SIAMO TUTTI INTELLETTUALI
Grosso modo, dalla rivoluzione francese in poi, si forma in Europa e negli Usa una specie di relazione tra idee generali (dottrina o qualcosa di simile), intellettuali che ne discutono per influenzare qualcosa che vagamente potremmo definire "opinione pubblica" in cui poi i partiti politici pescano il consenso per gestire il potere politico. Bene dagli anni '80 in poi del '900 la rivoluzione neoliberale e la globalizzazione hanno spappolato le idee generali, gli intellettuali si sono trovati immersi in un mondo che più che liquido definirei gassoso, l'opinione pubblica ha dovuto smettere di sognare e ha dovuto riprendere a fare i conti con gli affanni di tutti i giorni che si sono moltiplicati e la politica ha dovuto e deve galleggiare su tutto questo popo' di ginepraio. I beni comuni e l'interesse generale esistono sempre e se he parla tutti i giorni, ma il modo come possono essere declinati e usati non cambia più la vita a nessuno di noi. Almeno, non in maniera significativa. Inoltre gli intellettuali hanno subito una trasformazione tecnologica come è accaduto ai fotografi e ai giornalisti. Ormai tutti scattano milioni di foto e tutti scrivono su giornali di carta e soprattutto elettronici. Che cos'è facebook se non un grande datzebao tecnomaoista su cui tutti possono sparare le loro bischerate senza che questo abbia una chiara influenza sulle dinamiche del consenso e quindi del potere? Questo fa si che tutti siano potenzialmente intellettuali, ma fa anche si che ciascuno conti intellettualmente parlando sempre meno. È in questa specie di labirinto che ci troviamo. E non ne usciremo tanto facilmente.
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