BIBLIOTECHE: QUALE POLITICA REGIONALE PER IL FUTURO?
La nascita delle Regioni
negli anni '70 fu un fatto importante per la lettura e lo sviluppo
delle biblioteche in Italia. Di sicuro in Toscana, dove la legge
regionale 33/1976 e i finanziamenti che la accompagnarono favorirono
la nascita di molte biblioteche comunali e la modernizzazione di
alcune importanti strutture bibliotecarie già esistenti. Nei
successivi anni '80 la Regione sostenne e orientò
l'informatizzazione delle biblioteche e la formazione e la crescita
di bibliotecari di qualità (ormai in pensione o pensionandi). Negli
ultimi venti anni la politica regionale ha poi favorito la
costruzione ed il consolidamento delle Reti documentarie provinciali
e finanziato la costruzione ex novo o il potenziamento di una
quindicina di grandi biblioteche civiche (tra cui Prato, Pistoia,
Sesto Fiorentino, Pisa, Empoli, Pontedera...). Nell'insieme quindi la
politica regionale ha trascinato verso l'alto i livelli qualitativi
dei servizi bibliotecari toscani (di cui danno conto i bei report
statistici annuali) e consentito la crescita professionale del
settore che ha dato buoni frutti in termini di sviluppo della lettura
(uno sviluppo fatto di crescita dei prestiti, incremento del numero
di utenti, letture in sede, coinvolgimento delle scuole, crescita del
patrimonio bibliografico, sviluppo di risorse digitali, ecc.).
Negli ultimissimi anni,
però, complice anche la crisi, le risorse regionali si sono ridotte.
Diversi funzionari regionali di questo settore sono andati in
pensione (senza essere sostituiti) e, nell'insieme, sembra essere
venuta meno una certa progettualità che la messa in discussione e
poi il ridimensionamento (per altro avvenuto in maniera molto
scoordinata e confusa) delle Province ha finito per rendere ancora
più evidente.
Domanda: nell'era di
internet c'è ancora bisogno di una politica regionale delle
biblioteche? C'è ancora bisogno di una interazione tra una strategia
regionale e una locale?
La risposta non è facile
ed è legata al destino incerto delle stesse regioni e delle risorse
economiche e di personale che queste possono mettere in campo.
Indicativamente però mi sembrerebbe auspicabile il proseguimento di
un ruolo forte e chiaro della Regione, in grado di muoversi con
energia e determinazione almeno lungo quattro crinali.
Primo: il
consolidamento (e quindi il sostegno) delle Reti Documentarie
Provinciali. La perdita della competenza sulle biblioteche da
parte delle Province dovrebbe essere compensata da un maggiore
impegno della Regione in questo settore. Anche (ma non
esclusivamente) finanziario. Su questo versante ad esempio la Regione
dovrebbe riuscire a istituzionalizzare meglio ruolo, funzioni e
operatività delle Reti, forse prevedendo un organo (che potrebbe
essere il coordinamento delle Reti) a cui assegnare un compito
almeno consultivo rispetto alla predisposizione del PIC per quanto
concerne la programmazione dei servizi bibliotecari. Credo
costituirebbe un momento importante di articolazione della relazione
regione-reti-enti locali che farebbe bene ai servizi bibliotecari.
Secondo: la qualità
dei servizi. La Regione dovrebbe continuare a stimolare ed
incentivare gli enti locali a mantenere servizi ad un buon livello
professionale. Le biblioteche oggi hanno senso solo se strutturate
come servizi di qualità per le comunità di riferimento. E' infatti
del tutto evidente che nell'era in cui ciascuno di noi (come il mago
Merlino della Spada nella roccia) porta in tasca o nella
borsa, accessibile via tablet o smartphone, una grande biblioteca
digitale, solo la presenza di bibliotecari professionali e di servizi
qualificati renda produttivo e quindi giustificato l'investimento
fatto dalle amministrazioni locali nelle biblioteche fisiche.
Terzo: il ruolo di
soggetto innovatore. La Regione ha avuto (e non può perdere) un
ruolo importante di stimolo e di coordinamento nei confronti
dell'innovazione dei servizi bibliotecari. L'evoluzione delle
biblioteche civiche e delle loro Reti territoriali ha bisogno di una
regia regionale per migliorarsi e innalzare la propria qualità.
Questo compito non può essere affidato alle singole biblioteche e
per ora neppure alle Reti, le quali, prive di un riferimento
regionale, paiono chiuse nei loro bacini territoriali e risultano
incapaci (a parte poche e specifiche occasioni) di dialogare e
soprattutto di cooperare tra di loro. Le vicende del metaopac toscano
e del trasporto librario sono lì a dimostrarlo.
Quarto: il
riequilibrio territoriale. Esistono squilibri sul territorio
regionale che andrebbero colmati. Esistono reti bibliotecarie e
servizi locali più fragili di altri. Anche su questo terreno
l'uscita di scena delle province restituisce compiti alla Regione.
Ovviamente ci sono anche
altre competenze e ruoli della Regione in questo settore: dalla
gestione e la tutela del patrimonio bibliografico particolare (fondi
antichi, biblioteche private, ecc.) ai rapporti con lo stato e le
strategie bibliotecarie nazionali.
C'è tutta l'architettura
di SBN che necessita di un ruolo e una visione regionale.
Ma quello che è certo è
che per recitare un ruolo di attore pubblico anche in questo campo
occorrono sensibilità, volontà, risorse finanziarie e personale in
grado di dare le gambe a obiettivi e progetti.
Oggi invece sembra che a
livello politico regionale la sensibilità verso questo settore sia
calata. La volontà di esercitare un ruolo strategico molto
ridimensionata (per non dire quasi rovesciata rispetto alla volontà
che si era espressa a livello regionale negli anni '70 e '80). Le
risorse finanziare sono calanti o stagnanti. E il personale (non me
ne vogliano gli amici di via Farini) sempre più vecchietto, ridotto
di numero e con una quantità virtualmente crescente di funzioni da
esercitare.
Sul problema del
personale e del progressivo ridimensionamento dell'ufficio
biblioteche della Regione dagli anni '90 ad oggi molto ci sarebbe da
dire e sicuramente il tema richiederebbe un intervento specifico. Un
punto però non può essere taciuto. A meno di non voler dire cose
senza senso. Per realizzare una politica regionale verso le
biblioteche occorrono ovviamente chiarezza di obiettivi e volontà
politica di attuarli. Ma se obiettivi e volontà ci fossero in ambito
politico, servirebbe poi il personale regionale per concretizzarli. E
il personale dovrebbe avere abilità professionali specifiche ed il
tempo necessario per gestire i progetti e le relazioni che gli
obiettivi strategici richiedono. Sostenere che si posso fare grandi
cose e magari perfino scelte sofisticate con poche risorse
finanziarie e con poco personale è una balla che forse serve a tener
buona un'opinione pubblica imbufalita nei confronti della politica,
ma non a realizzare progetti ed obiettivi concreti.
Attualmente il barometro
regionale rispetto alle biblioteche segnala un calo di volontà
politica e pochi mezzi e pochi uomini impegnati in questo settore. Se
ho ragione (e francamente mi piacerebbe molto sbagliarmi), le
biblioteche e le loro Reti andranno avanti come negli ultimi anni
ovvero muovendosi sul solco delle attività tradizionali (alcune
delle quali molto positive), ma perdendo forza e smalto.
Contestualmente andrà ridimensionandosi il ruolo della Regione come
soggetto innovatore, riequilibratore e di coordinamento territoriale.
Si difenderanno e
probabilmente cresceranno le biblioteche più forti e localmente
meglio attrezzate (ovvero dove le classi dirigenti locali sono o
saranno più sensibili verso questo tipo di servizi). E' un fenomeno
già sotto gli occhi di tutti (basti pensare alla biblioteca delle
Oblate, alla San Giorgio di Pistoia, alla Lazzeriniana di Prato, alla
Ragionieri di Sesto, ecc.).
In parte la Reti
(appoggiate su comuni forti o Unioni) svolgeranno compiti
para-regionali. Ma solo in parte. Non vedo infatti possibile un ruolo
chiaro delle Reti nei processi innovativi e nemmeno nelle strategie
di riequilibrio se non nell'ambito dei bacini provinciali (e anche
qui con fatica).
Ed è un vero peccato,
perché soprattutto senza una politica di innovazione (e la capacità
di sostenerla) nel medio periodo i servizi bibliotecari rischiano di
perdere qualità e quindi ruolo.
Certo, le Reti
documentarie toscane potrebbero fare qualcosa di più ed essere più
attive (forse perfino un gocciolino autonome) nei confronti
dell'istituzione regionale. Ma negli ultimi anni mi pare che diverse
di loro abbiano perso tono e smalto, sballottate dai pensionamenti,
dall'incertezza dei finanziamenti, dalla crisi delle Province e un
po' anche dal timore di disturbare il manovratore.
Quanto ad AIB,
l'associazione professionale dei bibliotecari, spero che nelle
prossime settimane faccia sentire pubblicamente la sua voce e chieda
a chi sta per ricandidarsi a guidare la Regione (e ovviamente a chi
si candida per fare opposizione), cosa diavolo intende fare per le
biblioteche e per sostenere la pubblica lettura in Toscana. Mi
piacerebbe tanto che venissero fatte due semplici domande: (1) quante
persone servono per avere un ufficio biblioteche della Regione in
grado di gestire una seria politica in questo settore e se si impegna
a mettercele; (2) quante risorse finanziarie saranno impegnate
annualmente sul bilancio regionale a sostegno del settore
biblioteche. Le risposte devono contenere due semplici numeri. Da far
conoscere a tutti i lettori toscani. Il mio voto, lo dico subito,
andrà al candidato che prometterà i numeri più alti. Poi spero che
vinca e soprattutto che mantenga le promesse.
** Articolo uscito sulla rivista "Il Grandevetro" n. 117, a. 2015. Chiuso in redazione il 31/1/2015
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