibliotecari della Gronchi, dalla loro voglia di fare e dalle loro capacità di relazionarsi con la comunità che li circonconda. Ma a giudicare da quel che si è visto ieri, le premesse ci sono. Perché come ci ha suggerito ieri il neorieletto presidente della Regione, Enrico Rossi, mandandoci un messaggio di auguri, il destino degli uomini e delle loro istituzioni è solo nelle mani degli uomini. In quelli di buona volontà, mi permetto di aggiungere.
Ieri alla bibliiteca Gronchi di Pontedera abbiamo vissuto una bella giornata per le tante presenze, per la differenza delle presenze, per il carattere composito degli eventi che abbiamo realizzato ed ospitato, per le tante collaborazioni generose che siamo riusciti a mettere insieme. Credo che prima di tutto siamo stati quello che dobbiamo essere come biblioteca: un luogo sempre aperto, e aperto a tutti, senza distinzione di età, di convinzioni, di provenienza e dei mille distinguo che ci caratterizzano e ci dividono. Come ci ha suggerito ieri Antonio Chelli, dobbiamo essere una biblioteca frequentata da "principi e da spazzini", e come aggiungerebbe in rima Manola Franceschini, "strapassata da grandi e da piccini"; una biblioteca che fa del dialogo e della convivenza tra istanze, esigenze ed identità diverse la propria ricchezza e la propria forza. Ieri l'intera giornata voleva chiamare tutti a portare la propria buona novella e contemporaneamente ad ascolare la buona novella degli altri. Sarà la retorica degli anziani (perdonateci! Buona parte del personale è over 60), ma, pur con diversi limiti e qualche assenza che ci pesa sul cuore, tutto sommato, possiamo dire di esserci riusciti. L'unica lagnanza che ho raccolto, mentre si abbuffava con la torta del compleanno, è stata quella di quel carrarmato del volontariato che è Sonia Forsi. Mi ha detto che se l'è legata al dito che non l'abbiamo chiamata tra i VIP a leggere una pagina del libro del suo cuore. Mi sono scusato, perché Sonia x noi è una vippissima, e le ho solennemente promesso che sarà inserita tra i VIP del prossimo anno. Perché ci auguriamo che la festa continui, che la biblioteca Gronchi resca ad accogliere oltre mille persone tutti i giorni e che magari superi le 200.000 presenze annuali e vada oltre i 50.000 prestiti librari. E allora si che ci sarà di nuovo da festeggiare, perché vorrà dire che la nostra comunità di lettori sarà ancora cresciuta e questo contribuirà a dare ancora + futuro e speriamo qualità alla nostra città e alla Valdera. Molto dipenderà dai bibliotecari della Gronchi, dalla loro voglia di fare e dalle loro capacità di relazionarsi con la comunità che li circonconda. Ma a giudicare da quel che si è visto ieri, le premesse ci sono. Perché come ci ha suggerito ieri il neorieletto presidente della Regione, Enrico Rossi, mandandoci un messaggio di auguri, il destino degli uomini e delle loro istituzioni è solo nelle mani degli uomini. In quelli di buona volontà, mi permetto di aggiungere.
venerdì 5 giugno 2015
FESTA DI COMPLEANNO DELLA BIBLIOTECA GRONCHI DI PONTEDERA
La Biblioteca comunale di Pontedera è nata nel 1953. In questi 60 anni di vita (più o meno quelli del suo attuale responsabile, il sottoscritto) ha cambiato varie sedi e alla fine ha trovato anche un nome significativo. Ma con la nuova sede e col nuovo nome è diventata ancora visibile per la città e ha conquistato un pubblico senza precedenti. I varchi elettronici ci dicono che abbiamo avuto oltre 100.000 utenti nell'ultimo anno (ma se contiamo tutti i passaggi in realtà arriveremmo quasi a 150.000) e che abbiamo prestato libri e dvd per una cifra che si attesta attorno ai 45.000 pezzi, una cifra che nell'anno 2015 potrebbe toccare le 50.000 unità. Se il professor Giuseppe De Martini che, insieme al sindaco pittore Otello Cirri, volle la prima biblioteca è andato in paradiso e ci guarda bonariamente da lassù, di certo sorride e si batte la mano sulla fronte. Anche se prima che morisse, un annetto e mezzo fa, gli avevo detto che stavamo crescendo molto in termini di prestiti e di lettori che ci frequentavano, nessuno si sarebbe immaginato un simile balzo in avanti. Un balzo forte che fa della nuova struttura davvero qualcosa di nuovo, unico e originale. Una biblioteca "europea" ha dichiarato Daniel Pennac quando l'ha vista e quindi "imprevedibile" in una città come Pontedera. Voluta dalla volontà visionaria del sindaco Paolo Marconcini e dal suo altrettanto visionario e frenetico assessore alla cultura, Daniela Pampaloni, la biblioteca Gronchi è stata realizzata solo grazie al contributo della Regione Toscana e alla pragmatica tenacia del sindaco Simone Millozzi e dell'assessore Liviana Canovai, capaci entrambi di stare sempre sul pezzo per cercare di non perdere un millimetro del terreno conquistato dalle precedenti amministrazioni comunali di Pontedera e se possibile di rilanciare. Domani, tra le tante cose, si festeggia anche tutto questo: la realizzazione di un sogno collettivo che tutti i giorni è utilizzato da almeno un migliaio di persone che vengono a cercare libri e altri servizi informativi di qualità. Non so se ci saranno tanti giovani che, dico io, per fortuna ci hanno adottato e sfruttano quotidianamente tutti i servizi che gli offriamo. Di certo sarà un'occasione per allargare ancora di più il cerchio dei lettori e dei pensatori. Spero che verranno in tanti per gustarsi il programma delle iniziative, cimentarsi coi concorsi e per ammirare il nuovo murale che Ozmo ha dedicato alla biblioteca. Guardando il disegno sul muro di fronte alla biblioteca, credo che molti si chiederanno, come ho fatto io, se i libri siano davvero la nuova lampada di Aladino e se solo strofinando e leggendo i libri giusti gli uomini potranno costruire la loro fortuna individuale e collettiva. Ovviamente i bibliotecari ci credono che i libri siano uno strumento fondamentale per migliorare la vita delle persone e dei popoli. Naturalmente i libri "giusti". Ma per dire cosa sia un libro giusto, lo spazio del post non mi basta.
mercoledì 3 giugno 2015
L'OSCURATOR DI LAPIDI FINALMENTE PARLA CHIARO. LE LAPIDI LE RIVEDREMO QUANDO DECIDERA' LUI
Passate le elezioni, il sindaco della roccheggiante città sveva ha ritrovato coraggio e ha deciso di parlare. Naturalmente solo alla stampa. Che dice? Che le lapidi sulla strage del duomo per il momento le rivedremo.... col binocolo. Saranno lunghi i tempi per ricollocarle, ha dichiarato ai giornalisti. Non possiamo agire in fretta. Odia chi lo pressa. O non aveva detto che in poco tempo sarebbero tornate visibili? Ma dove? Ma quando? Ci vorrà tempo. Bisogna fare le cose ammodo. A toglierle si fa presto, ma rimetterle è un altro paio di maniche. Ma la sovrintendenza non gli ha chiesto di risistemarle subito in un posto visibile e accessibile a tutti? Non risulta. Di sicuro però due mesi fa il gruppo consiliare del pd di San Miniato ha presentato una mozione con cui impegnava il sindaco a rendere nuovamente visibili le lapidi entro il prossimo 22 luglio, anniversario della strage. Poi il sindaco venne ricoverato in ospedale e la mozione non fu discussa. Ora la mozione del pd arriverà in consiglio comunale l'11 giugno. Ma il sindaco ha già risposto ai maggiorenti del suo partito a mezzo stampa dicendogli che non si facciano illusioni; che per il 22 luglio di rimontare le lapidi in pubblico non se ne parla proprio. Del resto le lapidi non sono mica la sacra sindone, pare abbia commentato il rottamatore gentiluomo. E subito dopo s'e' chiesto: ma poi a questi del pd, chi diavolo gli sembra di essere? Non pensaranno mica di dirmi cosa devo fare?
Passate le elezioni, il sindaco della roccheggiante città sveva ha ritrovato coraggio e ha deciso di parlare. Naturalmente solo alla stampa. Che dice? Che le lapidi sulla strage del duomo per il momento le rivedremo.... col binocolo. Saranno lunghi i tempi per ricollocarle, ha dichiarato ai giornalisti. Non possiamo agire in fretta. Odia chi lo pressa. O non aveva detto che in poco tempo sarebbero tornate visibili? Ma dove? Ma quando? Ci vorrà tempo. Bisogna fare le cose ammodo. A toglierle si fa presto, ma rimetterle è un altro paio di maniche. Ma la sovrintendenza non gli ha chiesto di risistemarle subito in un posto visibile e accessibile a tutti? Non risulta. Di sicuro però due mesi fa il gruppo consiliare del pd di San Miniato ha presentato una mozione con cui impegnava il sindaco a rendere nuovamente visibili le lapidi entro il prossimo 22 luglio, anniversario della strage. Poi il sindaco venne ricoverato in ospedale e la mozione non fu discussa. Ora la mozione del pd arriverà in consiglio comunale l'11 giugno. Ma il sindaco ha già risposto ai maggiorenti del suo partito a mezzo stampa dicendogli che non si facciano illusioni; che per il 22 luglio di rimontare le lapidi in pubblico non se ne parla proprio. Del resto le lapidi non sono mica la sacra sindone, pare abbia commentato il rottamatore gentiluomo. E subito dopo s'e' chiesto: ma poi a questi del pd, chi diavolo gli sembra di essere? Non pensaranno mica di dirmi cosa devo fare?
INAUGURAZIONE SABATO PROSSIMO DELL'AULA DEDICATA AL PROF. GIUSEPPE DE MARTINI PRESSO LA BIBLIOTECA GRONCHI DI PONTEDERA
Sabato 6 giugno l'Amministrazione dedicherà l'Auditorium della Biblioteca Gronchi al prof. Giuseppe De Martini che nei primi anni '50 fu il principale promotore e animatore della Biblioteca comunale. Prima come assessore e poi come direttore "volontario", De Martini fece della biblioteca un centro culturale importante e allo sviluppo della biblioteca fu strettamente legato fino agli anni '90. Alla biblioteca è stato donato l'intero patrimonio librario di De Martini composto da circa 7.000 volumi. Il video che i bibliotecari pontederesi gli hanno dedicato in questa occasione ripercorre alcune tappe della biografia culturale e politica di Giuseppe De Martini e dello sviluppo della biblioteca della città.
https://www.youtube.com/watch?v=-N_iVcRdtb8
Sabato 6 giugno l'Amministrazione dedicherà l'Auditorium della Biblioteca Gronchi al prof. Giuseppe De Martini che nei primi anni '50 fu il principale promotore e animatore della Biblioteca comunale. Prima come assessore e poi come direttore "volontario", De Martini fece della biblioteca un centro culturale importante e allo sviluppo della biblioteca fu strettamente legato fino agli anni '90. Alla biblioteca è stato donato l'intero patrimonio librario di De Martini composto da circa 7.000 volumi. Il video che i bibliotecari pontederesi gli hanno dedicato in questa occasione ripercorre alcune tappe della biografia culturale e politica di Giuseppe De Martini e dello sviluppo della biblioteca della città.
https://www.youtube.com/watch?v=-N_iVcRdtb8
lunedì 1 giugno 2015
UN RICONOSCIMENTO AL PROF. MARIO MONTORZI
Sabato 6 giugno alla “Biblioteca G. Gronchi” di Pontedera ci sarà un riconoscimento al prof. Mario Montorzi che lascia l'insegnamento universitario a Pisa presso la Facoltà di Giurisprudenza, ma come ha promesso agli amici continuerà a studiare e a darsi da fare. Altri diranno meglio di me delle sue qualità di studioso e di professore universitario. Io, che lo conosco da quasi mezzo secolo, voglio sottolineare di lui tre grandi passioni: quella per i libri (Mario è un vero bibliofilo e sono certo che sarebbe stato anche un grande direttore della Biblioteca Gronchi). Solo chi visiti il suo appartamento potrà capire a pieno cosa intendo dire. Perché la sua è una biblioanchecasa. Dove gli intrusi sono gli umani e i libri occupano tutti gli spazi possibili. Da Mario sono gli umani a doversi adattare ai libri. Non viceversa. Credo che questo chiarisca perché l'omaggio si farà in biblioteca. La seconda passione è quella per gli studi locali che costituiscono solo una minuscola parte della sua vasta produzione scientifica e culturale, ma che sono condotti con rigore e meticolosità. Mario è il prototipo dello studioso e dell'erudito, anche quando si occupa di aspetti più locali. E quindi Pontedera, la Valdera, il contado pisano poi fiorentino, gli debbono molto. La terza passione è quella per la politica. Lo ricordo “giovane liberale” in un liceo classico di Pontedera infestato da scalmanati sessantottini e qualche fascistello. Vestito in maniera impeccabile. Solitario e un po' solenne, lo rivedo con indosso un fiocchino a farfalla. Una provocazione per alcuni rivoluzionari (di allora). Ma lui sdivertiva a recitare la parte del borghese gentiluomo che fronteggiava eskimovestiti e barbuti contestatori. Anche questa passione, ereditata dal padre che era stato consigliere comunale per il partito liberale, gli è rimasta. Ma altro ancora è quello mi colpisce di Mario. Erede della cultura classica assorbita in famiglia e perfezionata in un liceo classico diretto da Aldo Vespi, Mario da tanti anni ci suggerisce come ci si debba battere anche contro l'oltraggiosa sorte. Con tenacia e con spirito. Non cedendo, fino a che si può, nemmeno un centimetro. Sorridendo di sé e dei propri malanni. Oltre che del Mondo. Obbligandosi a guardare avanti. Spero davvero che molti pontederesi trovino il tempo per venirlo a incontrare.
Sabato 6 giugno alla “Biblioteca G. Gronchi” di Pontedera ci sarà un riconoscimento al prof. Mario Montorzi che lascia l'insegnamento universitario a Pisa presso la Facoltà di Giurisprudenza, ma come ha promesso agli amici continuerà a studiare e a darsi da fare. Altri diranno meglio di me delle sue qualità di studioso e di professore universitario. Io, che lo conosco da quasi mezzo secolo, voglio sottolineare di lui tre grandi passioni: quella per i libri (Mario è un vero bibliofilo e sono certo che sarebbe stato anche un grande direttore della Biblioteca Gronchi). Solo chi visiti il suo appartamento potrà capire a pieno cosa intendo dire. Perché la sua è una biblioanchecasa. Dove gli intrusi sono gli umani e i libri occupano tutti gli spazi possibili. Da Mario sono gli umani a doversi adattare ai libri. Non viceversa. Credo che questo chiarisca perché l'omaggio si farà in biblioteca. La seconda passione è quella per gli studi locali che costituiscono solo una minuscola parte della sua vasta produzione scientifica e culturale, ma che sono condotti con rigore e meticolosità. Mario è il prototipo dello studioso e dell'erudito, anche quando si occupa di aspetti più locali. E quindi Pontedera, la Valdera, il contado pisano poi fiorentino, gli debbono molto. La terza passione è quella per la politica. Lo ricordo “giovane liberale” in un liceo classico di Pontedera infestato da scalmanati sessantottini e qualche fascistello. Vestito in maniera impeccabile. Solitario e un po' solenne, lo rivedo con indosso un fiocchino a farfalla. Una provocazione per alcuni rivoluzionari (di allora). Ma lui sdivertiva a recitare la parte del borghese gentiluomo che fronteggiava eskimovestiti e barbuti contestatori. Anche questa passione, ereditata dal padre che era stato consigliere comunale per il partito liberale, gli è rimasta. Ma altro ancora è quello mi colpisce di Mario. Erede della cultura classica assorbita in famiglia e perfezionata in un liceo classico diretto da Aldo Vespi, Mario da tanti anni ci suggerisce come ci si debba battere anche contro l'oltraggiosa sorte. Con tenacia e con spirito. Non cedendo, fino a che si può, nemmeno un centimetro. Sorridendo di sé e dei propri malanni. Oltre che del Mondo. Obbligandosi a guardare avanti. Spero davvero che molti pontederesi trovino il tempo per venirlo a incontrare.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)

