Perchè vorrei chiamarmi Giovanni e soprattutto essere coraggioso come lui
Ho appena finito di leggere, su consiglio di Manola Franceschini, il libro di Luigi Garlando, "Per questo mi chiamo Giovanni" (Rizzoli, 2005), libro bellissimo e straordinario che consiglio a tutti di leggere. Si tratta non solo di un modo eccellente di raccontare ai ragazzi la vicenda e l'impegno civile, il coraggio e la forza, del giudice Giovanni Falcone, assassinato dalla mafia siciliana. No, il libro è molto di più. È un testo utilissimo di educazione civica. Un libro che mancava in questo paese e ora invece c'è. Un libro che attraverso la biografia di Falcone e della sua lotta senza quartiere contro la mafia aiuta i ragazzi a crescere e a prendere coscienza dei propri diritti e dei propri doveri. Un libro che spiega con parole semplici perché la libertà, come cantava anche Giorgio Gaber, è partecipazione. Ovvero è vedere, sentire e parlare. Tutto il contrario delle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Un libro che spiega perché raccontare quello che si è visto e che si sa non è fare la spia ma guadagnarsi la propria libertà. Un libro che, sull'esempio dell'impegno del giudice Falcone, ci dice che libertà e coraggio non ce li regalano gli altri e non ce li può garantire neppure lo Stato, ma che solo noi, solo l'impegno di ciascuno di noi, permette alla libertà di esistere e di avere un senso. Insomma è un bel racconto sulla qualità delle persone che sono poi quelle che fanno la qualità di una città e più in generale di un paese. Per questo spero di essere all'altezza, un'altezza impegnativa, del racconto di Garlando. E per questo ringrazio Manola di avere insistito garbatamente perché lo leggessi.
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