lunedì 8 giugno 2015

BIBLIOTECHE: QUALE POLITICA REGIONALE PER IL FUTURO?

La nascita delle Regioni negli anni '70 fu un fatto importante per la lettura e lo sviluppo delle biblioteche in Italia. Di sicuro in Toscana, dove la legge regionale 33/1976 e i finanziamenti che la accompagnarono favorirono la nascita di molte biblioteche comunali e la modernizzazione di alcune importanti strutture bibliotecarie già esistenti. Nei successivi anni '80 la Regione sostenne e orientò l'informatizzazione delle biblioteche e la formazione e la crescita di bibliotecari di qualità (ormai in pensione o pensionandi). Negli ultimi venti anni la politica regionale ha poi favorito la costruzione ed il consolidamento delle Reti documentarie provinciali e finanziato la costruzione ex novo o il potenziamento di una quindicina di grandi biblioteche civiche (tra cui Prato, Pistoia, Sesto Fiorentino, Pisa, Empoli, Pontedera...). Nell'insieme quindi la politica regionale ha trascinato verso l'alto i livelli qualitativi dei servizi bibliotecari toscani (di cui danno conto i bei report statistici annuali) e consentito la crescita professionale del settore che ha dato buoni frutti in termini di sviluppo della lettura (uno sviluppo fatto di crescita dei prestiti, incremento del numero di utenti, letture in sede, coinvolgimento delle scuole, crescita del patrimonio bibliografico, sviluppo di risorse digitali, ecc.).
Negli ultimissimi anni, però, complice anche la crisi, le risorse regionali si sono ridotte. Diversi funzionari regionali di questo settore sono andati in pensione (senza essere sostituiti) e, nell'insieme, sembra essere venuta meno una certa progettualità che la messa in discussione e poi il ridimensionamento (per altro avvenuto in maniera molto scoordinata e confusa) delle Province ha finito per rendere ancora più evidente.
Domanda: nell'era di internet c'è ancora bisogno di una politica regionale delle biblioteche? C'è ancora bisogno di una interazione tra una strategia regionale e una locale?
La risposta non è facile ed è legata al destino incerto delle stesse regioni e delle risorse economiche e di personale che queste possono mettere in campo. Indicativamente però mi sembrerebbe auspicabile il proseguimento di un ruolo forte e chiaro della Regione, in grado di muoversi con energia e determinazione almeno lungo quattro crinali.
Primo: il consolidamento (e quindi il sostegno) delle Reti Documentarie Provinciali. La perdita della competenza sulle biblioteche da parte delle Province dovrebbe essere compensata da un maggiore impegno della Regione in questo settore. Anche (ma non esclusivamente) finanziario. Su questo versante ad esempio la Regione dovrebbe riuscire a istituzionalizzare meglio ruolo, funzioni e operatività delle Reti, forse prevedendo un organo (che potrebbe essere il coordinamento delle Reti) a cui assegnare un compito almeno consultivo rispetto alla predisposizione del PIC per quanto concerne la programmazione dei servizi bibliotecari. Credo costituirebbe un momento importante di articolazione della relazione regione-reti-enti locali che farebbe bene ai servizi bibliotecari.
Secondo: la qualità dei servizi. La Regione dovrebbe continuare a stimolare ed incentivare gli enti locali a mantenere servizi ad un buon livello professionale. Le biblioteche oggi hanno senso solo se strutturate come servizi di qualità per le comunità di riferimento. E' infatti del tutto evidente che nell'era in cui ciascuno di noi (come il mago Merlino della Spada nella roccia) porta in tasca o nella borsa, accessibile via tablet o smartphone, una grande biblioteca digitale, solo la presenza di bibliotecari professionali e di servizi qualificati renda produttivo e quindi giustificato l'investimento fatto dalle amministrazioni locali nelle biblioteche fisiche.
Terzo: il ruolo di soggetto innovatore. La Regione ha avuto (e non può perdere) un ruolo importante di stimolo e di coordinamento nei confronti dell'innovazione dei servizi bibliotecari. L'evoluzione delle biblioteche civiche e delle loro Reti territoriali ha bisogno di una regia regionale per migliorarsi e innalzare la propria qualità. Questo compito non può essere affidato alle singole biblioteche e per ora neppure alle Reti, le quali, prive di un riferimento regionale, paiono chiuse nei loro bacini territoriali e risultano incapaci (a parte poche e specifiche occasioni) di dialogare e soprattutto di cooperare tra di loro. Le vicende del metaopac toscano e del trasporto librario sono lì a dimostrarlo.
Quarto: il riequilibrio territoriale. Esistono squilibri sul territorio regionale che andrebbero colmati. Esistono reti bibliotecarie e servizi locali più fragili di altri. Anche su questo terreno l'uscita di scena delle province restituisce compiti alla Regione.
Ovviamente ci sono anche altre competenze e ruoli della Regione in questo settore: dalla gestione e la tutela del patrimonio bibliografico particolare (fondi antichi, biblioteche private, ecc.) ai rapporti con lo stato e le strategie bibliotecarie nazionali.
C'è tutta l'architettura di SBN che necessita di un ruolo e una visione regionale.
Ma quello che è certo è che per recitare un ruolo di attore pubblico anche in questo campo occorrono sensibilità, volontà, risorse finanziarie e personale in grado di dare le gambe a obiettivi e progetti.
Oggi invece sembra che a livello politico regionale la sensibilità verso questo settore sia calata. La volontà di esercitare un ruolo strategico molto ridimensionata (per non dire quasi rovesciata rispetto alla volontà che si era espressa a livello regionale negli anni '70 e '80). Le risorse finanziare sono calanti o stagnanti. E il personale (non me ne vogliano gli amici di via Farini) sempre più vecchietto, ridotto di numero e con una quantità virtualmente crescente di funzioni da esercitare.
Sul problema del personale e del progressivo ridimensionamento dell'ufficio biblioteche della Regione dagli anni '90 ad oggi molto ci sarebbe da dire e sicuramente il tema richiederebbe un intervento specifico. Un punto però non può essere taciuto. A meno di non voler dire cose senza senso. Per realizzare una politica regionale verso le biblioteche occorrono ovviamente chiarezza di obiettivi e volontà politica di attuarli. Ma se obiettivi e volontà ci fossero in ambito politico, servirebbe poi il personale regionale per concretizzarli. E il personale dovrebbe avere abilità professionali specifiche ed il tempo necessario per gestire i progetti e le relazioni che gli obiettivi strategici richiedono. Sostenere che si posso fare grandi cose e magari perfino scelte sofisticate con poche risorse finanziarie e con poco personale è una balla che forse serve a tener buona un'opinione pubblica imbufalita nei confronti della politica, ma non a realizzare progetti ed obiettivi concreti.
Attualmente il barometro regionale rispetto alle biblioteche segnala un calo di volontà politica e pochi mezzi e pochi uomini impegnati in questo settore. Se ho ragione (e francamente mi piacerebbe molto sbagliarmi), le biblioteche e le loro Reti andranno avanti come negli ultimi anni ovvero muovendosi sul solco delle attività tradizionali (alcune delle quali molto positive), ma perdendo forza e smalto. Contestualmente andrà ridimensionandosi il ruolo della Regione come soggetto innovatore, riequilibratore e di coordinamento territoriale.
Si difenderanno e probabilmente cresceranno le biblioteche più forti e localmente meglio attrezzate (ovvero dove le classi dirigenti locali sono o saranno più sensibili verso questo tipo di servizi). E' un fenomeno già sotto gli occhi di tutti (basti pensare alla biblioteca delle Oblate, alla San Giorgio di Pistoia, alla Lazzeriniana di Prato, alla Ragionieri di Sesto, ecc.).
In parte la Reti (appoggiate su comuni forti o Unioni) svolgeranno compiti para-regionali. Ma solo in parte. Non vedo infatti possibile un ruolo chiaro delle Reti nei processi innovativi e nemmeno nelle strategie di riequilibrio se non nell'ambito dei bacini provinciali (e anche qui con fatica).
Ed è un vero peccato, perché soprattutto senza una politica di innovazione (e la capacità di sostenerla) nel medio periodo i servizi bibliotecari rischiano di perdere qualità e quindi ruolo.
Certo, le Reti documentarie toscane potrebbero fare qualcosa di più ed essere più attive (forse perfino un gocciolino autonome) nei confronti dell'istituzione regionale. Ma negli ultimi anni mi pare che diverse di loro abbiano perso tono e smalto, sballottate dai pensionamenti, dall'incertezza dei finanziamenti, dalla crisi delle Province e un po' anche dal timore di disturbare il manovratore.

Quanto ad AIB, l'associazione professionale dei bibliotecari, spero che nelle prossime settimane faccia sentire pubblicamente la sua voce e chieda a chi sta per ricandidarsi a guidare la Regione (e ovviamente a chi si candida per fare opposizione), cosa diavolo intende fare per le biblioteche e per sostenere la pubblica lettura in Toscana. Mi piacerebbe tanto che venissero fatte due semplici domande: (1) quante persone servono per avere un ufficio biblioteche della Regione in grado di gestire una seria politica in questo settore e se si impegna a mettercele; (2) quante risorse finanziarie saranno impegnate annualmente sul bilancio regionale a sostegno del settore biblioteche. Le risposte devono contenere due semplici numeri. Da far conoscere a tutti i lettori toscani. Il mio voto, lo dico subito, andrà al candidato che prometterà i numeri più alti. Poi spero che vinca e soprattutto che mantenga le promesse.

** Articolo uscito sulla rivista "Il Grandevetro" n. 117, a. 2015. Chiuso in redazione il 31/1/2015

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