Pannella e i tanti italiani che non si rendono conto
La morte rende tutti migliori e fa versare lacrime di coccodrillo a chi resta e scrivere cose stravaganti alla categoria dei dissennatori di professione.
Certo, Marco ha contribuito ad allargare l'orizzonte delle libertà individuali. E per farlo l'uomo dalle 3 elle (liberale, liberista e libertario) ha combattuto contro tre istituzioni in particolare: i partiti, lo stato e la chiesa.
Tutto legittimo, ma non originale nè molto innovativo. Almeno non da queste parti. È dall'unità d'italia che la maggior parte degli italiani odia lo stato (e se può lo frega, magari mentendo e non pagando le tasse e allo stesso tempo cercando di prendere dallo stato più di quello a cui avrebbe diritto).
È sempre dal 1860 che il grosso degli italioti odia i partiti politici. È un'usanza antica anche questa. Roma è ladrona da prima che i bersaglieri entrassero a Porta Pia.
La partitocrazia, antesignana della "casta", era già usata come concetto spregiativo prima della grande guerra, la prima. Contro la partitocrazia si era scagliato anche il fascismo, che, molto più spicciativo, aveva abolito tutti i partiti, tranne quello fascista. Per fortuna a Marco la cosa non era riuscita.
Grillo e i suoi dell'odio antipartiti e antistato e quindi del confuso libertarismo pannelliano sono eredi indiretti e anche se le colpe dei figli non ricadono sui padri, le bischerate dei padri qualcuno può riuscire a realizzarle meglio dei padri e qualcun altro a pagarle.
Soprattutto se i padri coltivano idee profondamente radicate nella società civile di un paese.
Quanto all'antipatia verso la Chiesa, di questo sentimento col passare del tempo non era rimasto quasi più nulla. Così anche Marco era andato ad allargare le fila di quel partito informale di atei devoti e dialoganti con santa madre chiesa che rappresenta un'altra delle caratteristiche di fondo e di lunga durata di questo ameno paese.
Ma non c'è dubbio che la sua spasmodica e parecchio narcisistica esaltazione dell'io (e dell'ego) ha contribuito a frantumare quell'etica del noi che era uscita invece rafforzata invece dalla resistenza e dalla lotta politica antifascita e che avevano dato vita ad una costituzione e una democrazia che avevano ed hanno il loro perno proprio nei partiti, nello stato e in un rapporto concordato con la chiesa.
Certo la tarda democrazia moderna deve saper conciliare le libertà desideranti dell'io con le virtù collettive che si incarnano nel noi.
Ma non è pensabile che le virtù del noi si incarnino nel rapporto diretto tra tante singole individualità e il narcisismo politico dei leader; in uno stato troppo sottile e ridotto al lumicino, nè in una Chiesa infinitamente misericordiosa, tanto da non saper più predicare le altre virtù e quelle della temperanza in particolare.
Del resto che a suon di battere su antipartitismo e antistatalismo il Marco nazionale non abbia costruito molto è chiaro a tutti.. La storia del partito radicale e degli uomini e delle donne che lo hanno animato stanno li a ricordarcelo. Almeno a chi vuole ricordare e riflettere. Perché quello di riflettere sulla propria storia politica e di farlo in maniera critica e seria è un'altra usanza che non ha mai attecchito da noi, travolta e spesso sostituita dalle capacità affabulatorie dell'istrione e imbonitore di turno, di cui anche il nostro, sia pure con successi via via decrescenti, è stato un discreto campione.
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